Poesia, “il Grande Libro”, le scienze e gli attentati del dubbio

C’è qualcosa di Novalis oggi nell’aria, anzi dell’antico Platone: «Ci manca(va) un Venerdì», puntata 117, dove l’astrofilosofo Fabrizio Melodia riesamina l’antica diffidenza tra filosofia/scienza e poesia

“Il poeta comprende la natura meglio dello scienziato” afferma non senza una punta di pungente ironia lo scrittore romantico tedesco Philip von Harndenberg, meglio noto come Novalis. E’ una vecchia diatriba che va avanti da tanto, si potrebbe risalire fino al poeta e politico greco Solone, il quale sottolineava spesso che “I poeti mentono troppo”, mettendo in luce solo l’aspetto di finzione.
Platone non è da meno: ”Capii ben presto che i poeti componevano le loro opere non facendo uso del cervello ma per una certa disposizione naturale, per una sorta di ispirazione, come gli indovini e i profeti. Anche costoro, infatti, dicono molte e belle cose, ma senza rendersene conto”.
Ecco dunque iniziare l’antica diffidenza tra filosofia e poesia, culminata poi nell’aperta ostilità della scienza, che della filosofia è figlia (a volte poco riconoscente).
“Come potete giudicar…” canterebbero forse i Nomadi a proposito dello scrittore Michael Crichton, laureato in medicina, che ebbe modo di accusare pesantemente: ”Quello che interessa veramente agli scienziati sono i risultati. E si concentrano sul problema se possono o meno ottenere qualcosa. Non si fermano mai a chiedersi se devono fare qualcosa. Opportunamente definiscono tali considerazioni superflue. Se non fossero loro a farlo, sarebbe qualcun altro. La scoperta, credono, è inevitabile. Così cercano semplicemente di essere loro a farla. Ecco il gioco della scienza. Anche la pura scoperta scientifica è un atto aggressivo, penetrante. Richiede grandi attrezzature e cambia letteralmente il mondo. Gli acceleratori di particelle feriscono la terra e lasciano scorie radioattive. Gli astronauti lasciano rifiuti sulla Luna. C’è sempre qualche prova che gli scienziati erano là, a fare le loro scoperte. La scoperta è sempre uno stupro del mondo naturale. Sempre”.
Scienziati come stupratori della realtà? E servi del Potere? ”La scienza è sempre stata legata alla guerra. Le più potenti armi sono state create da scienziati a caccia di gloria”. Ad affermarlo è Otacon all’amico soldato incursore e spia Solid Snake (*) riflettendo sull’uso delle armi atomiche come bilancia per la pace nel mondo.
Oppure la scienza è solo un’estensione di potenza per i più bassi istinti dell’essere umano? Qui il filosofo Claude Levi-Strauss discorda notevolmente: “Lo scienziato non è l’uomo che fornisce le vere risposte; è quello che pone le vere domande”.
Ma i poeti non riflettono su cose serie e non pongano domande “vere”? Gustave Flaubert avrebbe di che obiettare: “Ci sono, infatti, due categorie di poeti. I più grandi, i rari, i veri maestri, compendiano in sé l’umanità; senza preoccuparsi di sé o delle proprie passioni, annullando la loro personalità per assorbirsi in quella degli altri, essi riproducono l’Universo, il quale si riflette nelle loro opere scintillante, vario, molteplice, come un cielo specchiantensi tutt’intero nel mare, con tutte le sue stelle e tutto il suo azzurro. Ce ne sono altri a cui basta gridare per essere armoniosi, piangere per commuovere, parlare di sé per durare eterni. Forse, facendo altrimenti, non si sarebbero potuti spingere più lontano, ma, in mancanza dell’ampiezza, hanno l’ardore e l’estro, tanto che se fossero nati con un altro temperamento, non avrebbero forse avuto nessun genio”.
Il matematico e filosofo Henrì Poincarè potrebbe rispondergli per le rime: “Per un osservatore superficiale, la verità scientifica resta estranea agli attentati del dubbio; la logica della scienza è infallibile, e se talvolta gli scienziati s’ingannano, ciò accade solo perché ne hanno ignorato le regole.
Le verità matematiche discendono da un piccolo numero di proposizioni evidenti attraverso una catena di ragionamenti impeccabili; esse s’impongono non soltanto a noi, ma anche alla natura stessa. In un certo senso, esse incatenano il Creatore e gli consentono di scegliere unicamente fra alcune soluzioni, relativamente poco numerose. Ci basteranno allora pochi esperimenti per sapere quale scelta Egli ha compiuto; da ciascun esperimento, potrà derivare una moltitudine di conseguenze attraverso una serie di deduzioni matematiche ed è così che ciascuna di esse ci farà conoscere un angolo dell’Universo”.
La poesia sembra condannata a mettersi da parte, mentre il Grande Libro della Natura resta appannaggio dei soli matematici? Lo scienziato Freeman Dyson interviene in contropiede per bloccare questo attacco: “Prendere coscienza della nostra piccolezza può aiutarci a riscattarci dall’arroganza, che è il peccato in cui cade più spesso lo scienziato”. E il poeta francese Conte di Lautreamont – nome de plume di Isidore Lucien Ducasse – sferra un notevole pugno nello stomaco alla suddetta arroganza: “Esiste una logica per la poesia. Non è la medesima per la filosofia. I filosofi sono da meno dei poeti. I poeti hanno il diritto di considerarsi superiori ai filosofi” (e quindi agli scienziati).
Che match!
Senza nulla togliere a poeti e scienziati, in questo scontro secolare senza esclusione di colpi, vorrei cantare con Francesco De Gregori: “I poeti, che brutte creature: | ogni volta che parlano è una truffa […] E quando fra i buoni poeti ne trovi uno vero, | è come partire lontano, come viaggiare davvero”.
(*) se non sapete di che si parla allungate dito e naso qui: Solid Snake – Wikipedia

 

L'astrofilosofo
Fabrizio Melodia,
Laureato in filosofia a Cà Foscari con una tesi di laurea su Star Trek, si dice che abbia perso qualche rotella nel teletrasporto ma non si ricorda in quale. Scrive poesie, racconti, articoli e chi più ne ha più ne metta. Ha il cervello bacato del Dottor Who e la saggezza filosofica di Spock. E' il solo, unico, brevettato, Astrofilosofo di quartiere periferico extragalattico, per gli amici... Fabry.

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