Report da Gaza – 3

Sfollati, diritto all’istruzione, “cooperazione” italiana…

di Giuditta Brattini (*)

A Gaza il diritto all’istruzione è negato

L’inizio dell’anno scolastico si avvicina, sarà il prossimo 24 agosto per 558.000 studenti fra i 6 e i 18 anni. Unrwa gestisce a Gaza 245 scuole per 230.000 studenti e ogni classe ha una media di 38 studenti; le scuole governative sono 419 per 328.000 e nella maggior parte e classi raggiungono o superano i 50 studenti. Il sistema scolastico opera a turni, dalle 7 alle 11.30, dalle 12 alle 16 e ogni lezione dura 45 minuti. In questi giorni di tregua Unrwa sta facendo la valutazione delle 12 strutture scolastiche che sono state danneggiate durante gli attacchi israeliani, alcune con danni rilevanti, ma la preoccupazione principale è per la mancanza di materiale da costruzione. Anche scuole governative hanno subìto danni e se tutte le strutture scolastiche non saranno in grado di riaprire ed essere operative, questo determinerà gravi problemi organizzativi con ricadute negative sulle attività e l’insegnamento dell’intero anno scolastico.

A Gaza il diritto all’istruzione è sicuramente compromesso. Fra i diritti fondamentali della persona, quello all’istruzione riveste indubbiamente un’importanza di particolare rilievo in quanto, oltre a essere un diritto in sé, costituisce la via maestra all’esercizio di altri diritti: aiuta le persone a sviluppare il proprio potenziale, a partecipare in modo attivo alla vita sociale e a difendere se stesse e le altre persone dalla privazione dei diritti universali. Il diritto all’istruzione rappresenta uno dei principali fattori di elevazione dallo stato di povertà e da altre forme di svantaggio.

Come vivono gli sfollati

Il numero degli sfollati nelle scuole dell’Unrwa, dopo il criminale attacco israeliano contro i civili di Gaza, ha raggiunto i 180.000, con 90 scuole aperte per accoglierli. Solo dieci giorni fa gli sfollati erano 231.000 e il numero ridotto è determinato dal fatto che alcune famiglie hanno potuto rientrare nelle loro case, perché seppur colpite dai bombardamenti fortunatamente sono agibili. Tuttavia si calcola che parte delle famiglie sfollate dovranno restare nelle scuole Unwra in quanto non hanno nessun altro posto dove andare; così Unrwa sta pianificando di utilizzare cinque scuole designate in ogni Governatorato per ospitare gli sfollati.

Stamattina ho visitato in Gaza City la New Gaza Boy School dell’Unrwa. Qui attualmente trovano rifugio 1.380 persone, 219 famiglie provenienti dall’area di Shajaiyeh e di Beit Hanun. All’interno della scuola trovo i banchi accatastati nei corridoi, per fare posto nelle aule a donne, bambini, materassi, fornelli, cibo, taniche di acqua, effetti personali. Gli uomini sono accampati negli spazi esterni alla scuola. Mentre visito la scuola alcune donne stanno ripulendo i pavimenti ma per quanti sforzi si possano fare le condizioni igieniche sono molto carenti. All’esterno si fa la fila per riempire le taniche di acqua mentre da un camion dell’Unrwa vengono scaricate bottiglie di acqua. C’è anche una infermeria con fuori mamme e bambini che aspettano per una visita. I problemi sanitari più frequenti sono disturbi intestinali, vomito, meningite virale, molti casi di scabbia, febbre alta per infezioni varie. I bambini in particolare, soggetti più deboli, sono quelli maggiormente colpiti. Alcune donne riferiscono che sono stanche di dover subire quotidianamente aggressioni perché non passa giorno che non ci sia un attacco e si sentono come animali rinchiusi. Mi dice sorridendo una giovane «probabilmente non avrò mai la possibilità economica che mi permette di uscire da Gaza, ma sapere che sono libera di muovermi…. è molto importante».

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La distribuzione di generi alimentari

Unrwa sta distribuendo sacchi da 10 chili di riso e 30 chili di farina a 143.000 famiglie per un totale di 730.000 persone. Sulla strada per Deir El Balah trovo uno dei tanti centri di distribuzione di farina e riso. Sulla strada sono parcheggiate motorette, macchine e asini, in attesa di ricevere il carico. Dentro la struttura la gente si accalca per ritirare il voucher che permette di avere i sacchi. Come spesso accade c’è nervosismo: la lunga l’attesa, il timore di non arrivare in tempo a ritirare il sacco…

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Come l’Italia affronta l’emergenza Gaza

Nei giorni scorsi è arrivato all’aeroporto di Tel Aviv un volo umanitario della cooperazione italiana con aiuti destinati alla popolazione palestinese di Gaza.
L’aereo trasportava 30 tonnellate di beni di prima necessità: tende, coperte, generatori di emergenza, potabilizzatori, kit sanitari e igienici per un valore complessivo di circa 350.000 euro.

«In attesa che maturino le condizioni per un cessate-il-fuoco permanente» – ha dichiarato il vice-ministro Pistelli – «l’Italia fa sentire in modo tangibile la propria vicinanza e solidarietà al popolo palestinese, che paga le conseguenze più gravi delle ostilità in corso».

Aiuto umanitario per “gravi ostilità” in corso!? Vale la pena ricordare che l’Italia fornisce armi e sistemi militari a Israele con un volume di vendite notevolissimo. In percentuale oltre il 41% degli armamenti regolarmente esportati dall’Europa verso Israele sono italiani. Solo negli ultimi tre anni si parla di 3,4 milioni di euro. Questo intervento si inserisce nella strategia italiana per gli aiuti alla Palestina?

Alcune considerazioni: le attività di cooperazione se non accompagnati da una volontà politica di risoluzione sono solamente uno strumento di mantenimento dello stato delle cose, uno sperpero di denaro pubblico, una forma di corruzione e di dipendenza che induce le popolazioni a perdere qualsiasi fiducia nell’opera delle varie strutture impegnate sul campo. La Palestina non è un Paese “in via di sviluppo”: ci sono scuole, ospedali, università, il tasso di scolarizzazione; e non è neanche un Paese affamato, perché ha tutte le risorse per garantirsi un’economia, capacità di produrre e di esportare… se non fosse sotto occupazione. (16.8.2014)

(*) dell’associazione Gazzella onlus

 

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