riscoprire Virgilio Savona

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quando ero ragazzino mia madre cantava in casa qualche canzone del Quartetto Cetra, allora ancora non sapevo di Angela Davis, di Virgilio Savona, di Giorgio Gaber, dei poeti latini in musica…

 

 

il Premio Tenco ricorda Virgilio Savona:

…All’interno del Quartetto Cetra Virgilio Savona rivoluzionò la canzone italiana fin dagli anni ’40, con l’uso dello swing e dell’ironia. Compositore raffinato e brillante tanto per piglio ritmico quanto per felice vena melodica, realizzò come autore e come interprete una sterminata produzione discografica, innalzò la canzone per l’infanzia a vette di intelligenza mai sperimentate prima, portò alle massime conseguenze lo strumento della parodia, fu protagonista di una televisione di qualità’, oggi impensabile.

Da metà anni ’60 la sua produzione comincia a contemplare delle canzoni di più forte impegno civile, e nel 1969, lavorando anche al di fuori del Quartetto Cetra, una svolta netta lo proietta tra i protagonisti della nostra “canzone d’autore”: scrive, canta o produce dischi molto polemici nei confronti della società contemporanea, soprattutto in chiave pacifista; dirige in questo senso la storica collana I Dischi dello Zodiaco; adatta e musica testi di autori latini affidandoli a Giorgio Gaber col titolo “Sexus et politica”; pubblica, per lo più con Michele L.Straniero, una quindicina di volumi intorno ai patrimoni della tradizione popolare.

“Virgilio Savona – conclude il Tenco – non ha tralasciato niente nel suo cammino, dalla più immediata canzonetta divertente all’estrema invettiva politica, dallo scherzo autoironico al cabaret intellettuale, dal jazz al folk. Nelle sue canzoni sono custodite le nostre memorie, il nostro costume, i nostri modelli culturali, tracce di letteratura, cinema, televisione, sport. Mezzo secolo di musica e’ passata attraverso di lui. La cultura italiana non potrà mai dimenticarlo”.

da qui

 

 

…Era l’epoca di Angela Davis, leader del movimento per i diritti civili e del Partito Comunista, che nel 1970, con false accuse, veniva messa in carcere.
Il mondo della cultura si schierò a sua difesa e in Francia, Inghilterra, Italia, intellettuali e artisti ne richiedevano all’unisono la liberazione, ma proprio in Italia, ancor prima dei John Lennon e dei Rolling Stones, fu il Quartetto Cetra a incidere una canzone in omaggio a Angela Davis.

Nell’autunno del 1971 i Cetra conducevano Stasera sì sul 2° canale RAI con la direzione musicale di Mario Bertolazzi, programma a cui è legato un episodio spiacevole di minacce al gruppo: nel corso della puntata di domenica 7 novembre il Quartetto presentò Angela, la canzone dedicata alla Davis. Il giorno dopo Felice Chiusano ricevette da uno sconosciuto il seguente messaggio: “Dica al suo collega Savona di non fare il gradasso sul palcoscenico, e di lasciar perdere la politica, di cantare Nella vecchia fattoria e di smetterla di sfruculiare con Angela Davis e tutto il resto… queste sono cose delicate, mi sono spiegato?”. Chiusano raccontò l’episodio a Virgilio Savona, che ne trarrà ispirazione per comporre la canzone Cose delicate, incisa in proprio assieme ad altre canzoni di contenuto più impegnato, che proprio in quegli anni andava realizzando parallelamente all’attività con il Quartetto (sua l’idea contestuale della collana discografica I Dischi dello Zodiaco). Anche a causa di questo increscioso episodio, i Cetra ridussero la collaborazione con la RAI, e dopo il 1975 la interruppero…

 

Angela – non disperare
negli occhi tuoi
non può morire il sole
Tutti noi, per la tua vita
alziamo già – un canto senza fine
per fermare
chi si abbandona alla follia,
per aprire
al mondo libero una via..

Angela – se la tua colpa
è di essere un simbolo d’amore
tutti noi la stessa colpa
insieme a te – vogliamo confessare
per amare le cose che tu sai amare (la tua gente)
e spezzare una catena di dolore..
Non si può per un’idea,
per un idea soltanto
recidere un fiore.

E con te – dovranno ridere nel sole
tutti i volti che stanno al buio ad appassire
Non si può per un’idea
per un idea soltanto..
recidere un fiore.

da qui

 

Cose delicate

Cose da pazzi veramente!
Ma questo cosa vuole fare?
Dico, perché non si sta zitto?
Che fa? Si mette a protestare!

Ma come? Vive aggiatamente,
tiene la macchina, va al mare,
e vuole fare l’impegnato
e si pemmette di parlare.

Ma che si faccia i fatti suoi,
che si accontenti di campare,
ma di che si va a impicciare?
Questo si vuole rovinare…
Sono cose delicate,
non devono essere toccate!

Ma che si faccia i Caroselli,
che canti alla televisione,
che non si vada ad immischiare
con la contestazione.

Ma questo come si pemmette
di toccare le cose serie,
mentre ha fatto fin da bambino
il buffone e il burattino, ah!

Ma che si faccia i fatti suoi,
che si accontenti di campare,
ma di che si va a impicciare?
Questo si vuole rovinare…
Sono cose delicate,
non devono essere toccate!

Nessuno dice che è vietato
Se vuole scrivere canzoni,
ma che le scriva con prudenza
senza rompere i coglioni.

E si ricordi che vabbene
la libbertà delle opinioni,
però non deve esaggerare…
Ma che, c’ha preso pe’ minchioni, ah?

Ma che si faccia i fatti suoi,
che si accontenti di campare,
ma di che si va a impicciare?
Questo si vuole rovinare…
Sono cose delicate,
non devono essere toccate.

Finchè si limita a cantare
quella – com’è? – “La fattoria”,
che faccia pure, lo ascoltiamo…
Canta? Pazienza! E cosissìa.

Ma questo legge, questo pensa,
si atteggia a fare il comunista…
Che fa? Si mette a parodiare
gli intellettuali di sinistra, ah?

Ma che si faccia i fatti suoi,
che si accontenti di campare,
ma di che si va a impicciare?
Questo si vuole rovinare…
Sono cose delicate,
non devono essere toccate.

Ma che si faccia i fatti suoi,
che si accontenti di campare,
ma di che si va a impicciare?
Questo si vuole rovinare…
Se diventa irriguardoso
e continua a sfrucugliare,
lo mettiamo un po’ a riposo
a pensare e a meditare
sulle cose delicate
che non devono essere… toccate!

da qui

 

 

 

…Nel 1972 pubblicò un album di canzoni sue (testo e musica) intitolato È lunga la strada, che rivela nuovamente un Virgilio Savona assai diverso da quello più conosciuto, televisivo, edulcorato, anima dell’orecchiabile e ironico Quartetto Cetra. Nel brano intitolato Il testamento del parroco Meslier riprende l’incredibile testo – uno dei più violenti e lucidi atti d’accusa contro l’Ancien Régime e la religione cristiana (considerata il puntello della tirannide) – scritto dal prete francese in realtà materialista, ateo, protocomunista e rivoluzionario Jean Meslier (1664-1729). Nel brano intitolato La merda cerca invece ironicamente di riabilitare il simpatico e naturale prodotto corporeo, a suo dire ingiustamente associato, con intenti denigratori, a cose e persone di gran lunga peggiori di esso. Entrambi i brani, poco diffusi a livello discografico e raramente passati su uno schermo televisivo, sono reperibili su YouTube.

da qui

 

qui si possono ascoltare alcune canzoni dell’album “Lunga è la strada”

 

 

qui testo e riferimenti de “La merda”

 

 

 

 

 

ecco “Sexus e politica”, canta Giorgio Gaber, da ascoltare ad libitum, qui la copertina del disco

 

 

un articolo di Giorgio Maimone:

Riscopriamo i dischi antichi! Perché se non li riscopriamo rischiamo di perderci molto. “Sexus et politica” di Giorgio Gaber su testi e musiche di Virgilio Savona, “basato su testi di autori latini di 2000 anni fa” (come recita il sottotitolo) se non è un capolavoro però molto ci si avvicina. E’ un disco di grande intelligenza e grande finezza. Giocato in punta di penna tra ottimi testi e musiche di Savona, ormai bene emendato dal peccato originale del “Quartetto Cetra”, sempre che peccato sia stato, tra una grande interpretazione vocale e (massì) teatrale di Gaber e gli arrangiamenti delicamente “dugenteschi” di Giorgio Casellato.

L’impressione iniziale è di trovarsi di fronte ai primi lavori di Fabrizio De André; stesso clima, stesso gusto per il gioco di rimando tra il colto e il goliardico, stessa la voglia di prendere spunto dalla storia per tracciare un quadro attuale, in cui vengono messe alla berlina non gli usi e costumi di “allora” ma quelli di “ora”! La vaga aria troubadorica impressa dagli arrangiamenti dell’altro Giorgio (Casellato) richiama sia “Fila la lana” che “Carlo Martello” a seconda dell’andamento del brano. Alcuni sono seri e più pensosi, altri leggermente ironici con alcuni passaggi spassosamente comici. Certo che quando come co-autori si schierano nomi come OrazioOvidioGiovenale e Catone si parte bene. E questa è stata la scommessa vincente di Virgilio Savona.

Vincente sotto il punto della resa, perché, invero, il disco a suo tempo fu ascoltato da pochi (e tra questi io non c’ero. Sono un convertito dell’ultima ora) e sparì presto dai cataloghi, nonostante la fama che Gaber nel frattempo si stava meritando nei teatri di tutta Italia.

Cerchiamo di inquadrare il momento storico: siamo nel 1970, l’anno della grande conversione di Gaber in cui, come scrive giustamente Paolo Jachia nel suo libro sul padre del Cerutti Gino, dobbiamo “dare addio a Mister Simpatia e salutare l’arrivo del Signor G.”. Gaber è disgustato dal suo essere cantante di successo, presentatore, ospite fisso, personaggio festivaliero e simpatico a tutti i costi: “canto una canzone, faccio un bell’inchino e mi faccio schifo”. Già qualche anno prima ha cercato di dare una svolta alla sua produzione pubblicando il primo Lp pensato come tale e non come semplice raccolta di successi: “L’asse d’equilibrio”.

A febbraio 1970 esce “Sexus et politica”, concept album tratto da autori latini. Forse la cattiva coscienza scolastica di molti noi, freschi di licei, ce ne tiene lontani. I professori, peraltro, non sanno cogliere l’occasione al volto per dimostrare quanto quella cultura possa ancora contenere semi vitali e non solo atrofizzate forme verbali. E l’album sparisce ben presto dai negozi. Dobbiamo aspettare il 2003 e la morte di Gaber per vedere tornare in circolazione il disco. Ora abbiamo figli al liceo e meno ripulsa verso il latino e procediamo all’acquisto. Sorpresa! Il disco suona benissimo. Niente polvere. Né musicale, né testuale.

Può bastare il testo di “Donne credetemi” di Publio Ovidio Nasone“Donne credetemi, io mi vergogno / di tutto ciò che vi sto per dire / ma è stata Venere a consigliarmi / di non temere di farvi arrossire. // Non spalancate mai le finestre / L’ambiente deve restare scuro / ci sono parti del vostro corpo / che vanno in ombra, questo è sicuro // Tu che sei bella rimani supina, perché il tuo viso si possa ammirare / ma sei hai le spalle più belle del viso / è chiaro che tu ti devi voltare // Se sai di avere bellissimi fianchi / resta in ginocchio sull’orlo del letto / stenditi invece un po’ obliquamente / se nei tuoi seni non c’è alcun difetto”?

Oppure possiamo esaminare “Prova a pesare Annibale” di Giovanale“Prova a pesare Annibale/ ora che è solo cenere / e dimmi quanti grammi / la stadera segnerà/ Prova a pesare Annibale e ti accorgerai / di un grande generale / cos’è rimasto ormai”. Stesso tema ripreso da “La pallida morte” di Orazio: “Perché la pallida morte / di torri e capanne bussa alle porte / perché la pallida morte coglie ugualmente poveri e re”. O vogliamo vedere l’estrema attualità dei “I magistrati”? Il presidente del Consiglio “caghemm in pé” (intraducibile gioco di parole lombardo tra l’essere in carica e il non essere alti di statura) sottoscriverebbe al volo: “Giocano a dadi in allegre brigate / tra stuoli di battone ben pagate /… / Poi si riuniscono per il giudizio / e tra di loro mai uno screzio / perché si fermano un’ora a parlare / di vini greci, di arrosti e fritture / di pesci grossi e di tordi infilzati / questa è la vita dei Magistrati”.

Delizioso è poi l’erotico quadro di Corinna che “arriva vestita della sua tunica trasparente” che strapparle di dosso“credetemi, fu una vera battaglia”“I suoi seni eran come un invito / a farne un sapiente maneggio”  “e sotto le turgide poppe / la pelle era candida e liscia / Com’erano splendidi i fianchi / come era fresca la coscia”.

da qui

 

 

Se c’è un disco anomalo nell’ampia discografia gaberiana è questo “Sexus et politica“. Stranissimo progetto capitanato da Virgilio Savona (storico componente dell’indimenticato Quartetto Cetra), incentrato su una serie di testi recuperati dall’antica Roma, elaborati e musicati dallo stesso Savona.
Gaber, all’epoca in fase transitoria tra la prima parte della carriera e l’approdo definitivo al Teatro Canzone, si limita ad interpretare i brani, ma mi sembra di poter dire che la sua sia una partecipazione piena al progetto e non semplicemente una prestazione d’opera.

 

I brani sono arrangiati utilizzando strumenti acustici, senza nessuna pretesa di ricreare atmosfere musicali tipiche di 2000 anni fa ma, al contempo, cercando di renderli funzionali a ricostruire un immaginario antico romano credibile e non straniante.

Tutto il disco gira intorno al cortocircuito provocato dal sentire versi scritti secoli fa, ma cantati alla maniera odierna e, soprattutto, ascoltati da orecchie contemporanee. E’ inevitabile cogliere (o avere l’impressione di cogliere) importanti differenze tra il parlare di amore, morte e politica di oggi e la visione di queste cose che potevano avere nella Roma pre-cattolica.
In particolare (nell’iniziale “La pallida morte“, testo dalle parti de “‘A livella” di Totò e musicalmente un seducente valzerino di campagna, in “Prova a pesare Annibale” e in “Ragiona amico mio” dal cinismo perfettamente in linea con la romanità odierna, come nella lucida rassegnazione di “E’ inutile piangere“) emerge una molto seria leggerezza nel parlare della morte che, se appare in sintonia con il Battiato più recente, sembra parecchio fuori contesto in una società come la nostra dove l’esperienza della morte viene sempre più nascosta e rimossa come se non dovesse mai riguardarci.

Altrettanto sorprende (parlando di testi scritti 2000 anni fa) la leggerezza e il modo esplicito in cui si parla di sesso (l’incredibile Publio Ovidio Nasone di “Donne credetemi” o la “Corinna” dai bruni capelli e dai facilissimi costumi).

Infine la politica (e i costumi) criticati con feroce ironia (ai limiti della cattiveria) ne “I magistrati” (oggi li si etichetterebbe come privilegiatissima casta) o il pacifismo (mai come in questo caso) ante litteram di “Dove andate ?” o, ancora, il benedetto classismo de “Il tavolo d’avorio” che, mutatis mutandis (e dagli con le citazione latine…), potrebbe parlare di certi super-manager odierni.
Da notare che, come si conveniva in quegli anni, nella copertina erano presenti tutta una serie di note per aiutare l’ascoltatore a meglio contestualizzare e comprendere i testi cantati nel disco.

Gaber canta in maniera superba tutti i brani (non sempre viene ricordato quanto fosse bravo ad interpretare con misura, espressività e perfetta intonazione le canzoni del suo repertorio) e Giorgio Casellato arrangia il tutto con mestiere ed eleganza, realizzando sonorità non distanti da quelle del primo De Andrè, con la chitarra acustica al centro di quasi tutte le canzoni spesso contornata dal flauto traverso.

Perfetta unione di intelligenza, curiosità e originalità.

p.s.
Mi piace ricordare che la collana I dischi dello Zodiaco, sussidiaria della Vedette records, che fu un’etichetta che molti della mia generazione ricorderanno per lo strepitoso e coraggioso catalogo che ospitò musicisti di tutto il mondo spesso politicamente impegnati, fu diretta proprio da quel Virgilio Savona passato alla storia quasi esclusivamente per il suo ruolo nel Quartetto Cetra. A dispetto di ciò che è rimasto nell’immaginario popolare, Savona è stato musicista di razza, uomo perfettamente calato nei suoi tempi e capace di scelte coraggiose, personali e non necessariamente in linea con il gusto della grande massa, dotato di quella incredibile dote chiamata umiltà capace di fargli fare lavori di altissimo livello senza necessariamente apparirne come deus ex machina. E di questo, in un mondo dove un po’ tutti corrono ad enfatizzare le proprie, spesso millantate, qualità urlandole al mondo, gli va dato enorme merito.

da qui

 

qui la recensione del cd “Seguendo Virgilio”, omaggio del Premio Tenco

 

 

qui molti testi delle canzoni di Virgilio Savona

redaz
una teoria che mi pare interessante, quella della confederazione delle anime. Mi racconti questa teoria, disse Pereira. Ebbene, disse il dottor Cardoso, credere di essere 'uno' che fa parte a sé, staccato dalla incommensurabile pluralità dei propri io, rappresenta un'illusione, peraltro ingenua, di un'unica anima di tradizione cristiana, il dottor Ribot e il dottor Janet vedono la personalità come una confederazione di varie anime, perché noi abbiamo varie anime dentro di noi, nevvero, una confederazione che si pone sotto il controllo di un io egemone.

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