Por la vida y la libertad

Recensione al libro di Andrea Cegna sul Messico di Andrés Manuel López Obrador tra resistenze e capitalismo (Agenzia X, 2019)

di David Lifodi

Il Messico è un paese di rivoluzioni e rivolte: parte da questo assunto Andrea Cegna, redattore di Radio Onda d’Urto, collaboratore di Radio Popolare e del quotidiano il manifesto, che nel suo Por la vida y la libertad traccia il quadro del paese a seguito della vittoria di Andrés Manuel López Obrador (per tutti Amlo) alle ultime presidenziali, delle difficoltà, delle contraddizioni e delle aspettative della popolazione nei confronti di una coalizione di “centrosinistra” che arriva al potere quando il ciclo progressista, paradossalmente, sembra ormai essere terminato in America latina.

Sette domande a intellettuali, giornalisti, attivisti sociali e, più in generale, a persone che hanno intrapreso un percorso militante, in certi casi a fianco della lotta zapatista, sul ruolo del Nafta (il trattato di libero commercio tra Usa, Canada e Messico che entrò in vigore il 1° gennaio 1994), sul significato del levantamiento dell’Ezln per il paese, sull’interpretazione della presidenza di Amlo e su un nuovo modo di fare politica, come dimostrato dalla candidatura indigena zapatista di Marichuy Patricio, esclusa proditoriamente dalle ultime presidenziali, caratterizzano il libro di Cegna, arricchito dalla pregevole prefazione di Pino Cacucci, il quale mette in guardia i lettori: “È difficile agire in un clima così lacerato e riuscire a cambiare il paese in maniera radicale, il pericolo è quello di illudersi troppo e pretendere che faccia miracoli”.

L’ammonimento di Cacucci, riferito alla presidenza di Amlo, in un certo senso vale anche per chi scrive. Pur essendo alla guida di una coalizione sotto diversi aspetti decisamente contraddittoria (vedi la presenza all’interno del movimento di Amlo, Morena, di Manuel Bartlett Díaz, il responsabile della megafrode elettorale del 1988), come dimostrato poi dai fatti, Amlo, nel migliore dei casi, si può collocare sulla scia del riformismo di Lula, pe cui anch’io mi sarei aspettato qualcosa di più.

Una cosa accomuna tutti coloro che hanno risposto alle interviste di Cegna: lo zapatismo rappresenta un fattore sociale inscindibile dalla storia e dalla politica messicana. Di fronte al duro attacco dell’Ezln ad Amlo, “non c’è nessuno che lotterà per noi popoli sfruttati della campagna e della città, nessuno…”, lo scrittore Juan Villoro sottolinea che “lo zapatismo ha posto la causa indigena nell’agenda della modernità”. È questa la differenza rispetto a quasi tutti i movimenti popolari trascinati nella logica statalista in occasione dei processi elettorali, riflette il giornalista Raúl Zibechi, sposando l’idea zapatista secondo la quale spetta al popolo organizzarsi.

Se all’Ezln va riconosciuto di aver lasciato un’impronta storica, buona parte degli intervistati sembra condividere l’idea degli zapatisti sull’attuale presidente messicano, a partire da Gilberto López Rivas, editorialista del quotidiano La Jornada, ma soprattutto uno dei rappresentanti degli insurgentes in occasione dei dialoghi di San Andrés. Per López Rivas Amlo rappresenta “solo una riconfigurazione dell’egemonia borghese per altre vie” e ragiona sulle capacità di travestirsi e mascherarsi del grande capitale che si riconfigura proprio a partire dall’attuale presidente messicano.

Tuttavia, il libro non è dedicato soltanto alla dialettica tra Amlo e lo zapatismo (di cui in molti, a partire da Cegna, ne descrivono con accuratezza la parte embrionale, quei dieci anni di gestazione tra le Forze di liberazione nazionale – Fnl e la nascita dell’Esercito zapatista di liberazione nazionale – Ezln), ma anche al dramma del femminicidio, al femminismo (con i testi di Amaranta Cornejo e Fernanda Navarro) e alla presenza sempre più ingombrante del narcotraffico.

Ne parla Fabrizio Lorusso, uno dei maggiori conoscitori italiani del Messico e fondatore del sito web latinoamerica.net, che racconta come lo Stato, pur collocandosi apparentemente dalla parte dei “buoni”, vedi la (fallimentare) guerra contro la droga scatenata dall’ex presidente Calderón, in realtà è colluso e corrotto: sta lì, a dimostrarlo, la crescente militarizzazione del territorio. Claudio Albertani, docente della Unam di Città del Messico, la più grande università dell’America latina, ricorda che le organizzazioni criminali non si dedicano solo al narcotraffico, ma diversificano le proprie attività contando sulla complicità di funzionari governativi e dirigenti industriali, come testimonia la sparizione dei 43 studenti di Ayotzynapa, vittime degli stessi gruppi criminali e dello Stato. Anche Oswaldo Zavala, autore del libro Los carteles no existen (2018), non tradotto in Italia, insiste sul tema del narcotraffico legato ai concetti del securitarismo e della militarizzazione del territorio.

Alcuni degli intervistati riflettono inoltre sulle difficoltà e sulle prospettive dello zapatismo evidenziandone dei tratti critici. Ad esempio, Federico Mastrogiovanni, docente universitario all’Iberoamericana di Città del Messico, si chiede perché gli zapatisti non siano riusciti a rivolgersi all’intero popolo messicano. “Se ti poni come rappresentante dell’ultimo degli ultimi che poi non si identificano con il tuo partito, allora hai fallito”, riflette, evidenziando il paradosso che il messaggio di Marichuy ha raggiunto borghesia e intellettuali bianchi, gli uomini dello spettacolo, ma non le periferie. Al contrario, secondo Gilberto López Rivas, è stata la società civile a non aver compreso nella sua interezza la proposta politica degli zapatisti.

La lettura del libro è piacevole, grazie alla chiarezza e alla lucidità degli intervistati (tra loro anche Gustavo Esteva, Paco Ignacio Taibo II, Pablo Romo, storico collaboratore di Samuel Ruíz, Carlos Fazio e molti altri), che in poche parole sintetizzano, fotografano e riflettono sull’attuale scenario socio-politico messicano, in un paese definito da Cegna “magico e meraviglioso, ma tra i più contraddittori al mondo e lo dimostra il fatto che nonostante sia stato uno dei primi laboratori del neoliberismo, il sogno rivoluzionario di Zapata e Villa, iniziato il 19 novembre del 1910, scalda ancora i cuori della popolazione”. E anche quelli di chi vede nei movimenti sociali messicani, anche qui in Europa, una guida ed un esempio per una speranza di cambiamento.

Por la vida y la libertad. Il Messico di Amlo tra resistenze e capitalismo

di Andrea Cegna,

Agenzia X, 2019

€ 15

David Lifodi
Sono nato a Siena e la mia vera occupazione è presso l'Università di Siena. Nel mio lavoro "ufficioso" collaboro con il sito internet www.peacelink.it, con il blog La Bottega del Barbieri e ogni tanto pubblico articoli su altri siti e riviste riguardo a diritti umani, sindacalismo, politica e storia dell’America latina, questione indigena e agraria, ecologia.

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