«Roberto!!!» urlava Sofia

Ancora sul Benigni dei comandamenti…..

di Antonio Carletti (*)

Un qualunque economista può affermare che, quando si sborsa una cifra elevata per un evento o per una qualsiasi azione commerciale, è perché, chiaramente, si è previsto, in modo sufficientemente sicuro, di rientrare di tale spesa. Possibilmente con un ricavo da tale operazione.

Ma ora prendo in esame un evento specifico, senza aver parlato prima con alcun economista.

Gli attori di tale evento sono: la Rai, Roberto Benigni, i dieci comandamenti, i telespettatori.

In aggiunta parlo dell’evento senza averlo visto. Un pregio riconosciuto a Indro Montanelli era quello di saper spiegare bene ciò che non conosceva. Provo a sfidare il maestro.

La Rai dunque decide di investire una cifra considerevole per l’organizzazione di una serata tv. Dopo attente valutazioni, i vertici dell’azienda capiscono che ne vale la pena. Bene, nulla da eccepire, torniamo all’inizio del mio scritto. La Rai è pubblica, quindi i soldi sono pubblici, il rischio di impresa non esiste. La prima parte dello scritto potrei cancellarla. L’evento va in onda sul primo canale, che, da sempre, è il canale democristiano per antonomasia; anche se la Dc è sparita da oltre vent’anni, il primo canale della televisione e della radio Rai, è democristiano nel Dna. In aggiunta i cachet che vengono versati a Benigni sono tabù. In viale Mazzini le bocche sono sempre cucite. Bisogna sfogliare le dichiarazioni dei redditi della Melampo Cinematografica, la società che fattura, per conto di Benigni, i compensi alla Rai. E le cifre nel 2013 sono decisamente elevate. Ma queste sono affermazioni vicino all’illazione. Però Benigni nel 2013 in Rai aveva proposto la Commedia di Dante, mi par di ricordare. E le fatture superano i sei milioni. Due milioni a canto.

Roberto Benigni non so se lo è ancora, ma senz’altro è stato comunista. A un certo punto della sua vita ha sposato una romagnola agiata e insieme hanno prodotto tutti i suoi film e, visto che li producono, perché non recitarli tutti da protagonisti? La maggior parte di questi film ha avuto un grande successo (ricordo che per vincere gli Oscar hanno fatto liberare Auschwitz dagli americani, anziché dai russi) così la famiglia Braschi ha ampliato cascine già molto capienti, e Roberto Benigni, oltre alla fama che non conosce cedimenti, è riuscito a costruire un impero. Le società controllate dalla coppia, e da loro singolarmente, è ampia e diversificata: dal cinema al latte in polvere per neonati. Le proprietà della coppia sono invidiabili direi da chiunque, anche per la qualità e la finezza nelle scelte. Ecco, le scelte. La Divina Commedia e i dieci comandamenti hanno sicuramente un appeal molto alto. Ricordo i successi di Gassman e Albertazzi alla lettura del testo di Dante. Ricordo, andando ai dieci comandamenti, un polpettone al cinema di metà anni cinquanta, anch’esso di grande successo e dai grandi effetti, diretto da un maccartista doc come Cecil B. DeMille. Voglio dire… è facile far cassa con scelte facili. Allo scoccare della mezzanotte del 1° gennaio 2015, in piazza Plebiscito, Gigi D’Alessio ha cantato ‘O Sarracino di Carosone, e tutti a fare il trenino. Ma siamo a Napoli, è Gigi D’Alessio ed è capodanno. Tutto da copione, grande successo, compenso cospicuo al cantante. Ineccepibile. Benigni non è D’Alessio, è il Mario Cioni di Berlinguer ti voglio bene, è il Wojtylaccio di Sanremo, è il critico cinematografico dell’Altra Domenica, sì sì certo, adesso passo per un vecchio ancorato al vecchiume. È vero. Lui invece è stato semplicemente addomesticato, anziché con la frusta dentro a una gabbia, coi soldi. Il modo più semplice per zittire (quasi) chiunque. Che banalità.

Le scelte. Pensate se, invece dei comandamenti, Rai-Uno prima serata, Benigni avesse commentato che so, la prefazione di Jean-Paul Sartre al libro di Frantz Fanon I dannati della terra, uscito nel 1961, con l’autore appena messo in terra. Ho fatto un esempio qualunque, ma di alta qualità e di nicchia. Quanti telespettatori avrebbe coinvolto? I dieci milioni dei dieci comandamenti? (un milione per ogni comandamento, forse)… e forse alle 21.05 dieci milioni dieci si mettono davanti ai teleschermi (uno per ogni dannato della terra forse)… Benigni è da vedere qualunque cosa dica, come Sanremo è da vedere qualunque cosa canti e la nazionale è da vedere qualunque cosa calci. Non c’è che dire: è un bel trio virtuoso e senza incertezze e sempre su Rai-1. Quindi da vedere a prescindere. Alle 21.15 si capisce che il tema trattato dal comico toscano è proprio un commento alla prefazione di Sartre all’opera di Fanon, di cui lui è un noto cultore (lo dico a caso certo però che sia così, ah ah). Ognuno pensi adesso a quanta gente alle 21.30 è rimasta fedele alla mamma Rai e non sia andata a cercare vere certezze più sicure da Mediaset. Con questo cosa voglio dire? Per avere un’audience enorme, bisogna operare scelte che piacciano alla massa (i dieci comandamenti, Costituzione, inno di Mameli, Commedia di Dante… aspettiamo con trepidante terrore le nuove scelte dettate dal cuore) e proporle tipo Settimana Enigmistica, in modo piano, senza imbronciare nessuno. È un’arte anche questa, non metto in dubbio. Tenere inchiodati dieci milioni di telespettatori smuovendo con le labbra dell’aria fritta ma con un argomento di grande comunicativa, del quale la maggior parte ne sa quanto una capra, è da bravura straordinaria ma, a parte l’ego appagato e la fattura presentata a fine spettacolo, perché? Non posso immaginare che gli interessi di Benigni siano così scontati e popolari. Non lo posso immaginare se penso al suo lessico, alle sue posizioni e alle sue scelte fino a metà degli anni ottanta. E poi? Chi ha una così grande penetrazione negli animi delle persone ha l’obbligo morale di aiutarle a crescere, a pensare, a farle allontanare dagli stereotipi. Una morale che deve essere più alta, più la qualità intellettiva di chi ha la possibilità di cambiare i gusti alla massa, è alta. La qualità intellettiva di Benigni è alta, ma son trent’anni che l’ha buttata in uno dei molteplici cessi di cui è proprietario. Speranza persa. Nei periodi di crisi, nei quali la maggior parte della popolazione fa i salti mortali per non cadere nell’abisso, solo i bastardi guadagnano. E i bastardi si trovano in ogni dove, dai personaggi dei Vanzina al Gruppo ’63 di sanguinetiana memoria. Speranza persa.

Si dice che quattro milioni siano il cachet. In Rai, ripeto, le bocche sono cucite. Coscienza pulita, direi. 400 mila euro a comandamento. Puliti. Un appartamento per ogni ordine morale dettato da Dio a Mosè. E scritto sulla pietra. Pietra come mattone. Dieci comandamenti, dieci appartamenti, dieci cessi.

E col mattone in mano vorrei chiamare «Roberto! Roberto!» Con l’intensità di Sofia in quel di Hollywood nel 1998, ma con ben altri propositi e, ahimé per Roberto, senza i baci della diva…

         Finito di scrivere il 7 gennaio 2014.

(*) Devo ringraziare Angelo per avermi segnalato questo bel post e per avermi rivelato che l’autore ha preso spunto dalla provocazione di Bozidar Stabisic su codesto blog. Davvero abbiamo tutte/i la memoria corta: io mi ero dimenticato che in «La vita è bella» Benigni era riuscito a “correggere” i cattivi sovietici-russi in buoni statunitensi-americani. (db)

 

danieleB
Un piede nel mondo cosiddetto reale (dove ha fatto il giornalista, vive a Imola con Tiziana, ha un figlio di nome Jan) e un altro piede in quella che di solito si chiama fantascienza (ne ha scritto con Riccardo Mancini e Raffaele Mantegazza). Con il terzo e il quarto piede salta dal reale al fantastico: laboratori, giochi, letture sceniche. Potete trovarlo su pkdick@fastmail.it oppure a casa, allo 0542 29945; non usa il cellulare perché il suo guru, il suo psicologo, il suo estetista (e l’ornitorinco che sonnecchia in lui) hanno deciso che poteva nuocergli. Ha un simpatico omonimo che vive a Bologna. Spesso i due vengono confusi, è divertente per entrambi. Per entrambi funziona l’anagramma “ride bene a librai” (ma anche “erba, nidi e alberi” non è malaccio).

Un commento

  • L’articolo è molto interessante ed ‘istruttivo’ ma rimane la riserva, come lo stesso autore dichiara,
    sulla qualità/credibilità dello spettacolo, senza averlo visto.

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