ricordo di Domenico (Mimmo) Candito

Oggi il mercato impone una scelta anomala della realtà – scrive il giornalista -: la velocità della comunicazione è indifferente al progetto della conoscenza. la qualità dell’informazione, dunque, e la sua attendibilità non sono più i termini di giudizio per il direttore di un giornale o di un telegiornale. E’ altro ciò che conta. L’informazione – mostrano di credere quei direttori che cedono – deve innanzitutto o divertire o emozionare. Quell’ibrido mostruoso si chiama “infotainment”, è la bara del giornalismo. (FM)

il blog di Mimmo Candito su La Stampa

un ricordo della redazione de L’Indice

Mimmo ci ha sempre parlato del suo tumore come se fosse una carie fastidiosa che necessitava qualche seduta di trattamento. Noi lo trattavamo come un uomo nel pieno delle forze che si è preso un raffreddore. La malattia, gli interventi, i viaggi, gli esami c’erano senza sotterfugi, o pietose bugie, però tutte queste cose erano relegate ai margini in modo da permetter loro il meno possibile di intralciare le nostre conversazioni, il giornale, la sua vita. Mimmo era fiero di aver costruito una vera redazione, di averla scelta come interlocutore privilegiato nella conduzione del giornale, di averne difeso l’autonomia di giudizio. Ci ha aiutato a lavorare insieme nei periodi bui, ci ha abbracciato quando ognuna di noi ha dovuto affrontare i suoi lutti, si compiaceva divertito della svolta iconografica delle copertine di Matticchio, aggiungeva i capolettera alle pagine , e faceva i titoli della prima pagina. Suoi sono i titoli del numero di marzo che è appena uscito, li ha scritti dall’ospedale dove, così ci ha detto, era momentaneamente finito perché i medici potessero rivalutare le strategie terapeutiche,. Non ha senso perdersi in un fiume di ricordi, ognuno ha i suoi e li potrà condividere o rendere pubblici in altre sedi. Ci piace ricordare solo un piccolo episodio, molto recente, che, come certi dettagli, può illuminare un carattere e una professione di integrità che sono la sua cifra umana e professionale. Dovevamo pubblicare la recensione di Francesco Ciafaloni a un libro minore, ma molto militante e ben documentato di Amedeo Rossi dal titolo Il muro della HASBARÀ Il giornalismo embedded de “La Stampa” in Palestina. È un attento studio storico e linguistico di come “La Stampa” dava quotidianamente notizie di cronaca dai territori occupati. Il libro, e la recensione di conseguenza, erano molto critici, argomentati, puntuali, seri: una vera e propria denuncia dello squilibro informativo scelto, voluto e perpetrato nel tempo sulle pagine del quotidiano di Torino. Gli era stata segnalata prima di metterla in pagina, come credevamo fosse dovuto, visto che Mimmo prima che direttore dell’Indice è ed era stato da decenni un giornalista di punta proprio di quella testata. Lui si era quasi offeso perché si era sentito trattare da potenziale censore o, peggio, da uno che non ha la schiena dritta per criticare anche aspramente il suo giornale, direttore, editore. Poi aveva capito che si trattava di un gesto sicuramente goffo, ma di cortesia, e tutto era finito in una reciproca presa in giro. Sapeva ascoltare e cambiare idea: dote rara. Era prima di tutto una persona profondamente onesta. Anche enfatico a volte, ma con ingenuità. Mite e generoso. In tutti gli anni della sua direzione ha rinunciato a qualsiasi forma di retribuzione e di contro, ha abbondantemente contribuito ai vari rifinanziamenti del giornale. Non schiacciava, non mortificava, non usava nulla per sé. È stato un grande onore essere la sua redazione. Ci ha voluto bene. E noi a lui.

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Redazione
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Un commento

  • maria teresa messidoro

    ho conosciuto Mimmo Candito anni fa, in occasione di iniziative sul Centro America, che analizzava con la testa ed il cuore; non posso dimenticare un suo servizio sugli immondizzai di Città del Guatemala, che aveva descritto in punta di piedi ma con la chiarezza di un vero giornalista, non seduto ad un tavolino, ma sul campo. Ciao Mimmo e grazie per ciò che ci hai regalato in questi anni

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