ROM: obiettivo facile

E’ «bello» maltrattare i più deboli e poveri. Ed è comodo tacere contro i veri delinquenti cioè mafiosi, dranghetisti, camorristi, estortori, trafficanti di droga

di Domenico Stimolo

Uffa, che monotonia. Suonano sempre la stessa musica. Con “le spalle al muro” vengono messi sempre i ROM. C’è un’abile regia, orchestrata dalle destre variegate che si richiamano, esaltandolo, al ventennio fascista e ai suoi “valori”. Con grande sfoggio, “intrepidi” si allenano. I “nostri baldi” non organizzano mai proteste, sit-in, mobilitazioni, contro le strutture organizzate della delinquenza, non chiamano il popolo alla reazione. Eppure, i quartieri, specie quelli periferici delle città, oltre ai tanti problemi in essere che inficiano il buon vivere, sono da sempre infestati da vere e proprie bande che in maniera strutturale gestiscono con tragica violenza i tanti malaffari.  

Nella gran parte dei casi non sono malavitosi di “piccolo taglio” ma reticoli delle grandi organizzazioni mafiose, camorriste, ndranghetiste, che oltre ai grandi affari – più o meno sotterranei – dedicati alla spartizione di importanti branche delle pubbliche risorse, sono massicciamente presenti nei quartieri più diseredati,  dediti alla gestione delle estorsioni, alla vendita di droghe, al controllo delle vittime del racket della prostituzione. E in tante occasioni fanno suonare le armi.

Tuttavia il cuore dei “sensibili” sociali,  a parte l’attenzione perversa dedicata ai migranti batte sempre sui Rom.

Un vecchio ricordo. Brillò forte nel Novecento, specie nei primi cinque anni di quei famigerati Quaranta, quando i nazifascisti, con grande brio, nelle grandi cataste umane bruciate nei forni crematori (dopo l’uso del gas) o uccisi all’aria aperta, fra milioni di corpi di bimbi, donne e uomini (ebrei e tanti altri) infilarono anche cinquecentomila Rom e Sinti. Erano gli odiati zingari rastrellati in tutti i Paesi conquistati dai guerrieri depredatori che erano stati inviati conquistatori. Così, tanto per fare gradire al volgo, reso schiavo, materialmente e mentalmente succube e soggiogato dai prestigiatori che osannavano la “razza eletta”. Erano i fasti sanguinari delle nuove fantasmagoriche “Olimpiadi” mirate a distruggere i diritti umani, con l’obiettivo di eliminare tutti i non appartenenti ai prescelti.

Gli “eletti” erano lanciati alla conquista dell’Europa e alla persecuzione degli “ominicchi” che rappresentavano le “razze subumane” da sterminare, poiché non meritavano da vivere. Ma forse erano rosi da una sorta di invidia perchè il popolo dei Rom e dei Sinti non aveva mai mosso guerre, conquistato Stati e reso schiavi l’altrui gente. Una “vergogna” imbelle e spudorata che bisognava lavare con il sangue.

Ora si vorrebbe riprendere l’odio propagandato dal nazifascismo. Come già avvenuto molte volte in Italia nel corso degli ultimi anni l’accanimento contro i rom è prepotentemente tornata alla ribalta nei giorni scorsi  a Roma: nel quartiere Torre Maura, 71  persone coinvolte, di cui 33 bambini e 8 donne; nel quartiere  di Casal Bruciato per una famiglia di 8 persone. E in maniera meno tesa a Palermo, nella borgata di Ciaculli per la sistemazione di una famiglia rom dopo lo sgombero dell’area della Favorita deciso dal Comune, con la successiva definizione abitativa di circa 110 rom.

Certo “ i tempi belli” delle disposizioni e delle pratiche razziali, dell’Europa da sottomettere sono finiti da 74 anni. Passata la funerea epopea che costò 60 milioni di morti, le regole della Comunità Europea e la nostra Costituzione (conquistate a durissimo prezzo) non permettono il ritorno dei “fasti” persecutori del recente passato, però alcuni delinquenti ci riprovano.

Nell’esaltazione della “italica stirpe” – oggi molto in voga – si ricrea un nemico, il più bistrattato ed emarginato, organizzando adunate di “verace” protesta. E’ facile additare al pubblico disprezzo i “nuovi mostri” da parte di cittadini di quartieri o zone periferiche che vivono situazioni di disagio sociale, abitativo e ambientale. Così dagli al nemico creato in provetta, bene alimentato dall’informazione ammiccante che sbatte sempre il novello obbrobrio in prima pagina. Il gioco è più bello, facile se l’umano “pericoloso” è rappresentato dal povero, dall’emarginato, dal diverso, dall’escluso per antonomasia.

Ma chi vuole sapere qualcosa di più poteva leggere l’8 aprile – Giornata Internazionale per i Diritti dei Rom – nel rapporto “I margini dei margine” (dell’Associazione 21 luglio) i veri dati sulla presenza dei “nomadi” in Italia. E quel giorno è stato presentato il ricorso presentato da Amnesty International al Comitato europeo dei diritti sociali. Dove siafferma: «In Italia è possibile quantificare circa 25.000 persone di etnia rom che vivono in baraccopoli istituzionale e in baraccopoli informali. Una realtà che rappresenta un unicum nel panorama italiano è quella rappresentata dagli insediamenti formali. In Italia se ne contano 127, presenti in ben 74 Comuni. Al loro interno vivono circa 15.000 persone, dei quali più della metà minori, con una percentuale di cittadini con cittadinanza italiana vicina al 45%. Negli insediamenti informali – solo a Roma se ne contano quasi 300 – vivono invece cittadini rumeni e, in minima parte, bulgari. Si tratta di lavoratori stagionali, impegnati in un pendolarismo dalle città di origine al nostro Paese. Nella città di Roma, alla fine del 2018 risultavano essere 6.030 rom e sinti in emergenza abitativa, pari allo 0,20% della popolazione romana, secondo la seguente suddivisione: rom e sinti presenti in 16 insediamenti formali (compresivi dei “campi tollerati”): 4.080 persone; rom presenti nei circa 300 insediamenti informali: circa 1.300 persone; rom presenti in un’occupazione monoetnica: circa 650 persone».

Nel ricorso di Amnesty International al Comitato europeo dei diritti sociali si evidenzia «il perdurante scandalo della situazione abitativa dei rom in Italia, elaborato sulla base di anni di ricerche, soprattutto a Roma, Milano e Napoli… il ricorso presenta prove circostanziate di violazioni della Carta sociale europea, vincolante per l’Italia, tra cui i diffusi sgomberi forzati, il continuo uso di campi segregati con condizioni abitative al di sotto degli standard e il mancato accesso secondo criteri di uguaglianza all’edilizia sociale».

Orbene, è molto facile, quasi un passatempo da luna park, prendersela con i reietti. E’ agevole scagliarsi contro donne e bambini.  Non conviene prendersela con i forti che gestiscono il malaffare mafioso acclarato. Quelli menano, sparano, di brutto, mettono in atto tragiche ritorsioni.

A parte le dinamiche di denunzia e dissenso operate da  associazioni della società civile, appassionate alla libertà e alla democrazia (quindi  al contrasto delle organizzazioni mafiose) che nel corso del tempo hanno organizzato numerose manifestazioni di lotta in gran parte del territorio nazionale, su tutto il resto del fronte si tace.

A partire dalla destra sempre in prima fila a organizzare torbide proteste contro i Rom, i quali poi in gran  sono italiani. I gruppi di residenti che si accodano “spontaneamente” agli schiamazzi razzisti, non volendo o non potendo opporsi alle organizzazioni mafiose, pure di norma applicano la regola del silenzio, dell’accondiscendenza, della convenienza al coabitare con i veri criminali. In tanti casi – come ben noto – specie nei quartieri socialmente più degradati, emarginati e poveri, ad alto tasso di disoccupazione e di evasione scolastica, i malaffari, purtroppo, diventano richiamo e coinvolgimento.

Contro le bande mafiose non nasce nulla! Un sit-in, un presidio, un grido plurale di sdegno. Tutti “tengono famiglia”. E’ la paura, quella vera che fa attorcigliare le budella. Vince il disinteresse, l’abulia e la pratica di “farsi i fatti propri”. Salvo poi urlare contro i rom.

LE VIGNETTE – scelte dalla “bottega” – SONO DI MAURO BIANI.

 

 

Redazione
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