Rotta balcanica: una catastrofe (resa) invisibile

appelli di Linea d’ombra e di Rivolti ai Balcani

foto di https://www.facebook.com/lineadombraODV

Rotta balcanica, una catastrofe annunciata

di Linea d’ombra (*)

Noi seguiamo quel che di terribile succede in Bosnia dal nostro osservatorio della piazza della Stazione di Trieste, parlando con alcuni operatori in Bosnia con cui siamo in contatto e naturalmente informandoci in tutti i modi possibili.

Abbiamo anche una visione di prospettiva temporale. Siamo andati per la prima volta in Bosnia nel “lontano” giugno 2018, ben prima della fondazione di Linea d’Ombra. Ci è perfettamente chiara la curva della catastrofe da quando la situazione, soprattutto nel cantone terminale di Una Sana, era tollerata da popolazione e autorità e avrebbe potuto essere facilmente gestita, avendo però una visione chiara su questo passaggio di un numero non esagerato di persone rispetto alle dimensioni dell’Unione Europea: poco più di 21.000 fra il 2018 e il 2019. Così non è stato, malgrado la non indifferente quantità di denaro che l’UE ha fatto scivolare in Bosnia (80 milioni di euro) e malgrado l’intervento dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, che ha gestito malissimo i campi.

Una catastrofe annunciata, dovuta alla volontà dell’UE di accogliere solo una piccola parte di migranti, quelli utili a riempire i vuoti di forza lavoro, attraverso la cinica selezione dei più forti: chi ce la fa a fare il game sfuggendo o resistendo alle polizie, soprattutto alla ferocia della polizia croata, potrà aspirare a un lavoro sottopagato, magari in nero o a forme di schiavitù nell’agricoltura. Degli altri – la maggioranza –  si deve occupare la Bosnia, con soldi dati dall’UE e prima di lei la Grecia e prima ancora la Turchia, dopo l’accordo miliardario del 2016.

La Bosnia è praticamente un protettorato internazionale, con tre etnie in discordia perenne tra loro, un governo centrale impotente, dieci governi cantonali con larga autonomia: un caos istituzionale. Si vede benissimo in questi giorni di caos tragico, sofferto nel freddo balcanico da migliaia di persone, come il governo centrale non sappia imporsi su quelli locali. Ci sono poi di mezzo anche i Comuni, come quello di Bihac, che non vuole la riapertura del campo di Bira, chiesto dal governo centrale e dall’OIM. E anche una parte della popolazione.

Tutto questo giro vorticoso di soldi, di complicità, inettitudine, indifferenza, egoismi nazionali e locali è una macchina trituratrice che funziona da cinque anni, che in Grecia ha già avuto e continua ad avere paesaggi da lager e in Bosnia ha continuato a peggiorare fino all’incendio del campo provvisorio di Lipa, che ha scatenato un piccolo putiferio mediatico, come se non fosse prevedibile un gesto di rottura!

Noi non siamo più andati in Bosnia – ovviamente – dalla fine del febbraio di quest’anno. Allora era ancora aperto il campo di Bira e l’epidemia non era arrivata sui fiumi bosniaci a rendere la situazione insostenibile. Continuiamo a mandare donazioni in denaro alle nostre interlocutrici di Bihac, Kladuša, Kljuc. Continuiamo a stare quotidianamente in piazza, dove ora arrivano pochi migranti, che aiutiamo ad andare dove desiderano. Ma riprenderanno ben presto a scendere. Non c’è dubbio! E noi, appena possibile, riprenderemo ad andare in Bosnia.

(*) appello ripreso anche da www.pressenza.com con questa nota: «Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo comunicato di Linea d’Ombra, un’organizzazione di volontariato nata a Trieste nel 2019 con il fine di raccogliere fondi per sostenere le popolazioni migranti lungo la rotta balcanica e ovunque potrà esserci bisogno».

Bosnia: fermare la disumanità verso i migranti

«RiVolti ai Balcani» chiede l’immediato e urgente intervento di istituzioni europee, internazionali e locali nell’area di Bihać, per fermare la disumanità e una soluzione di sistema a lungo termine che assicuri a migranti, richiedenti asilo e rifugiati il rispetto dei diritti umani fondamentali. (*)

«Come cittadina della Bosnia Erzegovina sento il diritto di insistere e ottenere da tutte le rappresentanze politiche a tutti i livelli che assicurino immediatamente un’assistenza e un alloggio dignitosi a tutte le persone in movimento. E chiedo altrettanto alla comunità internazionale che ha ancora un protettorato in Bosnia Erzegovina che si assuma la responsabilità di questa situazione. Questo crimine contro l’umanità che si sta attuando deve finire subito. Le persone continuano a congelare per le strade e sulle montagne e la domanda è quando cominceranno a morire. Tanti cittadini aiutano singolarmente come possono, ma per fermare questa catastrofe è necessaria una soluzione di sistema che rispetti la dignità e i diritti umani di queste persone. Coloro che operano in istituzioni pubbliche locali e internazionali sono responsabili di questa catastrofe. Non voglio e non accetto che la Bosnia Erzegovina diventi di nuovo una valle di fosse comuni, sinonimo di crimini, morte e ingiustizia».

RiVolti ai Balcani raccoglie e condivide l’appello che arriva da singoli cittadini e cittadine, attivisti e volontari bosniaci oltre che dalla rete regionale Transbalkanska Solidarnost, affinché si fermi la catastrofe umanitaria che si sta consumando specialmente nel Cantone di Una Sana dove 3000 mila migranti, richiedenti asilo e rifugiati, vivono all’addiaccio. Di questi 1500 nel campo temporaneo di Lipa, a 30 km da Bihać, per i quali non vi è stata la volontà né dalle autorità locali né da quelle internazionali di trovare una soluzione.

Sono mesi che diverse organizzazioni internazionali, associazioni e volontari denunciano le condizioni insostenibili in cui vivono queste persone arrivate attraverso la rotta balcanica della migrazione. In primis nella tendopoli di Lipa, non predisposto per i mesi invernali, dove l’acqua veniva portata da una cisterna e la poca elettricità era prodotta da generatori. Come altri campi di transito in Bosnia, gestito dall’Organization for Migration (IOM) Bihać, ma la cui costruzione o adattamento è in capo alle autorità del Paese.

Nonostante l’appello della Commissaria per i diritti umani del Consiglio d’Europa e dell’Unhcr, e del successivo – vano – tentativo del Consiglio dei ministri bosniaco a spingere le autorità cantonali a prevedere un’accoglienza in strutture adatte, IOM ne ha deciso la chiusura e il 23 dicembre – giorno previsto per lo sgombero da parte di IOM – il campo è andato quasi completamente distrutto in un incendio.

Sta nevicando e la temperatura è scesa sotto lo zero. Centinaia di persone si trovano qui bloccate, con un solo pasto al giorno distribuito dalla Croce Rossa locale, altre centinaia si trovano sparse nei boschi senza assistenza.

RiVolti ai Balcani si aggiunge ad altri appelli resi pubblici negli ultimi giorni. Quello del 26 dicembre, firmato da Unhcr e IOM assieme a DRC (Danish Refugee) e Save the Children che operano nel Paese, in cui si chiede alle autorità locali di fornire l’immediata soluzione alternativa di alloggio e viene ribadita la disponibilità delle quattro organizzazioni a sostenere gli sforzi delle autorità locali e organizzare l’assistenza necessaria. Ma anche l’appello dei volontari e attivisti di No Name Kitchen, SOS Balkanroute, Medical Volunteers International e Blindspots rivolto all’Ue e ai suoi Stati membri.

La rete RiVolti ai Balcani – composta da oltre 36 realtà e singoli impegnati a difesa dei diritti delle persone e dei principi fondamentali sui quali si basano la Costituzione italiana e le norme europee e internazionali – chiede all’Unione europea, all’Alto Commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite, alla delegazione dell’Ue all’Alto rappresentante in Bosnia Erzegovina, all’International Organization for Migration, al Consiglio dei Ministri della Bosnia erzegovina, alle autorità del Cantone Una Sana e del Comune di Bihać, alle autorità delle due entità del Paese – la Federazione e la Republika Srpska – affinché:

  • sia trovata una soluzione immediata all’attuale emergenza umanitaria nell’area di Bihać e in Bosnia Erzegovina in generale;
  • siano individuate soluzioni di sistema a lungo termine che dotino la Bosnia Erzegovina di un effettivo sistema di accoglienza e protezione dei rifugiati;
  • sia attivato un programma di evacuazione umanitaria e di ricollocamento dei migranti in tutti i paesi dell’Unione Europea. 

Firma l’appello “Bosnia: si fermi lo scacchiere della disumanità” su Change


mail:
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Facebook: @RiVoltiAiBalcani
Twitter: @RivoltiB

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