Rigaglie: per Julien Gracq

di Andrea Appetito

C’è in ogni traiettoria – scrive Julien Gracq – un passaggio a vuoto. Il battito del cuore è sospeso e il tempo si divarica. Cosa succede allora? Siamo pronti per accogliere questo momento? In verità credo di no. Per quanto esistano scuole di addestramento a tutto, statistiche e proiezioni sul futuro, quando il passaggio a vuoto accade non siamo mai preparati. Altrimenti non accadrebbe. Forse è proprio questo il lavoro più importante da fare: disimparare o disarmarsi e lasciare un piccolo spazio vuoto per un fuoco sempre acceso. Il passaggio a vuoto ci chiede una disponibilità segreta, una cura quotidiana e mite, intima e non ostentata agli dèi che abitano gli interstizi fra un lembo e l’altro del tempo divaricato: gli dèi del passaggio a vuoto (i numi tutelari dell’imprevedibile).

Nonostante i miti della pianificazione, le improvvise divaricazioni del tempo diradano l’ebbrezza nuvolosa della mobilitazione e attirano nel silenzio. Forse consiste in questo il rapimento alieno o l’assunzione al cielo o l’improvvisa scomparsa dai radar di aviatori molto competenti su traiettorie ordinarie. Come un’inondazione che improvvisamente si ritiri – scrive Gracq – il passaggio a vuoto rivela il carattere di pura provocazione di un’attività talmente incomprensibile da restare segreta ed essenziale: vivere.

(*) «Rigaglie» ovvero recensioni molto velate e riflessioni stimolate da una citazione iniziale… per onorare la fonte dell’ispirazione. Qui le precedenti: Rigaglie: per Deligny, Rigaglie: per Ceronetti, Rigaglie: per Chuang-TzuRigaglie: per Tsao Chih e Rigaglie: per Victor Jara.

La foto è di Henri Cartier Bresson

 

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