Raffaele Mantegazza: i futuri di Donà e Baldrati

Immaginare futuri per l’Italia non sembra un hobby caro alla classe politica, visto che questa non sembra andare oltre la cattiva gestione del presente o la pessima riedizione di un passato mai passato di tangenti, arroganza e sesso esibito priapicamente. Conviene allora forse buttarsi sulla fantascienza che a immaginare futuri è abituata, e leggere due romanzi di giovani narratori italiani: immaginano futuri cupi ma non del tutto privi di speranza per questo sempre meno speranzoso Paese.

Ci riferiamo al libro di  Silvio Donà, Pinocchio 2112 (Leone 2009) e al romanzo di Mauro Baldrati, La città nera (Perdisa 2010), diversi nell’impostazione e nel linguaggio ma simili nei timori e nelle speranze.

Il romanzo di Donà, non propriamente un emergente dal momento che ha alle spalle parecchie opere pubblicate, è una dichiarazione d’amore nei confronti dei libri proprio in un’epoca come la nostra che, con la sua infatuazione superficiale e modaiola per le Nuove tecnologie sembra poterne e volerne fare a meno. Sono infatti i libri la vera passione di Angelo, il protagonista che si aggira per le vie di una città sotterranea (solo alla fine si capirà realmente la vera identità della metropoli) alla ricerca appunto di vecchi libri, quelli cartacei ed erosi dal tempo. Nella sua caccia, legata a motivi commerciali ma anche affettivi (i libri migliori Angelo se li tiene e non li vende) questo personaggio così simile a Nathan Never incontrerà un bambino, si imbatterà nel boss della città, troverà un amore impossibile fino al finale un po’ prevedibile ma sicuramente azzeccato. I bibliofili e coloro che non si rassegnano a tutto ciò che inizia con e- (e-mail, e-commerce, e-sex) potranno godere di una avventura scritta con toni delicati anche quando narra atrocità; potrà stupire ma in tutto il libro non c’è una parolaccia! Eppure è scritto nel 2009. Che Donà non ne conosca?

Di diverso profilo e tono invece la storia narrata da Baldrati, molto più cupa e tesa, con un linguaggio alla Spillane; e quasi spillaniano è il protagonista, un sergente di polizia che nella Roma di un vicino futuro riceve dal capo di una dittatura post-fascista (ma molto poco post) l’incarico di sventare un attentato; il poliziotto sempre meno convinto di lavorare dalla parte dei buoni incontrerà figure straordinarie nel contesto delle forze della Resistenza e continuerà ad accrescere i suoi dubbi sino a un finale aperto e per certi versi imprevedibile. La resistenza attraverso i libri, la resistenza attraverso le armi; resistere con la cultura o con l’astuzia di chi sa indagare andando oltre il proprio mandato; opporsi al potere tornando a praticare vecchi gesti desueti come sfogliare le pagine di un volume oppure insinuandosi nei gangli del potere, rischiando la vita propria e dei propri amici: il risultato comune ai due eroi (o meglio anti-eroi) è lo smascheramento delle dinamiche di potere, la scoperta di una verità diversa da quella del Principe, la possibilità di scegliere per se stessi – e per coloro che si amano – un futuro diverso. Proprio ciò di cui sentiamo la mancanza in questo dolce regime telecratico; proprio il futuro che vorremmo disegnare o narrare ai nostri figli, quello di uomini e donne che non si arrendono ma hanno il coraggio dello spirito e della cultura, dell’indagine e della scoperta, della lotta e della resistenza.

UNA PICCOLA NOTA

“Qui mi si ruba il mestiere” urlò Barbieri-14 detto il geloso. “Dovresti essere contento invece che altre persone amino la buona fantascienza” replicò Barbieri-19 detto l’ecumenico. “In ogni caso” aggiunse Barbieri-8, detto il quantofrenico “nei prossimi giorni parlerò anch’io di fantascienza italiana”. E rapido sussurrò Barbieri-32 detto lo stizzito: “robbbba che Raffaele se la sogna”. Incomprensibilmente il quartetto dei Barbieri da 71 a 74 intonò il vecchio blues sulle mura di Gerico che cadevano e ciò convinse i più che la relazione causa-effetto è in declino.

Redazione
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2 commenti

  • Il libro di Baldrati non l’ho letto e non posso giudicare.
    Quello di Donà invece sì e sono d’accordo con la recensione. Buon romanzo, bel ritmo. Prende fin dalla prima pagina e ti tiene legato fino alla fine senza cedimenti.
    Più interessante di libri “strombazzati” e superpubblicizzati di case editrici famose.
    Ma io è un pezzo che non mi lascio più abbindolare dalla pubblicità di Mondadori, Feltrinelli & co.

  • Proprio bello “Pinocchio 2112”!

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