Quelli che vivono nell’ombra

recensione al romanzo «Affari riservati» di Luciano Marroccu edito da Baldini Castoldi Dalai  (*)

Si è suicidata Clelia Varni o è stata spinta nel varco delle scale? E nel secondo caso l’assassino va cercato in un amante violento, in qualche doppiogiochista preoccupato nel sapere che la donna è una informatrice della polizia fascista o in un improvviso scoppio di gelosia che magari lei stessa ha provocato per uccidersi… attraverso mani non sue? Tutto sembra possibile a Luciano Serra, protagonista del romanzo «Affari riservati». Ma valgono poco le sue ipotesi se, per sua stessa ammissione, è oppresso da due macigni: forse anche lui era innamorato di Clelia e soprattutto non è un gran furbo e per capire “il mondo” pende quasi sempre dalle labbra del suo capo, anzi con candore confessa «vorrei pensarmele da me certe cose ma in realtà le prendo in prestito».

A intrecciarsi con la morte di Clelia una storia ben più grande: il tentativo politico che alla vigilia del secondo conflitto mondiale – siamo nell’agosto 1939 ma l’Italia entrerà in guerra solo nel giugno ’40 – alcuni esponenti di primo piano del fascismo e uomini dei “servizi” stanno progettando (o solo sognando?) per staccare l’Italia di Mussolini dalla Germania e riavvicinarla all’Inghilterra. Vero, falso o verosimile che una fronda spinga il Duce verso gli odiati inglesi? «In tempi come questi le cose apparentemente più incredibili risultano alla fine le più vere» sentenzia Carruezzo e chissà se è solo amore del paradosso.

E’ bravo Marrocu a inserire tanti quadretti in queste due grandi cornici. Con le molte polizie italiane, spesso intente a spiarsi fra loro. E i servizi segreti: «Viviamo nell’ombra io e i miei colleghi, scaviamo tra i rifiuti e ciò che troviamo è quasi sempre merda». Con sullo sfondo ogni tipo di funzionario: servitori dello Stato, burocrati, qualche sadico, molti imbecilli. I sensi di colpa che «durano quel che durano». Gente di cinema, del varietà e il sottobosco della Roma che vive di espedienti o vendendo sesso. Le parole da dire (germanico) e da tacere (tedesco). L’antifascismo «da osteria». Gli spioni che controllano i discorsi «nei cessi pubblici». Le lettere anonime. Il trio Lescano. La grande differenza tra ascoltare la canzonetta «Il pinguino innamorato» prima e durante la guerra. Le ambasciate e i bordelli di Stato. La frase preferita di Serra «non dipende da me», un alibi perfetto in amore, nel lavoro e in politica. Le molte differenze tra sorvegliare e punire. «La possibilità inespressa degli eventi» che Serra tradurrebbe con “Ci poteva andar meglio”.

Non è facile scrivere di spioni. Ancor meno rendere credibili e appassionanti due spie così lontane nel tempo. Eppure gli agenti segreti Luciano Serra (sardo e omonimo dell’aviatore protagonista d’un famoso film dell’epoca) e il suo capo Eupremio Carruezzo sono una riuscita coppia. Luciano Marrocu continua a far centro: i protagonisti restano gli stessi dei romanzi precedenti ma lui sa avventurarsi su strade sempre diverse.

Quanto all’Ovra non credete a chi ha interpretato la sigla in modi fantasiosi. La verità è probabilmente quella paradossale del solito Carruezzo: «Ha raccontato come il nome fosse venuto al Duce quasi per caso e che non era la sigla di un bel nulla e che anzi proprio l’indefinitezza era la sua essenza. Forza e potenza di quella sigla, che sigla non era, stavano nella sua capacità evocativa, Ovra per piovra dunque, tenebre e silenzi degli abissi, tentacoli avvolgenti di un organismo che tutto vede e tutto sa. Al Duce interessava un nome che sprigionasse l’idea di una violenza cieca e imperscrutabile». Che poi questo trucco avesse i piedi d’argilla e, come tutte le scenografie fasciste, stesse per crollare Serra e soprattutto Carruezzo nel 1940 di certo lo sanno ma dirlo.., è meglio di no.

(*) Questa recensione si colloca nella rubrica «Chiedo venia», nel senso che mi è capitato, mi capita (e mi capiterà) di non parlare in blog di alcuni bei libri, magari letti e apprezzati. Perché accade? A volte nei giorni successivi alle letture sono stato travolto (da qualcosa, qualcuna/o, da misteriosi e-venti, dal destino cinico e notoriamente baro, dalla stanchezza, dal super-lavoro … o da chi si ricorda più); altre volte mi è accaduto di concordare con qualche “testata” (contro il muro, come dice la battuta) una recensione che poi rimane sospesa per molti mesi. Ogni tanto ho perso e magari ritrovato e riperso quel tal libro… Tempo fa ho deciso che avrei rimediato in blog a questi buchi, con una rubrica apposita appunto chiedendo venia.

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