Jacobin: regime di massima sicurezza
Carcere e giustizia in Italia; gli Usa di Trump bis. Con le immagini di Zhera Doğan. A seguire una mini-bibliografia sull’abolizionismo.
A fine dicembre è uscito il n° 25 della rivista trimestrale Jacobin Italia (Regime di massima sicurezza) , edito dalle Edizioni Alegre, che si può acquistare nelle librerie (distribuzione Messaggerie spa) oppure online, magari stipulando l’abbonamento annuale, dal sito www.jacobinitalia.it
Il numero è quasi interamente dedicato alla questione carcere, mentre la parte tradotta dall’edizione USA della rivista fondata da Bhaskar Sunkara (https://jacobin.com/) è dedicata agli Stati Uniti del nuovo trumpismo.
Il dossier su carcere e giustizia è veramente ricco e copre vari aspetti della questione securitaria, con un approccio abolizionista che, a dispetto dei tempi che stiamo attraversando, e non solo nell’Italia del Governo Meloni-Piantedosi-Nordio, ci pare sempre quella più logica, giusta, efficace.
Il dossier si apre con una frase[i] di Angela Davis, da decenni fra le più autorevoli teoriche USA dell’abolizione delle carceri [ii], ed è illustrato coi lavori di Zehra Dogan, di cui tre inediti, che da soli valgono l’acquisto della rivista. In Bottega abbiamo parlato spesso di Zhera Dogan, da quasi dieci anni, quando l’artista e militante curda era nelle carceri di Erdogan[iii]
Riprendiamo parte dell’editoriale di Jacobin Italia, che presenta i vari interventi
UNA GIUSTIZIA SENZA SBARRE
La massima, attribuita a Voltaire e poi transitata fino alle galere dei militanti afroamericani negli anni Sessanta coi Fratelli di Soledad di George Jackson, dice più o meno che il grado di civiltà di una società si misura dalla condizione delle proprie celle. Questo numero di Jacobin Italia prende seriamente questa indicazione: ognuno degli articoli che lo compone traccia un filo tra la situazione dentro le prigioni e il mondo circostante. Indaga le carceri come spia della fase più generale, cercando di rompere l’isolamento concettuale e materiale che si respira oltre i muri di cinta. Qualche lettore distratto si stupirà di vedere associato il giacobinismo al rifiuto del giustizialismo. Ma ormai dovreste sapere che il giacobino nero che abbiamo sulla nostra testata non insegue tracce già solcate: si occupa di aprire prospettive inedite e inaspettate dalle pieghe della storia.
In apertura, Giuliano Santoro dipana il passaggio dalla disciplina al controllo per individuare nelle retoriche sulla «sicurezza» del governo Meloni quegli spazi ibridi in cui le antiche istituzioni totali e le nuove forme di assoggettamento si rafforzano a vicenda. Arriva però subito il primo colpo di scena. Perché, come spiega Vincenzo Scalia, se si considera il carcere come realtà storicamente determinata e se si parte dalle riflessioni dell’illuminista Cesare Beccaria, diventa conseguente prendere in seria considerazione la possibilità che questa istituzione possa essere abolita. Cosa che peraltro viene tranquillamente accettata ormai nel dibattito degli studiosi del tema.
Si muove su una prospettiva abolizionista anche la neo-europarlamentare e attivista Ilaria Salis, che il carcere l’ha conosciuto in Ungheria e che qui dialoga con Salvatore Cannavo. Mentre Francesca Vianello illustra, con dati sulla composizione sociale delle carceri ed esempi concreti, perché l’attuale sistema detentivo non funziona.
Ma l’ideologia del carcere ci viene instillata anche nelle narrazioni popolari, fin dalla detenzione per i più piccoli: Selene Pascarella fa una disamina di Mare fuori, la fiction di grande successo ambientata in un istituto penitenziario minorile. Anche se, spiega Sofia Ciuffolotti, fino a poco tempo fa la legislazione minorile italiana era un punto di riferimento per molti paesi. Quel modello si è incrinato sulla scia dei terribili fatti di cronaca di Caivano e sull’emergenza mediatica cavalcata dal governo Meloni.
Esistono alternative? Giusi Palomba ci conduce nelle esperienze radicali di «giustizia trasformativa». E Lorenzo Sciacca, intervistato da Carlotta Caciagli e Anna Cortimiglia, racconta l’idea e la pratica della «giustizia riparativa». E chi nel carcere ci lavora da volontario? Martina Lo Cascio ha messo attorno a un tavolo attivisti e operatori per ragionare sulle esperienze concrete dietro le sbarre. E Simona Baldanzi ha incontrato Monica Sansini, che da anni anima laboratori di scrittura creativa nel carcere fiorentino di Sollicciano e che ci regala alcuni racconti scritti da detenuti e detenute.
Esistono inevitabilmente temi controversi, come il carcere duro per i mafiosi. Antonino Blando ne traccia la storia e cerca di coglierne il senso rispetto alle trasformazioni della politica e delle stesse mafie negli ultimi trent’anni. Emilio Caja indaga gli istituti di pena a partire dal sud e dalla Sicilia in particolare: ecco come le emergenze vengono spostate dalle mafie ad altri fenomeni sociali. E, sempre a proposito di emergenze, Francesca Esposito analizza il modo in cui la repressione dei migranti sta producendo esternalizzazione delle frontiere – come nel caso dell’accordo Italia-Albania – e privatizzazione della detenzione. Ci sono poi alcuni aspetti che peggiorano le condizioni di detenuti e detenute: la ridotta attuazione di permessi di lavoro veri e propri (se ne occupa Sara Manzoli), il mancato rispetto del diritto alla salute (ce ne parla Rita Canalino), la caratterizzazione di genere dell’istituzione carceraria (tema dell’articolo di Riccardo Caldareria e Cirus Rinaldi) e la doppiamente aberrante condizione di restrizione cui sono sottoposte madri e figli (indagata da Katia Ponenti).
Tutto il numero è illustrato dalle opere dell’artista e attivista curda Zhara Doğan, che mostrano la condizione di oppressione vissuta dall’autrice dietro le sbarre di un carcere turco. Qui non le veniva permesso di utilizzare alcuno strumento ma è riuscita a disegnare con quel che aveva a disposizione: i propri capelli, il sangue mestruale, il caffè, il tè o gli avanzi di cibo.
Nell’inserto speciale di questo numero trovate tre tra le sue ultime opere, mai pubblicate finora, che rappresentano un grido di libertà non esaudito nemmeno dalla scarcerazione
https://jacobinitalia.it/rivista/regime-di-massima-sicurezza/
Per chi volesse approfondire le tematiche sull’abolizionismo una bibliografia essenziale e qualche articolo in tema, e il link al sito della Fondazione Mario Tommasini, uno dei primi (non solo in Italia) ad affrontare il tema del superamento dell’istituzione carcere.
Angela Davis, Aboliamo le prigioni? Contro il carcere, la discriminazione, la violenza del capitale, Minimum fax 2022 minimumfax aboliamo-le-prigioni
Luigi Manconi, Stefano Anastasia, Valentina Calderone, Federica Resta Abolire il carcere-Una ragionevole proposta per la sicurezza dei cittadini abolire-il-carcere-luigi-manconi
Kropotkin, Goldman, Berkman, Anarchia e prigioni. Scritti sull’abolizione del carcere http://www.orticaeditrice.it/prod.php?id=55
Abolire il carcere, prove di utopia in Europa, di Giuseppe Rizzo (su Internazionale, 19.06.2029) internazionale_abolire-carcere
Rachel Kushner, Abolire il carcere, su Internazionale 18.08.2023 internazionale kushner
Livio Ferrari, Giuseppe Mosconi, Perché abolire il carcere, le ragioni di “No prison”, Apogeo editore Perche-abolire-il-carcere
Thomas Mathiesen, Perché il carcere? Edizioni Gruppo Abele, 1996 ristretti orizzonti_perche_il_carcere.pdf
Fondazione Mario Tommasini https://www.mariotommasini.it/services/il-carcere/
Movimento No prison https://www.noprison.eu/home/
NOTE
[i] Da qui: https://www.historyisaweapon.com/defcon1/davisprison.html
[ii] https://www.minimumfax.com/shop/product/aboliamo-le-prigioni-2436
[iii] https://www.labottegadelbarbieri.org/zehra-dogan-a-torino-il-28-ottobre/
https://www.labottegadelbarbieri.org/zehra-dogan-la-mia-guerra-a-colori/
https://www.labottegadelbarbieri.org/zehra-dogan-avremo-anche-giorni-migliori/
17.03.2018 https://www.labottegadelbarbieri.org/free-zehra-dogan/
30.09.2016 https://www.labottegadelbarbieri.org/zehra-dogan-in-galera/