Quando sarà finita

N. K. Jemisin è un’autrice afro-americana di fantasy e fantascienza (libri

tradotti in italiano: «I Centomila Regni» Gargoyle editore e «La luna che uccide», Fanucci). E’ anche una dei bersagli preferiti del bullismo online, con il suo corollario di minacce di stupro e di morte: è donna, è nera, usa la sua scrittura per esplorare identità, sessualità, potere, violenza… “cosa ti aspettavi, cara?” cinguettano i sostenitori dei bulli.

Ma ecco cos’ha da dire lei stessa al proposito – i brani sono tratti da un suo discorso pubblico del 2014 (*)

jemisin

«Nella fantascienza e nella fantasy, autori ed editori e registi e creatori di giochi sono diventati molto più espliciti e ostili nel loro bigottismo. Abbiamo visto tale bigottismo diretto non solo agli autori neri ma agli autori di qualsiasi razza diversa dalla bianca; e lo abbiamo visto dipanarsi lungo le assi del genere, dell’orientamento sessuale, della nazionalità, della classe sociale e così via. Lo abbiamo visto mirato alle case editrici e agli acquirenti di libri e a chi li recensisce.

Nel 2013 fui assalita online da un bigotto che decise di chiamarmi “mezza selvaggia”, tra le altre cose. Lo fece usando l’account Twitter ufficiale della “Science Fiction and Fantasy Writers of America” (SFWA – Associazione degli scrittori di fantascienza e fantasy d’America) e ciò significa che stava usando l’organizzazione come un attrezzo per il suo attacco razzista e sessista personalizzato. Più tardi fu espulso da essa, per questo, ma la cosa interessante è la storia che si è sviluppata attorno a questo incidente: i suoi sostenitori mi fecero sapere che mi avrebbero stuprata o uccisa e io li ho doverosamente segnalati a varie autorità, per quel che serve.

Durante il mese che ci volle all’SFWA per decidere che volevano fare con questo tizio, dormirono sopra la denuncia formale che io avevo mandato loro, perché pensavano che l’avessi mandata “in un momento di rabbia” e che potessi non essere consapevole delle conseguenze. Un membro dell’organizzazione pubblicò un “richiamo alla civiltà” sul suo sito, chiamandomi nel processo una Omarosa (Ndt: un reality statunitense gestito da un’attrice di colore, per estensione una “stupida esibizionista nera”) e una Regina del Dramma, ma ovviamente non intendeva essere sessista o razzista…

In un forum semi-segreto e non ufficiale dell’SFWA ci fu un intenso dibattito che coinvolse ex presidenti e ex funzionari e persone che non erano neppure membri dell’organizzazione, sul perché era così disperatamente importante tenersi in casa molestatori e aggressori, senza contare quanti altri membri il loro atteggiamento cacciava fuori, giacché il garantir loro di dire quel che volevano era assai più importante della capacità di ciascuno di funzionare nello spazio lavorativo e di quella dell’SFWA di esistere come associazione professionale. Perché io non sono la sola donna o la sola persona di colore che è stata fatto bersaglio di intimidazioni e insulti nello sforzo intenzionale di creare un ambiente ostile nei nostri spazi pubblici. La gente nota quel che accade a me perché bene o male ho raggiunto un profilo abbastanza alto da rendere le aggressioni più visibili, ma sospetto che ogni persona che non sia un maschio bianco eterosessuale avrebbe qualcosa da dire sui micro e macro assalti che si traducono in campagne organizzate per dire “questo non è il tuo posto”.

Per cui ritengo di essere stata precipitosa, in precedenza, a chiedere una “riconciliazione” all’interno della fantasy e della fantascienza: la riconciliazione avviene dopo che la violenza è finita.

In Sudafrica la “Commissione per la verità e la riconciliazione” cominciò ad operare dopo che l’apartheid era terminato; in Ruanda, cominciò quando cessò il genocidio; in Australia, ebbe inizio quando le persone indigene non furono più classificate come “fauna” dal governo del Paese. La riconciliazione è parte di un processo di guarigione, ma come può esserci guarigione mentre le ferite sono ancora inflitte? Come possiamo cominciare a parlare di guarigione, quando tutti i perpetratori di violenza pretendono di non aver fatto nulla di male?

Incidentalmente, se il Signor Ben Altri Problemi, il Signor Civiltà e i signori e le signore Libertà di parola a tutti i costi sono ciò che io dovrei aspirare ad essere, allora sono tutta selvaggia e dannatamente orgogliosa di esserlo, per cui costoro possono baciare collettivamente il mio nero culo.

Forse pensate che sia un’iperbole chiamare il bigottismo all’interno dei generi fantascienza e fantasy “violenza”. Ma non so come altro chiamarlo. Fantascienza e fantasy sono dedicate all’esplorazione del futuro e al mito e alla storia. Sogni, se li volete definire così. E chiunque sia capace di sognare è capace di usarli, tuttavia a molti si impedisce di forza l’ingresso, li si tormenta a scopo “rieducativo”, sino a che diventano funzionali allo status quo. I loro interessi sono confinati all’interno di ghetti creativi, permessi solo in circostanze prescritte e numeri limitati. Quando appaiono, ci si aspetta da solo che mostrino il tesserino: “Ascolta, questa è un’antologia dell’antica sapienza nativa americana: mettici una kachina (Ndt. una bambola che rappresenta uno spirito, in uso in varie etnie nativo-americane) in copertina, o non possiamo pubblicarlo. No, no, non possiamo mettere un vero Navajo in copertina, sei pazzo? Vogliamo che il libro venda. Quella persona lì sembra troppo bianca, tra l’altro: sicuro che stia dicendo la verità, sull’essere indiano? Cosa vuol dire che è un Inuit?”

Interi sottogeneri come il “realismo magico” e la letteratura per giovani adulti sono stati aggiustati per razza e sesso, con l’inerente discriminazione così normalizzata da risultare invisibile. Il risultato è un pubblico di lettori pronto a difendere questa idea: i draghi ci stanno bene, quella gente no. La cosa peggiore di tutte è che la violenza ha raggiunto un punto in cui si auto-perpetua. Non so quante volte mi è stato detto che come persona di colore non potevo essere una scrittrice di fantascienza e fantasy: da altre persone di colore.

Ma la violenza operata è più che metafisica o tematica. Carriere sono strangolate alla nascita. Identità sono violentate – e uso la parola intenzionalmente, non in senso metaforico. Come definisci, altrimenti, il fatto che i dati sensibili di una fan sono resi pubblici e la sua vita scandagliata in cerca di dati e dettagli, sino a che comincia a ricevere telefonate a casa e al lavoro con minacce dirette al suo corpo, alla sua famiglia, alla sua carriera? Non ho neppure bisogno di fare esempi specifici, perché ciò accade troppo spesso e a troppe persone. E temo che la violenza aumenterà mano a mano che noi saremo di più a chiedere di veder riconosciuti i nostri contributi e la nostra presenza, e rispetto per le nostre persone.

Io continuo a fare le mie cose – scrivere, migliorare quel che scrivo, pubblicare quel che scrivo. Ogni due o tre mesi devo fermarmi per maneggiare un po’ di stronzate bigotte. Poi torno a scrivere. Quest’anno per la prima volta in vita mia mi hanno diagnosticato la pressione alta. Sta tornando normale, ma il bigottismo uccide, sapete. Devo aver più cura di me. Devo sopravvivere. Perché è quello che dobbiamo fare tutti, se vogliamo arrivare al punto della riconciliazione. Ma non ci siamo ancora.

Perciò. Pensano che siamo dei selvaggi? Mostriamo loro esattamente cosa significa. Fatevi coraggio. Reclamate la conoscenza e il linguaggio che saranno le vostre “armi”. Fate gruppo con chi la pensa come voi e datevi forza l’un l’altro, non tentate da soli. E da questo momento in poi, ogni volta in cui vedete razzismo e sessismo nella fantascienza e nella fantasy attaccateli. Non aspettate che la minaccia, l’insulto siano diretti a voi: reagite anche se sono diretti ad un gruppo diverso dal vostro. Se non siete in grado di saltare in sella e andare al galoppo per qualcun altro, come potete aspettarvi che qualcun altro cavalchi per voi?

Abbiate chiaro che all’interno dell’ambiente c’è gente che vi odia e non vi vuole fra i piedi e che, se potrà, vi farà del male. Non tollerate la loro intolleranza. Non cercate di essere “obiettivi” e “bilanciati”. Dite loro che non sono i benvenuti. Metteteli a disagio. Cacciateli via. Lottate, maledizione.

E così un giorno, quando la lotta sarà finita, potremo guarire. Quel giorno, almeno, ognuno di noi potrà sognare liberamente.

(*) Ripreso dal bellissimo blog «Lunanuvola» di Maria G. Di Rienzo; ovviamente la traduzione e la nota iniziale sono sue. (db)

 

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