Quando gli elefanti combattono è l’erba a soffrire

articoli, video, canzoni e immagini di Toni Capuozzo, Nicoletta Vallorani, Donatella Di Cesare, Vincenzo Costa, Giorgio Bianchi, Andrea Giustini, Ennio Remondino, Tonio Dell’Olio, Eve Ottenberg, Fabrizio Poggi, Pepe Escobar, Diana Johnstone, Andrea Siccardo, Bái Qiú’ēn, Gruppo Abele, Francesca Donato, Alessandro Marescotti, Francesco Masala, Anna Ferruzzo, Peppe Sini, Nunzio D’Erme, Vauro, Rosy Bindi, Gianandrea Gaiani, Fabrizio Verde, Eugenio Bennato, Eugenio Finardi, con un piccolo dialogo fra due persone (angosciate) “qualunque”

Le armi? sono dell’USB – Francesco Masala

I padroni dei padroni del New York Times sono giustamente incazzati per la storia di Bucha, non si possono ricreare al computer le foto satellitari e dimenticare di mettere la neve, se ne accorgono tutti;

E poi si sono lamentati con Zelensky, dicendo che quei nastri bianchi messi ai polsi e alle braccia dei morti in strada da settimane dovevano sporcarli un po’, sembrano appena usciti dalla lavatrice, ma se li toglievano era meglio (non sono per solidarietà con quei rompipalle di Emergency, sono un segnale di amicizia con i russi, lo sanno anche le pietre); “se è un problema di soldi, per avere maestranze più qualificate ti aumentiamo il budget, non è un problema, e non parliamo della messa in scena dei cadaveri, sembra li abbiano messi degli arredatori d’interni, non degli assassini che non hanno fatto le scuole per geometri, distanze sempre uguali, allineati perfettamente lungo i marciapiedi, che figura di merda ci hai fatto fare, ci hanno creduto solo quei minus habens di europei nostri alleati”, gli hanno detto

Intanto, in Italia, fra tutte le armi che girano pare sia avanzata una pistola che, perchè niente vada sprecato, è stata portata in una sede del sindacato USB; sembra che qualche altro sindacato si sia offeso per non essere stato scelto.

Pare che al Ministero della Verità (in via della Riconciliazione stesso piano, appartamento affianco al Ministero della Guerra), a causa di quel papa che non si fa i fatti suoi, faranno cambiare in tutti i libri (e nei siti internet, naturalmente) il proverbio Scherza coi fanti, ma lascia stare i Santi in Scherza coi santi, ma lascia stare i Fanti 

 

 

 

IL CRIMINE DELLA GUERRA – Tonio Dell’Olio

Lo “ius in bello” è l’insieme delle leggi che regolano il corretto

svolgimento dei conflitti come se la guerra fosse una nobile arte

cavalleresca che necessita solo di un arbitro. Il Tribunale penale

internazionale dell’Aja, tanto invocato in questi giorni, è previsto

dallo Statuto di Roma. Basta però scorrere la lista dei Paesi aderenti

allo Statuto di Roma per rendersi conto che nessuno dei protagonisti

della guerra in corso in Europa vi ha aderito. Né Russia, né Ucraina e

nemmeno Usa. Ma il problema serio è che il compito della Corte sarebbe

di perseguire i “crimini di guerra” come se la stessa guerra non fosse

un crimine, un genocidio, una strage continua di civili. E facciamo

bene a indignarci e ad alzare la voce contro ciò che è stato provocato

a Bucha ma in questo modo passa in secondo piano che la guerra è tutta

un crimine. Come si fa a condannare quelle morti e quelle torture e a

tollerare i bombardamenti delle città con la morte conseguente di un

numero altissimo di persone? È tollerabile solo perché ci viene

mostrato come un obiettivo inquadrato nel mirino o come il crollo di

un palazzo? I fatti di Bucha dovrebbero costituire una sorta di esame

istologico per verificare l’estensione delle metastasi del crimine,

ovvero condannare la guerra e non solo gli autori del crimine di

Bucha. Non esistono crimini di guerra, la guerra è un crimine. E come

tale deve essere dichiarata fuorilegge, espulsa dalla storia, non

considerata tra le possibilità da praticare, ripudiata.

da qui

 

 

scrive Ennio Remondino

…Peggio di tutti, gli opinionisti minacciosi, pieni di certezze incontrovertibili. Ho contato venti titoli dedicati alla guerra su un grande quotidiano italiano, e non ho trovato un solo accenno di dubbio, un punto interrogativo.
Tutti ad esaltare quella che io vedo diventare via via, una sempre più pericolosa ‘guerra santa’. Una aggressività politico-culturale rispetto ai diversi tentativi di analisi ed anche a facilitare una ricerca di accordo di pace che trovo quasi più pericolosa della trasparente e sgangherata disinformacja di Putin e dintorni.

da qui

 

CREDERE, OBBEDIRE, COMBATTERE – Toni Capuozzo
Se provo a distogliermi dalla certezza dell’orrore, la cosa che mi fa male non sono gli insulti, ma certe piccole notizie. A Nikolajevka, oblast russo al confine ucraino, qualcuno ha vergato una Z – simbolo dell’aggressione russa – sul ponte costruito dagli alpini, che ritornano nei luoghi della ritirata facendo del bene. Chi avesse visto lapidi e celebrazioni sa che i russi, parlando dell’invasione subita nella seconda guerra mondiale, scrivono sempre “i tedeschi e i fascisti”, mai gli italiani, come a salvare un affetto che ci assolve. Evidentemente, si avvia a non essere più cosi: risentimenti, sanzioni, espulsioni, la china della guerra. Già, gli insulti di chi combatte da casa.
Il più gentile è Capezzone, e gliene sono grato. Ma c’è anche chi, come un certo Giuliano Cazzola (una vita nella Cgil, poi nel Partito socialista, poi nel Partito della Libertà), dice di provare disprezzo per me. E, per qualcuno che contesta con rispetto, tanti che mi accusano di percepire rubli, o peggio. “Porco”, “servo viscido del Cremlino”: la brigata del Bene è affamata di unanimismo, di conformismo, di silenzio. Bullismo di combattenti da tastiera, e un misto di ingenuità, ignoranza del passato, bisogno di credere qualcosa, qualsiasi cosa, e paura del dubbio. Non sarà questo a farmi perdere, da vecchio, il vecchio vizio di dire le cose che penso. L’ho fatto in ogni redazione in cui sono stato, in ogni conflitto che ho seguito: difficile reclutarmi. Sono fermo a un giudizio: la Russia è l’aggressore, l’Ucraina è l’aggredito. Sul come ci siamo arrivati, ci sarà tempo di discutere. Sono fermo a un obbiettivo: la guerra va fermata, bisogna negoziare. Ero contrario all’invio di armi, ma resto perplesso vedendo i vecchi carri cechi che viaggiano verso l’Ucraina: sono tombe ambulanti. Sono fedele a un principio: dubitare sempre, anche quando ti accusano di intelligenza con il nemico, anche quando sei solo: l’ho fatto con i miskitos del Nicaragua, l’ho fatto con i marielitos di Cuba, l’ho fatto con le foibe o con i marò, con Abu Ghraib e Fabrizio Quattrocchi, con i bambini uccisi in Libano e con la Chiesa della Natività. E dovrei adesso fare meno di chiedere come mai nelle foto satellitari del New York Times, che vogliono essere del 19 marzo, non c’è la neve, che quel giorno a Bucha c’era ? Dovrei rinunciare a interrogarmi sulla conservazione stupefacente di quei cadaveri per più di venti giorni sull’asfalto ? Dovrei non meravigliarmi che il 2 aprile l’operazione del battaglione speciale Safari viene presentata come un pulizia di sabotatori e collaborazionisti ? La scoperta dei morti di Bucha (non quelli delle fosse comuni, note da tempo, e delle vittime dei russi durante gli scontri e l’occupazione, no i morti che hanno sdegnato il mondo, presentati come il sanguinoso ocngedo dei russi in ritirata) incomincia il 3 aprile e diventa globale il 4.
Ieri tgcom24 ha echeggiato una specie di gioco al massacro denunciato dal sindaco di Bucha: hanno fatto un safari con i civili. Paragone strano perché Safari è il battaglione speciale che come vedete il 2 aprile inizia un’operazione sì, di bonifica esplosivi e quant’altro ma anche di repulisti di sabotatori. Dove sono finiti i sabotatori ? Non ne hanno trovato nessuno ? O forse solo quel cadavere che ieri è apparso sullo schermo alle spalle di Giordano, ma lui non se ne è accorto, che ha ancora il bracciale bianco dei filorussi ? E’ una fonte ucraina, quel giornale, non la Tass. SE c’erano sabotatori che fine hanno fatto ?
Ho solo un sospetto, e quello, invece, non è dimostrabile. Che ci stiano reclutando a una guerra lunga e costosa – in termine di vite, innanzitutto, e questo richieda -come dire ? – una spinta su spalle riluttanti. La Gran Bretagna ha rifiutato di discutere Bucha in Consiglio di Sicurezza, come aveva richiesto la Russia. Ho la sensazione che Bucha sia usurata da troppi dubbi, e la stampa inglese già ci abitua al nome di Borodyanka. Ma proprio così vecchi dobbiamo mandarli i carrarmati ? Ma siamo così insensibili all’orrore ? La guerra è questo: orrore tirato per la giacca. escalation strappata ai cuori. Ovviamente non posto l’immagine di un uomo riverso con un fazzoletto bianco al braccio, perché non so da dove venga, e come sia stato ucciso. Né le immagini di una uccisione in punta di coltello di un prigioniero russo o un civile, si capiscono solo le urla. Né i 267 marines ucraini che si sono arresi a Mariupol. Dove secondo alcuni vi sarebbero ufficiali Nato intrappolati con il battaglione Azov. E l’altra propaganda, in fondo.
NON VOGLIO VEDERLO – Toni Capuozzo
Mi trattengo. Come tutti posso commettere degli errori, ma ci sono errori che so di non voler fare. Ho davanti un video, girato nei dintorni di Bucha, di un’imboscata ucraina a un gruppo di soldati russi in ritirata. I soldati russi sono a terra, e dalle pozzanghere di sangue e dalla gola di qualcuno si capisce che sono stati sgozzati. Gli ucraini si aggirano tra loro, uno a terra muove un braccio, gli sparano. E’ la scena di un piccolo crimine di guerra. Che senso ha mostrarla ? Entrare nella curva delle tifoserie contrapposte ? Far vedere che gli ucraini, per quanto aggrediti, non sono dei boy scout ? Bilanciare il piatto dei crimini commessi ? Lo conservo, quel filmato. perché si vedono i volti degli autori, fieri, mentre dicono “Gloria all’Ucraina”, e magari un giorno ci sarà una piccola inchiesta (il video è loro, non è rubato, è esibizione tronfia). No, non aggiunge nulla che io già non sappia: la guerra peggiora tutti, giorno dopo giorno, e anche se agli ignoranti sfugge, in guerra i nemici tendono ad assomigliarsi, alla fine: odio e paura, vendetta per l’amico ucciso, perdita dell’innocenza.
Non mi trattengo, invece, dal fare altre domande. Perché non è stata coinvolta, sulla scena del massacro di Bucha, la Croce Rossa Internazionale ? Lo sanno tutti che è il primo passo per denunciare un crimine, fare i rilievi, raccogliere testimonianze indipendenti. Una svista ? Il timore che vedessero, ad esempio la scena che vi ho descritto prima ? O che facessero domande indiscrete ?
Ho postato ieri il giornale ucraino che il 2 aprile annunciava un’operazione dei corpi speciali per stanare sabotatori e collaborazionisti dei russi. Com’è finita ? I giornalisti andati sul posto lo hanno chiesto, se lo sono chiesti ? Nessuno risponde-
C’è una documentazione, piuttosto sofisticata, che circola in rete che dimostrerebbe che la famosa foto satellitare del New York Times sarebbe stata scattata il 1 aprile. Non mi interessa molto perché se pure fosse stata scattata il 19 marzo non esiste che dei corpi restino all’aperto per quasi quindici giorni conservati in quel modo. Il New York Times fa il suo mestiere. Lo fa anche il Corriere della Sera. Non gli passa per la testa che sia improbabile che i corpi siano rimasti in strada 15 giorni. Ma avete mai visto il luogo di un massacro, anche dopo soli 2 giorni ? Torno a domandare: dando per certo che i russi durante l’occupazione di Bucha hanno ucciso e commesso crimini, testimoniati dalle fosse comuni, dove i cittadini di Bucha hanno sepolto i loro morti sfidando l’occupante, perché improvvisamente, all’inizio di aprile, i morti per strada non vengono più sepolti, in quelle fosse ? Se hai sfidato l’occupante nel gesto pietoso di seppellire, perché non lo fai più quando Bucha è libera ? Erano morti altrui ? Il primo fotografo giunto sul posto raccontò a Repubblica di aver visto in una cantina vittime con il bracciale bianco, collaborazionisti. Poi quel dettaglio è sparito. Lo intervistano, non glielo chiedono più. E lui, dovendo lavorare sul posto, non si dilunga.
Ho sentito e letto di Bucha come spartiacque valicato, di punto di non ritorno. Se cercavano un’autorizzazione a procedere sulla via della guerra, l’hanno trovata.
Non lo so se dietro quella strage ci siano menzogne o altro, so che, alla fine, è stata una strage, chiunque fossero quei morti e chiunque li abbia uccisi. Ma so che perfino lo spostamento di un corpo da esibire ai fotografi mi fa una pena infinita. Lo stesso morto, ma cambiamo la posa.

 

 

appello per la pace e contro le armi

“L’aumento delle spese militari fino al 2% del Pil, chiesto dalla Nato, votato pressoché all’unanimità dal Parlamento, confermato dal governo Draghi anche se confusamente spalmato in anni, è non soltanto eticamente inaccettabile, ma politicamente sbagliato. L’obiettivo è realizzare forze militari europee, non incrementare spese nazionali, come in Italia o in Germania (in questo caso per la prima volta dal 1945). L’Unione Europea deve assumere la responsabilità sulla difesa, la sicurezza e la politica estera. Come fu accertato da un’indagine conoscitiva del Senato la realizzazione di un esercito europeo richiederà tagli e razionalizzazioni in alcuni settori, incrementi in altri: non un generico aumento e spreco di risorse. L’Italia con la finanziaria del 2022 ha già aumentato gli stanziamenti nella difesa di circa il 20% rispetto al 2019, del 75% nelle infrastrutture militari. Le risorse per le forze armate sono quest’anno complessivamente 25 miliardi di euro: portarle oggi al 2% del Pil significherebbe un incremento di 13 miliardi. Quale significato concreto ha aumentarle da qui al 2028? Il Pil varia ogni anno: di quanto cresceranno anno per anno gli stanziamenti, in un’ottica principalmente nazionale? Quale sarà la loro entità finale? Domande senza risposta, perché errata è l’impostazione di fondo. L’aumento delle spese militari non ha niente a che vedere con il diritto dell’Ucraina di difendersi dall’aggressione della Russia né con il nostro dovere di sostenerla: il collegamento strumentale che viene fatto per meglio far accettare la scelta di una crescita dei fondi per gli armamenti rischia anzi di determinare un indebolimento del sostegno popolare alla causa dell’Ucraina. Decisioni relative alle spese militari non possono essere prese sotto la pressione di emozioni del momento (come sta facendo l’Amministrazione Biden con un aumento del 4% della spesa militare nel budget per l’anno fiscale 2023, giustificato “per rispondere con forza all’aggressione di Putin contro l’Ucraina”) e soprattutto senza il coinvolgimento dei cittadini in un reale confronto pubblico. Gli Stati democratici hanno il dovere di garantire anche la nostra sicurezza collettiva, ma nel nostro tempo essa non si realizza attraverso una corsa nazionale al riarmo e occorre che non sia in contrasto rispetto alla necessità di assicurare beni pubblici primari, quali il diritto alla salute, all’istruzione, al lavoro, all’ambiente, al superamento di povertà e disuguaglianze. Nella costruzione di forze armate europee, nel quadro dell’alleanza euro-atlantica, è indispensabile ripensare funzione e ruolo della Nato: queste decisioni non rappresentano un “dopo” rispetto a scelte consapevoli e lungimiranti di una sicurezza non più declinabile nazione per nazione: sono contestuali!

Rivolgiamo un appello al Parlamento e al Governo: si cambino le scelte sull’aumento delle spese militari, niente è ancora irreversibile, e si approvi il Trattato di proibizione delle armi nucleari!

Come ha detto Papa Francesco “E’ l’ora di abolire la guerra, di cancellarla dalla storia dell’umanità, prima che sia la guerra a cancellare l’umanità” Parole da accogliere per costruire una cultura della pace, inseparabile dai valori della giustizia, della libertà e della democrazia.

da qui 

qui ne parla Rosy Bindi

 

 

Nella bocca dello squalo – Nicoletta Vallorani

A volte, le letture si intrecciano a caso con la Storia, quella con la esse maiuscola, nell’onda montante di un contraddittorio mediatico piastrellato di soldatini che credevano di farsi eroi imbracciando un fucile. La letteratura salva, a volte. Sposta le direttive dello sguardo. Riordina. Aiuta a mettere a fuoco, almeno per un po’, le sfumature che dimentichiamo quando schieriamo le nostre (pat)etiche armate dentro un mondo in due colori: il bianco – che è il bene inarrestabile e giusto – e il nero – quel male che non ci somiglia e che quindi val bene la pena di cancellare. Ricapitoliamo il nostro sistema cognitivo occidentale nella consueta ostinazione dicotomica: se è bianco è buono, e lo teniamo con noi. Se è nero, lo invadiamo di luce o lo espelliamo. Delle due l’una. Cancelliamo il nero e lo rendiamo invisibile: non ci somiglia, non è come noi, non ci riguarda. Nel territorio comanche tra un colore e l’altro, di norma, infuria la battaglia.

Non mi sbilancio in teorie e non divento improvvisamente esperta in dinamiche belliche e procedure negoziali. Non entro nel dibattito su come si possa aiutare un paese che sta venendo fatto a pezzi dagli eserciti di Putin, perché davvero credo di non avere le competenze per parlare del pregresso prima dell’attuale, per collocare in prospettiva quel che sta accadendo. Mi resta anche la convinzione recitata da un adagio ricorrente in tempi bellici diversi: “Bombing for peace is like fucking for virginity”. Comunque sia, di mestiere, faccio la scrittrice e d’istinto non guardo i condottieri, ma i soldati semplici che a volte non sanno neanche a chi stanno sparando. Nell’osservare il quadro del macello, mi riesce davvero difficile distinguere il bianco e il nero: vedo poltiglia e calcinacci. E nel pensare qualcosa di sensato da dire, smarrisco le parole: perché come scriveva una volta Vonnegut, non c’è mai niente di intelligente da dire su un massacro…

da qui

 

 

 

ALCUNE PAROLE DI POLVERE E CENERE DETTE DA UN UOMO CHE E’ VECCHIO IN UN GIORNO DI DIGIUNO – Peppe Sini

1. Ogni giorno che passa la guerra scatenata dal governo russo contro la popolazione ucraina miete nuove vittime, accumula nuovi orrori.

Ogni persona decente, l’umanita’ intera, deve insorgere nonviolentemente per chiedere l’immediato “cessate il fuoco”, l’immediata fine delle stragi, l’immediata apertura di negoziati di pace.
Tacciano le armi, cessino i massacri e le devastazioni.
Occorre fermare immediatamente la guerra. Occorre fermare immediatamente le stragi. Occorre aprire immediatamente negoziati di pace.
Quante altre persone innocenti devono essere uccise in Ucraina?
Perche’ i governi di tutto il mondo continuano a favoreggiare la guerra invece di adoperarsi per immediati negoziati di pace?
Ogni vittima ha il volto di Abele.
Salvare le vite e’ il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo’ salvare l’umanita’ dalla catastrofe.
*
2. Dopo Hiroshima l’umanita’ sa che ogni guerra puo’ diventare mondiale, quindi nucleare, e quindi distruggere l’intera famiglia umana.
E’ questo che stiamo rischiando: l’annientamento dell’intera umanita’.
Occorre fermare immediatamente la guerra. Occorre fermare immediatamente le stragi. Occorre aprire immediatamente negoziati di pace.
Quante altre persone innocenti devono essere uccise in Ucraina?
Perche’ i governi di tutto il mondo continuano a favoreggiare la guerra invece di adoperarsi per immediati negoziati di pace?
Ogni vittima ha il volto di Abele.
Salvare le vite e’ il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo’ salvare l’umanita’ dalla catastrofe.
*
3. Il diritto del popolo ucraino aggredito a difendersi con tutti i mezzi necessari e adeguati e’ pienamente legittimo e indiscutibile.
Ma la difesa con i mezzi militari non solo non sconfigge l’aggressore, ma giorno dopo giorno espone il popolo ucraino a massacri sempre maggiori.
La sola difesa adeguata ed efficace e’ la difesa popolare nonviolenta. La sola Resistenza che difende le vite e la liberta’ e’ la Resistenza nonviolenta.
Occorre fermare immediatamente la guerra. Occorre fermare immediatamente le stragi. Occorre aprire immediatamente negoziati di pace.
Quante altre persone innocenti devono essere uccise in Ucraina?
Perche’ i governi di tutto il mondo continuano a favoreggiare la guerra invece di adoperarsi per immediati negoziati di pace?
Ogni vittima ha il volto di Abele.
Salvare le vite e’ il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo’ salvare l’umanita’ dalla catastrofe.
*
4. Il governo russo sta commettendo atroci crimini di guerra e contro l’umanita’. Sono gli stessi crimini commessi in passato dai nazifascisti. Ma sono anche gli stessi crimini commessi dall’Europa razzista e colonialista. Sono anche gli stessi crimini dell’imperialismo americano. Sono gli stessi crimini del terrorismo fondamentalista. Sono gli stessi crimini delle guerre in Libia e in Yemen, in Medio Oriente e nei Balcani. Sono gli stessi crimini commessi dalla Nato da decenni a questa parte. Sono gli stessi crimini commessi dai governi dell’Unione Europea che hanno imposto i lager libici e la strage degli innocenti nel Mediterraneo.
Tutti questi crimini devono essere ugualmente condannati. Tutti i criminali che li hanno commessi devono essere ugualmente processati e condannati.
Tutte le vite umane vanno difese, nessuna esclusa.
Occorre fermare immediatamente la guerra. Occorre fermare immediatamente le stragi. Occorre aprire immediatamente negoziati di pace.
Quante altre persone innocenti devono essere uccise in Ucraina?
Perche’ i governi di tutto il mondo continuano a favoreggiare la guerra invece di adoperarsi per immediati negoziati di pace?
Ogni vittima ha il volto di Abele.
Salvare le vite e’ il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo’ salvare l’umanita’ dalla catastrofe.
*
5. L’attuale politica italiana, invece di opporsi alla guerra, favoreggia la guerra e le stragi, ed ostacola i negoziati che essi soltanto possono fermare la guerra. L’attuale politica italiana e’ illegale, criminale, folle.
Le sanzioni decise dal governo italiano danneggiano innanzitutto le classi oppresse, rapinate e impoverite del nostro stesso paese, e non solo non hanno fermato la guerra, ma l’hanno estesa.
L’illegale fornitura di armi al governo ucraino decisa dal governo italiano non solo non ha fermato le stragi, le ha fatte aumentare; non solo non ha fermato la guerra, l’ha accresciuta ed allargata.
L’assurda e grottesca espulsione dei diplomatici russi decisa dal governo italiano non solo non favorisce i necessari negoziati di pace, ma li rende piu’ difficili.
Con queste sue azioni scellerate e dementi il governo italiano sta precipitando l’Italia nella guerra, ha provocato l’ulteriore impoverimento di chi nel nostro stesso paese e’ gia’ in gravi difficolta’, sta sciaguratamente ed insensatamente cooperando all’espansione della guerra che puo’ distruggere l’umanita’.
Occorre fermare immediatamente la guerra. Occorre fermare immediatamente le stragi. Occorre aprire immediatamente negoziati di pace.
Quante altre persone innocenti devono essere uccise in Ucraina?
Perche’ i governi di tutto il mondo continuano a favoreggiare la guerra invece di adoperarsi per immediati negoziati di pace?
Ogni vittima ha il volto di Abele.
Salvare le vite e’ il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo’ salvare l’umanita’ dalla catastrofe.
*
6. Occorre inviare in Ucraina ingenti aiuti umanitari, e cominciare al piu’ presto a ricostruire le citta’ distrutte.
Occorre soccorrere, accogliere, assistere tutte le persone in fuga dalla guerra e dalle devastazioni, dagli orrori e dalla fame.
Occorre inviare in Ucraina forze di interposizione non armata e nonviolenta, milioni di volontari non armati e nonviolenti che oppongano le loro persone alla guerra, e deve essere l’Onu a organizzare e guidare questa azione di pace concreta e coerente, necessaria e urgente, quest’azione nonviolenta massiva ed improcrastinabile.
Occorre che l’Onu guidi i necessari negoziati di pace, portando al tavolo delle trattative tutti i governi coinvolti, in primo luogo Russia ed Usa, che si stanno combattendo facendo carne da macello del popolo ucraino, facendo del popolo ucraino la vittima sacrificale degli interessi economici, politici e strategici americani e russi.
Occorre fermare immediatamente la guerra. Occorre fermare immediatamente le stragi. Occorre aprire immediatamente negoziati di pace.
Quante altre persone innocenti devono essere uccise in Ucraina?
Perche’ i governi di tutto il mondo continuano a favoreggiare la guerra invece di adoperarsi per immediati negoziati di pace?
Ogni vittima ha il volto di Abele.
Salvare le vite e’ il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo’ salvare l’umanita’ dalla catastrofe.
*
7. La guerra e il fascismo sono la stessa cosa. La guerra la vince sempre e solo chi uccide di piu’.
Solo i negoziati fermano la guerra.
Solo i negoziati salvano le vite.
Solo i negoziati portano alla pace e ripristinano cosi’ la vigenza del diritto di ogni essere umano alla vita, alla dignita’, alla solidarieta’.
Occorre fermare immediatamente la guerra. Occorre fermare immediatamente le stragi. Occorre aprire immediatamente negoziati di pace.
Quante altre persone innocenti devono essere uccise in Ucraina?
Perche’ i governi di tutto il mondo continuano a favoreggiare la guerra invece di adoperarsi per immediati negoziati di pace?
Ogni vittima ha il volto di Abele.
Salvare le vite e’ il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo’ salvare l’umanita’ dalla catastrofe.
*
8. Se l’Italia volesse impegnarsi per la pace dovrebbe revocare le folli sanzioni, la criminale fornitura di armi alla guerra, le stolte espulsioni, tutte le deliranti decisioni favoreggiatrici della guerra e dei massacri; e destinare invece agli aiuti umanitari, all’accoglienza e al bene comune le ingenti risorse attualmente criminalmente dissipate per il riarmo e la guerra.
Se l’Italia volesse impegnarsi per la pace dovrebbe denunciare la Nato, l’organizzazione terrorista e stragista di cui fa parte, ed adoperarsi per il suo immediato scioglimento.
Se l’Italia volesse impegnarsi per la pace dovrebbe uscire dalla subalternita’ e dal servilismo nei confronti degli Stati Uniti d’America che la guerra ucraina hanno fomentato, continuano a rifornire di armi e stanno effettualmente cogestendo con la Russia (due imperialismi in conflitto che si pascono di vittime innocenti tanto nel cuore dell’Europa come in Medio Oriente) con l’evidente l’intento di devastare ed impoverire l’Europa per meglio asservirla.
Se l’Italia volesse impegnarsi per la pace dovrebbe contrastare i vertici dell’Unione Europea per la loro criminale politica razzista e bellicista, riarmista e rapinatrice.
Ma tragicamente il governo italiano preferisce favoreggiare la guerra invece di adoperarsi per la pace. Tragicamente il governo italiano preferisce agire per sopprimere le vite invece di salvarle.
Occorre fermare immediatamente la guerra. Occorre fermare immediatamente le stragi. Occorre aprire immediatamente negoziati di pace.
Quante altre persone innocenti devono essere uccise in Ucraina?
Perche’ i governi di tutto il mondo continuano a favoreggiare la guerra invece di adoperarsi per immediati negoziati di pace?
Ogni vittima ha il volto di Abele.
Salvare le vite e’ il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo’ salvare l’umanita’ dalla catastrofe.
*
9. Non dimenticare mai che sono esseri umani quelli che la guerra uccide. Esseri umani come te.
Non dimenticare mai che ogni essere umano ha una sola vita e che chi gliela toglie gli toglie tutto.
Non dimenticare mai che nulla giustifica la soppressione di una vita umana.
Siamo una sola umanita’, di persone tutte diverse e tutte eguali in dignita’ e diritti, tutte uniche ed irripetibili.
Siamo una sola umanita’. Ed ogni persona deve sentirsi responsabile della difesa della vita e dei diritti di tutte le altre.
Siamo una sola umanita’. Ogni uccisione ci colpisce tutte e tutti.
La guerra, che di uccisioni di esseri umani consiste, e’ nemica dell’umanita’.
Occorre abolire la guerra prima che la guerra annienti l’umanita’.
Pace, disarmo, smilitarizzazione.
Opporsi alla violenza con la nonviolenza.
Solo facendo il bene si contrasta il male.
Solo salvando le vite si contrasta la morte.
Occorre fermare immediatamente la guerra. Occorre fermare immediatamente le stragi. Occorre aprire immediatamente negoziati di pace.
Quante altre persone innocenti devono essere uccise in Ucraina?
Perche’ i governi di tutto il mondo continuano a favoreggiare la guerra invece di adoperarsi per immediati negoziati di pace?
Ogni vittima ha il volto di Abele.
Salvare le vite e’ il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo’ salvare l’umanita’ dalla catastrofe.
*
10. Aiutare tutte le vittime della guerra.
Opporsi a tutte le guerre.
Sostenere la popolazione ucraina aggredita.
Difendere l’umanita’ intera.
Occorre fermare immediatamente la guerra. Occorre fermare immediatamente le stragi. Occorre aprire immediatamente negoziati di pace.
Quante altre persone innocenti devono essere uccise in Ucraina?
Perche’ i governi di tutto il mondo continuano a favoreggiare la guerra invece di adoperarsi per immediati negoziati di pace?
Ogni vittima ha il volto di Abele.
Salvare le vite e’ il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo’ salvare l’umanita’ dalla catastrofe.
*
11. “Non uccidere” e’ la regola che fonda la civilta’ umana.
Sii tu l’umanita’ come dovrebbe essere.
Chi salva una vita salva il mondo.
Salvare le vite e’ il primo dovere.

 

 

Continuamo a produrre ed inviare armi invece che rimettere a posto la sanità – Anna Ferruzzo

Si spendono miliardi in armi ma se ti ammali della malattia che ha messo in ginocchio il mondo, non c’è la possibilità che tu venga visitato o controllato dal tuo medico di base neanche se reciti in sanscrito. Solo contatti telefonici o via mail, ovviamente il week end neanche quello.
Io c’ho provato a vedere il lato positivo ma non lo trovo, non ci riesco.
E tutti gli investimenti sanitari che dovevano essere fatti per il covid?
E i centri di assistenza territoriale?
E le nuove terapie?
Qui si spendono miliardi in armi ma se ti ammali della malattia che ha messo in ginocchio il mondo, non c’è la possibilità che tu venga visitato o controllato dal tuo medico di base neanche se reciti in sanscrito. Solo contatti telefonici o via mail, ovviamente il week end neanche quello. Sono oberati, lo so, hanno troppi pazienti e, diciamocelo, non tutti sono dei cuor di leone. Per questo andavano incentivati i centri di medicina territoriale che, invece, a quanto mi risulta sono stati praticamente smantellati. E un povero cristo che ammalatosi, nonostante le tre dosi di siero della verità, si aggrava, di grazia, mi dite come cavolo fa. Non mi stupisce quindi che la gente, preoccupata, sentendosi abbandonata, si precipiti ad intasare gli ospedali.
Ma non importa, continuamo a produrre ed inviare armi invece che rimettere a posto la sanità, invece che investire in ricerca. Mi raccomando, produciamo tante, tantissime ed inviamone di più. Aerei F35, bombe a grappolo, mine anticarro, missili a lunga gittata, mine antiuomo bombe intelligenti e utilizziamo questi gioielli della tecnologia per l’unico scopo sensato che riesco ad immaginare in questo momento, autodistruggerci.
Non siamo degni di abitare questo pianeta.
Pagliacci.
E sono stata buona.
scrive Vincenzo Costa
Tutti ironizziamo sulla dabbenaggine di Draghi che dice “preferite la pace o il condizionatore acceso?”
Ma dietro la dabbenaggine c’è un messaggio tragico: il sistema industriale italiano deve essere sacrificato, perché senza il gas russo implode.
Non è segno di dabbenaggine, ma espressione della volontà di distruggere e di ridurre in povertà il paese, che sarà svenduto a prezzi infimi ad altri, perderà i suoi mercati.
Si prosegue un’opera iniziata decenni fa
La realtà di quella frase è: dovete accettare perdita di potere di acquisto, svalutazione dei vostri risparmi, disoccupazione, licenziamenti, tagli a sanità e scuola.
In ballo è la sopravvivenza del sistema paese.

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Le sanzioni di Biden contro l’Afghanistan fanno morire di fame un popolo: è un genocidio – Eve Ottenberg (Counterpunch)

 

 

Un nostro lettore e amico ci ha segnalato questo articolo di Counterpunch accompagnando la sua segnalazione con le seguenti parole di commento: “una infamia, oltre il per-niente-credibile o immaginabile. Le guerre degli Stati Uniti – niente di simile nella storia del mondo. Una città posta sulla collina, è questo che li rende così speciali: le guerre”.

Come dargli torto? Questa vigorosa denuncia morale e politica delle spietate sanzioni che l’amministrazione Biden ha imposto al popolo afghano merita di essere conosciuta. Può contenere qualche illusione su Russia, Cina o Onu, è vero (illusione che noi non condividiamo); ma la sua indiscutibile forza è nel prendere di mira il proprio governo, il proprio stato, il proprio imperialismo, e non fargli sconti di alcun tipo. E proprio mentre i decibel della retorica di guerra statunitense contro il “macellaio Putin” assordano il mondo.

Di nostro aggiungiamo solo che il “nostro” capitalismo non ha mai fatto mancare l’appoggio alle memorabili “imprese” belliche statunitensi, né all’arma strangolatoria delle sanzioni. In questo caso la prima fondamentale forma di complicità è l’assoluto silenzio dei media. (red.)

Quando l’11 febbraio gli Stati Uniti hanno rubato 7 miliardi di dollari dall’Afghanistan, non si è trattato di un semplice crimine di rapina. È stato un crimine di guerra e un crimine contro l’umanità che condanna forse milioni di afghani alla fame. In breve, un preludio al genocidio. Biden compie una prevaricazione per giustificare questo vero e proprio furto di fondi afghani chiamando in causa il risarcimento per le vittime dell’11 settembre. Il governo afghano non ha ucciso i loro cari; anzi nel 2001 i talebani si sono offerti di consegnare i colpevoli di al Qaeda a Washington. Gli Stati Uniti hanno rifiutato la loro offerta e hanno invaso il paese.

Questa azione scioccante di Biden rende tutti gli americani complici di atrocità disgustose. Secondo l’UNICEF, “più di 23 milioni di afghani affrontano una fame acuta, e 9 milioni tra essi sono quasi affamati”. L’ONU stima che entro la metà di quest’anno, il 97% degli afghani sarà in povertà. Affermare che queste persone hanno bisogno di ogni centesimo dei loro 7 miliardi di dollari è un eufemismo. Sostenere che coloro che ne rubano la metà sono dei mostri, è l’unica valutazione morale che si può fare per un tale furto. (L’altra metà sarà presumibilmente restituita loro in una data futura non specificata.) Biden ha fatto meglio dei rapinatori delle autostrade: “I tuoi soldi e la tua vita”, è questo il nuovo messaggio americano, consegnato con toni squillanti di mendace ipocrisia.

Questa particolare rapina equivale a circa il 40% dell’economia afghana e a circa 14 mesi di importazioni afghane, secondo Mark Weisbrot (Sacramento Bee, 4 febbraio). Ma in precedenza Biden aveva inflitto altre sanzioni al paese, come regalo d’addio quando le truppe statunitensi se ne sono finalmente andate dopo 20 anni di distruzioni. Nel complesso, le sanzioni di Biden significano: “nel prossimo anno moriranno più persone … di quante ne sono morte in 20 anni di guerra“, ha scritto Mark Weisbrot su CounterPunch del 15 marzo. Questo perché le gratuite sanzioni di Biden colpiscono a morte le risorse finanziarie del governo afghano insieme ai soldi per le importazioni di cibo di cui gli afghani hanno un disperato bisogno. Quindi, tra la guerra pluridecennale degli Stati Uniti a questa povera nazione, la siccità, il covid e il congelamento delle riserve valutarie – congelate dall’amministrazione Biden, tanto per essere chiari –, non c’è da meravigliarsi se milioni di afghani poveri sono sospesi sull’abisso della fame.

Così Biden ha annullato la cosa buona che ha fatto portando le truppe statunitensi fuori dall’Afghanistan. I militari si sono ritirati, ma il presidente degli Stati Uniti ha aperto le porte alla carestia. E quell’assassina è subito entrata nelle case degli afghani. Ovviamente questa catastrofe interamente provocata da decisioni di uomini potrebbe essere evitata. Togli le sanzioni. Restituisci all’Afghanistan tutti i suoi soldi, e le vite saranno salvate. Non farlo, e molte persone moriranno.

Clare Daly, eurodeputata di Dublino, lo ha riassunto al meglio in un discorso dell’8 marzo: “Non ci sono dubbi, viviamo in tempi in cui… le vite di civili innocenti vengono sacrificate nelle guerre dei loro padroni. E’ così in Ucraina, ma non solo. Dall’ultima sessione plenaria decine di migliaia di cittadini afghani sono stati costretti a fuggire in cerca di cibo e sicurezza, cinque milioni di bambini affrontano la carestia, un’agonia carica di dolore, un aumento del 500% dei matrimoni precoci e di bambini venduti solo perché possano sopravvivere, e non un accenno a ciò. Non qui, non da nessuna parte, nessuna copertura televisiva, nessuna risposta umanitaria di emergenza, nessuna speciale sessione plenaria [del Parlamento europeo], nemmeno una menzione in questa plenaria, nessuna delegazione afghana, nessuna presa di posizione. Mio Dio, gli afghani devono chiedersi cosa renda la loro crisi umanitaria così irrilevante. È il colore della loro pelle, è che non sono bianchi? Che non sono europei? O che i loro problemi derivano da un’arma americana o da un’invasione statunitense? È che la decisione di derubare la ricchezza del loro paese è stata presa da un dispotico presidente degli Stati Uniti piuttosto che da uno della Russia? Perché, mio Dio, tutte le guerre sono malvagie e tutte le vittime delle guerre meritano sostegno, e finché non arriviamo a questo, non abbiamo alcuna credibilità.”

Cosa succederebbe se la Russia o la Cina si impegnassero in un cavillo omicida del genere? Russi e ucraini si stanno uccidendo a vicenda in questo momento, ma il previsto bilancio delle vittime per fame afghane batte qualsiasi cosa abbiano inventato finora. E sebbene la propaganda di Biden copra di vergogna la Cina per il trattamento riservato dagli uiguri – dopotutto, la loro morte è solo sospetta, mentre le centinaia di migliaia di morti afghani sono una certezza, se gli Stati Uniti perseguono la loro folle crudeltà – non aspettarti furiose denunce del genere di quelle regolarmente sollevate contro Pechino dalle corporations dei media. No. La nostra stampa cammina in punta di piedi quando si tratta delle colpe del nostro governo. Ma c’è da aspettarselo dai nostri media; ora quella che un tempo era nota come un’orgogliosa stampa libera, non è altro che il megafono della propaganda di Washington. Libera non è più. L’unica libertà di pensiero sta in qualche occasionale, inaspettato reportage investigativo, o ai margini dei media indipendenti…

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Il caso degli istruttori NATO a Mariupol che imbarazza l’occidente – Fabrizio Verde

Si avvicina la resa dei conti a Mariupol. I militari e i militanti neonazisti ucraini (incorporati nella Guardia Nazionale di Kiev) rimasti nella città hanno ignorato le proposte delle forze armate russe di deporre le armi ed entrare nel territorio controllato dal regime di Kiev. Tenendo conto del fatto che Kiev non è interessata a salvare la vita del suo personale militare, Mariupol sarà liberata dalle unità della Russia e della Repubblica Popolare di Donetsk, secondo quanto ha affermato il rappresentante ufficiale del ministero della Difesa russo.

A Mariupol inoltre è segnalata la presenza di numerosi mercenari stranieri e addestratori di paesi della NATO. Circostanza che rende particolarmente nervosi gli occidentali come vedremo più avanti.

Il ministero della Difesa russo ha riferito che dalle 6 del mattino del 5 aprile, ai militari ucraini a Mariupol è stato chiesto di fermare le ostilità, deporre le armi e partire lungo la rotta concordata verso il territorio controllato dal regime di Kiev. Le autorità ucraine hanno ignorato questa proposta.

“Dato il disinteresse di Kiev nel salvare la vita dei suoi militari, Mariupol sarà liberata dai nazionalisti (leggi neonazisti) da unità delle forze armate russe e della Repubblica popolare di Donetsk”, ha spiegato il portavoce del ministero della Difesa russo, il maggiore generale Igor Konashenkov.

Secondo quanto affermato da Mosca la mattina del 5 di aprile gli elicotteri delle forze armate ucraine hanno nuovamente tentato di evacuare dalla città i leader del gruppo neonazista Azov. Due elicotteri Mi-8 ucraini, che hanno cercato di entrare in città dal mare, sono stati abbattuti da sistemi missilistici antiaerei portatili russi…

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In silenzio contro la guerra. Perché? – Gruppo Abele

 

Perché vogliamo percepire in tutto il suo peso e scandalo la sofferenza degli aggrediti. Perché vogliamo trasformare questo sentire in sentimento e, quindi, in impegno a difendere il diritto universale non solo alla vita ma al vivere con dignità, senza più permettere che delle vite sfruttino, confischino e uccidano altre vite.

Perché questa guerra è frutto di una finta pace, una pace armata. È frutto di conflitti d’interessi tra potenti che, prima di esplodere e coinvolgere tutti in conflitti di sangue, trovano accordi contingenti sempre a scapito del bene comune universale.

Perché è una guerra figlia legittima di un’economia selettiva che uccide in “guanti bianchi”. Se un tempo la guerra era considerata “proseguimento della politica con altri mezzi” oggi – nella subalternità e inerzia di troppa politica – è economia che getta la maschera per mostrare il suo volto disumano.

Perché la tragedia della pandemia ci ha sbattuto in faccia due evidenze. La prima: siamo tutti interdipendenti. La seconda: siamo tutti vulnerabili. Preziose indicazioni per costruire una società in cui il bene individuale sia conseguenza diretta del bene comune, mai suo aggressore, oppositore o parassita. E dove gli esseri umani si riconoscano e rispettino alla luce di ciò che indistintamente li accomuna: l’essere di passaggio su questa Terra.

Perché vogliamo disertare la fiera oscena di parole sommarie e mercenarie. Per dire un silenzioso ma perentorio “no” al compulsivo vociare di opinioni e analisi che sta accompagnando il fragore delle artiglierie e dei bombardamenti, come se il problema fosse dichiarare pubblicamente da che parte stare e non trovare il modo di fermare prima la carneficina, quindi costruire un mondo dove il “no” alle guerre non sia più solo una tregua armata in vista di nuovi massacri e nemmeno solo un’aspirazione, una retorica d’occasione, un impegno scritto e sempre disatteso.

Perché pensiamo che il silenzio sia la via della riflessione e del muto dialogo con la propria coscienza.
Dialogo mai pacifico ma sempre acceso, a volte conflittuale: conflitto auspicabile, dal quale non bisogna scappare. Solo riconoscendoci infatti nei nostri errori e limiti scopriamo anche le nostre qualità e, tanto più intransigenti saremo con noi stessi, tanto più saremo capaci di comprendere gli altri, di metterci nei loro panni, di sentire il loro dolore e la loro nudità, come pure qualcuno sta ammirevolmente facendo senza troppo clamore.
Solo le coscienze inquiete sono coscienze vive. Solo chi dubita e si pone domande diventa capace di mitezza e gentilezza, le uniche vere “armi” della fragile condizione umana.

Ciò detto, sospendiamo le parole.
Il nostro non è un atto dimostrativo ma ostensivo, nel quale il significato coincide col gesto.
In un mondo in cui troppi parlano e straparlano senza sosta, il silenzio è quasi un atto eversivo, una lancinante richiesta di verità.

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Un’intervista con Diana Johnstone a cura di Giulietta Iannone –19 febbraio 2022

 

Benvenuta Diana Johnstone e grazie per averci concesso questa nuova intervista che verterà essenzialmente sulla crisi ucraina alle porte dell’Europa. Grazie ai tuoi studi, ricordo che hai un diploma in Studi Russi, sei forse la persona più adatta per rispondere ad alcune domande.

1. L’adesione dell’Ucraina alla NATO sembra essere la vera causa del contendere, mentre la sua neutralità o meglio la finnlandizzazione sarebbe la soluzione più auspicata. Perché l’Ucraina non abbraccia apertamente questa soluzione?

DJ Non dimentichiamo che l’Ucraina non è una nazione storica, con un’identità ben definita. Il termine Ucraina, che significa terra di confine, originariamente era applicato ai territori tra Russia e Polonia. L’Ucraina è uno stato totalmente indipendente solo dal 1991. I suoi confini sono stati generosamente stabiliti dall’Unione Sovietica, estendendosi dalle aree orientali che facevano parte della Russia alle aree occidentali che facevano parte della Polonia, della Lituania, dell’Impero asburgico e di quelle popolazioni identificate come Occidente cattolico. Questa divisione si è manifestata alle elezioni presidenziali, quando gli elettori dell’Est e dell’Ovest hanno scelto partiti opposti. La vittoria dell’Unione Sovietica nella Seconda guerra mondiale ha ampliato l’Ucraina verso ovest, rafforzando l’estremità filo-occidentale e anti-russa del paese. Da questa espansione, una vasta diaspora antirussa e anticomunista emigrò negli Stati Uniti e in Canada, formando una lobby nazionalista ucraina politicamente iperattiva, la cui influenza fu accolta e incoraggiata da Washington. Certamente, un’Ucraina neutrale e federale, che accetti le differenze linguistiche e culturali tra Oriente e Occidente, potrebbe consentire all’Ucraina di evolversi in un ponte tra Oriente e Occidente. Tuttavia, i responsabili politici statunitensi e britannici preferiscono chiaramente utilizzare l’Ucraina come barriera piuttosto che come ponte, impedendo il pacifico riavvicinamento tra la Russia e l’Europa occidentale, in particolare la Germania. Questa è la classica politica britannica del divide et impera. Come affermato apertamente dal funzionario neoconservatore del Dipartimento di Stato Victoria Nuland, che ha attivamente promosso il rovesciamento nel 2014 del presidente eletto, Viktor Yukonovych, gli Stati Uniti hanno investito miliardi di dollari per rafforzare la “democrazia ucraina”, ovvero la vittoria dell’Occidente del paese sul suo Oriente. L’incertezza storica dell’identità ucraina contribuisce all’ostilità fanatica verso la Russia dei nazionalisti occidentalizzati. Entrare nella NATO sarebbe un’affermazione della loro identità occidentale e non vogliono rinunciarvi. Tuttavia, molti attuali membri della NATO non sono affatto favorevoli ad ammettere l’Ucraina per i problemi che comporterebbe…

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scrive Donatella Di Cesare

Parlare di Norimberga, come fa oggi esplicitamente il quotidiano Repubblica, vuol dire non solo banalizzare la Shoah, ma anche fare tutt’uno di eventi storici che, nella loro tragicità, hanno avuto motivazioni, progetti e numeri diversi. Si minimizza il passato, non si capisce il presente, non si trovano soluzioni per il futuro.

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Le tante guerre in Europa – Vincenzo Costa
Vi sono guerre nella guerra. Un proliferare di guerre, di tentativi di spostare i rapporti di forza. Questa guerra è anche un riaggiustamento dei rapporti tra Regno Unito e UE. Di fatto tutta l’iniziativa è nelle mani degli inglesi. Altro che “la Brexit sarà la fine del Regno Unito”: il biondo Boris detta la linea, e i piedi sul tavolo di macron li mette senza indugio. E regola i conti con la Germania, di cui deve arrestare lo sviluppo, lo squilibrio nelle esportazioni. Macron è un’ombra, si barcamena. Scholz abbozza, dice “no vi prego il gas no, sarebbe la nostra fine”, ma inglesi e americani proprio la loro fine o almeno un loro arretramento vogliono. E scholz non può reagire, Percge ha la quinta colonna nel suo governo.
Noi, l’Italia, non pervenuta. Da noi inglesi e americani hanno messo direttamente i loro uomini al governo. Hanno detto: gli italiani possono votare quello che vogliono, ma i governi li facciamo noi. Compriamo, corrompiamo, dirigiamo chi vince, e se chi vince è un Di Maio, facile trovare il modo per trasformarlo da anti UE (qualcuno ricorda?) a paladino dell’oltranzismo atlantista.
E poi LUI, il dio tra gli uomini, colui che distribuisce il titolo di dittatore a Orban, a Erdogan, a Putin. Mentre lui è la democrazia.
Ora, io non solo non amo, ma disprezzo i soprannominati. E tuttavia, sono stati eletti dai loro popoli, con larghe maggioranze. Lei, signor presidente del consiglio, è stato imposto da potenze estere. Non rompa le palle con la sovranità, la libertà e la democrazia. Lei rappresenta la negazione di tutti i valori dell’Occidente. Si presenti al giudizio degli elettori e poi vediamo, nonostante i media di regime, se ha la legittimazione per governare!
E così abbiamo un paese in guerra con tutte le altre potenze europee e occidentali, una guerra di tutti contro tutti. E noi con un governo che tutela gli interessi di altri, un governo messo li contro il pronunciamento popolare.
La vera guerra è questa. Quella in Ucraina è solo una grande occasione per riarticolare i rapporti di forza in Occidente.
Il resto del mondo (tutta l’Asia) sta prendendo un’altra strada, si sta organizzando per evolvere senza di noi, creando la loro tecnologia, sostituendo il dollaro con altre monete, strutturando nuovi mercati. Si sta creando un blocco di 4,5 miliardi di persone e noi ci consideriamo ancora l’ombelico del mondo. Siamo strabici.
Gli altri non hanno più bisogno di noi, siamo noi che senza gli altri (come mercati e fonti di materie prime) imploderemo su noi stessi.
Prima lo capiamo meglio è.

 

 

 

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(Gianandrea Gaiani scrive per Analisi Difesa, una rivista che si interessa di armi, militari e “Difesa”. Di questi tempi, nei quali i militari sono meno guerrafondai dei politici, dice cose molto interessanti)

 

 

ECCO LA NUOVA VALUTA DI RISERVA GLOBALE BASATA SULLE RISORSE – Pepe Escobar

Si sta formando una nuova realtà: il mondo unipolare sta irrevocabilmente diventando un ricordo del passato, al suo posto sta prendendo forma un mondo multipolare 

È stato qualcosa da vedere. Dmitri Medvedev, ex presidente russo, atlantista impenitente, attuale vice presidente del Consiglio di sicurezza russo, ha deciso di parlare fuori dai denti in uno sfogo che ha eguagliato l’esordio in combattimento del signor Khinzal, che aveva causato stupore e un palpabile shock in tutto il NATOstan.

Medvedev ha detto che le “infernali” sanzioni occidentali non solo non sono riuscite a paralizzare la Russia, ma si stanno invece “ritorcendo contro l’Occidente come un boomerang.” La fiducia nelle valute di riserva sta “svanendo come la nebbia del mattino” e abbandonare il dollaro USA e l’euro non è più irrealistico: “L’era delle valute regionali sta arrivando.”

Dopo tutto, ha aggiunto, “non importa se lo vogliono o no, dovranno negoziare un nuovo ordine finanziario (…) E allora l’ultima parola sarà di quei Paesi che hanno un’economia forte e avanzata, finanze pubbliche sane e un sistema monetario affidabile.”

Medvedev ha rilasciato la sua succinta analisi anche prima del D Day – questo giovedì, la data stabilita dal presidente Putin, dopo la quale i pagamenti per il gas russo da parte delle “nazioni ostili” saranno accettati solo se in rubli.

Il G7, prevedibilmente, ha assunto una posizione (collettiva): noi non pagheremo. “Noi” significa i 4 che non sono grandi importatori di gas russo. “Noi,” inoltre, significa l’Impero della Menzogna che detta le regole. Per quanto riguarda i rimanenti 3, che saranno in gravi difficoltà, non solo sono grandi importatori ma sono anche le nazioni sconfitte della Seconda Guerra Mondiale – Germania, Italia e Giappone, ancora, de facto, territori occupati. La storia ha l’abitudine di giocare scherzi perversi…

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IL ”RUBLOGAS:” LA NUOVA VALUTA DI RISERVA MONDIALE BASATA SULLE RISORSE – Pepe Escobar

Il Rublogas è la valuta mercantile del giorno e non è così complicata come sostiene la NATO

Saddam, Gheddafi, Iran, Venezuela – tutti ci avevano provato e nessuno ci era riuscito. Ma la Russia è ad un livello completamente diverso.

La bellezza del rivoluzionario gas per rubli, il jujitsu geoeconomico applicato da Mosca, è la sua cruda semplicità.

Il decreto del presidente russo Vladimir Putin sui nuovi termini di pagamento per i prodotti energetici è stato, prevedibilmente, frainteso dal collettivo occidentale. Il governo russo non chiede affatto il pagamento diretto del gas in rubli. Quello che Mosca vuole è essere pagata alla Gazprombank in Russia, nella sua valuta di scelta, e non su un conto Gazprom in un qualsiasi istituto bancario nelle capitali occidentali.

Questa è l’essenza del poco che equivale a più sofisticatezza. Gazprombank venderà la valuta straniera – dollari o euro  depositati dai suoi clienti – alla Borsa di Mosca e la accrediterà su diversi conti in rubli all’interno di Gazprombank.

Questo, in pratica, significa che la valuta straniera dovrebbe essere inviata direttamente in Russia, e non depositata in una banca all’estero – dove potrebbe essere facilmente tenuta in ostaggio, o congelata, se è per questo.

Tutte queste transazioni, d’ora in poi, dovranno avvenire sotto la giurisdizione russa – eliminando così il rischio che i pagamenti siano interrotti o completamente bloccati.

Non c’è da meravigliarsi che l’apparato servile dell’Unione Europea (UE) – attivamente impegnato a distruggere le proprie economie nazionali per conto degli interessi di Washington – sia intellettualmente incapace di comprendere la complessa questione del cambio degli euro in rubli.

Gazprom, questo venerdi, ha reso le cose ancor più facili inviando notifiche ufficiali alle sue controparti in Occidente e in Giappone.

Putin stesso è stato costretto a spiegare per iscritto al cancelliere tedesco Olaf Scholz come funziona il tutto.

Ancora una volta, è molto semplice: i clienti aprono un conto presso Gazprombank in Russia. I pagamenti vengono effettuati in valuta estera – dollari o euro – convertiti in rubli secondo il tasso di cambio corrente e trasferiti su diversi conti Gazprom.

Così è garantito al 100% che Gazprom verrà pagata.

Questo è in netto contrasto con quello che gli Stati Uniti stavano costringendo gli Europei a fare: pagare il gas russo nei conti Gazprom in Europa, che poi sarebbero stati immediatamente congelati…

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Enrico Letta, Michele Santoro, Edward Luttwak e la guerra – Alessandro Marescotti

La guerra in Ucraina può essere vista con gli occhi di Letta o con quelli di Luttwak. Entrambi l’appoggiano. Il primo perché sarebbe una guerra per la libertà. Il secondo perché la considera un’esperienza “bellissima”. E c’è Santoro che riprende in mano i temi del pacifismo.

Lettera di Enrico Letta a Michele Santoro

Caro Michele,

nella tua lunga e appassionata lettera ho cercato, senza trovarla, una parola: “resistenza”. Il valore fondante della nostra Repubblica, il segno distintivo della vicenda della sinistra in Italia.

La resistenza contro l’aggressore di un popolo che combatte casa per casa per la sua libertà. Che è anche la nostra libertà di cittadini italiani ed europei. Da un lato un esercito invasore, dall’altro un popolo invaso.

Io sto con quel popolo. E il Pd è e sarà sempre dalla parte dei popoli oppressi: dalla parte di Jan Palack proprio come te. Prima ancora, nel giudizio storico, contro i carri armati russi, a Budapest come a Praga, o sotto il muro di Berlino per festeggiare la ritrovata libertà.

Se per il popolo ucraino oggi oppresso – proprio ora sotto le bombe e i missili – c’è anche solo una possibilità di negoziato, lo si deve a un atto di resistenza fiera e senza compromesso. Lo si deve alla ribellione di chi non si consegna, non si arrende, non si inginocchia. Chi siamo noi per dire loro di inginocchiarsi? La lista degli errori dell’Occidente non può essere un argomento sufficiente per persuaderli alla resa.

E non possiamo nemmeno negare che se Zelensky si fosse arreso, con la nostra colpevole inerzia sullo sfondo, oggi non ci sarebbero né un tavolo delle trattative, né forse una parvenza di speranza per il futuro della democrazia.

Del resto, non solo in Ucraina ma anche in Polonia, a Vilnius o a Praga, a Stoccolma o Helsinki, non ci sono processi alla Nato, ma appelli alla protezione della Nato e dell’Europa.

Un’Europa che peraltro ha avuto una reazione ferma, intransigente, finalmente degna.

Dici che non esiste, l’Europa. Io dico che esiste eccome e che anzi sta dimostrando, come diceva Jean Monnet, di trovare dentro la crisi le ragioni più profonde della propria unità. È accaduto con la pandemia, con un piano di ricostruzione finanziato con debito comune. Accade oggi, con la guerra. Questo sono le sanzioni. Questo è il sostegno alla resistenza ucraina. Questo è il sì, finalmente senza ambiguità, all’accoglienza di milioni di profughi. Questa è anche, per inciso, la reazione ferma e unitaria agli accenti troppo marcati di Biden sul cambio di regime, che in tanti in Europa abbiamo stigmatizzato, me compreso.

Atti politici inequivocabili coi quali a Putin diciamo che non si cede ai ricatti.

Se abbiamo fatto errori in passato, il primo è nell’aver sottovalutato per anni la natura di Putin e dopo il 2014 l’aggressività di un regime che invadeva Paesi sovrani, soffocava il dissenso e violentava la verità.

A proposito di verità: bisogna dire con chiarezza quanto pervasiva sia stata per anni e anni in Occidente la propaganda di Putin. Davvero avvaloriamo una par condicio delle fonti che mette sullo stesso piano la Tass e Reuters? Sputnik e Le Monde o il Guardian? L’ultimo dei media occidentali ha una credibilità infinitamente più alta di quelli che sono solo portavoce di Putin nella propaganda di Stato.

E a proposito di pluralismo: in Russia c’è un regime che i giornalisti li ammazza e i dissidenti li incarcera; l’Italia è certamente il Paese europeo dove più intenso è il dibattito e dove le voci critiche rispetto alle scelte del governo hanno più spazio rispetto a quelle favorevoli.

L’idea che ci sia qui da noi un tentativo di oscurantismo nei media, per di più avallato o alimentato da Pd, è falsa e inaccettabile. Perché un conto sono le posizioni sull’invasione della Russia, sulle quali continueremo a confrontarci, un conto il presunto soffocamento delle voci “libere”. Che in verità sono squillantissime su tutti i nostri media.

Per quanto ci riguarda l’indignazione, più che un maccartismo immaginario, la continueremo a riservare a un’aggressione che in una notte, tra il 23 e il 24 febbraio scorsi, ha portato milioni di ucraini a non svegliarsi più in casa propria. Che ha causato la morte di migliaia di civili ucraini e di migliaia di giovani militari russi. Persone che hanno terminato la propria esistenza per colpa, prima di tutto, dell’imperialismo di Vladimir Putin e del suo regime.

Michele Santoro esprime il suo punto di vista sulla guerra

“Va in giro a dire che la guerra è una bella cosa”

“Edward Luttwak va in giro a dire che la guerra è una bella cosa. E’ un pazzo furioso. Bisognerebbe impedirgli di parlare con un’accusa grave, quella di istigazione alla violenza”. E’ quanto ha dichiarato all’Adnkronos il regista e attore Moni Ovadia. “Forse lui durante la guerra si sarà divertito – ha proseguito Moni Ovadia – Ma come si fa ad affermare che in fondo la guerra è soltanto un po’ di distruzione, un po’ di morti e che poi si ricostruisce tutto con più energia. E 80 anni di pace non sono un’anomalia per l’Europa – ha aggiunto il direttore della Fondazione Teatro Comunale di Ferrara – Dovrebbe invece essere la regola. Dovremmo contrastare questo clima ed essere solidali con tutti sempre avendo nel cuore, lo ripeto, la pace e non la guerra”.

 

 

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Ucraina: blogger arrestato perchè critica Zelensky, rischia 15 anni di carcere

Gleb Lyashenko, blogger ucraino è stato arrestato il 31 marzo scorso ed accusato di “alto tradimento” e “sabotaggio”. Rischia 15 anni di carcere semplicemente per aver diffuso alcuni contenuti giudicati anti-patriottici dalle autorità ucraine.

Gran parte della stampa non dimentica di riportare con dovizia di particolari le restrizioni alla libertà d’informazione approvate in Russia, mentre si distrae facilmente quando gli attacchi ai media indepindenti che avvengono “dalla parte giusta” della barricata. È successo in occasione della decisione da parte di Kiev di riunire tutti le emittenti televisive in un unico canale controllato dal governo, è successo nuovamente in questi giorni con il caso di Gleb Lyashenko, blogger ucraino arrestato il 31 marzo scorso ed accusato di “alto tradimento” e “sabotaggio”. Luashenko rischia 15 anni di carcere semplicemente per aver diffuso alcuni contenuti giudicati anti-patriottici dalle autorità ucraine.

Il 31 marzo il tribunale distrettuale di Leopoli ha ordinato la custodia cautelare per Gleb Lyashenko, sospettato di alto tradimento a causa di presunte affermazioni a sostegno degli attacchi russi all’Ucraina. Presa ai sensi dell’articolo 111 del codice penale ucraino, che delinea il caso di assistenza ad uno stato straniero in azioni sovversive usando l’informazione, questa decisione è concepita come extrema ratio per “fermare l’attività dello scandaloso giornalista”.

In una nota, l’SBU, il Dipartimento di Sicurezza ucraino, dice infatti che Lyashenko ha agito contro gli interessi nazionali dell’Ucraina e la sua sicurezza d’informazione: «Gli investigatori della SBU hanno raccolto una vasta gamma di informazioni sulle attività illecite dell’intruso. Utilizzando i media, il traditore ha sostenuto le azioni criminali del paese aggressore. Le analisi linguistiche hanno rilevato che alcune sue dichiarazioni e appelli pseudo-giornalistici hanno deliberatamente invaso la sovranità del nostro Stato, così come sono stati impegnati per screditarne la politica. Hanno inoltre distorto gli eventi nell’est dell’Ucraina». Le critiche, le dichiarazioni sprezzanti e le narrazioni fatte da Lyashenko, non solo in questi mesi ma dal 2018, costituirebbero una forma di propaganda informativa illegale, che sarebbe stata poi usata da media e istituzioni russe ai danni dell’Ucraina, in particolare per legittimare le azioni militari.

A partire dallo scorso 3 marzo, essendo stata attivata la legge marziale, l’ordinamento ucraino prevede la massima punizione in caso di alto tradimento e sabotaggio. Se dunque Lyashenko venisse condannato per simili reati, andrebbe incontro a una pena di 15 anni di carcere, se non all’ergastolo. In più subirebbe la confisca di tutti i beni di proprietà da parte dello Stato.

Ma chi è Gleb Lyashenko? Qual è la “propaganda informativa” per cui è stato arrestato?…

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Il ruolo dell’Italia nell’attacco mortale con droni da parte degli Usa in Libia – Andrea Siccardo

“Il Comando degli Stati Uniti in Africa (Africom) ha ucciso delle persone innocenti. Hanno affermato che i nostri figli erano terroristi e hanno messo fine alle loro vite senza alcuna prova. Vogliamo che il governo italiano ci ascolti e che impedisca ad Africom di uccidere ancora la nostra gente. Chiediamo ad entrambi i governi di scusarsi e che l’Italia apra un’indagine trasparente e chieda conto ai responsabili dell’autorizzazione dell’attacco”. Chi parla è Madogaz Musa Abdullah, parente di una delle vittime di un attacco statunitense in Libia tramite un drone avvenuto a fine 2018. Il 31 marzo 2022 Musa Abdullah, insieme ad altri familiari delle persone uccise dall’attacco, ha sporto denuncia contro il comandante italiano della base militare di Sigonella, in provincia di Catania. La denuncia è stata presenta all’Ufficio del procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Siracusa grazie al supporto di tre organizzazioni per i diritti umani: la Rete italiana pace e disarmoReprieve e lo European center for constitutional and human rights (Ecchr).

L’attacco risale al 29 novembre 2018 quando un drone appartenente ad Africom ha bombardato la città di Ubari nel Sud-Ovest della Libia provocando la morte di 11 membri della comunità tuareg. Secondo le organizzazioni il comandante italiano avrebbe quindi permesso un attacco letale violando il diritto italiano e internazionale…

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Quando rinsaviranno gli americani? Ucraina e Jugoslavia – Diana Johnstone 

counterpunch.org  Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

21-23/03/2014

“A volte ho la sensazione che da qualche parte, nell’enorme palude statunitense, qualcuno in laboratorio conduca esperimenti, come sui ratti, senza realmente comprendere le conseguenze di quello che sta facendo”. Vladimir Putin, 4 Marzo 2014.

Cinque anni fa, scrissi un articolo per una conferenza di Belgrado in commemorazione del decimo anniversario dall’inizio dei bombardamenti NATO in Jugoslavia. In questo documento ho evidenziato che la disintegrazione della Jugoslavia era un laboratorio sperimentale per perfezionare le varie tecniche che sarebbero poi state utilizzate nelle cosiddette “rivoluzioni colorate” o in altre operazioni di “cambio di regime” contro i leader considerati indesiderabili dal governo degli Stati Uniti. A quel tempo, avevo in particolare sottolineato le analogie tra la regione della Krajina dell’ex Jugoslavia e l’Ucraina. Ecco quanto scrivevo all’epoca:

Dove sono scoppiate più violentemente le guerre che hanno determinato la disintegrazione della Jugoslava? In una regione chiamata Krajina. Krajina significa terra di confine. Così l’Ucraina: una varietà dello stesso ceppo slavo. Sia la Krajina che l’Ucraina sono terre di frontiera tra cristiani cattolici in occidente e cristiani ortodossi in oriente. La popolazione è divisa tra chi a oriente desidera rimanere legato alla Russia e chi a occidente è attratto dalle terre cattoliche. Ma in Ucraina nel suo complesso, i sondaggi mostrano che circa il settanta per cento della popolazione è contraria all’adesione NATO. Eppure gli Stati Uniti e i suoi satelliti continuano a parlare del “diritto” dell’Ucraina di aderire alla NATO. Non si parla mai del diritto di non aderire alla NATO.

Condizione per l’Ucraina di adesione alla NATO è l’estromissione delle basi militari straniere dal territorio ucraino. Ciò implica espellere la Russia dalla sua storica base navale a Sebastopoli, essenziale per la flotta russa nel Mar Nero. Sebastopoli è sulla penisola di Crimea, abitata da russi patriottici e diventata parte amministrativa dell’Ucraina nel 1954 per volere di Nikita Krusciov, un ucraino.

All’incirca quanto aveva fatto Tito, un croato, che assegnò quasi tutta la costa adriatica della Jugoslavia alla Croazia, rafforzandone i confini amministrativi a danno dei serbi.

Siccome le stesse cause possono generare effetti simili, l’insistenza degli Stati Uniti sulla “liberazione” dell’Ucraina dall’influenza russa può generare le stesse conseguenza dell’insistenza occidentale nel “liberare” i croati cattolici dai serbi ortodossi. Ossia la guerra. Ma invece che una piccola guerra contro i serbi, che non disponevano né di mezzi né della volontà a combattere l’Occidente (dal momento che si pensavano maggioritariamente parte di esso), una guerra in Ucraina significherebbe una guerra con la Russia. Una superpotenza nucleare che non resterà passivamente ad osservare gli Stati Uniti muovere la loro flotta e le loro basi aeree ai bordi del territorio russo, sia nel Mar Nero che nel Mar Baltico, per terra, mare e aria.

Ogni giorno, gli Stati Uniti si impegnano nell’espansione della NATO, addestrando forze, costruendo basi, definendo accordi. Questo va avanti costantemente, ma è scarsamente riportato dai media. I cittadini dei paesi della NATO non hanno idea dell’impresa in cui sono coinvolti. (…)

La guerra era facile quando significava la distruzione di una Serbia inerme e innocua, senza vittime fra gli aggressori della NATO. Ma quando il belligerante è una superpotenza con un arsenale nucleare a disposizione, la cosa non è così divertente.”

Così, eccoci cinque anni più tardi da quel mio articolo, e io mi accingo a partecipare ad un’altra commemorazione di Belgrado, questa volta del quindicesimo anniversario dall’inizio dei bombardamenti NATO in Jugoslavia. E questa volta, non ho davvero nulla da dire. Altri, più autorevoli, dal professor Stephen Cohen a Paul Craig Roberts, hanno già detto le stesse cose, più e più volte. Molti di noi hanno messo in guardia contro la pericolosa follia di cercare di provocare costantemente la Russia, arruolando suoi vicini in un’alleanza militare in cui il nemico non poteva che essere… la Russia. Di tutte le nazioni vicine alla Russia, nessuna è più organicamente legata alla Russia per lingua, storia, realtà geopolitica, religione e sentimenti. Il sottosegretario di Stato USA per l’Europa e l’Eurasia, Victoria Nuland, ha apertamente vantato che gli Stati Uniti hanno speso cinque miliardi di dollari per guadagnare influenza in Ucraina, più propriamente per allontanare l’Ucraina dalla Russia, in un’alleanza militare con gli Stati Uniti. Non è più un segreto che Nuland abbia intrigato persino contro gli alleati europei, che nutrivano un’ambizione meno brutale, sostituendo il presidente eletto col protetto dagli Stati Uniti: “Yats”, come la sottosegretaria chiama Yatsenyuk, in effetti è stato prontamente installato nel governo di estrema destra instauratosi dopo le azioni violente perpetrare da parte di uno dei pochissimi movimenti fascisti violenti che ancora sopravvivono in Europa.

È vero, i media occidentali non riportano tutti i fatti a loro disposizione. Ma sulla rete viaggiano le informazioni. E nonostante questo, i governi europei non protestano, non ci sono manifestazioni di piazza, gran parte dell’opinione pubblica sembra accettare l’idea che il cattivo della storia sia il presidente russo, accusato di impegnarsi in un’aggressione non provocata contro la Crimea, quando in effetti sta rispondendo ad una delle provocazioni più clamorose della storia.

I fatti ci sono. I fatti sono eloquenti. Cosa posso dire che non dicano i fatti?

Quindi, fino ad ora, sono rimasta senza parole davanti a quella che mi pare una totale follia. Tuttavia, alla vigilia del mio viaggio a Belgrado, ho accettato di rispondere alle domande del giornalista Dragan Vukotic per il quotidiano serbo Politika. Ecco l’intervista.

D. Nel suo saggio Fools’ Crusade: Yugoslavia, NATO, and Western Delusions, aveva illustrato un atteggiamento diverso sul bombardamento della Jugoslavia da parte della NATO rispetto molti dei suoi colleghi intellettuali in Occidente. Cosa l’ha spinta a trarre una simile conclusione impopolare?

R. Molto tempo fa, come studente dell’area russa, ho trascorso diversi mesi in Jugoslavia, vivendo in un ostello per studenti a Belgrado e ho fatto amicizie. Mi sono rivolta a questi vecchi amici per avere un loro giudizio, in particolare sulle fonti usate dai giornalisti occidentali. Nutro da sempre interesse sulla politica estera statunitense. Ho cominciato la mia inchiesta sui conflitti in Yugoslavia, leggendo documenti fondamentali, come i discorsi di Milosevic, il memorandum dello studioso serbo Alija Izetbegovic, notando l’inesattezza del modo in cui erano rappresentati sui media occidentali. Non ebbi istruzioni dagli editori, e in effetti i miei editori presto rifiutarono di pubblicare i miei articoli. Non sono stata l’unico osservatore esperto a essere esclusa dalla copertura dei media occidentali.

D. Anche se gli eventi successivi hanno confermato che l’operazione di bombardamento illegale di un paese senza l’autorizzazione del Consiglio di Sicurezza era completamente sbagliata, i media occidentali mainstream e i politici citano ancora il successo del “modello Kosovo”. Cosa commenta?

R. Per loro, è stato un successo, dal momento che costituiva un precedente per l’intervento della NATO. Non avrebbero mai ammesso che si sbagliavano.

D. Apprestandosi all'”intervento umanitario” contro la Siria, l’amministrazione Obama ha riferito che stavano studiando “la guerra aerea della NATO in Kosovo come un possibile modello per agire senza un mandato delle Nazioni Unite”.

R. Questo non è sorprendente, dal momento che la fissazione di un simile precedente è stato uno dei motivi di quella guerra aerea.

D. In uno dei suoi articoli si interrogava a proposito della Libia sulla posizione della Corte Penale Internazionale (CPI), rammentando il “modello familiare” nel caso del Tribunale Penale Internazionale per la ex Jugoslavia. Che cosa pensa di questi strumenti di giustizia internazionale e del loro ruolo nelle relazioni internazionali?

R. Nel contesto dei presenti rapporti di forze mondiali, la CPI come i tribunali ad hoc possono solo servire come strumento di egemonia degli Stati Uniti. Tali tribunali penali sono utilizzati solo per stigmatizzare gli avversari degli Stati Uniti. Il ruolo principale della CPI finora è stato di giustificare il presupposto ideologico che esista una “giustizia internazionale” imparziale che ignora i confini nazionali e serve a far rispettare i diritti umani. Come John Laughland ha sottolineato, un tribunale deve essere l’espressione di una particolare comunità che accetta di giudicare i propri membri. Inoltre, questi tribunali non hanno alcuna polizia propria, ma devono fare affidamento sulla forza armata di Stati Uniti, NATO e i loro stati clienti, con il risultato che sono automaticamente esenti da procedimenti giudiziari da parte di questi presunti tribunali “internazionali”.

D. Qual è, a suo parere, lo scopo principale di dichiarare il cosiddetto intervento umanitario? Ha più a che fare con l’opinione pubblica nazionale e con i partner internazionali?

D. L’ideologia dei diritti dell’uomo (un concetto discutibile, per inciso, dal momento che i “diritti” devono essere oggetto di accordi politici concreti, non solo esplicitati in concetti astratti) serve sia a scopi nazionali che mondiali. Per l’Unione europea, suggerisce un nazionalismo europeo “leggero” basato sulla virtù sociale. Per gli Stati Uniti, che sono più schietti dell’Europa di oggi nel proclamare il proprio interesse nazionale, l’ideologia dei diritti dell’uomo serve a investire gli interventi stranieri della dignità di crociata, che fa appello agli alleati europei e soprattutto alla loro opinione nazionale, nonché per il mondo anglofobo in generale (Canada e Australia in particolare). È il tributo che il vizio rende alla virtù, fa eco LaRochefoucauld.

D. Spesso si usa la locuzione “Stati Uniti e i suoi satelliti europei”. Cosa si intende?

R. “Satelliti” è il termine utilizzato per i membri del Patto di Varsavia. Oggi i governi degli stati membri della NATO seguono Washington docilmente come quelli del Patto di Varsavia seguivano Mosca, anche quando, come nel caso dell’Ucraina, gli Stati Uniti andranno contro gli interessi europei.

D. Come giudica gli accadimenti tra Ucraina e Crimea, soprattutto in termini di relazioni USA-Russia?

R. Le relazioni USA-Russia sono caratterizzate principalmente da una continua ostilità geostrategica statunitense verso la Russia che è in parte una questione di abitudine o inerzia, in parte un’applicazione della strategia di Brzezinski di dividere l’Eurasia al fine di mantenere l’egemonia mondiale degli Stati Uniti e in parte il riflesso della politica israeliana di dominio in Medio Oriente su Siria e l’Iran. Tra le due maggiori potenze nucleari, vi è chiaramente un aggressore e un aggredito. Spetta all’aggressore cambiare rotta se si vuole normalizzare i rapporti. Basta fare un confronto. Forse la Russia esorta il Quebec alla secessione dal Canada in modo che entri in alleanza militare con Mosca? Evidentemente no. Sarebbe un fatto paragonabile, per quanto meno grave rispetto alla recente mossa statunitense guidata da Victoria Nuland di portare l’Ucraina e anche la base navale russa a Sebastopoli, nell’orbita occidentale. La realtà materiale di questa orbita politica è la NATO, che dopo la fine dell’Unione Sovietica ha sistematicamente ampliato la sua agibilità nei paesi attorno alla Russia, con stazioni missilistiche la cui unica funzione strategica sarebbe quella di fornire agli Stati Uniti un ipotetico primo colpo in caso di attacco nucleare ai danni della Russia, e che tiene regolarmente manovre militari lungo i confini russi. La Russia non ha fatto nulla contro gli Stati Uniti e di recente ha fornito al presidente Obama un modo di salvare la faccia e evitare di andare sotto al Congresso in materia di azione militare contro la Siria: azione che non era voluta dal Pentagono, ma desiderata da una frazione di politici orientati verso Israele, i cosiddetti “neocons”. La Russia professa un’ideologia non ostile e cerca normali relazioni con l’Occidente. Che altro può fare? Aspettare che gli americani rinsaviscano.

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I neo-Nazi imperversano in Ucraina, ma il Nazismo non è più il “male assoluto” (per l’Occidente)

…Andrij Biletsky, capo dei gruppi neo-Nazisti Assemblea Social-Nazionale e Patrioti dell’Ucraina è il fondatore e comandante del battaglione “Azov”, il più tristemente noto.  Responsabile di rapimenti, stupri, torture e assassini di civili nella regione del Donbass ma anche a Mariupol dove è basato, fra i suoi emblemi oltre a rune e svastiche (viste in tv pare abbiano impressionato molto i tedeschi, per il WashingtonPost  sono romanticherie giovanili) c’è il simbolo occulto del Sole Nero usato dalle SS naziste.

Circa 500 uomini, “apertamente neo-Nazisti” li definì  Foreign Policy  in un pezzo di agosto dedicato al battaglione (ma forse sono ben di più), alla pari degli oltre 50 “battaglioni punitivi”, unità paramilitari che combattono nell’EstL’“identità europea” propugnata dall’ideologo Odnorozhenko è molto diversa dal liberalismo americano ed europeo, osserva FP. Biletsky propugna apertamente la superiorità Ariana. “La storica missione della nostra nazione in questo momento critico è guidare le Razze Bianche del mondo in una crociata finale per la loro sopravvivenza” ha detto al Telegraph (ripreso qui da Consortiumnews  in un post che linka i grandi media come NYTimes ecc, che finalmente a settembre si accorgono dei neo-Nazi in Ucraina).

E sul loro sito si leggono frasi così: “Sfortunatamente oggi fra le genti Ucraine ci sono molti Russi (per mentalità), ebrei, americani, europei dell’UE, Arabi, Cinesi e così via, ma non molti specificamente Ucraini. Non è chiaro quanto tempo e quanti sforzi ci vorranno per sradicare questi pericolosi virus dal nostro popolo”.

Conclude FP: “I pro-Russi dicono di combattere contro nazisti e fascisti, nel caso di Azov e altri battaglioni queste accuse sono essenzialmente vere”.

Di sfuggita: qualche giorno fa il vicecomandante del battaglione “Azov” Vadim Troyan, è stato nominato Capo della Polizia della Regione di Oblast dal ministro dell’Interno Arsen Avakov (che la Russia chiede venga ricercato dall’Interpol per metodi di guerra proibiti, assassini e altri reati).

Da segnalare anche l’apparente processo di “nazificazione” in corso nelle scuole, come testimoniato dal tweet del presidente Poroshenko sull’addestramento militare a lezione e dall’immagine dei simboli nazisti in questa classe.

Eppure il governo US li aiuta e li finanzia. “Se solo il pubblico sapesse che il governo US aiuta mostri del genere”, scrive Global Research raccontando di una delegazione Ucraina in arrivo a Washington per reclamare altri soldi e aiuti militari. In realtà armi, anche letali, ne hanno appena ricevute, in coincidenza con la recente visita a Kiev del vicepresidente Usa Joe Biden – come ha rivelato il sito di hackers CyberBerkut che ha messo in rete elenchi e documenti originali (segnalato qui, in it.).  Del resto un provvedimento per bloccare gli aiuti militari US all’Ucraina  neo-Nazi, presentato da un deputato dem, sarebbe stato bloccato, sorprendentemente, dalla lobby israeliana.

La potente lobby ultranazionalista Ukrainian Congressional Committee of America (UCCA) sa come attivarsi. Dal dopoguerra porta avanti la piattaforma di estrema destra dell’OUN (Organization of Ukrainian Nationalist) compreso il culto del filo-Hitleriano Bandera e ha solidi canali nella destra americana Neocon.

E se il partito Svoboda fosse solo il fronte elettorale di organizzazioni neo-Naziste e ultranazionaliste non nuove, ben conosciute e appoggiate dalla stessa UCCA, come l’UNA-UNSO? Se queste organizzazioni non fossero tanto espressione dell’opposizione ucraina quanto delle forze segretamente utilizzate dalla NATO che usano l’Ucraina come base, e non da oggi? Se a giocare un ruolo decisivo negli episodi di violenza che portarono al collasso del governo ucraino che era uscito dalle elezioni fosse questa organizzazione militare neo-Nazista legata alla NATO?

Una tesi ardita, anche se ormai è difficile stupirsi di alcunché. A sostenerla, in un post del marzo scorso rilanciato ora dal solitamente attendibile Global Research, è l’analista geopolitico F. William Engdahl, basandosi anche su fonti personali tra i quali veterani dell’intelligence americana.

Engdhal che scriveva a ridosso di quei primi eventi, ricostruiva l’accaduto: Yanukovich forzato a fuggire come un criminale, accusato di aver rifiutato l’offerta di un ingresso dell’Ucraina nella UE preferendo un accordo con la Russia che offriva il taglio di $15 miliardi di debiti ucraini e gas a prezzi ridotti. Ricordava l’accordo di compromesso raggiunto con Yanukovich dai ministri degli Esteri di Germania, Francia e Polonia – senza gli US, prova dei diversi punti di vista e metodi europei – la telefonata in cui la Nuland spiegava al “suo” ambasciatore quale governo e quale coalizione volesse a Kiev, col famoso “F…k the EU”, l’Europa si fotta, appunto.

E arriva al precipitare degli eventi, quel 22 febbraio, quando a piazza Indipendenza la polizia si ritirò in preda al panico, sotto il fuoco incrociato dei cecchini.

Chi aveva schierato i cecchini? è la domanda finora senza risposta, si chiedeva l’autore. Secondo fonti di veterani dell’intelligence US i cecchini arrivarono dall’organizzazione militare di ultra destra conosciuta come Ukrainian National Assembly–Ukrainian People’Self Defense (UNA-UNSO).

(Una sigla che abbiamo già incontrato in un altro post dove era vista ricadere sotto l’ala del Pravy Sektor, il Settore Destro).

L’autore ricorda come il leader di UNA-UNSO Andrij Shkil dieci anni fa divenne il consigliere di Julia Tymoshenko, appoggiata dagli US. Durante la “Rivoluzione Arancione” appoggiò il candidato pro-NATO Yushenko contro il pro-Russia Yanukovich. Si dice anche che abbia legami stretti col Partito Nazionale Democratico in Germania (NDP).

Dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica nel 1991 i membri dell’organizzazione para-militare UNA-UNSO sono stati dietro ogni rivolta contro l’influenza Russa – afferma EngdahlIl filo che connette le violente campagne è sempre anti-Russia. L’organizzazione, secondo le fonti di veterani dell’intelligence americana, è parte di una GLADIO segreta della NATO,  e non è un gruppo nazionalista come quello che viene descritto dai media occidentali.

Secondo tali fonti UNA-UNSO avrebbe partecipato agli eventi Lituani nell’inverno 1991 (confermato ufficialmente), al colpo di Stato Sovietico nell’estate 1991 (defenestrazione di Gorbaciov, ndr), nella guerra anti Mosca di Abkhazia del ’93, a quella in Cecenia, alla campagna organizzata dagli US in Kosovo contro la Serbia, alla guerra in Georgia nel 2008. I para-militari dell’UNA-UNSO sarebbero stati coinvolti in ogni guerra sporca della NATO nel post guerra fredda. Si tratta di pericolosi mercenari usati ovunque sia per combattere guerre sporche sia per incastrare la Russia, perché pretendono di essere forze speciali Russe (per Wikipedia nel ’91 membri di UNA–UNSO avevano servito nelle forze armate sovietiche).

Gli avvenimenti in Ucraina sono andati avanti secondo le linee suggerite da Engdhal (al governo Arsenij Yatseniuk pilotato dagli US, forte ruolo di Svoboda), che chiudeva con una frase quasi profetica:

“Il dramma non è affatto finito. In gioco c’è il futuro della Russia, le relazioni Europa /Russia e il potere globale di Washington o almeno di quella fazione che a Washington vede ulteriori guerre come primo strumento della politica”.

“La Stampa” ha rimosso l’articolo che trovavate a questo link (ve lo lasciamo in modo che possiate verificare): https://www.lastampa.it/blogs/2014/11/30/news/i-neo-nazi-imperversano-in-ucraina-ma-il-nazismo-non-e-piu-il-male-assoluto-per-l-occidente-br-1.37251621

Ma potete comunque leggere l’articolo originale che è stato salvato qui: https://web.archive.org/web/20181018050130/http://www.lastampa.it/2014/11/30/blogs/underblog/i-neonazi-imperversano-in-ucraina-ma-il-nazismo-non-pi-il-male-assolutoper-loccidente-zftkpiBxOsdKkyAKDoZupI/pagina.html

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Il ministro degli esteri del Canada e i filo-hitleriani ucraini – Fabrizio Poggi

…E se il canale Rossija 24 manda in onda un lungo e documentato servizio sui nazionalisti e fascisti russi inquadrati nell’esercito ucraino o nei battaglioni neonazisti in guerra nel Donbass, ricorda anche come i nomi degli antichi collaborazionisti filonazisti vengano oggi evocati non solo sul vecchio continente. Il caso più “clamoroso” sembra esser quello della ministra degli esteri canadese Chrystia Freeland, nipote dell’ex filohitleriano dell’UPA ucraino Mikhajlo Khomjak.
Come scrive Pavel Šipilin su news-front.info, in sé e per sé la notizia non ha nulla di sensazionale: sono centinaia o forse migliaia gli ex collaborazionisti, fuggiti a ovest alla fine della guerra e moltissimi di loro proprio in Canada, dove hanno allevato figli e nipoti nello spirito del nazismo. Oggi, però, quello spirito non deve uscire allo scoperto; e allora ecco che Chrystia parla del nonno come di un eroe, che combattè “per il ritorno dell’Ucraina alla libertà e alla democrazia”. Ma ecco che, lo scorso 27 febbraio, sul sito Consortiumnews.com compare un lungo e dettagliato servizio di Arina Tsukanova (giornalista ucraina rifugiata in Crimea) in cui si rivela che il nonno materno di Chrystia, Mikhajlo Khomjak, era stato direttore di “Notizie di Cracovia”, giornale che plaudeva al regime nazista e all’Olocausto, nominato nell’incarico nientemeno che da Hans Frank, il governatore hitleriano della Polonia, giustiziato poi a Norimberga.
Verso la fine del 1944, Khomjak e il suo diretto superiore, Emil Gassner, capo del Dipartimento stampa del Governatorato di Polonia, trasferirono in Austria la redazione di “Notizie di Cracovia” e in seguito si consegnarono agli americani in Baviera. Nel 1948 Khomjak emigrò in Canada, dove la devota nipote ha potuto farsi una carriera pubblicistica (è stata nominata Ministro degli esteri solo nel gennaio scorso) nel Financial Times, Economist, ma soprattutto nel Globe and Mail, con reportage dall’Ucraina a fianco di Victoria Nuland, Vitalij Kli?kò, di Petro Porošenko e del capo dei tatari di Crimea filogolpisti Mustafa Džemilev.
Naturalmente, le notizie di Consortiumnews sono state immediatamente bollate, sia dalla Freeland che da alcuni suoi colleghi di governo, come parte della campagna russa di fake news, senza che però nessuno di essi potesse smentire il passato di Khomjak. Il famoso giornalista d’inchiesta statunitense Robert Parry, ancora su Consortiumnews, non ha avuto difficoltà a confermare la veridicità di quanto scritto dalla Tsukanova.

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La guerra in Ucraina vista dal Nicaragua – Bái Qiú’ēn

La televisiun la g’ha na forsa de leun. / La televisiun la g’ha paura de nisun. / La televisiun la t’endormenta cume un cuiun (Enzo Jannacci).

Probabilmente pochi o nessuno si è posto l’interrogativo: qual è la posizione del Governo cristiano socialista e solidale del Nicaragua sulla questione Ucraina?

Traduciamo, senza commenti, alcuni brani di articoli pubblicati sul portale ufficiale El 19 Digital.

Il 1° marzo riporta il testo del messaggio governativo letto da Jaime Hermida Castillo all’ONU: «Il Nicaragua ribadisce il suo impegno per il rispetto della sovranità, dell’integrità territoriale e della sicurezza di tutti i Paesi. […] Poiché vogliamo la pace e crediamo nella prevenzione e nella risoluzione dei conflitti con mezzi pacifici, respingiamo le misure unilaterali, come le sanzioni politiche, economiche e di altro tipo, che vengono lanciate dagli Stati Uniti e dalla NATO come bombe di distruzione di massa contro la Federazione Russa, mentre moltiplicano l’invio di armi verso l’Ucraina, il che dimostra che gli Stati Uniti e la NATO sono già coinvolti in questo conflitto che ha dimensioni globali».

Sulla risoluzione votata dalle Nazioni Unite, il Nicaragua fa parte dei 35 Paesi che hanno deciso di astenersi.

Lo stesso 1° marzo questo portale ufficiale pubblica «Razones ignoradas de la crisis en Ucrania», articolo che inizia con la constatazione: «Il drastico aumento della propaganda antirussa diffusa da vari mass media occidentali in merito agli eventi in Ucraina, a mio avviso, richiede una spiegazione dettagliata di ciò che sta realmente accadendo in questo vicino paese della Russia. Questa disinformazione rappresenta un tentativo di travisare la situazione attuale e la posizione ufficiale di Mosca riguardo alla crisi ucraina».

Prosegue con una breve cronistoria dal 2014 a oggi sulla questione relativa al Donbass e afferma che «la Russia non sta muovendo guerra al popolo ucraino, ma sta portando avanti l’operazione per porre fine alla guerra di otto anni. Voglio sottolineare che le truppe russe, gli aerei e l’artiglieria non attaccano obiettivi civili, non puntano armi contro la popolazione. L’operazione è condotta contro l’infrastruttura militare, nel rigoroso rispetto della missione di annientamento delle armi nel territorio dell’Ucraina, controllato dal Governo criminale e nazista».

Conclude con un disperato appello: «Cari lettori! In questi tempi di crisi geopolitica e di guerra mediatica senza precedenti contro la Russia, voglio chiedervi pazienza, prudenza e imparzialità, che sono sempre state essenziali per comprendere tutta la complessità della situazione attuale e dei processi globali».

L’11 marzo, nell’articolo «Planes oscuros del régimen neonazi de Ucrania» si legge: «Nel momento della drastica crescita della russofobia e della pressione senza precedenti esercitata dai paesi dell’Occidente sulla Russia […], sono costretto a continuare a rivelare i sinistri obiettivi del Governo neonazista di Kiev. […] Le scoperte fatte dall’esercito russo nel territorio liberato indicano che l’Ucraina è tornata ad essere un vicino pericoloso e imprevedibile per tutta l’Europa: anche la fabbricazione della bomba nucleare “sporca” e lo sviluppo di armi biologiche facevano parte dei piani del Governo neonazista di Kiev apertamente sostenuto dagli Stati Uniti e dai loro alleati. Negli ultimi giorni, continuano ad apparire nuove prove dei piani dell’Ucraina per creare armi nucleari e dei loro sistemi di lancio».

La conclusione dell’articolo è più che prevedibile: «In queste condizioni, le azioni della Russia sul territorio ucraino possono essere descritte come un’operazione di liberazione e di salvataggio». Liberazione e salvataggio non solo della Ucraina, bensì del mondo intero, ovviamente.

Il 24 marzo, nell’articolo «Aspecto humanitario de la situación en Ucrania» l’autore afferma: «Vorrei ricordare ancora una volta che l’operazione russa non è diretta contro il popolo ucraino, ma contro le infrastrutture militari e il regime neonazista di Kiev. Tuttavia, le forze armate ucraine e i gruppi radicali stanno coinvolgendo i civili in azioni militari, usandoli come “scudo umano”, piazzando anche armi pesanti per le strade delle città. Queste pratiche sono puramente terroristiche. E come è noto, non negoziano con i terroristi. Deve essere liquidato».

Prosegue: «Vorrei sottolineare che il Governo russo sta facendo tutto il possibile per proteggere i civili e alleviare la situazione umanitaria della popolazione ucraina. Proprio per questo le truppe russe non avanzano velocemente distruggendo tutto ciò che incontrano sul loro cammino. Va ricordato che siamo sempre aperti al dialogo e uno degli obiettivi centrali dei negoziati russo-ucraini resta il coordinamento dei corridoi umanitari».

L’autore di questi tre articoli è Alexander Nikolaevič Khokholikov, ambasciatore russo a Managua dal febbraio del 2021. Una voce super partes, che dimentica opportunamente le conquiste militari prima di Boris Eltsin e poi di Putin: la Georgia nel 1991-’93, la Moldavia nel 1992 (dove si consolidò la Repubblica di Transnistria), la Inguscezia sempre nel 1992, la Cecenia nel 1994-’96, il Tagikistan nel 1992-’97, il Daghestan nell’agosto 1999 in contemporanea con la seconda guerra in Cecenia, alle quali è seguita un’altra guerra in Georgia nel 2008, con la dichiarazione di indipendenza della Abkhazia e della Ossezia del Sud a maggioranza russofone.

Poiché la mera propaganda non si combatte né, tanto meno, si sconfigge, con la contropropaganda, se i lettori più curiosi hanno tempo e voglia, potranno approfondire la ricerca. Scoprendo che sulle pagine di El 19 Digital compaiono esclusivamente le voci ufficiali russe o di sostenitori della invasione, a partire dalla traduzione di articoli di Russia Today o dell’Innominabile de Roma.

Per parlare di casa nostra, cosa direbbe il nostro Innominabile se l’esercito austriaco invadesse l’Alto Adige, in quanto circa due terzi degli abitanti sono di lingua tedesca? Del resto, dopo vari anni di terrorismo bombarolo che i diversamente giovani ricordano ancora, oggi esiste un piccolo partito che vuole la secessione dall’Italia, il Süd-Tiroler Freiheit fondato nel 2007 (non nel Medioevo).

Per tornare a El 19 Digital, nessun commento, né pro né contro (quando mai?), e nessuna analisi da parte di un qualsiasi orteguista. Il silenzio più assoluto.

Qualche misero e miserevole accenno al conflitto bellico, «Desde Nicaragua siempre bendita, siempre libre y siempre llena de amor», lo ha fatto Rosario Murillo nelle sue quotidiane omelie. Essenzialmente per parlare della trentina di nicaraguensi che «sono tutti residenti in Ucraina, con passaporto ucraino. Un certo numero ha già lasciato il Paese, quattro hanno espresso l’intenzione di partire per altri Paesi d’Europa e, bene, continuiamo ad assisterli» (1° marzo 2022).

In compenso, un paio di giorni prima della invasione militare, era comparso l’articolo «Un desafortunado comunicado de la Cancillería Hondureña» di Víctor Manuel Ramos, nel quale si affermava che «Nella dichiarazione, il Ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale lascia intendere che l’Ucraina sta per essere invasa e la sua sovranità confiscata, facendo eco alle notizie false (dette anche Fake news) diffuse dal Governo degli Stati Uniti, dalla NATO e dalla stampa e media legati agli interessi del grande capitale. Secondo questa invenzione propagandata dagli Stati Uniti e dai suoi alleati, l’Ucraina sta per essere attaccata dagli artigli del grande orso russo, affermazione totalmente falsa». Comunque la si pensi, ogni commento è superfluo.

Naturalmente, non si trova una sola riga sulla dichiarazione che Arturo McFields Yescas, rappresentante del Nicaragua alla OEA dall’ottobre dello scorso anno, ha pronunciato il 23 marzo durante la sessione del Consiglio permanente di questa organizzazione: «condanniamo energicamente la guerra, l’aggressione ingiustificata, le flagranti violazioni dei diritti umani, l’assassinio di innocenti e la invasione di un Paese libero. La guerra non provocata contro il popolo ucraino merita la nostra più ferma e unanime condanna».

Dopo queste parole non in linea con le scelte governative, ha pensato bene di presentare le proprie dimissioni, affermando pubblicamente che «Dal 2018 il Nicaragua è diventato l’unico Paese dell’America Centrale dove non esiste un giornale cartaceo, dove non c’è libertà di pubblicare un semplice tweet, un commento sui social network, non ci sono organizzazioni per i diritti umani, sono state tutte chiuse o espulse, non ci sono partiti politici indipendenti, non ci sono elezioni credibili». E ha aggiunto che «Coloro che lavorano all’interno del Governo sono stanchi, stanchi della dittatura e delle sue azioni e ci saranno sempre più persone che diranno basta perché la luce è sempre più forte delle tenebre».

Pochi giorni dopo, il 27 marzo, si è dimesso pure Paul S. Reichler, avvocato internazionale del Nicaragua presso la Corte internazionale di Ginevra. Senza dubbio il caso più rilevante e noto da lui gestito fu quello dell’Iran-Contras-gate. Nella lunga lettera di dimissioni inviata direttamente a Daniel ha scritto: «Per me è inconcepibile che il Daniel Ortega che ho servito con orgoglio, abbia distrutto la democrazia alla cui costruzione ha partecipato in modo decisivo e abbia instaurato una nuova dittatura, non dissimile da quella che lui stesso ha contribuito a rovesciare, con elezioni farsa, un sottomesso apparato legislativo, un sistema giudiziario corrotto e incapace di impartire giustizia, e il silenziamento della libertà di espressione e dei media indipendenti».

È opportuno ricordare che la direttrice di El 19 Digital è Kiara Fuentes Martínez, una imprenditrice che “si è fatta tutta da sé”, militando nelle fila della Juventud Sandinista. Vale la pena tradurre, sempre dallo stesso portale ufficiale, una parte dell’articolo «#SoySandinista: más allá de la marca y la consigna», nel quale Kenneth Chávez racconta che lei e altri cinque giovani «Non si sarebbero mai aspettati che inviare un regalo al Comandante Daniel […] sarebbe diventato l’inizio di un grande progetto per il futuro che avanza e si espande verso l’inaspettato. […] La giovane comunicatrice ricorda quell’11 novembre 2016, il 71° compleanno del comandante Daniel Ortega Saavedra […]. Volevano regalare qualcosa di speciale e hanno creato un berretto, ispirato a quello della Rivoluzione cubana. Ci hanno stampato per la prima volta il marchio » (6 luglio 2017). Una storia alla Bill Gates nel suo piccolo garage… senza aiuti dall’alto, per chi crede alle favole.

Nel gennaio di questo 2022 la Asamblea Nacional ha nominato Daniel Edmundo Ortega Murillo a capo del Consejo de Comunicación y Ciudadanía, ovvero l’ente di supervisione e controllo di tutti i mezzi governativi di comunicazione. Ufficialmente, nel testo si usa il termine «dirigere», evidente sinonimo di comandare. Il quale, pertanto, verifica anche ciò che pubblica El 19 Digital. Non sia mai che…

Dal giugno dello scorso anno, la direttrice dell’Istituto statale delle telecomunicazioni e dei servizi postali (Telcor, appunto), che tra le competenze concede e toglie le frequenze ai canali televisivi e radiofonici privati, è Nahima Díaz Flores, moglie di Maurice Facundo Ortega Murillo.

Per non saper né leggere né scrivere, il 17 marzo 2022 la Asamblea Nacional ha soppresso altre venticinque ONG, raggiungendo quota 118, tra le quali la Asociación de periodistas de Nicaragua (APN), organizzazione di giornalisti della opposizione fondata il 19 ottobre 1981.

È inutile ricordare che al vertice di tutto l’apparato comunicativo ufficiale è la portavoce del Governo, in carica per motu proprio dal gennaio del 2007: la onnipresente Rosario Murillo. La quale, in fondo, da giovane aveva respirato l’aria del giornalismo di opposizione, essendo la segretaria del direttore de La Prensa Pedro Joaquín Chamorro Cardenal negli anni della dittatura somozista.

Un piccolo dialogo fra due persone (angosciate) “qualunque”

Mi scrive un’amica, Nicoletta

«caro Daniele, bisogna fare manifestazioni ovunque secondo me. Non tanto genericamente per la pace ma per mandare a casa questi farabutti: Di Maio, Draghi e company. Cosa ne dici?… Non siamo mai stati tanto in pericolo nemmeno durante la guerra fredda. Bisognerebbe riuscire a fare rete e mandare una parola d’ordine alle piazze, sul genere “sardine”… Io sono la persona con meno carisma e capacità di convincere sulla faccia della Terra, posso solo offrirmi come manovalanza».

Le rispondo

«Nicoletta cara, sono disperato anche io che di solito non sono pessimista. Peggio della “guerra fredda” hai ragionissima. Ma chi prova a pensare e agire? Non credo di avere molto carisma ma posso solo dire a me stesso che se ne parliamo in pubblico e ci “convochiamo” in piazza… forse qualcosa si muove. Per quel che riguarda Imola dove abitiamo, visto il silenzio che “regna”, come facciamo? ci auto-convochiamo io, te e poche altre persone? Mentre tutto precipita e il 25 aprile è lontano (in tutti i sensi). Non cadiamo nell’angoscia dell’impotenza. Non stiamo in silenzio. Metto questo nostro dialogo angosciato in “bottega” anche per sapere da chi passa di qui cosa pensa. Mentre tanta gente muore e scappa e i “grandi” ci precipitano verso la guerra mondiale… E se qualche talpa sta scavando grazie se si fa sentire. Ti abbraccio tristemente, qui nello stagno accanto al tuo.

 

 

 

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