Quattro scenari per il voto del futuro

Naturalmente essendo Marte-dì… qui si parla di fantascienza. Avevo previsto un pezzo di «fantasport» ma ho deciso di farlo slittare alla prox settimana. Anche perchè il fanta-voto mi sembra attuale: a Livorno non ha vinto Kafka (vedi sotto) ma quasi, comunque «un marziano» visto che Nogarin è ingegnere aerospaziale (*)

Dopo aver previsto (molto prima del tempo) un presidente nero oppure donna, cosa ci propone la fantascienza per le elezioni e dintorni?
La prima provocazione riguarda l’area del non-voto. Nel 1964 lo studente statunitense Norman Kagan scrisse «Laugh Along whit Franz» che risulta inedito in Italia. Negli Usa di questo divertente racconto votano pochissimi. Alle urne – maligna Kagan – si recano gli elettori «alienati», coloro che si sentono rappresentati dal candidato “formaggino”. Quasi per gioco inizia, negli Stati Uniti immaginati da Kagan, a circolare fra la gran massa degli astensionisti l’idea di designare sulla scheda uno sconosciuto, tal Franz Kafka. In modo del tutto inaspettato il dissenso-scherzo assume dimensioni di valanga: Franz ottiene la maggioranza assoluta. Sarà il prossimo Capo di Stato. Se lo rintracceranno.
Un secondo paradosso che la fantascienza ha indagato è come esercitare il potere cercando sempre il più alto consenso popolare. Con in più il ricatto – nell’epoca dei sondaggi e dei media sempre pronti a soffiare sul fuoco dell’attualità – di un’opinione pubblica volubile. Con il consueto umorismo al vetriolo lo esaspera Robert Sheckley nel famoso «Biglietto per Tranai». Quando Jack, il protagonista, giunge sul lontano e utopico Tranai, è sorpreso nel vedersi offrire la massima carica. Proprio nell’istante in cui decide di accettare, il suo predecessore viene dilaniato dall’esplosione di uno strano gingillo che porta al collo: una bomba collegata a un computer contabilizza il malcontento nei confronti del presidente in carica. Oltre un certo livello di disaffezione popolare, l’esecutivo è automaticamente decapito (non solo in maniera simbolica): il trionfo della sondaggio-crazia in versione dinamitarda.
Terzo scenario: sarà vero che chi è già ricco di suo sarà un buon presidente perché non deve arricchirsi a spese nostre? Prendendo per buono questo strambo discorso e spingendolo alle estreme conseguenze, diventa auspicabile che venga eletto il peggior presidente possibile, uno così corrotto… che non avrà la tentazione di farsi corrompere. E’ all’incirca quel che immagina in «Guida galattica per gli autostoppisti» l’inglese Douglas Adams. Dunque il candidato ideale alla «presidenza della Galassia» – non una cosuccia come gli Usa o l’Unione Europea – sarebbe Zaphod Beeblebrox, «avventuriero ed ex hippy» che Adams presenta così: «Il presidente deve saper provocare il furore della gente ma essere in grado di affascinarla. Zaphod è uno dei migliori presidenti che la Galassia abbia avuto: ha già passato in carcere per truffa 2 dei 10 anni del mandato».
Quarto scenario: le elezioni costano troppo, bisogna risparmiare. La soluzione la indicò Isaac Asimov, oltre 50 anni fa, in un celebre racconto che in italiano si trova sotto il titolo «Oggi si vota» oppure «Diritto di voto». Per evitare le costosissime operazioni elettorali, il super-computer Multivac ogni 4 anni sceglie una persona che rappresenta il «cittadino medio»: così sarà Norman Muller, semplice commesso di magazzino, a decidere. Proprio lui che era così sospettoso della «democrazia elettronica» sceglierà, in solitudine, il prossimo presidente degli Usa. Un uomo, un voto.
(*) Questo articolo in parte riprende in parter un mio articolo uscito su «L’unione sarda» e in parte l’ultimo capitolo del saggio «Di futuri ce n’è tanti» (Avverbi 2006) che ho scritto con Riccardo Mancini. Quanto alla previsione di un presidente “nero” è in ben due romanzi di Philip Dick… Quiz; dite voi quali. Il primo che darà la risposta giusta vincerà una medaglia di cicoria e un succo di mango (ma deve passare da Imola per ritirare i premi). Ma come sa chi ben scruta codesto blog, Dick è stato anticipato dal brasiliano Monteiro Lobato che immaginò gli Usa come l’unico impero mondiale con una campagna elettorale a tre: fra un conservatore bianco, un leader nero e una donna. (db)

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