Repubblica Dominicana: Obama, chiedi scusa per l’invasione del 1965

di David Lifodi

Lo scorso aprile i movimenti giovanili dominicani hanno chiesto al governo degli Stati Uniti di scusarsi pubblicamente per l’invasione di oltre 40mila marines Usa, avvenuta il 28 aprile 1965: quel giorno i militari a stelle e strisce invasero la Repubblica Dominicana con il preciso scopo di evitare una nuova Cuba nei Caraibi.

La lettera dei giovani dominicani, inviata al presidente Barack Obama e al Congresso statunitense, chiede non solo di fare una pubblica ammenda per aver represso il diritto all’autodeterminazione del paese caraibico e aver violato la sua sovranità territoriale, ma esige un intervento della Casa Bianca affinché l’attuale ambasciatore Usa nella Repubblica Dominicana, James Brewster, la smetta di intromettersi nella politica dominicana. Per ora, dagli Stati Uniti non è giunta alcuna risposta, sebbene da Washington sbandierino ai quattro venti il nuovo corso con Cuba propagandandolo come un cambiamento delle relazioni diplomatiche con l’intera America latina. Il cosiddetto levantamiento cívico-militar, che ebbe inizio il 24 aprile 1965, intendeva riportare al governo il presidente Juan Bosch e il ritorno alla carta costituzionale democratica del 1963. Bosch era stato il primo presidente eletto democraticamente dai dominicani dopo oltre trenta anni di dittatura di Rafael Leónidas Trujillo, ma rimase al potere solo sette mesi, prima di essere destituito il 24 settembre 1964, con un colpo di stato che portò alla guida del paese Donald Reid Cabral, sempre con il sostegno degli Usa. Gli Stati Uniti invasero Santo Domigo, e poi tutta la Repubblica Dominicana, per mantenere al potere Cabral, il quale, nel giro di poco tempo, aveva instaurato un governo militare e sospeso la Costituzione che sanciva, tra le altre cose, la libertà politica, religiosa e d’espressione, il diritto alla casa e il ritorno dei dissidenti costretti all’esilio sotto Trujllo. Nella loro lettera, inoltre, i dominicani hanno ricordato a Obama gli ottomila morti causati dall’aggressione militare statunitense, resa possibile grazie all’appoggio di Trujillo, della borghesia imprenditoriale e della Chiesa cattolica. L’arrivo al potere del Partido Revolucionario Dominicano di Bosch aveva talmente preoccupato gli Stati Uniti che il presidente Lyndon Johnson, con il pretesto di voler garantire la sicurezza dei cittadini statunitensi residenti nella Repubblica Dominicana, e l’appoggio dell’Organizzazione degli Stati Americani (Osa), decise che era giunta l’ora di fermare la resistenza popolare dominicana che aveva tra i suoi leader i colonnelli Rafael Tomás Fernández Domínguez e Francisco Caamaño Deno, entrambi caduti in combattimento. L’operazione “Power Pack”, questo il nome dell’aggressione militare statunitense, è conosciuta come l’anteprima della tercera guerra sucia nel Caribe: le altre due sono rappresentate dalla destituzione di Jacobo Arbenz in Guatemala, nel 1954, e dall’invasione della Baia dei Porci nel 1961. Il bombardamento della capitale Santo Domingo, e del palazzo del governo, che anticipò la stessa azione condotta contro la Moneda, il palazzo presidenziale cileno, nel 1973, mirava a difendere la continuità del trujillismo senza Trujillo. A poco più di cinquanta anni dal colpo di stato, chiedono i dominicani, se Obama intende davvero presentarsi come uno statista impegnato a promuovere la fraternità dei popoli e farsi ambasciatore di una speranza di futuro che non sia quella della continua ingerenza negli affari della politica dominicana, deve chiedere scusa a nome del popolo statunitense.

La storia della Repubblica Dominicana sotto il regime di Trujillo è raccontata in maniera toccante da Julia Alvarez nel suo libro “Il tempo delle farfalle”, dove narra la storia delle sorelle Patria, Minerva e María Teresa Mirabal, las mariposas che svolsero un ruolo di primo piano nella lotta di liberazione del loro paese, ma furono uccise dalla dittatura.

David Lifodi
Sono nato a Siena e la mia vera occupazione è presso l'Università di Siena. Nel mio lavoro "ufficioso" collaboro con il sito internet www.peacelink.it, con il blog La Bottega del Barbieri e ogni tanto pubblico articoli su altri siti e riviste riguardo a diritti umani, sindacalismo, politica e storia dell’America latina, questione indigena e agraria, ecologia.

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