Plan Condor: all’ergastolo 14 militari latinoamericani

Lo scorso 9 luglio è giunta la conferma della Corte di Cassazione. Tra i torturatori coinvolti nell’omicidio dei desaparecidos italiani anche l’ex fuciliere della Marina uruguayana Jorge Nestor Troccoli

di David Lifodi (*)

 

Jorge Nestor Troccoli è uno dei 14 ex militari latinoamericani condannati all’ergastolo a seguito della sentenza del 9 luglio scorso, confermata dalla Cassazione, che ha riconosciuto le responsabilità degli imputati coinvolti nell’omicidio di numerosi desaparecidos italiani.

Ex fuciliere della Marina uruguayana (Fusna), Troccoli è stato condannato all’ergastolo per il sequestro, la tortura e l’omicidio di 6 cittadini italiani e di 20 suoi connazionali. “Chi ha torturato e ucciso non può rimanere impunito. Questa sentenza lo dimostra”, ha commentato l’ex senatore Rafael Michelini, il cui padre, Zelmar, fu fatto assassinare dalla dittatura uruguayana nel 1976, a Buenos Aires, nell’ambito del Plan Condor, il coordinamento dei regimi militari del Cono Sur latinoamericano (Brasile, Argentina, Uruguay, Paraguay, Cile, Bolivia e Perù) che tra gli anni Settanta e Ottanta uccise numerosi oppositori politici e di cui è stata riconosciuta l’esistenza da parte di un tribunale internazionale.

Scoperto dagli studenti universitari di Montevideo (Troccoli si era infatti iscritto all’università della capitale uruguayana), l’ex tenente appartenente al servizio di intelligence della Marina, era fuggito dal suo paese nel 2007 per evitare di essere processato e si era stabilito a Battipaglia approfittando della sua cittadinanza italiana.

Troccoli non era un militare qualsiasi, ma rivestiva un ruolo significativo di collegamento tra la dittatura argentina e quella uruguayana, tanto da essere riconosciuto da diverse sue vittime come il capo dei torturatori che agiva sia a Montevideo sia all’interno dell’Esma.

Insieme a Nestor Troccoli, sono stati condannati Juan Carlos Blanco, José Ricardo Arab Fernández, Juan Carlos Larcebeau, Pedro Antonio Mato Narbondo, Ricardo José Medina Blanco, Ernesto Avelino Ramas Pereira, José Sande Lima, Jorge Alberto Silveira, Ernesto Soca, Gilberto Vázquez Bissio, Pedro Octavio Espinoza Bravo, Daniel Aguirre Mora e Carlos Luco Astroz.

La condanna dei militari avvenuta in Cassazione rappresenta l’epilogo di un processo iniziato nel luglio 1999 grazie al pm Giancarlo Capaldo.

“La pronunzia della giustizia italiana sulla vicenda dei desaparecidos in America Latina – e sul patto criminale tra le dittature del Sudamerica negli anni Settanta – costituisce una pagina storica sul terreno della verità e giustizia nei confronti di crimini contro l’umanità. Si conclude così un percorso durato anni in cui sono state ricostruite le tragiche vicende di sequestri, torture, omicidi, sparizioni di cadaveri, rapimenti di bambini, perpetrati in danno di una intera generazione di oppositori politici e di militanti sociali e sindacali“, ha dichiarato Arturo Salerni, uno degli avvocati che ha seguito l’intero processo sul Plan Condor.

“Ho sentito dire che la giustizia quando ritarda non è giustizia, però oggi dico che questo non è vero. Bernardo ha avuto giustizia, adesso devo trovare il suo corpo”, ha sottolineato Cristina Mihura, vedova del desaparecido Bernardo Arnone, sequestrato a Buenos Aires il 1° ottobre 1976.

La sentenza della Cassazione, che ha rifiutato i ricorsi presentati dagli avvocati difensori dei militari, ha rappresentato un passo importante, ma adesso i familiari dei desaparecidos esigono, soprattutto da Troccoli, che dica almeno dove si trovano i corpi dei loro familiari.

Il procuratore generale della Cassazione, Pietro Gaeta, che aveva formulato l’entità della condanna degli imputati, ha espresso la propria soddisfazione “per aver restituito ai desaparecidos e alle loro famiglie la verità della giustizia”.

Andrea Speranzoni, avvocato dello Stato uruguayano, non ha mancato di ricordare che la sentenza emessa dalla Cassazione può rappresentare un precedente storico e riaffermare che i principi del diritto rivestono un valore internazionale.

All’uscita dell’ospedale di Battipaglia, dove si era recato per motivi di salute e per sottoporsi ad alcuni esami allo scopo di sapere se avesse potuto scontare in carcere l’eventuale condanna che poi è stata confermata, Troccoli è stato arrestato dagli uomini del Ros.

Stavolta l’impunità non ha vinto e alcuni dei torturatori che allora si sentivano tutelati, al sicuro e convinti di farsi beffe della legge, sono stati condannati all’ergastolo. Certo, hanno trascorso gran parte della loro vita da uomini liberi e non hanno mai detto nulla a proposito dei corpi dei desaparecidos, ma, come ha fatto notare Aurora Meloni, moglie di Daniel Banfi, ucciso nel 1974 a Buenos Aires, “dopo 47 anni che lotto per cercare giustizia, finalmente, dopo così tanti anni, è arrivata”.

(*) Fonte: Peacelink

David Lifodi
Sono nato a Siena e la mia vera occupazione è presso l'Università di Siena. Nel mio lavoro "ufficioso" collaboro con il sito internet www.peacelink.it, con il blog La Bottega del Barbieri e ogni tanto pubblico articoli su altri siti e riviste riguardo a diritti umani, sindacalismo, politica e storia dell’America latina, questione indigena e agraria, ecologia.

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