Quando non si poteva contare fino a 194

una poesia di Savina Dolores Massa

La casa clandestina era in palazzo

salimmo scale, obbligate a non leggere

cognomi veri ai campanelli

a non vedere

fiocchi rosa o azzurri sulle porte

a non sentire alcun suono

di parole verseggiate per insulto

 

Ognuna, dei mobili in salotto, e delle altre

non ne notò la forma, ma intatto

resterà a vita quel ricordo, di come

si cercassero tra loro

le punte

irrigidite di ogni scarpa

 

Ognuna, entrò sola nella cucina

il tavolo puzzava di cipolle

triturate per un sugo, raffinate

con la carne e le sue spezie

il giorno prima

 

Ognuna, su quel tavolo

si spogliò solo le gambe

 

Il lutto era rosso nella vasca

embrioni da lavare a candeggina

o polvere abrasiva

acqua calda per un prossimo turno

atteso a testa bassa

taciturno

 

Scendemmo scale

obbligandoci a non leggere

cognomi veri ai campanelli

a non rubare

fiocchi rosa o azzurri dalle porte

a non sentire alcun suono

di parole verseggiate per insulto

 

UNA BREVISSIMA NOTA

Il riferimento è ovviamente alla legge 194, prima c’era solo l’aborto clandestino (db)

 

Redazione
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