Quando lassù Giove canticchia «guarda che Lune»

Fra scienza, fantascienza, cinema e fumetti un po’ di storie… per cominciare

di Fabrizio “Astrofilosofo” Melodia

Fabrizio-junoNASA

«JIRAM guarda sotto la pelle di Giove dandoci immagini ravvicinate del pianeta nell’infrarosso. Queste prime immagini dei poli nord e sud di Giove ci stanno rivelando aree calde e fredde del pianeta che non sono mai state osservate prima. Nonostante avessimo saputo che le prime immagini del polo sud avrebbero rivelato l’aurora meridionale del pianeta, siamo stati affascinati nel vederla per la prima volta. Nessun altro strumento, sia da Terra che dallo spazio, è mai stato in grado prima d’ora di osservare l’aurora australe nel modo come la vediamo in questa immagine. Vediamo un’aurora molto luminosa e strutturata. L’alto livello di dettaglio delle immagini ci potrà dire di più sulla sua morfologia e la sua dinamica». Una osservazione decisamente senza precedenti effettuata: lo spiega il professor Alberto Adriani dell’ INAF – ovvero l’Istituto nazionale di astrofisica – che è responsabile dello strumento d’osservazione JIRAM (Jovian InfraRed Auroral Mapper) di realizzazione italiana, presente sulla sonda statunitense JUNO, arrivata in prossimità di Giove dopo un viaggio di “appena” 5 anni.

Lo scopo di tale osservazione è nientemeno che vivisezionare visivamente in vicinanza le caratteristiche di Giove come rappresentate dei pianeti giganti: tale analisi porterebbe a conoscenze essenziali non solo riguardo alla formazione del Sistema Solare medesimo ma, elemento forse più importante, permetterebbe di capire la formazione di altri sistemi stellari in cui vi sono pianeti molto simili a Giove.

Tale impresa, di cui JIRAM costituisce l’occhio vigile, parla quasi completamente italiano. Infatti la strumentazione della sonda è finanziata dall’ASI (cioè l’Agenzia Spaziale Italiana) e realizzata da Leonardo/Finmeccanica, insieme allo strumento KaT – un analizzatore di onde radio realizzato all’Università La Sapienza di Roma da Thales Alenia Space Italia, società sempre appartenente a Leonardo/Finmeccanica – ma completamente controllata dall’ INAF (Istituto Nazionale di Astrofisica).

Giove, il gigante del cielo, torna alla ribalta dopo un periodo di occultamento mediatico dovuto alla scoperta di vari pianeti oltre il nostro sistema solare che potrebbero essere molto – o un po’ – simili alla Terra e di cui parlerò in una nota successiva.

Marte, che è più minuto, ha da sempre “rubato la scena” al compagno più grande per le grandi similarità con la Terra e per la propria conformazione fisica, entrando prepotentemente nell’immaginario collettivo.

Come se non bastasse, Giove ha un satellite naturale, chiamato Europa, che potrebbe ospitare la vita, al di sotto della propria crosta ghiacciata, come ipotizzano alcuni scienziati. In effetti ci sono condizioni ottimali e compatibili con la vita negli oceani sotto la crosta ghiacciata, un vero e proprio mondo al di sotto del mondo, come fu rappresentato il fantomatico “centro della Terra” dal buon Jules Verne. Tali “oceani” naturali di Europa sarebbero simili in tutto alle bocche idrotermali presenti sulla Terra ad esempio nel lago Vostok, in Antartide. La vita presente in queste immense distese d’acqua sotterranee potrebbe somigliare alla vita microbica presente sulla Terra nelle profondità della fossa delle Marianne, tanto per dirne una. Tale ipotesi è anche al centro del film «Europa Report», uscito negli USA lo scorso 27 giugno e pronto per arrivare anelle sale italiane.

Realizzato con la tecnica del “Found Footage” – ovvero con la cinepresa amatoriale tenuta in mano come nel film «The Blair Witch Project» e nella serie filmica «Paranormal Activity» – dall’ emergente regista ecuadoriano Sebastian Cordero, il film «Europa Report» narra di un gruppo di sei astronauti inviati ad esplorare Europa, per verificare se negli oceani sotterranei ci sono forme di vita unicellulare. Il solito problema “tecnico” porta alla morte di uno di loro e alla tremenda odissea dell’equipaggio per salvare la pellaccia portando pure a termine la missione, con risvolti “oltre ogni immaginazione”.

Dunque Luna, Marte, Venere e Saturno sono passati totalmente di moda? Parrebbe di sì. Infatti, a breve, uscirà in libreria «The Medusa Chronicles. A book in the Medusa Chronicles series» a opera dei bravi Stephen Baxter e Alastair Reynolds, i quali realizzano nientemeno che il sequel del racconto lungo «Incontro con Medusa» del gagliardo Arthur C. Clarke (di cui qui in “bottega” abbiamo parlato – a più voci – in seguito alla ristampa di due suoi cavalli di battaglia, ovvero un sequel di «Incontro con Rama» e lo splendido «Le guide del tramonto».

Edito dalla Tor, questo sequel narra le vicende di Howard Falcon, il quale, in seguito a un gravissimo incidente, per sopravvivere viene mutato in un cyborg con l’aggiunta di protesi che lo rendono più forte, veloce e intelligente ma anche troppo “macchina” e ben poco “umano” . Nonostante tutto, Falcon s’imbarca in una rocambolesca missione che lo porterà su Giove, dove si prospetta il contatto con una nuova forma di vita aliena. Le premesse per un bel romanzo in stile fantascienza anni ’50 ci sono tutte e il gigante del cielo non è affatto nuovo a queste atmosfere, come ben rappresentato da Fredric Brown nel romanzo «Progetto Giove» – ristampato recentemente presso i tipi della Delos Book – attraverso gli occhi del tecnico dei razzi Max Andrews, un ultra cinquantenne che sogna di vedere piedi umani calpestare il suolo di Giove, dopo il già avvenuto sbarco sulla Luna. Andrews è un ex astronauta costretto a terra da un gravissimo infortunio ma che ha ancora la voglia di sognare e di lottare per arrivare a nuove frontiere che appaiono al momento completamente irraggiungibili da qualsiasi mezzo umano. Il romanzo è narrato in prima persona e vorrei ricordare – come ha già fatto db in “bottega”(*) – le parole del coraggioso astronauta che sogna Giove come punto di battuta per… altri grandi balzi in avanti per l’umanità: «In alto, molto più in alto, brillano le luci del cielo che sono stelle. Dicono che non le raggiungeremo mai perché sono troppo lontane: è una bugia. Ci andremo. E se i razzi non basteranno, qualcosa salterà fuori».

Ancora attualissimo nonostante l’ambientazione ormai datata, il romanzo di Brown rappresenta Giove come un trampolino, non la meta: per lottare oltre i propri limiti, per arrivare laddove nessun uomo è mai giunto prima (cito «Star Trek» non casualmente, visto che proprio Brown sarà uno degli scrittori di punta della serie originale).

Non è stato quello di Brown l’unico Giove degno di nota. I viaggi su quel pianeta, con l’ausilio delle ali della fantasia, hanno dapprima preso nientemeno che il padre dell’Illuminismo francese, il buon Voltaire, nel romanzo «Micromega» (1752) in cui l’eroe eponimo arriva su Giove e vi si ferma per un anno, imparando segreti notevoli di cui il filosofo non ritiene opportuno renderci partecipi.

Lo scrittore e magnate John Jacob Astor IV, noto per essere un membro di spicco della dinastia degli Astor, e all’epoca uomo più ricco del mondo morto in seguito al naufragio del Titanic, scrisse nel 1894 il romanzo di fantascienza «Un viaggio in altri mondi», in cui narra la vita sui pianeti Saturno e Giove all’alba degli anni 2000. Su Giove, i baldi esploratori incontrano una specie di dinosauri molto simili a quelli vissuti nella preistoria del pianeta Terra.

Del 1929 è il romanzo di fantascienza «La polla di radio», scritto da Ed Earl Repp. I gioviani non sono… gioviali: vengono rappresentati come alieni essenzialmente crudeli e infatti rapiscono una coppia di umani semplicemente per metterli nel proprio zoo.

Bisogna attendere il romanzo «I figli di Mu» di John Wood Campbell per vedere un gioviano di tutto rispetto, ovvero lo scienziato Aarn Munro, nato sul gigante celeste.

E il miglior allievo di Campbell, Isaac Asimov, fa sentire la propria voce con il raccontino godibilissimo «Vittoria involontaria» (1942) dove i coloni umani su Ganimede mandano in esplorazione tre robot per incontrare la strana razza dei giovani, alieni indescrivibili molto simili a polipi ma un po’ troppo grandi per essere sbollentati e fatti al sugo.

Poco dopo l’eroe marziano di Edgar Rice Burroughs – per inciso papà di Tarzan – cioè John Carter viene spedito in esplorazione sul pianeta Sasoom (ovvero Giove) nel racconto «Gli uomini-scheletro di Giove» (1943). Fra il 1944 e il ’50 arriva il geniaccio e poeta Clifford D. Simak: infatti c’è anche Giove nel romanzo «Anni senza fine» (**) anche noto con il titolo «City», quasi un “Decameron” per la fantascienza vista la struttura a cornice che raccoglie racconti pubblicati sulle riviste nel corso degli anni. Simak in una delle storie di «City» narra di un Giove apparentemente inospitale ma idilliaco per i cosiddetti Saltellanti o Rimbalzanti. Senza svelare il perché – andate a leggerlo – tutta l’umanità si trasferirà su Giove.

Un altro Giove inospitale lo dobbiamo a Poul Anderson nel racconto «Chiamatemi Joe» (1957): un mondo tempestoso esplorato grazie a centauri robotici controllati telepaticamente dai loro creatori umani.

La pubblicità regna sovrana anche su Giove, grazie al genio del marketing non tradizionale Isaac Asimov: nel racconto «Per Giove» (1958), il gigante delle stelle viene acquistato da un’agenzia aliena per essere utilizzato come cartellone, un super spot al passaggio delle astronavi.

Dopo una breve sosta all’astrogrill per gustare ottime pepite di pollo marziano, eccoci diretti alla volta di Giove, di nuovo in compagnia di Arthur Clarke. Nel romanzo «2001 – Odissea nello spazio» (1968) l’astronave Discovery, diretta verso Saturno, passa nell’orbita di Giove per usarlo come fionda gravitazionale in modo da avere una spinta ulteriore raggiungendo in minor tempo la meta stabilita. Nei romanzi successivi – cioè «2010 – Seconda Odissea», «2061 – Odissea tre», «3001 – Odissea Finale» – Clarke preciserà che la Discovery doveva esplorare Giove per mantenere la coerenza con il film di Stanley Kubrick. In particolare, nel secondo romanzo il povero pianeta Giove ospita creature stranissime che fluttuano nel suo gas e che vengono distrutte in seguito alla sua trasformazione in una stella da parte di intelligenze aliene superiori.

Tornando al “sequel” citato all’inizio, Clarke scrisse nel ’71 «Incontro con Medusa» in cui l’esplorazione gioviana viene resa possibile da quell’Howard Falcon modificato che arriva sul suolo del pianeta a bordo di una sorta di pallone areostatico, bella reminiscenza di certa fantascienza in stile Jules Verne: adesso si direbbe forse che Clarke era uno “steamer” cioè scrittore steampunk ante litteram. Per la cronaca – e qui “spoilero” parecchio – la Medusa del titolo altri non è se non un alieno gigantesco e dalla consistenza gassosa, con una intelligenza puramente animale e che abita la parte più nascosta dell’atmosfera del pianeta.

Il romanzo «The Jupiter Theft» di Donald Moffitt, inedito in Italia, narra invece di una missione cinese e americana costretta a deviare dalla sua esplorazione di Giove in seguito all’ avvistamento di cinque sonde aliene provenienti dalla profondità di Cygnus X-1 e dirette imperterrite verso la Terra. Gli astronauti fanno una scoperta agghiacciante: la razza aliena presente in queste sonde ha intenzioni poco pacifiche, in quanto intende razziare nel nostro sistema solare pianeti simili a Giove, usandoli come combustibile.

Nella serie di romanzi «Biografia di un tiranno spaziale» (1983-2001) scritta da Piers Anthony, Giove viene rappresentato come l’America Settentrionale, le sue lune sono come i Caraibi, Giove è abitato da città galleggianti a rappresentare gli USA, la Macchia Rossa rappresenta il Messico.

Il romanzo «La divisione Cassini» (1998) di Ken McLeod narra che il pianeta Giove è stato convertito nientemeno che da transumanisti “post umani” in un habitat adatto alle loro esigenze, preso dunque di mira dall’Unione Solare, una sorta di collettivo socialista del sistema solare, e da La Nuova Marte, una colonia capitalista extrasolare, in quanto ritenuti molto pericolosi da entrambi.

Realistico e verosimile è il romanzo «Jupiter» (2001) del vecchio Ben Bova, un viaggio emozionante fra le nubi gioviane, le tempeste e la fase liquida dell’atmosfera del pianeta, alla ricerca di vita intelligente.

Nel romanzo «Manta’s Gift» (2002) di Timothy Zahn, Giove è la casa dei Qanska, forme di vita intelligente che dimorano nell’atmosfera stratificata dell’equatore del pianeta. Il cervello di un uomo tetraplegico viene trapiantato in una embrione di Qanska, con conseguente trasferimento delle coscienza umana a una specie diversa.

Nel romanzo «Accelerando» (2005) di Charles Stross, Giove è la base di partenza per l’esplorazione umana di altri sistemi solari, usando il campo energetico del pianeta per sparare un laser potentissimo che spingerà la nave a vela solare… oltre i mondi conosciuti.

Qui mi fermerei…. Anzi no.

Vorrei ancora ricordare Giove in altri media, cinema e fumetto. I bravi Wachowski Bros, dopo il successo della trilogia di Matrix, ne hanno combinata un’altra delle loro con il film «Jupiter – Il destino dell’universo» (2015) in cui la protagonista Jupiter Jones è una povera immigrata russa costretta a pulire i bagni pubblici per vivere, una vita di miseria fino a quando non diviene “vittima” di un gruppo di killer che si rivelerà essere una razza aliena bellicosa. Jupiter viene salvata da un certo Caine che le rivela notizie sconvolgenti sulla razza umana: essa non sarebbe originaria della Terra ma deriverebbe da un esperimento di inseminazione della popolazione originaria di Giove e lei sarebbe nientemeno l’ultima discendente della matriarca gioviana Seraphi Abraxes. Film divertente, lo consiglio per una serata in allegra compagnia.

In fase finale un cenno ai bellissimi manga della serie giapponese «Planetes» (2001) di Makoto Yukimura, ambientata sull’astronave che ospita la prima spedizione umana su Giove: narra la storia di un gruppo di raccoglitori di detriti spaziali della Sezione “Space Debris”, unità della multinazionale Technora Corporation, il cui compito consiste nel prevenire danni o distruzioni di satelliti, stazioni orbitanti e navi spaziali da parte di rottami e detriti vaganti lungo l’orbita terrestre (quello che spesso viene definito “inquinamento spaziale” o in inglese “space debris”).

Fumetti? Come dimenticare l’esilarante storia disneyana «Paperino e il razzo interplanetario» scritta da Carlo Chendi e disegnata dal compianto Luciano Bottaro, in cui il solito Zio Paperone decide di mettere al sicuro i propri tre ettari cubici di denaro trasferendoli sulla Luna con un razzo ideato dal geniale Archimede Pitagorico. Si fa aiutare dal recalcitrante Paperino, ma accade il solito imprevisto e il razzo è costretto a un atterraggio di fortuna su Giove. Qui fanno la conoscenza dei “Gioviali”, esseri pacifici e ghiotti di metallo, che, per sbadataggine di Paperino, divorano il primo carico d’oro trasportato dal razzo. Ma poi Paperino diventa – per caso, anzi per errore – l’eroe dei Gioviali distruggendo le astronavi di Rebo, bellicoso signore di Saturno, con le quali intendeva invadere il pianeta.

Mi fermo ma potrei continuare… tanto Giove ha preso la fantasia nel corso del tempo e ora sembra tornare al massimo splendore.

(*) cfr Ci serve Gagarin, 50 anni dopo?

(**) Vedi «City»: un libro i m p e r d i b i l e e poi Ancora su «City» di Simak: per ripensare la fantascienza

 

L'astrofilosofo
Fabrizio Melodia,
Laureato in filosofia a Cà Foscari con una tesi di laurea su Star Trek, si dice che abbia perso qualche rotella nel teletrasporto ma non si ricorda in quale. Scrive poesie, racconti, articoli e chi più ne ha più ne metta. Ha il cervello bacato del Dottor Who e la saggezza filosofica di Spock. E' il solo, unico, brevettato, Astrofilosofo di quartiere periferico extragalattico, per gli amici... Fabry.

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