Risorgere diversamente

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Di Riccardo Dal Ferro

Risorgere.

Com’è che ci siamo fatti scappare un concetto così splendido? Me lo spiegate? Noi intellettuali tutti d’un pezzo (ma non si sa bene di quale materiale) ci siamo fatti fregare da sotto il naso una delle invenzioni concettuali più belle della storia. Risorgere, ma da quante cose si sarebbe potuto risorgere? E in quanti modi avremmo potuto farlo? E invece.

Ebbene sì, “e invece” ora ci troviamo a fare i conti con la resurrezione più banale che si possa immaginare: si risorge dalla morte, si risorge alla vita eterna, si risorge grazie a dio, per dio, in dio, e vattelapesca a tutte le altre resurrezioni possibili.

Ancora una volta quindi mi trovo a fare i conti con un’idea sprecata, l’ennesimo concetto svalutato, la milionesima parola fuori posto: “risorgere”, ma vanno bene anche le sue varianti “resurrezione” e “risorto”. Cosa diceva Nietzsche? Ah sì, diceva che “dietro un’idea c’è un valore, dietro il valore una forza”. E questa regola vale sempre, vale per tutto, vale dappertutto.

Ogni volta che abbassiamo la guardia, ecco che i predatori dei concetti si avvicinano e ci fregano il bottino da sotto il naso, solo perché noi intellettuali con la testa tra le nuvole teniamo sempre le tasche bene in vista e, mentre indichiamo la luna, lo stolto guarda il dito e lo stronzo ci scippa e scappa. E anche il concetto di “intellettuale” mi sembra ci sia stato scippato dai cattivi, ma questa è tutta un’altra storia.

Quindi, perché non ci sediamo un momento (voce del verbo riflessivo “sedersi” ma perché no, anche “sedarsi”) a riflettere su che cosa sia la “resurrezione”? Sospendiamo per un secondo il senso di irrealtà cristofila, il risorgere dei corpi, la transumanza delle carni, l’assunzione a tempo indeterminato (beati loro in tutti i sensi) dei morti e… pensiamo. Pensiamo a cosa potrebbe diventare la resurrezione domani analizzando ciò che è oggi.

“Resurrezione” in Italia nasconde un valore religioso e politico dietro al quale si celano altri piccoli subdoli concetti: giudizio, dannazione, perdono, potere e confessione.

Il giudizio universale, pratica antiquata di dei molto antichi che pretendono di giudicare sulla base di valori infiniti il finito (ma non voglio scomodare Tommy d’Aquino e la sua congrega di lisergici visionari, accontentiamoci di questa reductio ad absurdum): esseri infinitamente equi giudicano dall’alto della loro perfezione l’iniquità finita, eppure infinita, dei piccoli insetti terrestri. La forza che giace qui è oggettivamente reazionaria.

La dannazione: all’inferno, al supplizio, al rimpianto, alla tortura. Un medievaleggiante carnevale di maschere e commedia dietro cui fiorisce l’evidente ombra del risentimento (e anche qui Nietzsche ne ha dette tante, e molto buone).

Il perdono che però non è il nazareno “porgi l’altra guancia”, quanto piuttosto il perdono-per-espiazione oppure il borghese (e cento volte peggiore) perdono-ma-te-lo-rinfaccio-a-vita. Una sorta di perdono-surrogato inventato appositamente a chi le due guance se le tiene strette, schiaffeggiando quelle del povero mentre snocciola il rosario con l’altra mano. La forza dietro a questo perdono? Decisamente schizofrenica.

Il potere, beh, qui ne avremmo di pagine da scrivere! Citeremo solo il potere d’intercessione e mediazione, la necessità di conferire a istituzioni terrene la gestione del bugigattolo conosciuto con il nome di “paradiso”. Chi risorge? Lo decide il togato a suon di ave maria, questua e verga (da intendersi in qualsivoglia senso). Ma di certo, sembra dire il prete leghista, “non risorge il negro e tantomeno risorge il Rom”. Così, entrambe le guance sono tumefatte. La forza che sopravvive qui dentro? Razzismo e fascismo, facile a dirsi.

Infine, ma non meno importante, la confessione. Michel Foucault ha scritto così bene dentro la “Storia della sessualità”: “Il dispositivo del sapere l’insaputo, del farsi confessare l’inconfessabile: questo è il dispositivo di potere più antico e duraturo”. Come aggiungere altro? E quindi, dietro la “resurrezione” per come la intendiamo noi ecco che si cela lo spaventoso organo marcescente del segreto, del mistero, che tiene legato il fedele alla vergogna e alla ricattabilità. Sapere per poterti colpire dove fa più male. Un anello per saperti, sembra urlare il Papa dall’alto di Monte Fato, ma non voglio cadere nella caricatura.

Insomma, quant’è brutta la resurrezione d’oggi? Come si fa a voler risorgere con queste cinque parolacce a mo’ di trampolino? Giudizio, dannazione, perdono, potere e confessione? No, grazie, me ne sto sottoterra.

Ma il fatto di esserci fatti fregare la resurrezione da sotto il naso non significa che non possiamo riprendercela, ridisegnandola a partire dai valori e dalle forze che la definiscono. Avete mai immaginato una resurrezione non reazionaria ma rivoluzionaria? Una resurrezione che vanti l’ascolto al posto del giudizio, il gioco invece della dannazione, il perdono vero a sostituire il perdono fasullo, la libertà al posto del potere, il dialogo a rimpiazzare la confessione? Ci avete mai pensato quanto sarebbe bello risorgere così?

Ci sta provando la biologia, con la “resurrezione” attraverso il DNA e l’eredità genetica, ma anche lì le magagne non sono poche. Ci prova la letteratura con gli zombie e i fantasmi, ma troppo spesso viene considerata uno scherzo. Di resurrezione in politica se ne parla costantemente, ma a me viene solo da ridere.

E se risorgessimo diversamente? E se risorgessimo creativamente? E se risorgessimo come mai è stato immaginato di risorgere? Nuovi stavolta, non vecchi, fascisti, brutti e impauriti. Risorgere da morte per rivoluzionare i vivi, altro che i vivi ad amministrare la morte! Sconfiggere la disonestà del pensiero reazionario, mica la morte!

Insomma, come per ogni concetto sprecato, anche la “resurrezione” richiede di essere pensata nuovamente, pretende uno sforzo cerebrale e umano non indifferente. E, come tutto ciò che si diversifica, possiamo davvero risorgere meglio di come fanno quelli là, con il loro dio ammuffito che s’è stancato pure delle loro menzogne.

Risorgere con l’aiuto delle idee, ecco cosa si può fare.

E allora davvero, una volta per tutte, la rivoluzione e la resurrezione potrebbero quasi coincidere.

E quindi, dal momento che il pensiero è prima di tutto domanda: come volete risorgere oggi?

Riccardo DAL FERRO

3 commenti

  • Daniele Barbieri

    Il bello, stra-bello delle (vecchie) botteghe è che trovi tutto e/o niente. Magari trovi perle nel reparto cianfrusaglie o viceversa. «Scusi ha la prima edizione dei saggi di Rabelais?» chiede il cliente e il bottegaio, faccia di pietra saggia, risponde: «Se non è al reparto lampade magiche provi lì sotto, vicino ai coltelli multi-uso». Così a volte questa nostra bottega: se avete letto o leggerete «L’indifferenza voluta» (di Pietro) troverete incredibili connessioni con «Risorgere diversamente» (di Riccardo). O sono solamente io che le vedo? Ai maligni puntualizzo che stamattina ho preso uno sciroppo per la tosse non lisergico.

    • Riccardo DAL FERRO

      Dopo vado a leggere il pezzo che citi, Daniele! Intanto oggi pensiamo a risorgere come si deve! 😀

      • Daniele Barbieri

        ora ti vado a sentire in «Cogito Ergo Tube 2»
        ma se ti trovo a canticchiare «io rinascerò cerveza a primavera» ti tolgo il saluto
        db
        (non è un uccello, non è un aereo, è Superciuk)

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