Ricordando Francesco Mastrogiovanni

di Francesco Masala,

In questi giorni presso la Corte d’Appello di Salerno si tiene il processo di secondo grado ai sei medici e ai dodici infermieri responsabili dell’agghiacciante morte di Francesco Mastrogiovanni, il «maestro più alto del mondo» — come lo avevano affettuosa­mente definito i suoi alunni — torturato senza motivo e senza ragione in un ospedale pubblico che lo avrebbe dovuto curare (da qui)

 

Ci piace ricordare Francesco Mastrogiovanni con due canzoni.

La prima è di Alessio Lega:

[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=NDuzdZCFC64]

qui il testo e la storia

 

la seconda è “Ottantadue ore”, una canzona bella e terribile (contenuta nel cd “Obtorto collo”) di Pierpaolo Capovilla.

ecco la canzone:

ecco il testo:

“OTTANTADUE ORE
in memoria di Francesco Mastrogiovanni

non sarà mai più
la stessa cosa
Francesco
non sarà
non sarà mai più
la stessa cosa
Francesco
non sarà
l’hanno preso nel mare
ma è morto in ospedale
Francesco
non aveva
niente di male
non aveva
alcun male
ma è morto lo stesso
Francesco
ma in che paese viviamo?
dimmelo tu
in che paese viviamo?
in che paese viviamo?
ti ho visto in TV
Francesco
legato ad un letto
per ottantadue ore
ottantadue ore
non sarà mai più
la stessa cosa
Francesco
non sarà
non sarà mai più
la stessa cosa
Francesco
non sarà”

 

Ecco ancora il video dell’agonia di Francesco Mastrogiovanni, per non dimenticare:

[vimeo http://vimeo.com/32341248]

 

UNA BREVE NOTA

Qui in blog ne abbiamo parlato; in particolare rimando a «Scor-data: 4 agosto 2004» di Fabrizio Melodia e a «Custodia criminale» dove Mark Adin racconta anche di Giuseppe Casu e di Giuseppe Uva. Bisogna però continuare a comunicare e raccontare queste tragedie, a denunciare i crimini di Stato e l’impunità totale o relativa) di cui quasi sempre godono. Ovviamente il blog resta aperto ad altri contributi. (db)

 

redaz
una teoria che mi pare interessante, quella della confederazione delle anime. Mi racconti questa teoria, disse Pereira. Ebbene, disse il dottor Cardoso, credere di essere 'uno' che fa parte a sé, staccato dalla incommensurabile pluralità dei propri io, rappresenta un'illusione, peraltro ingenua, di un'unica anima di tradizione cristiana, il dottor Ribot e il dottor Janet vedono la personalità come una confederazione di varie anime, perché noi abbiamo varie anime dentro di noi, nevvero, una confederazione che si pone sotto il controllo di un io egemone.

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