Porta all’Asce l’arte e mettila dalla parte…giusta

30 anni fa un irripetibile dicembre artistico all’Asce Sardegna

di Benigno Moi e Silvano Piras

Luigi Mazzarelli, acquerello su cartoncino, 70×100, 1988

Premessa

Nel dicembre del 1984 la sede dell’ASCE (Associazione Sarda Contro l’Emarginazione)[i] stava in Via Palestrina a Quartu Sant’Elena, proprio davanti alla chiesa/bunker dedicata a Santo Stefano, e ad uno sterrato ancora da sistemare dove, nell’estate precedente, l’indimenticabile Patrizia Sanna, una delle fondatrici dell’Asce, organizzò un pomeriggio di giochi e animazione per i bambini del quartiere (su pilloni bolara).
La sede dell’Asce aveva una sala molto ampia, su cui si aprivano alcune stanze ed un piccolo cortiletto.

Sala che si prestava a svariati usi, e infatti l’associazione la utilizzava per attività varie, organizzate e gestite dall’Asce, da comunità di immigrati o da associazioni con cui si condividevano percorsi e finalità.

Il 1994 fu un anno cruciale nelle lotte contro le politiche di respingimento dell’immigrazione, e contro l’esclusione sociale nelle sue varie articolazioni. L’ASCE era parte attiva e propositiva sia nella Rete antirazzista cagliaritana, che nel coordinamento contro l’esclusione, che nel luglio di quell’anno organizzò un importante Convegno all’Hotel Mediterraneo

Ricordiamo i corsi di lingua italiana e di alfabetizzazione per immigrati, organizzati dalla nostra associazione, e quelli di lingua Wolof per italiani, gestiti dalla comunità senegalese di Quartu; le giornate finalizzate a far conoscere le comunità di immigrati allora maggiormente presenti nel territorio con cui si era costruito un rapporto, tramite la condivisione di cibi, musiche artigianato, i cosiddetti “aperitivi culturali” (mostre dell’artigianato rom e delle musiche senegalesi). Rassegne di film sulle tematiche del razzismo, dell’antimilitarismo, dell’emarginazione e sui popoli nativi, in collaborazione con la Società Umanitaria.

In quella sede ebbero il loro battesimo pubblico “Dr Drer & CRC Posse[ii]”, come ricorda spesso Michele Atzori/Dr Drer.

La sede ospitò anche alcuni incontri di un tentativo di un coordinamento stabile di varie associazioni del cagliaritano, impegnate nella lotta alle esclusioni e contro la guerra; ospitò per mesi lo sportello settimanale una neonata associazione che si occupava di consulenza sulle tematiche dell’omosessualità; e ospitò alcuni laboratori sull’educazione alla nonviolenza nelle relazioni sociali, organizzati dalla cooperativa Passaparola.
E molto altro, di cui non conserviamo traccia e memoria. Ed era, ovviamente, il fulcro organizzativo delle consuete attività dell’associazione, e delle due cooperative sociali che aveva promosso[iii].

 

il millenovacentonovantaquattro a dicembre

Ma il dicembre del 1994 fu particolare, perché la sede di Via Palestrina 49/a ospitò due esposizioni di arte figurativa di indubbio valore, non solo per quanto riguarda la promozione di incontro e conoscenza dell’associazione, ma proprio dal punto di vista strettamente artistico e culturale:
la mostra “L’arte fuori dalle gallerie”, il 2 dicembre, con le opere di quattro artisti newyorchesi e un incontro (e performance) con gli stessi artisti, in quei giorni a Cagliari ospitati dalle gallerie d’arte La Bacheca e Time Art, per la rassegna “SOS-Sardegna Open Space”;
la mostra “Regala un disegno all’ASCE”, una collettiva di artisti operanti in Sardegna, organizzata dall’associazione anche con finalità di autofinanziamento, aperta dal 17 al 23 dicembre.

Lo raccontano qui due soci ASCE di quegli anni.

 

Quattro artisti newyorkesi a Quartu Sant’Elena

di Silvano Piras

Nel dicembre del 1994 a Quartu Sant’Elena, nella sede dell’ASCE, si inaugura una mostra che ospita quattro artisti newyorkesi.

Il primo è Andrew Castrucci, fondatore del Bullet_Space collettivo di artisti e galleria d’arte, nato in un edificio occupato al 292 della East Third Street, nel Lower East Side di Manhattan a New York.

L’edificio abbandonato apparteneva alla città di New York, Castrucci e i suoi amici rimossero le macerie, ripararono il tetto e le tubature dell’acqua, rifecero l’impianto elettrico. Chiamarono il posto Bullet Space, come il marchio dell’eroina venduta nel quartiere. L’edificio recuperato venne trasformato in una galleria d’arte, dotata di spazio espositivo e di un appartamento per gli artisti, dove esponevano street art politicamente orientata.

Il secondo è Jorge Luis Rodriguez, esponente del Culture Jaming. Il Culture Jamming è una pratica artistica contemporanea che mira alla

lo studio di Andrew Castrucci

contestazione dell’invasività dei messaggi pubblicitari veicolati dai mass media nella costruzione dell’immaginario della mente umana.

La pratica del Culture Jamming consiste nella decostruzione dei testi e delle immagini dell’industria dei media attraverso la tecnica dello straniamento e del détouurnement, cioè lo spostamento di immagini e oggetti dalla loro collocazione abituale per inserirli in un diverso contesto semantico dove il loro significato risulti mutato, se non capovolto. Il risultato è in genere la trasmissione di un messaggio di critica radicale del sistema economico che avviene per mezzo dello stravolgimento del suo apparato ideologico-pubblicitario, nel tentativo di liberare l’individuo dal ruolo di ricevente passivo e indurlo a un consumo critico e consapevole del linguaggio dei media.

Le pratiche del Culture Jamming affondano le origini nelle azioni di “disturbo culturale” messe in atto dai situazionisti sin dalla fine degli anni cinquanta e in seguito adottate da altre correnti culturali alternative degli anni ottanta.

Il terzo, Rolando Politi, è un esponente della Recycling Art. Viveva in uno squat ai margini di Alphabet City a New York City. Lo potevi trovare nel suo appartamento ben arredato di quattro stanze, circondato da secchi di forbici e brocche di tappi di bottiglia. Quando incontravi Politi  ad una festa o in un sotterraneo del Lower East Sid era circondato da spazzatura,  bicchieri di plastica, piatti di carta e lattine vuote, che trasformava   in fiori dai colori vivaci, piccoli portacandele perfetti, fantastiche ali d’angelo.

Anche all’ASCE l’anarchico di origine italiana creò arte dalla spazzatura,  aveva con se un secchio di attrezzi e alcune materie prime con le quali produsse oggetti originali e giocattoli.

In seguito ha lavorato in India nel “settore informale”, dove ha collaborato con gli organizzatori del sindacato dei raccoglitori di rifiuti di Delhi. Nel distretto speciale di Seemapuri, dove il pilastro dell’economia era basato sulla raccolta dei rifiuti e sul loro successivo riprocessamento per l’industria del riciclaggio, ha avviato una piccola cooperativa di donne lavoratrici dei rifiuti che hanno introdotto un valore aggiunto nel loro lavoro creando piccoli giocattoli e fiori operando come un’industria artigianale.

Il quarto è  Robert Williams, animatore della corrente del Package goods, che gravitava come i precedenti tre intorno al Bullet Space.

Le sue creazioni utilizzavano le potenzialità estetiche degli imballaggi, trasformando  questo tipo di rifiuti  in risorse, utilizzabili nella comunicazione per la critica della società dei consumi. Il rapporto tra arte e oggetti abbandonati nasce nei primi anni del Novecento con il Dadaismo con l’intento di ironizzare  e demistificare la cultura dominante. Gli imballaggi vengono riassemblati in maniera originale, totalmente libera e giocosa, vengono composti con gli oggetti più disparati, fatti di cose trovate per caso.

Per tutti gli anni ’80 Alphabet City e il Lower East Side di Manhattan erano aree di degrado urbano e sociale. Quando gli iniziarono le occupazioni degli edifici abbandonati, queste aree erano ancora considerate in declino. E il degrado sociale aveva portato alla diffusione di ogni tipo di droga, a parte l’eroina, e il crack assunse le dimensioni di una specie di epidemia. Nessuno aveva previsto che questa zona potesse riprendersi e svilupparsi, ecco perché i proprietari avevano abbandonato gli edifici.

Fino ai primi anni ’90 nessuno immaginava davvero che a Manhattan si sarebbe verificato un boom immobiliare di tale portata da mettere “in gioco” anche luoghi da tempo cancellati come Alphabet City. Allora iniziò il processo di gentrificazione di queste aree della città di New York: gli inquilini sono stati cacciati e gli affitti sono saliti alle stelle. Fino a quando nel 2009,  il Bullet Space è stato il primo degli squat dell’East Village ad essere legalizzato dalla città.

 

Regala un disegno all’ASCE

di Benigno Moi

Nico Orunesu, La casa sul lago, olio su juta e compensato, 60×80, 1993

A metà mese, da sabato 17 a venerdì 23 dicembre 1994, in piena vigilia natalizia, furono esposti i lavori regalati all’ASCE da 26 fra i più significativi artisti del panorama isolano del periodo, nel campo delle arti visive.

Ventisei nomi da pronunciare assieme, senza prendere fiato; da Annalisa Achenza sino ad Italo Utzeri in una continua sinchisi, un nuovo termine polimorfosintetico”. Come scrisse nel dépliant di presentazione della mostra il critico d’arte Massimo Antonio Sanna, senza che noi capissimo cosa intendesse dire, riferendosi al come venivano elencati gli espositori/donatori nella bellissima grafica di Giorgio e Massimo Podda.

Alcuni degli artisti che donarono una loro opera all’ASCE perché potesse finanziare le proprie attività hanno fatto la storia dell’arte della seconda metà del Novecento in Sardegna. Basta leggere i loro nomi per rendersene conto, e forse manco noi, allora, ci rendevamo conto della raccolta che riuscimmo a mettere insieme. Altri artisti espressero poi il rammarico di non aver fatto in tempo ad aderire, a causa della necessità nostra di chiudere prima di Natale.

Tutta l’operazione: l’ideazione; i contatti con gli artisti, il critico e i grafici; la raccolta delle opere e l’allestimento, li dobbiamo all’infaticabile lavoro di una grande e compianta amica dell’ASCE, Annalisa Achenza.

Fu lei che, conoscendo le difficoltà economiche dell’associazione a portare avanti i suoi progetti, propose quella forma di finanziamento e di sensibilizzazione.

Dall’inferno del ghetto alle gabbie dorate, l’emarginazione non è altro che un’interruzione nella comunicazione tra le persone”, scrisse Massimo Sanna. E ancora “è naturale quindi che siano coloro i quali si occupano di linguaggi (visivi e non), a fungere da catalizzatore.”

Il progetto era partito nel marzo del 1994, con una lettera dell’ASCE agli artisti che spiegava lo scopo della proposta, “raccogliere fondi per garantire il proseguo delle nostre attività, in primo luogo il mantenimento della nostra sede sociale; continuare a proporre iniziative che rendano tale sede un luogo aperto ad esperienze, incontri e momenti diversificati”.

L’adesione degli artisti andò oltre le nostre aspettative, anche se riuscimmo ad organizzare la mostra solo a dicembre; ed anche se la nostra convinzione che fosse opportuno e “furbo” aprire la mostra la settimana precedente il Natale, forse non teneva conto del fatto che le sirene del consumismo spostavano la gente da altre parti.

Comunque furono  vendute buona parte delle opere direttamente quella settimana. Altre lo furono in seguito.

Nel complesso fu un’esperienza per molti aspetti unica, mai ripetuta dall’ASCE in quella forma. Ci furono altre mostre, spesso legate ai prodotti artigianali e ai costumi delle comunità con cui l’associazione portava avanti i suoi progetti, come per il progetto Amesturus del 1999, esposta all’Istituto alberghiero di Monserrato e poi in altre luoghi e occasioni. Ci fu, e c’è, il coinvolgimento di artisti del mondo dello spettacolo, dalla musica al teatro, anche in campagne di autofinanziamento, come quella in corso per adeguare l’attuale sede dell’Asce a Selargius.

Annalisa Achenza

Ma il coinvolgimento di tanti artisti che stavano facendo la storia dell’arte figurativa sarda (fra cui i compianti Primo Pantoli, Mirella Mibelli, Tonino Casula, Luigi Mazzarelli), e la presentazione di alcuni artisti che sperimentavano nuovi linguaggi nell’allora capitale mondiale dell’arte, rimane un importante momento delle capacità dell’Associazione di fare cultura in senso ampio.

 

Gli espositori, in ordine alfabetico:

Annalisa Achenza, Pasqualino Adamo, Gianni Atzeni, Annamaria Caracciolo, Tonino Casula, Giovanni Cataldo, Antonello Dessì, Francalisa Iannucci, Caterina Lai, Angelo Liberati, Gabriella Locci, Dionigi Losengo, Giovanni Maesano, Antonio Mallus, Luigi Mazzarelli, Lorena Melis, Mirella Mibelli, Wanda Nazzari, Domenico Orunesu, Annamaria Pillosu, Giorgio Podda, Andrea Portas, Giorgio Puddu, Rossana Rossi, Filomena Spissu, Italo Utzeri.

[i]  https://www.asceonlus.org/cosa-e/    https://www.facebook.com/AsceODV

[ii] http://www.crcposse.org/

[iii] La Cooperativa sociale Asce Uno, finalizzata all’inserimento lavorativo di soggetti fragili, che si occupava di manutenzione e cura del verde; e la Cooperativa Sociale Asce 2, che lavorava alla riabilitazione tramite l’ippoterapia.

 

Link: i 4 artisti newyorkesi

Castrucci

https://gallery98.org/collection/castrucci-bullet-space-your-house-is-mine/  

Politi

https://www.nonsensenyc.com/features/politi_int.html

Rodriguez

https://cafedinc.org/jorge-luis-rodriguez/

https://jorgeluisatelier212.com/

Williams

https://www.robtwilliamsstudio.com/

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Benigno Moi

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