Ricordando Fabrizio Casavola

di Pabuda   

Una settimana fa, martedì 27 maggio, ci siamo trovati in tanti a Milano per il suo funerale.

Al microfono

si sono succedute molte persone amiche per ricordarlo, per raccontare qualcosa di lui e delle sue innumerevoli attività, per ringraziarlo, per tributargli un piccolo omaggio.

Conobbi Fabrizio Casavola nel 2001, o giù di lì. Al campo rom di via Triboniano o lì intorno. Todo Cambia era ai suoi esordi. Fabrizio fu amico del collettivo prima e dell’associazione poi. Io ci misi un bel po’ a capire il tipo. D’altronde, non era una persona facile da incasellare. Era impossibile. Fabrizio era un compagno: di quelli che davvero condividono. Era un mediatore culturale spontaneo, un attivista antirazzista, uno strenuo difensore della causa del popolo rom. E poi Fabrizio amava le parole. Per questo, magari, non ne diceva mai troppe. Però ne scriveva e ne leggeva una caterva. Provate a procurarvi il suo piccolo libro «Vicini lontani», è fatto come lui: ricco di idee e suggestioni, apparentemente caotico ma teso a uno scopo. Chiedete alla Ligera (http://www.ligera.it) o alla Libreria Popolare di via Tadino. Oppure visitate il blog Mahalla (www.sivola.net), di cui è stato promotore, anima, trascinatore. È uno strumento di conoscenza zingara insostituibile. Spero proprio che Fabrizio sia riuscito a costruire un’equipe redazionale in grado di proseguire il lavoro, in quella o in altre forme, anche senza di lui.

Al suo funerale, ho letto questa “neuropoesia”:

MAL DI DENTI

quel giorno Fabrizio aveva mal di denti:

così, fece un salto al campo dei Rom di via Idro:

a far due chiacchiere, magari ci scappava una riunione.

quel giorno Fabrizio aveva mal di denti:

così registrò un video da postare

in quel suo blog incasinato come un campo dei Rom.

quel giorno Fabrizio aveva mal di denti:

leggendo molte poesie degli amici suoi poeti

quasi se lo curò.

quel giorno Fabrizio aveva mal di denti:

per non pensarci un paio di buone birre come fossero una

si scolò.

e noi con lui.

(noialtri avevamo tutte le costose otturazioni al loro posto, però).

quel giorno Fabrizio aveva mal di denti:

corse a comprare un biglietto per volare a un qualche congresso mondiale

della Zigano Family…

in un’importante capitale,

ma adesso come adesso non mi ricordo quale.

quel giorno Fabrizio aveva mal di denti:

per quello, una bella dose di pain killer s’ingollò

un attimo prima della pallosissima riunione,

in consiglio di zona, della sesta commissione.

quel giorno Fabrizio aveva mal di denti:

tanto male che non riusciva a mangiare.

ma, per l’assurdità della cosa, diceva, quasi gli scappava da ridere.

con Fabrizio, debbo dirlo, mantenevo

una bislacca forma di comunicazione:

muti per mesi, poi, all’improvviso – per scelta sua o mia –

torrenziali, strabordanti, logorroici

con tutti i mezzi necessari:

compresa la telepatia.

sul serio, temevo

ci si leggesse a vicenda nel pensiero

ma stavolta lui s’è superato davvero:

io abbisognavo,

per scrivere una roba complicata

che non gli avevo ancora minimamente

illustrato,

di fare un sopralluogo al cimitero di Lambrate…

e quello cosa fa?

mi combina un funerale (addirittura il suo!)

proprio lì.

senza dirmi prima né “a” né “ba”!

 

Redazione
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  • UN ALTRO BEL RICORDO DI FABRIZIO (pubblicato da Stefania Ragusa su «Corriere delle migrazioni» del 30 maggio 2014)

    Arrivederci Fabrizio
    Il 25 maggio se n’è andato (in punta di pipa, come ha scritto qualcuno) Fabrizio Casavola, ideatore e principale animatore del blog Mahalla, che per quasi dieci anni ha raccolto, catalogato, diffuso informazioni e notizie relative al mondo rom.  Ai giornali che “contano” la notizia non è arrivata, ma la sua morte rappresenta una perdita immensa per il mondo dell’informazione e per quello dell’attivismo. Per rendervene conto, se non conoscevate Fabrizio, potete leggere  l’articolo che Sergio Bontempeli ha pubblicato su Corriere delle Migrazioni poche settimane fa, dando notizia dell’”allargamento” di Mahalla all’Europa, o anche altri, apparsi in rete in queste ore.
    Io questa volta, per una volta, voglio utilizzare questo spazio in modo autoriferito e assolutamente personale, per ricordare cosa è stato ed è Fabrizio per me. Spero che la redazione e i lettori non me ne vogliano.
    Grazie a lui, e assieme a lui, ho potuto cominciare a capire qualcosa del mondo rom. Con lui sono stata, a Milano,  al campo di via Idro, al Triboniano, in quello di via Rubattino. A parlare con le persone, a conoscere la loro quotidianità, a passare il tempo. Non sono mai state visite allo zoo. In via Idro, specialmente. Che, può sembrare sorprendente per un campo, ma aveva una sua grazia bucolica. Pieno di verde, adagiato sulla Martesana. Andarci, in certe stagioni, era un po’ come fare una gita in campagna senza lasciare Milano. Avevo cominciato a farlo anche da sola. Su via Idro Fabrizio aveva scritto un libro . E io avevo avuto l’onore di leggerlo e correggerlo in bozza.
    Fabrizio mi ha messo nella condizione di capire molte cose, e quando non ci arrivavo da sola interveniva lui. Per esempio, a proposito del rapporto tra i rom e gli animali, quel loro tenere papere, pavoni, agnellini come animali da compagnia, che sarebbe stato impossibile mangiare. Io non ne avevo idea e, mentre osservavo questa fauna variopinta, facevo considerazioni su come fosse certamente più sana e nutriente la carne di animali allevati in casa, rispetto a quella del supermercato. I bambini mi guardavano attoniti, pensando, probabilmente, che fossi un po’ cannibale. Che tutti i gagi, non rom, lo fossero. Fabrizio mi ha spiegato la mia gaffe.
    Volevo scrivere sui rom. Andando in giro con lui ho capito che prima avrei dovuto imparare e capire molte, molte più cose.
    Fabrizio era intelligente, colto, riservato, implacabilmente puntuale, terribilmente arguto. Parlava solo quando aveva qualcosa da dire e mai per riempire il silenzio. Per questa ragione poteva mettere a disagio. Ma poi ci si faceva l’abitudine. Si dava molto da fare per i suoi amici rom. Aveva contatti in tutta l’Europa e anche altrove. Faceva divertire i bambini con estermporanee sculture di carta. Ha fatto divertire anche la mia.
    Non sottolineava mai l’importanza delle cose che faceva, l’ampiezza di quelle che sapeva. Era un cane sciolto, indifferente a ogni forma di lusinga. E anche alla logica di compromesso che spesso regola le dinamiche dei partiti e delle associazioni. D’altra parte lui non era dentro ad alcuna organizzazione. Aveva scelto di non appartenere. Non gli interessava comandare. E, come osservava Rousseau, è assai difficile obbligare all’obbedienza chi non ama comandare.
    Al suo funerale, aveva scritto, avrebbe voluto che venisse suonata la sigla italiana di Stanlio e Ollio.
    Ma è successo tutto così in fretta che probabilmente  non è stato possibile organizzare. Però è stata suonata Bella Ciao e poco prima Djiana Pavlovic ha intonato un canto rom. C’erano molte persone. C’era Paul Polansky che non se l’è sentita di parlare. C’erano rom e gagi, mescolati e indistinguibili. E’ stato un bel funerale. Lui lo avrebbe fotografato dall’inizio alla fine. E poi, a stretto giro, lo avrebbe caricato su FB e fatto i tag agli amici.
    Non so quali fossero le sue convinzioni religiose. Ma conosco le mie, e ho la presunzione di ritenerle fondate. Per questo penso che ci rivedremo in un bel posto, in buona compagnia. Arrivederci Fabrizio.
    Stefania Ragusa

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