Precari a tre-sei anni? Ma…

… anche no: se Bologna vota A nel referendum del 26 maggio
di Valentina Bazzarin

Rapido riassunto delle puntate precedenti. La Costituzione della Repubblica Italiana prevede questo:

Art. 33.

L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento.

La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi.

Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato.

La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali.

È prescritto un esame di Stato per l’ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la conclusione di essi e per l’abilitazione all’esercizio professionale.

Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato.

Art. 34.

La scuola è aperta a tutti.

L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita.

I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi.

La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso.

Ma poi a causa della crisi, di scelte amministrative miopi e del taglio dei fondi all’istruzione operato a tutti i livelli, da tutti i governi e per oltre 20 anni a Bologna è successo questo (abilmente raccontato in immagini da Housatonic)

A

E siamo arrivati ad oggi, o meglio al 26 maggio, tra una settimana, quando quel che succederà a Bologna riguarderà l’Italia. Domenica prossima il Comitato di Cittadini che, con la tenacia di un minuto, ma caparbio Davide contro il gigante istituzionale Golia, ha riportato in cima all’agenda politica locale e nazionale il diritto alla pubblica istruzione saprà se i vicini di casa, gli altri genitori, gli studenti universitari, le cassiere dei supermercati, gli operatori ecologici, gli studenti maggiorenni dei licei e degli istituti tecnici, i tifosi della curva, i professori universitari, le zdaure e gli umarell, se tutti questi elettori hanno voglia di esprimere ancora una volta la loro preferenza e indicare la strada del cambiamento (votando A) o dare fiducia all’amministrazione mantenendo 1M di euro di finanziamenti pubblici comunali alle scuole d’infanzia private (votando B).

Io ovviamente sono favorevole al cambiamento. Io desidero che i figli che ancora non abbiamo possano godere almeno dei diritti che ho avuto io e che ha avuto il mio compagno. Spero che potremo scegliere la scuola della Costituzione, statale, laica e gratuita. Le limpide argomentazioni del Presidente onorario del Comitato Articolo 33, Stefano Rodotà mi avevano ispirata, ma quelle di una giovane mamma, Federica, che ha visto come altre 400 il diritto alla scuola pubblica negato al figlio, mi hanno convinta e resa attiva nella campagna per questo referendum. Sono sicura che avranno le stesso effetto su di voi e per questo le condivido.

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Stefania Ghedini, una maestra, una cittadina, invitata a parlare di diritti dal palco della manifestazione della FIOM del 18 maggio, poi rincara la dose e spiega:

Sono una maestra di Bologna.

Oggi, in questa manifestazione che come slogan ha scelto l’art. 1 della Costituzione,

“L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro”, porto alla vostra attenzione, all’attenzione di tutto il Paese, un altro articolo della costituzione, l’articolo 33 “La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed  istituisce scuole statali di ogni ordine e grado. Enti e privati hanno diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato”

A Bologna il 26 maggio si terrà un referendum consultivo che riguarda la scuola, in particolare i finanziamenti alla scuola dell’infanzia privata paritaria.

Grazie alle 13.000 firme raccolte dal Comitato art. 33,  un comitato fondato da 15 associazioni e sindacati, fra cui la Fiom, la Flc e sindacati di base, domenica prossima i cittadini e le cittadine di Bologna potranno orientare le scelte dell’amministrazione comunale dicendo se preferiscono destinare le risorse pubbliche esclusivamente alle scuole dell’infanzia comunali o statali o destinarle al finanziamento delle scuole private paritarie.

A Bologna, infatti, da qualche anno succede che centinaia di famiglie che chiedono la scuola dell’infanzia pubblica gratuita, laica, di tutti, si sentono rispondere che non c’è posto e vengono dirottati verso quelle private convenzionate, a pagamento e con indirizzi educativi confessionali o comunque di tendenza.

Come se fosse la stessa cosa.

Il diritto di avere la scuola pubblica, e la scuola dell’infanzia è scuola dal 1969, viene dunque disatteso, in nome di un “sistema pubblico integrato” che  a Bologna è stato messo in piedi nel 1994 dal sindaco Pds Walter Vitali e che mette sullo stesso piano scuole pubbliche e scuole private paritarie convenzionate.

Ciò che succede a Bologna riguarda l’Italia per un semplicissimo motivo:  Bologna è la città dove negli anni ’50 amministratori e pedagogisti lungimiranti e progressisti inventarono la scuola dell’infanzia, partendo dall’idea che è da questa fascia d’età che è necessario intervenire con progetti educativi forti, per chiudere la forbice sociale, garantire pari opportunità a tutti e costruire le basi della cittadinanza.

Bologna è la città dove fu inventato il tempo pieno, fortemente voluto dal movimento operaio, che aveva capito che il futuro dei propri figli e della Repubblica dipendeva anche dal modello di scuola che il Paese si sarebbe dato.

A Bologna, che è sempre stata orgogliosa delle sue scuole, non può passare la logica che il pubblico può, anzi deve ridimensionarsi perché è troppo costoso garantire il diritto alla scuola pubblica.

La politica deve fare le scelte giuste e se non le fa i cittadini devono pretenderle.

A Bologna non può accadere che il Sindaco Merola proponga di disfarsi di tutto il personale  delle scuole dell’infanzia comunali cedendolo ad un’ASP (Azienda di Servizi alla Persona) come se la scuola fosse un servizio qualunque a domanda individuale, negando inoltre a questi lavoratori il contratto della scuola e  svilendo in questo modo  la loro professionalità.

E’ il modello Marchionne portato dentro la Pubblica Amministrazione.

I diritti non possono essere scambiati con denaro, neanche in tempi di crisi.

E poi sono 20 anni (quando la crisi era ancora lontana dall’essere stata creata) che la scuola pubblica, tutta la scuola pubblica di ogni ordine e grado, subisce solo tagli: tagli di personale (150.000 in tre anni, dal 2008 al 2011), di risorse (8 miliardi sempre nello stesso periodo) da parte di ogni governo.

L’unica cosa che aumenta è la burocratizzazione, alla faccia della tanto sbandierata autonomia scolastica.

Se continua così la scuola pubblica sarà una scuola di serie B e quella privata, a cui  nessun governo ha mai tagliato i finanziamenti, sarà la scuola dove si formerà la classe dirigente, come succede in America e in Inghilterra.

Non possiamo permetterlo.

L’Italia spende in educazione e istruzione, rispetto al Pil,  la metà della media dei paesi europei .

In questi anni paesi con governi non certo di sinistra come gli Stati Uniti o la Germania hanno aumentato enormemente la spesa per i loro sistemi di istruzione, perché hanno capito che è da questo che i Paesi possono ripartire.

E non è solo un fattore di crescita economica, è anche  un fattore di civiltà: in una società complessa come la nostra, così multiculturale, è solo nella scuola pubblica che possono convivere, conoscersi e imparare a rispettarsi i futuri cittadini di etnie, religioni, culture diverse.

A Bologna i sostenitori dell’opzione A, quella che chiede che tutte le risorse siano destinate alla scuola pubblica, vengono accusati di essere “conservatori estremisti”, di essere “ideologici”, di essere “marziani”.

Da chi partono queste accuse? L’elenco è molto ampio, riproduce l’attuale coalizione di governo: Pd, Pdl, Lega, Montiani, con il sostegno della Curia e della CEI.

Si distingue fra tutti, per la virulenza degli attacchi, il Sindaco Merola che, fra l’altro, dovrebbe essere il garante dell’imparzialità della consultazione.

A tutti questi rispondiamo che essere ideologici è un onore, perché vuol dire avere ancora  idee  e  ideali  e che essere conservatori, se ciò che si vuole conservare è la nostra Costituzione, è un onore ancora più grande.

La scuola è un organo costituzionale: solo della scuola, la Costituzione dice che la Repubblica ha l’obbligo di istituirla; non lo prescrive nemmeno per gli ospedali o per i trasporti.

Ci sono battaglie che, partendo da un ambito specifico e da una dimensione locale possono assumere, grazie alle loro implicazioni, un carattere generale e strategico.

Basti pensare alla lotta condotta dalla FIOM a Pomigliano.

La battaglia di Bologna ha la stessa valenza ideale.

Bologna riguarda l’Italia.

Il 26 maggio votiamo A, come scuolA pubblicA, come libertà, come giustizia.

Che altro dire? Avete ancora qualche dubbio che la scelta giusta sia quella di votare prima di tutto e votare A per dare una bella scossa a questo paese? Io no e se non state a Bologna ovviamente l’invito è quello di alzare il telefono o aprire i vostri profili nei social network per invitare tutti i vostri amici a fare la cosa giusta.

Augurandovi una buona settimana e nella speranza che termini con una A per i diritti all’istruzione pubblica e gratuita sulla maggior parte delle schede che finiranno dentro le urne bolognesi, vi regalo il pensiero che mi accompagna in questi giorni nella speranza che questa idea si infili nel vostro sguardo sul mondo e che ogni tanto ne prenda la guida:

Ai giovani dico, guardatevi attorno, e troverete gli argomenti che giustificano la vostra indignazione […] troverete situazioni concrete che vi indurranno ad intraprendere un’azione civile risoluta. Cercate e troverete. (S. Hessel)

Valentina Bazzarin
Valentina Bazzarin lavora stabilmente come ricercatrice precaria (assegnista) all'Università di Bologna sin dal 2009, anno in cui ha ottenuto il Dottorato in Psicologia Generale e Clinica. Collabora in maniera saltuaria con la Bottega e con il Barbieri, scrivendo e descrivendo quel che vede e pensa durante i suoi numerosi viaggi.

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