ricordo di Vitaliano Trevisan

ci lascia un grande scrittore, in un modo terribile: troppo spesso chi ha a che fare con medici psichiatri muore.

lo ricordano Gilda Policastro e Andrea Cortellessa: leggiamo e rileggiamo Vitaliano Trevisan

 

qui un ricordo di  Andrea Cortellessa
qui un’intervista di Gilda Policastro

 

 

https://vimeo.com/298609220?embedded=true&source=video_title&owner=28615084

https://vimeo.com/298609220?embedded=true&source=video_title&owner=28615084

Redazione
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2 commenti

  • https://www.osservatoriorepressione.info/vitaliano-trevisan-calvario-un-dissidente/

    chiedo venia per l’ulteriore intrusione, ma – vivendo a Vicenza – non ho potuto ignorare sottrarmi allo squallido spettacolo di quanti ora vanno ricordando l’illustre concittadino scomparso. In molti si sprecano in aneddoti, ricordi (non saprei se sempre autentici: possibile che ora tutti dicano di averlo conosciuto, di averci discusso, litigato, venendo addirittura valle mani…? Mah!?), spargendo lacrime (di caimano?) e comunque alimentando l’idea che comunque il Trevisan era (a scelta): depresso, fuori di testa, predisposto al suicidio….
    Invece di esprimere rispetto non solo per lo scrittore Trevisan, ma anche per un uomo che ha saputo esplorare il lato oscuro (o meglio: non del tutto colonizzato) dell’animo umano. Con estrema lucidità, andando ben oltre la propria sofferenza personale e le proprie (indiscutibili) contraddizioni, arrivando a un grado di consapevolezza dei rapporti umani e – più ancora direi – dei rapporti sociali in una società capitalista (lui che tra l’altro, se non forse negli ultimi tempi, non si considerava di sinistra, “non di questa sinistra almeno”).
    Un esempio, un modello per come si possa affrontare la tragicità della vita senza soccombere, rielaborandola.
    A meno che – ovviamente – non intervenga qualche fattore esterno (in stile santa inquisizione) a disciplinare, omologare, addomesticare, “guarire”…
    Chissà come è andata veramente. Ma rimane il dubbio che senza l’umiliazione di quel ricovero formalmente volontario, ma in realtà coatto, forse – dico forse – ne sarebbe uscito ancora per conto suo, magari con un altro libro o andando in giro per i boschi…
    GS

  • ” … Ci sono parole che, avendo ormai perso il loro oggetto, sono simili agli strumenti obsoleti di qualche mestiere estinto, ma, a differenza di questi ultimi, si rifiutano di uscire dall’uso. Finché non saranno sepolte, il loro fantasma si aggirerà inquieto col solo scopo di dar noia e inquinare il discorso…..
    … Concentrarmi sulle parole, sezionarle, guardarci dentro, definirle e ridefinirle, è questo il mio compito, se ne ho uno.”
    Vitaliano Trevisan “Tristissimi giardini” 2010, Gius. Laterza & Figli

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