Pronto Soccorso: vite sospese tra aziendalismo e pandemia

volantino SI.Cobas Sanità – Liguria

Lavoro in un Pronto Soccorso della Liguria. I primi casi di Covid-19 si sono avuti già verso la fine di febbraio ma i dispositivi di sicurezza sono stati disponibili solo dal 10 marzo. Per più di 10 giorni abbiamo operato senza nessuna misura protettiva. Si è partiti non separando i percorsi, necessari al confinamento dei pazienti positivi. La protezione viene affidata alle mascherine FFP2 del giorno prima e questo perché per diverso tempo si è indugiato sulla necessità di utilizzarle nel modo più corretto, ovvero non più di 6 ore, riservando l’utilizzo a norma di questo dispositivo di protezione solo alle aree ufficialmente Covid.

Deliberatamente si è ignorato che tutta l’area del pronto soccorso è frequentata da pazienti positivi.

Tutta la cura assistenziale propria del Pronto Soccorso è stata stravolta e gli operatori si sono trovati ad operare nelle aree contaminate senza protezione adeguata. L’attività si è sviluppata senza un piano. E’ stata una continua rincorsa alle urgenze.

Più che di eroico sacrificio si è trattato di costrizioni che nulla hanno a che vedere con la narrazione eroica che si è voluto alimentare.

Non sono mancati momenti di forte attrito tra coordinatrici, intese come terminali aziendali, e il personale operativo coinvolto direttamente nella gestione dei pazienti. La linea attendista adottata dal personale dirigente e il necessario rigore a salvaguardia della propria salute, che è un tutt’uno con il concetto di prevenzione, sono entrati in rotta di collisione.

La micro conflittualità fra operatori e coordinatrici si è prodotta sotto traccia in molte situazioni.

Alle sacrosante rimostranze si rimandava alle valutazioni delle direzioni: “le mascherine chirurgiche sono efficaci”.

Quest’impostazione ricalca e riprende quanto sostenuto, all’esplodere dell’epidemia, da ALISA, la sovrastruttura della sanità ligure. Addirittura nella fase di allentamento dell’epidemia gli “scienziati” di ALISA hanno in molte conferenze pubbliche sostenuto che i tamponi non fossero una cura, negando così che il contrasto dell’epidemia avvenga proprio attraverso il tracciamento (tamponi).

Questo clima ha favorito l’emergere di uno spirito di sfiducia nei confronti dei ricercatori e degli organismi sanitari, offrendo un fertile brodo di coltura per negazionisti, no vax, deliri ascientifici, cospirazionisti e fatalisti.

Questi certamente non sono in grado, ad oggi, di fornire evidenze certe sulla natura del virus, ma è altrettanto vero che la sdrammatizzazione a “favore di popolo” non solo va a negare l’impatto sociale e le drammatiche conseguenze sulla popolazione, ma alimenta la speciosa e accademica distinzione fra vittima da Covid o per il Covid.

Le valutazioni rassicuranti di ALISA – supportate da certi epidemiologi schierati nel partito: “basta drammatizzare, è una forma influenzare come le altre, non dobbiamo esagerare con la paura” – ha fatto in modo che l’opera di prevenzione sia stata disattesa.

Con differenza d’accenti: paternalistici (le raccomandazioni) del Governo o sbracatamente populisti, sino a sconfinare nel negazionismo delle opposizioni; tutti hanno concorso al disastro che stiamo nuovamente vivendo.

Il secondo tempo della epidemia trova le strutture sanitarie ancora più impreparate di prima.

Si dovevano far scorrere le graduatorie dei vincitori di concorsi e stabilizzare aree di precariato, invece assistiamo alla riproposizione di contratti a tempo determinato, interinali e il richiamo di personale in pensione.

Per la Liguria 488 assunzioni che compensano appena le uscite pensionistiche.

Sonia Viale (assessora alla Sanità). «A tutti loro e ai nuovi assunti vanno la nostra vicinanza e il nostro ringraziamento che vogliamo quando prima tradurre anche in un riconoscimento economico, che riteniamo doveroso per l’impegno e l’abnegazione dimostrati». L’assessora ci è così vicina che viene ventilata la sospensione delle ferie per il personale.

Il disconoscimento economico è tutto nella tipologia di contratti adottati, in continuità con tutto quello che si poteva fare e non è stato fatto in anni di amministrazione della Sanità Pubblica.

Arriva tardi la “vicinanza” e del “ringraziamento” non sappiamo purtroppo che farcene. Arriva tardi anche l’indagine della Procura di Genova per accertare le cause del collasso dei Pronto Soccorso “pietosamente” etichettato come «sovraffollamento».

Si era partiti dalla micro conflittualità che si consuma quotidianamente nelle corsie. Certo questa resistenza a farsi gettare nel fuoco avrebbe avuto ben altro significato se fosse stata generalizzata e collettiva.

Ma posso assicurare che tra le colleghe e i colleghi il senso di smarrimento e di rabbia è diffuso e cova “sotto la cenere”.

La necessità è di generalizzare i comportamenti di autotutela, perché le nostre direzioni tirano a campare, alla giornata.

Noi invece non dobbiamo mettere in pericolo le nostre vite, precondizione questa per portare soccorso ai nostri pazienti.

Non siamo carne da macello!

Genova, 28.10.2020

La “bottega” segnala anche (dal sito altreconomia.it/) Che cosa ci ha insegnato la pandemia? Niente: Lettera da un infermiere di Bergamo

 

 

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