Rifugiati, aerei, «Le Monde» e le armi dei no borders

  Un msg dalle persone solidali di Malpensa, un comunicato di Stop Deportation, due commenti di Angelo Maddalena e la posizione di Amnesty sui rimpatri forzati in Sudan

spagnul-migran

Ieri ho ricevuto questo messagio.

Quaranta sudanesi rastrellati stanotte a Ventimiglia dovevano essere deportati oggi h 12:45 da Malpensa con un volo Egyptian air. Il volo doveva essere diretto a Khartoum. Illegale perché mancano accordi bilaterali (anche se li stanno facendo) e schifoso perché fra guerra e repressione rischiano la morte. E la rischiano perché l’Europa deve tenere pulite le sue cazzo di frontiere.
Siamo in un po’ qua a Malpensa, due compagni si sono arrampicati su una torre dentro l’aeroporto per fermare il volo. Nel frattempo pare abbiano deciso di spostare il volo o a Taranto, secondo i nostri contatti, o a Torino secondo la Digos che sta comunicando con i due compagni. In ogni caso se non dovesse partire da qua o se sta già partendo da altrove non riusciamo fisicamente a fermarlo per cui bisogna far più casino possibile e rendere pubblica questa deportazione.
Ti aggiorno, intanto fai quello che riesci.

PS: L’Ansa ha appena confermato 48 deportati da Torino.

MauroBiani-migrantiDeserto

Sempre dai solidali di Malpensa ho ricevuto, ieri sera, questo comunicato. Stamattina dovrebbe esserci il processo per direttissima ai compagni che si sono arrampicati ieri in aeroporto. (db)

   LA VERITA’ ASSASSINA DELL’EUROPA
Lo Stato italiano sta imprimendo una forte accelerazione ai piani di gestione della migrazione in corso dall’Africa. L’obiettivo dichiarato è quello di impedire alle persone in fuga da guerra, persecuzione politica e miseria di raggiungere l’Europa. E di rimandare indietro con la forza chiunque, già nel nostro continente, non si sottometta alla schiavitù che viene imposta, altrimenti nota come le regole dell’accoglienza: non poter decidere dove vivere, essere privato della dignità e della libertà personale, lavorare gratuitamente.
Oggi un volo Egyptian Air era pronto a deportare circa 100 persone dall’aeroporto di Milano Malpensa a Khartum, Sudan, facendo scalo al Cairo, nonostante non esistano accordi ufficiali fra lo Stato italiano e quello sudanese per i rimpatri diretti. Per reagire a tutto ciò nell’aeroporto di Malpensa tre solidali si sono arrampicati su una torretta, senza invadere la pista, per protestare e cercare di guadagnare tempo. Ma il meccanismo micidiale non si è fermato e l’Italia è complice di una deportazione di massa che condanna quarantotto sudanesi all’annientamento di ogni speranza di vita. Poco prima della partenza si è scoperto, infatti, che il volo non sarebbe partito dall’aeroporto di Malpensa, ma bensì da quello di Torino con a bordo una quarantina di sudanesi presi a Ventimiglia ieri sera. Questo schifoso meccanismo continua a rimescolare le sue carte perché vuole rimanere nascosto agli occhi di tutti.
Hanno paura delle proteste e vogliono solo silenzio su quello che fanno.
Ogni mese che passa l’Europa dei diritti mostra quanto sia evidente la propria contraddizione: da un lato ipocriti proclami umanitari, dall’altro la realtà dei rastrellamenti, dei centri di reclusione, delle deportazioni. I governanti dei Paesi democratici non si fanno scrupoli a stringere accordi con i peggiori dittatori e assassini affidando a loro il lavoro sporco di eliminare quelle vite indesiderate. Ma quando questi accordi ancora non ci sono, nemmeno la stessa legge conta più, pur di cominciare l’operazione di pulizia. Così partirà un aereo che illegalmente rimpatrierà quarantotto persone in Sudan, governato dal generale Al Bashir , al potere dal colpo di stato del 1989, che dal 2003 sostiene il genocidio dei gruppi tribali del Darfur, nel nord ovest del Paese e ha già causato 400.000 morti e 2,5 milioni di profughi.
L’Italia è fra i promotori e gli ispiratori del Migration Compact, il progetto di legge che esternalizzerà le frontiere europee facendole gestire direttamente ai Paesi africani dai quali i migranti vogliono scappare. La stampa sudanese riporta incontri fra Gabrielli, il capo della polizia italiana, e il suo omologo a Khartum, oltre alla presenza di una delegazione del ministero dell’Interno sudanese presso l’ambasciata di Roma per facilitare il rilascio dei documenti per il rimpatrio di cittadini sudanesi sul territorio italiano: è solo l’inizio di quella che il capo della polizia ha definito come un’operazione di “alleggerimento”. L’alleggerimento democratico significa rimandare le persone incontro alla fame, alla guerra o alla morte da cui stavano cercando di fuggire. Le operazioni vengono fatte in silenzio e di nascosto, per cercare di togliere dagli occhi dei bravi cittadini le menzogne e il sangue su cui si regge l’Europa.
Non è solo alle frontiere che quella che viene definita un’emergenza si rivela come una vera e propria guerra che gli Stati muovono ai migranti. I confini e i dispositivi di repressione attraversano tutto il Paese. Sono le stazioni che diventano accampamenti militarizzati e gli aeroporti dove a pochi passi dai turisti che si preparano alle loro vacanze centinaia di uomini vanno incontro alla deportazione, ed è il momento di scegliere da che parte stare.
STOP DEPORTATION!

Altan-profughi

Le armi dei noborders: un rastrello e un guanto di carnevale

di Angelo Maddalena

Finalmente si è svelato l’arcano! Nell’articolo pubblicato giorni fa – è qui: Ventimiglia: tragedie, solidarietà, provocazioni e… balle – scrivevo che le armi dei noborders erano improbabili e forse inesistenti: ebbene mi ero sbagliato! Seguendo l’onda mediatica, dicevo che potevano essere un bastone, una spranga e qualcosa di esplosivo, ma mi ero salvato scrivendo un“forse” prima di elencare gli oggetti. Però avevo anche messo che probabilmente erano armi “infiltrate”, come altre volte è capitato, dalle cosiddette forze dell’ordine. Ebbene ho scoperto «l’arsenale» indagando minimamente e posso parlare di elementi certi e visibili, ridicoli e risibili, come volevasi dimostrare.

I fatti sono questi: due ragazzi francesi con un furgone, che pare non abbiano niente a che fare con il movimento no borders, si trovano a passare da Ventimiglia all’inizio di agosto, e in una delle feste “stregonesche” diffuse da queste parti (le streghe di Triora ecc.: per chi non lo sapesse Triora si trova a poche decine di chilometri da Ventimiglia) hanno l’idea carnascialesca di comprare il guanto di Freddy Krueger, quello con le dita a forma di lame. Prima di tornare in Francia, visto che viaggiano in furgone camperizzato, attirano l’attenzione degli sbirri che li fermano e perquisiscono in cerca di erbe o di altri elementi incriminanti. Trovano il guanto di Freddy Krueger ed esultano: abbiamo trovato l’arma dei noborders (nella macchina di due giovani francesi poco attenti e in nulla vicini ai noborders … ma forse per abbigliamento e portamento associabili ai “ribelli”?). La cosa non finisce lì: espulsione per 5 anni dal territorio italiano per i due giovani amanti dell’incubo! Adesso i francesi proveranno a fare ricorso, per chiedere giustizia.

Per dire a che punto si può arrivare per demonizzare un movimento o un gruppo di persone che a loro modo tentano di dare voce alla negazione della realtà e della solidarietà. Riassumiamo: le armi dei noborders sarebbero tre, anzi quattro: una catena, un bastone, un rastrello e un guanto di Carnevale! Viene da ridere, lo so, ma purtroppo dobbiamo anche piangere per la morte dell’informazione seria e per la fine dell’onestà intellettuale. Ma soprattutto dobbiamo sentire il dolore delle persone indifese: alcuni mesi fa poliziotti italiani, per costringere persone indifese a farsi prendere le impronte digitali, strinsero alcune parti dei loro corpi (a volte anche i testicoli) con pinze! Queste sì che sono armi vere: si chiama tortura e non è carnascialesca!

MauroBiani-SansPapiers

Anche a Parigi chi aiuta i migranti viene punito: raffronti con Ventimiglia

di Angelo Maddalena

Ho letto proprio poco fa su «Le Monde» del 24 agosto in prima pagina: «Les benevoles paient cher leur soutien». In un articolo di Maryline Baumard si spiega che a Parigi c’è un accampamento di richiedenti asilo politico, circa una settantina. Un po’ di persone si organizza per dare aiuto informalmente, e – come sta avvenendo in Italia dalle parti di Ventimiglia – «da luglio 2015 la Region (Ile de France) si inorgoglisce di aver proposto 15000 offerte di alloggio». Ma intanto la prefettura ha distribuito centinaia di obblighi di lasciare il territorio (come i fogli di via italiani, rilasciati ad altrettante centinaia di persone etichettate come noborders). Anche la regista francese Valerie Osouf dice: «»Noi che abbiamo aiutato i migranti, come risultato siamo stati stigmatizzati».

«Nelle zone di tensione come Parigi, Ventimiglia e Calais» scrive Baumard «un malinteso si sviluppa tra Stato e benevoles (volontari, solidali), rinforzato da un discorso paradossale delle autorità istituzionali». Cioè «da un lato, Emmanuelle Cosse, il ministro degli alloggi, il 10 agosto ha proposto di invitare a casa sua alcuni rifugiati e propone 1500 euro all’anno per ogni persona alle associazioni che si impegnano ad accogliere i rifugiati. Dall’altro, chi sostiene i migranti incorre in provvedimenti del ministero dell’Interno che in ogni solidale con i migranti vede un possibile Noborder, movimento di estrema sinistra». Un 37 enne di Nizza ne ha fatto esperienza recentemente. Interrogato il 17 agosto nei pressi di Breil sur Roya (fra Cuneo e Ventimiglia) mentre faceva salire sul suo furgone 8 migranti eritrei, era stato presentato dalla polizia come un militante Noborder. L’uomo, che ha detto di non appartenere a nessun movimento politico, è stato rilasciato dopo l’intervento del procuratore della repubblica invocando la legge che prevede l’«immunità umanitaria». Sono spunti di riflessione agghiaccianti.

La prima riflessione che mi viene da fare riguarda la stigmatizzazione del movimento noborder, come fosse cosa esecrabile in sé, una vera e propria demonizzazione. La seconda cosa è che la solidarietà più semplice rischia di essere criminalizzata. Poi c’è un fattore di linguaggio mediatico: in Italia in generale quelli che sostengono i migranti vengono chiamati quasi automaticamente Noborder, con accezione negativa ovviamente. In Francia il linguaggio è meno aggressivo e banalizzante: gli stessi “benevoles” rischiano di essere criminalizzati per il loro aiuto ma sono chiamati con il loro nome corretto: benevoles, cioè volontari. Nel resto dell’articolo c’è scritto che il prefetto dell’Ile de France, J. F. Carenco, capo degli sgomberi, sottolinea che «alcune persone sono lì solo per trasformare l’aiuto ai migranti in una battaglia politica». Che vuol dire? Che i migranti e chi li aiuta devono rimanere mansueti e passivi, senza alzare la voce e senza dire come stanno davvero le cose; ma se invece provano a prendere parola e ad ascoltare quello che i migranti vogliono per sostenere le loro esigenze, allora diventano potenziali criminali. Ricordiamo che a Ventimiglia persone meno che ventenni subiscono pressioni solo per il fatto di parlare con ragazzi africani per strada (ovviamente l’aggravante è la supposta appartenenza al movimento No borders). L’articolo finisce dicendo che ci sono persone a Parigi considerate “pericolose” per il loro aiuto ai migranti e appartenenza a gruppi politicizzati, ma c’è anche scritto che queste organizzazioni, tipo il CPSE (Collettivo parigino di sostegno agli esiliati) è un’organizzazione parecchio radical chic (bobo in francese) quindi morbida e moderata.

Un po’ come i Noborders di Ventimiglia? La cui arma più pericolosa è la bici, visto che a giugno hanno organizzato una gita in bicicletta! Ultima domanda di “esegesi” mediatica: ci sono articoli di questo tipo su quotidiani nazionali italiani tipo «Le Monde»? Per esempio su «Repubblica»? Non ne ho visti, sicuramente si trovano su «il manifesto», ma quello si definisce «quotidiano comunista» e non vale! A proposito, ieri ho trovato un capolavoro di Guido Viale in prima pagina del suddetto «manifesto», ne consiglio la lettura; il titolo è: «L’accoglienza, nuova frontiera».

migranti-Ventimiglia

RIFUGIATI: PREOCCUPAZIONE DI AMNESTY INTERNATIONAL ITALIA PER IL RIMPATRIO IN SUDAN

Amnesty International Italia ha espresso preoccupazione in merito alla notizia della deportazione di circa 40 sudanesi dall’aeroporto di Torino verso il Sudan.

È preoccupante che l’Italia stia deportando queste persone in un Paese dove alcuni gruppi corrono un rischio concreto di gravi violazioni dei loro diritti umani, sulla base di un accordo di riammissione il cui contenuto non è chiaro” ha dichiarato Amnesty International Italia.

A questo proposito, l’organizzazione ha chiesto chiarezza in merito all’accordo di riammissione recentemente stipulato tra il governo italiano e quello sudanese e in particolare alle garanzie a tutela delle persone riammesse. Amnesty International non conosce l’identità delle persone rimpatriate ma teme che tra esse possano esservi persone provenienti dal Darfur o altri individui a rischio di refoulement.

L’organizzazione si oppone a qualunque rimpatrio di persone originarie del Darfur verso il Sudan – dove rischiano persecuzioni, repressioni brutali e altri gravi abusi.

Secondo il diritto internazionale, l’Italia ha l’obbligo di non trasferire persone verso Paesi dove corrono un rischio concreto di gravi violazioni dei loro diritti umani (obbligo di non-refoulement). 

Roma, 24 agosto 2016

LE VIGNETTE SONO DI GIULIANO SPAGNUL e di ALTAN più due di MAURO BIANI; LA FOTO è scattata a Ventimiglia.


Redazione
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