Qbea: questa “bottega” è antifascista

Riproponiamo alcuni post della “bottega” sul 25 aprile

Nel 2013 la redazione del blog decise di preparare per il 25 apile una cascata di post, uno ogni ora, sulla Liberazione e sulla resistenza – sia minuscola che maiuscola – al nazifascismo. Nella piccola redazione (un po’ allargata per l’occasione) abbiamo discusso l’idea, partita da David, di scegliere 24 testi o immagini che raccontassero quel giorno e l’oggi; che mostrassero qualcosa (o qualcuna/o) importante da ricordare; che attualizzassero e/o problematizzassero la Liberazione e la Resistenza. Alcuni post sono firmati, gli altri sono nati – come già è successo – nel lavoro comune che possiamo chiamare Qbea cioè Questo Blog E’ Antifascista. Eccoli qui sotto con una piccola aggiunta (e altri due link).

Quel 25 aprile e oggi-1

In questo post e nel successivo Energu ricordava a modo a suo come si arrivò al 25 aprile  

Quel 25 aprile e oggi -2

Quel 25 aprile e oggi – 3

di Luigi Rossi – Il libro di un giovane storico riporta alla luce i giorni della Liberazione in una cittadina polesana, sottolineando storia, drammi e speranze di un popolo 

Quel 25 aprile e oggi – 4

Una lettera di Irma e una poesia di Luigia – testi proposti da Laura  

Quel 25 aprile e oggi – 5

Il partigiano che salvò Lavagno e una poesia scritta oggi – due testi inviati da Giorgio

Quel 25 aprile e oggi – 6

di Fabrizio Melodia: due poesie che saranno lette a Mira, sabato 27, durante un reading  

Quel 25 aprile e oggi – 7

Le «cinque giornate» di Caulonia di Mauro Antonio Miglieruolo

Quel 25 aprile e oggi – 8

Una canzone di Italo Calvino e Sergio Liberovici, una poesia di Mahamud Darwish

Quel 25 aprile e oggi – 9

Una storia partigiana – di Pabuda

 

Quel 25 aprile e oggi – 10

La rana gracida del partigiano Gino – di David Lifodi

Quel 25 aprile e oggi – 11

«Senza tregua: la guerra dei Gap» – di David Lifodi

Quel 25 aprile e oggi – 12

Cagliari: due diverse gioventù e un acrostico – di Daniela Pia

Quel 25 aprile e oggi – 13

Firenze, agosto 1944: due campane, due libri, due donne, tante donne – di Bettina Keller

 

Quel 25 aprile e oggi – 14

Che Liberazione festeggiamo? – di Christiana de Caldas Brito

Quel 25 aprile e oggi – 15

«Aldo dice 26 x 1»

Quel 25 aprile e oggi – 16

«Lo avrai camerata Kesserling…»: un’epigrafe di Piero Calamandrei

Quel 25 aprile e oggi – 17

Cosa possono farci, come possiamo fermarli – di Marge Piercy

Quel 25 aprile e oggi – 18

Dax, mio figlio: 10 anni senza Dax intervista a Rosa Piro

Quel 25 aprile e oggi – 19

Milano liberata che balla… – di Franco Loi  

 

Quel 25 aprile e oggi – 20

A proposito di Affile e di altre schifezze: una proposta per opporsi  

Quel 25 aprile e oggi – 21

La Resistenza nei film

Quel 25 aprile e noi – 22

Il «ponte rotto» di Giovambattista Lazagna (Carlo)  

Quel 25 aprile e oggi – 23

«Il comandante della mia banda» di Dario Fo

Quel 25 aprile e oggi – 24

«Festa d’aprile» di Franco Antonicelli e Sergio Liberovici

UNA PICCOLA AGGIUNTA

Ovviamente in “bottega” trovate tanti altri post sulla Liberazione, sui partigiani e sui vecchi-nuovi fascismi. Qui ne segnalo soltanto due.

«Sono solo i partigiani a inventare un’altra Italia» ovvero una recensione e qualche riflessione sul libro «La felicità dei partigiani e la nostra: organizzarsi in bande» di Valerio Romitelli

La Resistenza in Italia: una bibliografia minima…… ma minima davvero; che però invita a riflettere e discutere – di Gualtiero Via.

LA VIGNETTA – scelta dalla “bottega” – è di Mauro Biani. Buon 25 aprile e da domani la festa torna a essere una lotta quotidiana contro tutti i fascisti comunque travestiti.

 

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

3 commenti

  • Franco Astengo

    25 APRILE 2019: UN NUOVO INIZIO di Franco Astengo

    A Milano nella giornata di ieri, 24 aprile data dell’insurrezione del Nord e della Liberazione di Genova, i fascisti (senza il “neo” e significativamente anche ultras del calcio) hanno compiuto un gesto non solo provocatorio ma emblematico dispiegando, proprio nei pressi di Piazzale Loreto, uno striscione inneggiante a Mussolini.

    Da parte dei fascisti essere arrivati a questo punto può rappresentare quasi come il momento terminale di una sorta di ascesa dell’indifferenza verso ciò che è stato il fascismo nella storia d’Italia, indifferenza che arriva a riproporne essenza e miti.

    Per noi, nel nostro presente, questo fatto rappresenta un punto da riflettere con grande attenzione.

    Un gesto che è stato accompagnato, proprio in questi giorni, da una lunga serie di provocazioni che ha messo a nudo complicità e ipocrisie nel mondo politico verso l’emergenza rappresentato da questo ritorno del fascismo in forma diversa dal passato ma altrettanto pericoloso.

    Complicità e ipocrisie da parte del mondo politico che altro non rappresentano che il frutto delle tante e delle troppe concessioni fatte non tanto sul piano storico, ma su quello morale e sui cedimenti avvenuti nella definizione dei principi fondativi non solo della nostra Repubblica ma della stessa convivenza civile a partire dal mutamento di segno del concetto aberrante di razzismo.

    Il quadro generale è quello di un sistema politico estremamente fragile, di una struttura dello stato che non regge, di un governo basato su di una logica da “voto di scambio” esercitato a livello di massa e su di una società che non riesca a esprimere nulla di più di un corporativismo diffuso e di un “individualismo della paura”.

    Con grandi pericoli per la democrazia repubblicana.

    Per tutto questo serve ricordare un 25 aprile antifascista proponendo in pieno i valori che ispirarono prima l’antifascismo durante il ventennio e poi la Resistenza: senza concessioni di sorta a sbagliati ecumenismi attraverso i quali si apre il varco al dispregio dei valori, alla proposta indecente del ritorno all’indietro.

  • sergio falcone

    La Resistenza tradita

    Il 22 giugno 1946, pochi giorni dopo la nascita della Repubblica, fu varata l’amnistia Togliatti. Il provvedimento, che doveva “pacificare il Paese”, si tradusse nella liberazione di migliaia di fascisti, compresi i peggiori criminali.

    Chi lo aveva voluto? C’era qualcosa di sbagliato nei tempi e nella formulazione dell’atto di clemenza? O c’era invece qualcosa di inadeguato nei giudici cui spettava interpretare e applicare la legge?

    Quel che è certo è che l’amnistia portò all’archiviazione di molti processi, sollevò un’ondata di risentimenti e lasciò senza una risposta molte domande.

    Le “carte Togliatti”, conservate alla Fondazione Gramsci, testimoniano, fra l’altro, la diretta paternità del segretario comunista nella stesura del decreto, smentendo la tesi che il guardasigilli fosse caduto in un tranello dell’apparato ministeriale. Le relazioni riservate di prefetti e comandanti dei carabinieri sulle scarcerazioni consentono di accertare chi beneficiò del “colpo di spugna”, come e per quali reati: dai magistrati ai collaborazionisti, dagli stragisti ai delatori, dai torturatori di partigiani ai “cacciatori di ebrei”. Le più significative sentenze della Corte di Cassazione ci mostrano direttamente con quali argomentazioni spesso incredibili si decretò l’impunità e perfino la riabilitazione giuridica della classe dirigente del Ventennio e della Repubblica sociale.

    Quali i fattori che concorsero a fare dell’amnistia un provvedimento tanto discutibile? Il mancato ricambio dell’apparato statale, lo strapotere dei vertici della magistratura, la sottovalutazione dell’impatto che il decreto avrebbe avuto nel Paese, l’apertura di Togliatti agli ex fascisti in vista dei nuovi equilibri politici.

    L’amnistia si inserisce quindi nel quadro più ampio che in quegli anni vide l’insabbiamento di molti procedimenti per crimini di guerra nazifascisti e garantì l’impunità agli italiani colpevoli di crimini di guerra in Africa, Iugoslavia etc.

    “Una dimostrazione di imbecillità e incoscienza”, Ernesto Rossi

    “il più insigne monumento all’insipienza legislativa”, Piero Calamandrei

    Il Pci di Togliatti nell’immediato dopoguerra giocò un ruolo decisivo nella smobilitazione delle migliori energie della Resistenza mettendo le basi per quella lunga repressione antipopolare che parte dalle elezioni del 18 aprile 1948 e si conclude solo negli anni ’60. Delizie dello stalinismo…

    Dedicato a quei quattro coglioni della sezione comunista della direzione generale dei Monopoli di Stato che mi minacciarono pesantemente e mi fecero espellere dalla Cgil, per “estremismo”. Era il lontano 1977 e facevo parte di un collettivo di lavoratori che presentò al congresso nazionale una mozione di sfiducia alla linea dei sacrifici portata avanti da Luciano Lama. Quella mozione ebbe il 30% dei consensi, ma i revisionisti del PCI non la fecero nemmeno pubblicare negli atti.
    Ora si chiamano PD e sono diventati liberali. Quelli di Riaffondazione gli reggono lo strascico.
    Come si suol dire, se non fosse una tragedia, ci sarebbe soltanto da ridere…

  • Ettore Fasciano

    UNA DOPPIA CELEBRAZIONE:
    È IL 25 APRILE .
    NEL 1945 L’ITALIA E’ LIBERA
    MA RICORDIAMO CHE, IL 25 APRILE 1974, GIUSTO 45 ANNI FA, ANCHE IL PORTOGALLO SI LIBERAVA DA UNA DITTATURA.

    Il 25 aprile 1974, centinaia di militari compirono una marcia coordinata in varie regioni del Portogallo che portò all’instaurazione della democrazia nel Paese dopo 48 anni di dittatura. Questa data fu chiamata la Rivoluzione dei Garofani e da allora questa data è celebrata come “il giorno della libertà”. Ed è un motivo di orgoglio nazionale.

    Nella notte del 24 di aprile di 45 anni fa, il capitano Delgado Fonseca ascoltò per radio la canzone “E Depois do Adeus”. Era il primo segnale per la mobilitazione delle truppe. -“All’epoca, io ero il direttore del corso delle operazioni speciali a Lamego. Quando è arrivato il segnale della rivoluzione, alle undici delle notte, ho neutralizzato il comandante e ho marciato verso Porto con una compagnia fornita di armi pesanti. Saremmo arrivati alle sei del mattino.” -racconta l’ex militare.
    Più tardi, poco dopo la mezzanotte del 25 aprile, arrivò il secondo segnale anche questo sotto forma musicale. La canzone “Grândola, Vila Morena” era trasmessa, dando la conferma per l’avanzamento di tutte le truppe. “La missione iniziale era conquistare il Quartiere della Polizia Politica, “PIDE”, ma quando siamo arrivati mancavano alcune compagnie e allora ci chiesero di andare a rinforzare i presidi della città. Le mie forze completarono l’occupazione di tutte le stazioni radio e, pertanto, furono le forze principali che operarono nella città di Porto” –ricorda l’ex capitano.
    Simili articolate attività militari vennero ripetute contemporaneamente nelle altre regioni ed avanzarono verso tutti i luoghi più significativi a Lisbona, dove finirono per rifugiarsi nel Quartiere militare il capo del governo Marcelo Caetano ed altri vertici della dittatura. Già era il mattino del 25 aprile 1974, quando, sotto la pressione dei militari e del popolo, che raggiunsero le migliaia di persone nelle vie della capitale, Caetano si arrese e trattò i termini della sua uscita dal potere.
    Nel 1974, il Portogallo stava vivendo il suo 48º anno consecutivo sotto il comando di un governo dittatoriale. “Ciò che accadde n quel 25 aprile è che cadde una dittatura che era iniziata prima come dittatura militare nel 1926 e che poi si era trasformata in una dittatura civile nel 1930 e da allora così abbiamo vissuto in dittatura fino al giorno in cui un movimento di capitani decise di tentare di abbattere il regime e vi riuscì con successo, arrivando all’uscita del dittatore, che era solo formalmente primo ministro. Egli uscì dal Paese e abbandona il potere; quindi quella fu una transizione alla democrazia pacifica, facendo uscire il Paese dalla violenza della dittatura, e mostrando la validità e la possibilità concreta di una esperienza pacifica di rivoluzione.

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