ricordo di Nadine Gordimer
di franz (*)
a cosa serve la letteratura, secondo Nadine Gordimer,
…siamo bombardati dalle informazioni e le informazioni non sono la conoscenza, sono una collezione superficiale di fatti e dobbiamo guardare alla letteratura, agli scrittori per avere un’interpretazione dei fatti, per capire ciò che ha preceduto e seguito i fatti. Certo, ci sono dei commentatori che analizzano gli eventi, ma come ci influenzano questi eventi? Questo viene dagli scrittori. Per esempio, pensiamo ad una manifestazione che poi degenera in violenza. Che cosa ha portato Tizio o Caio ad unirsi alla manifestazione? Che cosa è successo a casa sua quel giorno? Ci sono delle circostanze dietro i motivi della manifestazione, magari c’è una madre che ha detto, ‘fai attenzione, ti metti nei guai’. Poi succede qualcosa, magari si spara, ci sono dei morti e dei feriti. E che cosa succede dopo? Come si affrontano le conseguenze? Qui interviene lo scrittore, solo uno scrittore crea le persone, prende in mano la cosa, si avvale della Storia grande e foggia qualcosa che fa diventare una storia una serie di eventi…
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qui e qui due racconti di Nadine Gordimer (da http://www.sagarana.it/)
(*) così si presenta franz (rigorosamente minuscolo): «Ah, i libri! Sono bottiglie lanciate in mare, come nei film di pirati, i migliori sono mappe del tesoro, solo bisogna saper leggere quello che qualcuno, che non ci conosceva, ci ha donato. Credo davvero che quanto più s’allarga la nostra conoscenza dei buoni libri tanto più si restringe la cerchia degli esseri umani la cui compagnia ci è gradita. Noi siamo come nani sulle spalle di giganti e la lettura di tutti i buoni libri è come una conversazione con gli uomini migliori dei secoli andati. Una cosa è necessaria: non leggete come fanno i bambini per divertirvi o, come gli ambiziosi, per istruirvi. No, leggete per vivere. Risponde qualcuno alla domanda sugli scrittori del momento: “Non so niente della letteratura di oggi, da tempo gli scrittori miei contemporanei sono i greci”. I libri non si scrivono sotto i riflettori e in allegre brigate, ciascun libro è un’immagine di solitudine, un oggetto concreto che si può prendere, riporre, aprire e chiudere e le sue parole rappresentano molti mesi, se non anni, della solitudine di un uomo, sicché a ogni parola che leggiamo in un libro potremmo dire che siamo di fronte a una particella di quella solitudine. Un libro è uno specchio. Se ci si guarda una scimmia, quella che compare non è evidentemente l’immagine di un apostolo».