Queremos vivir: la comunità di pace di San José de Apartadò

di Nelly Bocchi

Il conflitto politico, sociale e armato, che da più di 50 anni insanguina la Colombia, colpisce con speciale crudeltà la popolazione civile, vittima di massacri, sfollamento forzato e persecuzione giudiziaria utilizzando il terrore come strategia per liberare interi territori di interesse economico per i grandi investimenti delle multinazionali e di interesse geopolitico per lo stesso Governo colombiano.

Le Comunità di pace e in resistenza civile sono comunità rurali, indigene e afrodiscendenti che si sono dichiarate pubblicamente neutrali di fronte alla guerra, in un paese dove la neutralità è severamente punita da tutti gli attori armati. Queste Comunità rappresentano significative e poco conosciute esperienze di resistenza civile alla guerra e allo sfollamento forzato che con la pratica quotidiana della partecipazione democratica, dell’autodeterminazione e della continua ricerca di una soluzione pacifica dei conflitti, rafforzano i valori favorevoli alla costruzione reale di una cultura di pace. Si tratta di una resistenza integrale, che va al di là della pura neutralità rispetto ai vari gruppi armati, e non stiamo parlando quindi di una neutralità ingenua, ma di uno stile di vita quotidiano, fondato sulle conquiste di autonomia e autodeterminazione, dalle quali abbiamo sicuramente tanto da imparare. La Comunità di Pace di San José de Apartadò si trova nel Municipio di Apartadó, dipartimento di Antioquia, nord ovest della Colombia.

Attualmente il conflitto armato vede contrapporsi la guerriglia (soprattutto delle FARC), le Forze Armate Colombiane ed i gruppi paramilitari: i civili sono sfruttati o eliminati..Per tutti questi motivi e per quelli elencati in seguito , le trattative di pace tra il Governo colombiano e le Farc non porteranno ad una pace vera né tanto meno alla ricerca di verità e giustizia.

Nel corso degli anni il conflitto armato ha poi parzialmente modificato le proprie ragioni d’essere in quanto sono entrati in gioco i forti interessi strategico – economici esistenti nell’area dell’Urabà, regione geografica che si estende attorno al Golfo dell’Urabà, comprendendo il municipio di Apartadò ed interessando il dipartimento di Antioquia. Tale area infatti dispone di significative ricchezze minerarie ed agroalimentari (non ultimo l’interesse per la coltivazione illecita di coca), è uno dei bacini d’acqua dolce più grandi del mondo ed occupa una posizione strategica essendo un grande porto naturale nel mare dei Caraibi ed un corridoio per Panama per traffici di tutti i tipi, anche illeciti.

Tutti i gruppi armati, attraverso la violenza, vogliono controllare questa terra e le sue ricchezze.I contadini della zona hanno sviluppato nel tempo una strategia di neutralità e nonviolenza al fine di difendere la propria vita ed il proprio territorio. E’ così che il 23 marzo del ’97 , dopo due feroci massacri ad opera dei militari nel settembre 1996  e febbraio 1997, è nata la Comunità di Pace di San José de Apartadò, composta da circa 1500 persone che si impegnano a: non partecipare alla guerra in modo diretto o indiretto; non detenere armi di nessun tipo; astenersi dal dare appoggio alle parti in conflitto; non chiedere aiuto a persone armate per risolvere problemi personali o familiari; non manipolare né dare informazioni a nessuna delle parti in lotta; impegnarsi a partecipare ai lavori comunitari; non accettare ingiustizie e impunità rispetto a ciò che accade.

Dal 1997 la Comunità di San José ha comunicato pubblicamente le violenze subite: persecuzioni giudiziali attraverso false testimonianze, sfollamenti forzati, stupri e soprattutto l’assassinio di 170 suoi membri. Ha denunciato sia la guerriglia, sia le Forze Armate Rivoluzionarie Colombiane, sia i paramilitari per i gravi e ripetuti atti di violenza contro i propri membri, azioni che di fatto disconoscono il diritto dei civili a restare neutrali rispetto al conflitto. In base a queste denunce, sono proprio i gruppi illegali paramilitari quelli che hanno aggredito con maggior intensità la popolazione di San José, con la complicità attiva od omissiva delle Forze Armate. Contemporaneamente, è stata testimoniata anche una durissima pressione economica: i furti del denaro ricavato dalla vendita dei loro prodotti, gli incendi delle abitazioni, i blocchi paramilitari permanenti nella strada che collega San José con il Comune di Apartadó ed i blocchi economici.

La Comunità di Pace è diretta da un Consejo Interno (Consiglio Interno) formato da 8 membri. Attualmente il rappresentante legale della comunità è Jesus Emilio Tuberquia (per ulteriori informazioni si rimanda al sito internet in lingua spagnola www.cdpsanjose.org), oggetto di svariate minacce, attentati e persecuzione. San Josè è caratterizzato in gran parte da montagne e foreste ,quest’area è terreno di scontro tra le FARC e l’esercito colombiano ed è caratterizzata  soprattutto ora  da una forte presenza di paramilitari, che usano quotidianamente violenza contro la popolazione. In tale contesto la scelta di vivere nella Comunità comporta il rischio quotidiano della propria vita, come dimostra l’alto numero di vittime registrato al suo interno. Nonostante questo i suoi membri non hanno sentimenti di odio né di vendetta, non progettano azioni armate per farsi giustizia da soli, ma vanno avanti con determinazione, resistendo e chiedendo solo dignità e rispetto. In un contesto in cui i servizi dello stato e le istituzioni sono quasi completamente assenti, la Comunità di Pace di San Josè de Apartadò è l’unica realtà di organizzazione civile in grado di resistere in questo ambiente di pressione e di violenza. La Comunità è solidale con tutta la popolazione civile della zona. Chiunque non faccia direttamente riferimento a qualche gruppo armato si rivolge alla Comunità per qualsiasi necessità. Molte persone si rivolgono infatti alla Comunità, pur non facendone parte, per esigenze legate ai bisogni primari, per cercare protezione dalla violenza e per emergenze di ogni genere. La loro posizione è stata accolta con sospetto e ostilità. Funzionari del governo, forze di sicurezza e paramilitari hanno continuato a considerarli “sovversivi”, mentre i gruppi della guerriglia li hanno ripetutamente accusati di sostenere i loro nemici. I combattimenti tra paramilitari e gruppi della guerriglia e tra l’esercito e i gruppi della guerriglia continuano a mettere a rischio la comunità. La presenza di paramilitari pesantemente armati è ancora evidente, nonostante il governo affermi che tutti i gruppi paramilitari siano stati smobilitati, e si registra anche una pesante presenza delle forze di sicurezza nell’area. I paramilitari hanno minacciato di uccidere membri della comunità in diverse occasioni e anche le forze di sicurezza, che operano nell’area, hanno regolarmente minacciato membri della comunità. E queste minacce continuano giorno dopo giorno, aumentando d’intensità, come testimoniano  i frequenti comunicati che i membri del Consiglio Interno inviano a quella parte di società civile che conosce e sostiene il  loro cammino di dignità .

I gruppi o associazioni che in Italia collaborano  con S. Josè si contano sulle dita di una mano: Operazione Colomba che garantisce la presenza di volontari  nella comunità per monitorare, accompagnare, diffondere notizie, Colombia Vive, che , attraverso iniziative, incontri, missioni in loco,  fa conoscere ciò che vive la comunità, Amnesty International, soprattutto il gruppo 208 , che ha “ in adozione” la comunità di pace , propone azioni urgenti, appelli, incontri di sensibilizzazione, educazione ai diritti umani nelle scuole, per far sentire la voce inascoltata dell’intera comunità, anche attraverso il sito, sempre aggiornato: http://uncaminarendignidad.blogspot.it/

Redazione
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