Red Maria

di Maria (Rossa!) G. Di Rienzo

«Questo documentario tratta dei corpi delle donne e del lavoro. Il capitalismo globalizzato espelle molte donne alle periferie della società, dove sono etichettate come casalinghe, lavoratrici del sesso, lavoratrici in trasferta, lavoratrici migranti, senzatetto e così via. Nel mondo marginalizzato delle donne questi corpi hanno significati specifici: un corpo di donna diventa un lavoro o una merce in se stessa e tuttavia spesso è visto come “macchiato” e soggetto a giudizio morale. Il film intende documentare questi corpi di donna, su cui il capitalismo globalizzato sostiene se stesso, nei luoghi più infimi, e intende porre la domanda – dalla prospettiva donne e lavoro – su cosa socialmente significhi lavorare duro». Così la regista coreana Kyung Soon descrive il suo documentario «Red Maria». Nel suo Paese la pellicola è uscita a fine aprile scorso e più che dei cinema sta facendo il giro dei collettivi femminili e dei cineforum: ciò non sorprende, essendo la regista un’indipendente, per quanto spesso premiata, e non essendoci nel film nessuna delle facce-da-fetta-biscottata (leggi sedicenti attori/attrici) che fanno alzare l’audience.

«Red Maria» spazia fra Corea del Sud, Giappone e Filippine, seguendo le vite quotidiane di donne altrimenti invisibili, non importanti, non prese in considerazione. Le protagoniste non si conoscono l’un l’altra e le loro esistenze sembrano molto diverse; pure, sono connesse da qualcosa che trascende i confini nazionali: i loro corpi e il lavoro, i loro corpi al lavoro, il lavoro come riproduzione di ideologia sociale. Nel suo Paese, Kyung Soon ha ripreso le storie di attiviste e di prostitute; in Giappone ha seguito una senzatetto, Ichimura, che chiama il Parco Yoyogi a Tokyo “casa mia” e Sato, licenziata da una grossa corporazione economica e perciò senza prospettive di impiego e Monica, una giapponese-peruviana che si occupa di sostenere la minoranza ispanico-giapponese; nelle Filippine ha ripreso una famiglia di Tondo, Manila, che vive accampata nei pressi delle rotaie ferroviarie, e le anziane Malaya, le ragazze-da-bar di Dao, eccetera. Sono 98 minuti di verità, splendidi e terribili come spesso la verità è. Indimenticabili le voci delle lolas (nonne) Malaya che raccontano dell’occupazione giapponese delle Filippine, del giorno in cui tutte le donne del villaggio furono portate alla grande casa comune dai soldati e subirono stupri di gruppo. Gli uomini del villaggio furono “giustiziati” davanti a loro occhi, senza eccezioni. Per decenni queste donne non hanno parlato per vergogna.

Sul titolo, «Red Maria», Kyung Soon spiega che per lei il nome “Maria” indica la donna perfetta, la donna ideale; sul “Rosso” (Red) di continuo le chiedono se vuole riferirsi al sangue mestruale, visto che di mestruazioni nel film si parla, ma Kyung Soon non aveva in mente niente del genere: ha aggiunto il Rosso a Maria perché crede che la donna perfetta e ideale non esista. Esistono invece Grace, Rita, Monica, Sato, Soon-ja, Ichimura, Jenna-Lyn, Jong-hee, Klot… che non possono smettere di recitare e raccontarci cos’hanno provato a fingere di non sapere come mettere insieme pranzo e cena, o come hanno raccolto le loro emozioni per le scene in cui gli uomini le trattano come pezzi di carne su un bancone di macelleria. La regista è rimasta in contatto con tutte loro e qualcuna è venuta a trovarla a Seul.

Il colpo di genio di Kyung Soon è consistito nel fotografare i loro ombelichi per i manifesti pubblicitari: pance vecchie e giovani, piatte e tonde, più chiare o più scure, tese e morbide. Vedete quel punto, il punto focale che ci ha collegate alla vita? Vedete quanto siamo simili? Vi accorgete di quanto siamo irriducibilmente belle?

Nessuno purtroppo ha ancora doppiato o sottotitolato il film, e a me ci vorrà qualche altro anno di studio del coreano per essere produttiva ed efficace in questo senso. Se c’è qualcuna/o in ascolto… e se grazie a lei/lui/loro riuscirò a vederlo sui nostri schermi… assicuro che ne vale la pena, oltre alla mia imperitura gratitudine.

 

Colonna sonora – http://www.youtube.com/watch?v=1bWW6fjT7SQ

Trailer: http://www.youtube.com/watch?v=XJR_uDIp3Lk

SOLITA NOTA

Gli articoli di Maria G. Di Rienzo sono ripresi, come le sue traduzioni, dal bellissimo blog lunanuvola.wordpress.com/.  Il suo ultimo libro – non smetto di consigliarlo – è “Voci dalla rete: come le donne stanno cambiando il mondo”: una mia recensione è qui alla data 2 luglio 2011. (db)

 

Redazione
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