Resistere in Sicilia: perché il saccheggio non…

… non diventi la prassi

di Sara Ongaro

L’agricoltura in molte zone della Sicilia continua a essere un’attività durissima e di resistenza, benché nel suo ambito sorgano oggi tanti movimenti di respiro e di pensiero verso il futuro, come la permacultura, la pratica del mutuo aiuto, reti fra aziende e consorzi che tentano fuoriuscite dalle blindature al ribasso del mercato, operate dalla grande distribuzione e dallo sfruttamento dei lavoratori che, con il mercato GdO (Grande Distribuzione Organizzata) dei prezzi bassi, va a braccetto.

L’ultimo episodio intorno a cui si è creato un po’ di clamore riguarda gli incendi di terreni nella valle del Simeto, in provincia di Catania.

Domenica 11 luglio – alle ore 13 – con cinque focolai di propagazione sono andati a fuoco i terreni di un’ottantina di agricoltori: alcuni totalmente, altri solo in parte. Sono stati distrutti anche i pascoli e le balle di fieno di diversi pastori che hanno perso tutto il cibo per gli animali. Il forte vento di scirocco ha sicuramente dato una mano.

CFR: https://www.youtube.com/watch?v=q6LL1Zyg4Ug

Il tam tam fra le reti dei contadini ci avvisa subito dei gravi danni all’azienda di Emanuele Feltri, uno dei produttori colpiti. Emanuele è stato socio della cooperativa Terre di Palica, che ha smesso di operare ma che per qualche tempo ha anche venduto agrumi e mandorle dei suoi giovani agricoltori, tramite la rete Fuorimercato, che probabilmente molti GAS (Gruppi di acquisto solidale) conoscono. La loro azione è stata importante perché, anche grazie al mutuo aiuto, hanno dato sostegno ad altri agricoltori, anche quelli che restano diffidenti rispetto alle pratiche più collettive o al rapporto diretto con i consumatori; provando così a contagiare altri con idee e sogni diversi, come decine e decine di agricoltori fanno in tutta la Sicilia.

Decido di chiamarlo: con la voce rotta, ricorda gli ulivi antichi del suo terreno bruciati inesorabilmente e la tentazione, dopo tanti sacrifici e battaglie, di lasciar perdere tutto. Quegli ulivi erano un po’ i custodi e i precursori della reimpostazione dei terreni che stava portando avanti, lasciando perdere le colture degli agrumi, riorientandosi piuttosto su ulivi, mandorli e melograni, piante che hanno bisogno di meno acqua.

Il panorama devastato dà profonda tristezza ma in questo territorio è l’ultima manifestazione di un percorso di sopravvivenza e fatica durato diversi anni.

Nel 2013 – a seguito anche di articoli, interrogazioni parlamentari, denunce della CGIL relativamente a lavoro agricolo in nero – un’operazione dei Carabinieri identifica e sgomina un gruppo familiare che ha intimidito per anni gli agricoltori della zona con incendi, distruzione degli impianti di irrigazione, uccisione di animali.

Ma questi nuovi incendi sembrano di altra matrice.

Proprio in questi giorni sto leggendo molti articoli e chat che parlano dei grandi impianti fotovoltaici che alcune multinazionali stanno cercando di impiantare in tutta la Sicilia e che potenzialmente potrebbero dare un colpo definitivo all’agricoltura, sottraendole moltissimi terreni: e io a quelli ho pensato.

Emanuele mi conferma che nell’ennese nei mesi scorsi sono andati a fuoco moltissimi ettari e adesso forse si sta iniziando nel catanese.

Sicuramente stavolta nella valle del Simeto non si possono incolpare i pastori che erano in lacrime accanto ai contadini a constatare il disastro di domenica.

Forse pensare agli “imprenditori” del fotovoltaico è troppo banale e scontato, come dice Emanuele, ma viene spontaneo.

Un’assemblea pubblica è stata tenuta sabato 17 per provare a costruire una reazione collettiva.

E non sono soltanto gli ultimi incendi: il territorio vive una grave situazione rispetto all’acqua, alla sua gestione che necessiterebbe di infrastrutture (per lo meno sul lato ovest del fiume, il più argilloso, storicamente dedicato al grano, meno presidiato abitativamente e curato rispetto al lato est ai piedi dell’Etna), alle condutture mancanti anche per l’irrigazione; alla sicurezza, con continui furti di prodotti, dei mezzi per lavorare la terra, al punto che è necessario vivere sul fondo per dissuadere fisicamente i ladri dalle loro attività di saccheggio; all’assenza di strade interpoderali, più volte distrutte dalle bombe d’acqua di ogni fine anno, e sempre riparate dai contadini, ma per le quali sarebbe necessario un intervento regionale più consistente.

Forse da questo nuovo colpo verrà fuori un’indagine più seria alla ricerca dei responsabili? E magari un tavolo che presenti alle istituzioni in modo forte le esigenze della zona?

Intanto per l’emergenza Altra Agricoltura organizzerà forse un campo di lavoro.

È stata anche lanciata una raccolta fondi per Emanuele Feltri uno degli agricoltori colpiti.

VEDI: https://www.gofundme.com/f/hrpqcf-aiutiamo-emanuele-feltri

Provare a far ripartire l’azienda di Emanuele sarebbe un segno della possibilità di ripresa per tutto un territorio, soprattutto per mostrare che il saccheggio e la devastazione non sono modalità sensate e vincenti. Sono modalità che prevalgono, se il contesto è disperato, socialmente e culturalmente immiserito, disabitato o se l’interesse è davvero terrorizzare la gente per spingerla ad andarsene da una terra per la quale non vale più la pena di impegnarsi, come abbiamo imparato da molte altre resistenze che sosteniamo nel sud del mondo (dall’India alla Colombia o al Brasile), dove indigeni e contadini restano i soli a opporsi alle aggressioni dei loro territori da parte di multinazionali o ricchi imprenditori, interessati ai pascoli, al sottosuolo o alle acque.

È una sfida grande, guardare alla terra, non solo con produzioni biologiche o più adatte di altre al suolo, con aziende che siano sostenibili economicamente, ma anche con uno spirito diverso di condivisione e cooperazione con i vicini, in progetti sociali e culturali che diano senso al proprio lavoro e all’abitare un luogo, in un certo tempo.

Speriamo che anche nella Valle del Simeto, nonostante quello che è successo, o forse proprio per quello, abbiano voglia di resistere ancora!

 

Redazione
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