Rwm: bombe fra Sardegna e Yemen

due articoli ripresi da «il manifesto sardo», un editoriale di Tonio Dell’Olio e le rivelazioni di Amnesty…  Utili a capire (e a indignarsi perchè i “grandi” media tacciono, tacciono, tacciono, tacciono)

Il Comitato Riconversione Rwm chiede azioni concrete

   di Arnaldo Scarpa e Cinzia Guaita (*)

Il Comitato Riconversione Rwm, in relazione alle notizie di stampa su un’eventuale autorizzazione all’ampliamento dello stabilimento Rwm di Domusnovas-Iglesias concessa dal SUAPE del Comune di Iglesias, valutati gli atti pubblicati all’Albo Pretorio dello stesso Comune e preso atto di quanto dichiarato all’Unione Sarda dal sindaco Gariazzo in data 11/10/2017, esprime quanto segue:

gli atti recentemente pubblicati non riguardano solo la conferma dell’AUA (Autorizzazione Unica Ambientale); si tratta anche della “Realizzazione di un nuovo deposito denominato D256 in Località San Marco” (autorizzato nel settembre scorso) e di n.2 nuove costruzioni “da adibirsi a ufficio del personale direttivo addetto alle lavorazioni ed a locale di temporanea sosta degli operai”, denominate E208, E209, oltre che di un deposito di materiali infiammabili localizzato nell’area di “Sa Stoia”.

Le costruzioni anzidette, anche se distinte dall’ampliamento relativo alla costruzione di un nuovo poligono / campo prove per materiali esplodenti, sono da ricondurre, secondo il Comitato, al progetto di investimenti per 40 milioni di euro annunciato dalla stessa Rwm in più occasioni e giustificabile economicamente solo con la forte espansione del mercato delle armi da guerra determinato dall’aggravamento delle varie crisi mediorientali ed africane.

E’ appena il caso di richiamare che la presenza sul territorio comunale della Rwm Italia Spa ha sollevato e continua a sollevare forti preoccupazioni di natura ambientale, sociale e soprattutto etica, dato che le bombe d’aereo da essa prodotte in migliaia di unità l’anno, sono, per la maggior parte, utilizzate dalla coalizione saudita per bombardare abitazioni, ospedali, convogli umanitari, pozzi e condutture idriche in Yemen, come confermato anche dall’ultimo rapporto delle Nazioni Unite, e stanno causando, in quel Paese, un’emergenza umanitaria senza precedenti.

Il Consiglio Comunale all’unanimità, nella seduta del 19 luglio scorso, ha votato un documento in cui dichiara:

  • l’assoluta contrarietà alla fabbricazione di armi e materiale destinato ai paesi in conflitto;
  • l’assoluta priorità da riservare alla promozione di azioni e progetti per la realizzazione di concrete ed effettive politiche di disarmo e di pace;
  • La volontà della Città di Iglesias di porsi come luogo di costruzione di rapporti internazionali di pace e solidarietà;

e impegna l’Amministrazione comunale a Sollecitare lo Stato italiano a mettere in atto tutti i meccanismi utili alla verifica del rispetto dei Trattati internazionali, i princìpi costituzionali e la normativa nazionale sulla commercializzazione degli ordigni fabbricati nel territorio italiano; richiedere allo Stato e alla Regione Sardegna un impegno concreto affinché vengano poste in essere tutte le azioni atte a creare le necessarie precondizioni funzionali alla possibile riconversione nell’assoluta garanzia ed auspicabile ulteriore implementazione degli odierni livelli di occupazione.

Quello del Consiglio Comunale di Iglesias è stato un atto di grande coraggio e senso di responsabilità, col quale si è individuata la strada per liberare i suoi cittadini ed i lavoratori Rwm dal condizionamento occupazionale che porta a pensare che tutti i lavori siano ugualmente validi, anche quelli che provocano morte e distruzione e, in ultima analisi, non producono sviluppo, bloccando o condizionando pesantemente prospettive differenti.

Ora, come Comitato Riconversione Rwm, insieme ai tanti cittadini rappresentati dalle 25 associazioni che lo compongono, ci aspettiamo che alle dichiarazioni di principio seguano i fatti e che l’amministrazione proceda con atti concreti al perseguimento degli obbiettivi che il Consiglio Comunale cittadino si è posto.

Riteniamo che il problema non sia tanto quello di evitare gli atti tecnici dovuti a norma di legge (anche se una classificazione urbanistica adeguata per l’isola di San Marco potrebbe evitare ulteriori ampliamenti) ma che invece ci si debba impegnare ulteriormente a promuovere il rispetto della legge 185/90, anche nella parte che prevede il finanziamento da parte dello Stato di iniziative volte a riconvertire le industrie belliche in attività pacifiche, coinvolgendo in questo i livelli politici regionale e nazionale.

Ci auguriamo inoltre che una maggiore condivisione degli atti degli uffici comunali che riguardano lo stabilimento Rwm Italia spa di Domusnovas-Iglesias possa garantire in futuro un coinvolgimento della cittadinanza organizzata più consapevole ed efficace.

Il Comitato, dal canto suo, ribadisce la massima disponibilità a collaborare in ogni modo possibile con l’amministrazione e con tutti i consiglieri per l’attuazione delle finalità espresse dal documento del 19 luglio scorso, apprezzato in vari contesti per il coraggioso contenuto politico ed etico.

(*) ripreso da www.manifestosardo.org/il-numero-247 (con foto di Chiara Caredda). QUESTO IL SOMMARIO: Domani a Cagliari l’assemblea delle 100 piazze per un programma(Red), Turchia e dintorni. La nuova Turchia di Erdoğan (Emanuela Locci), Per il futuro di Portoscuso ancora veleni. La salute degli abitanti non ha alcun valore (Paola Correddu), Pacubenes del mondo (Graziano Pintori), Vantaggi e pericoli dell’integrazione delle diversità in un’Europa a più velocità (Gianfranco Sabattini), Il Comitato Riconversione Rwm chiede azioni concrete (Arnaldo Scarpa e Cinzia Guaita), Si aprirà o no il confronto pubblico sul futuro del territorio della Sardegna? (Stefano Deliperi), Cagliari. Via XXIX novembre 1847(Francesco Casula), Spagna-Catalogna, una partita a ping pong con la pallina che è una bomba (Maurizio Matteuzzi), Commissione Sanità. Dai tagli in Sanità alla compravendita degli ospedali (Claudia Zuncheddu), Promuovere l’impresa migrante. Quando l’Istituzione costruisce futuro (Mauro Tuzzolino), Mi hanno tagliato le labbra (Red).

La Rwm, le guerre, il lavoro e la Costituzione

  di Marco Ligas (**)

È necessario rigettare ogni ipotesi di riconversione industriale perché la fabbrica di Domusnovas è nata per una produzione precisa e, piaccia o no, quella deve esser portata avanti”. Colpisce la determinazione usata per sottolineare questa decisione: potrebbe averla fatta la direzione della RWM, ormai orientata ad ampliare il suo stabilimento. Invece è stata espressa da un sindacato confederale, dalla Cisl, con la convinzione di aver assunto una posizione autorevole e convincente.

Ma la crescita della RWM non garantirà l’occupazione auspicata, l’accettazione affrettata di quel tipo di sviluppo mette in evidenza la debolezza culturale e politica di un’organizzazione sindacale che dovrebbe tutelare i diritti dei lavoratori; emerge e si consolida così una subalternità nei confronti delle politiche padronali accettate senza neppure indicare alternative.

I dubbi e le perplessità provocate dalla scelta sindacale sono ancora più ragionevoli se riferiti alle politiche della Rwm, una fabbrica di proprietà tedesca che a Domusnovas produce armi che vengono poi vendute all’Arabia Saudita. Si tratta delle stesse armi che sono funzionali al mantenimento della guerra nello Yemen dove si registrano giorno dopo giorno centinaia di morti. Vogliamo renderci complici di queste tragedie che colpiscono con regolarità popolazioni deboli e indifese?

Queste preoccupazioni non sono dettami etici, come talvolta viene affermato con superficialità, ma sottolineano la necessità di una rivalutazione delle politiche del lavoro, tanto più necessarie perché recentemente la RWM ha ufficializzato l’intenzione di ampliare lo stabilimento nel territorio di Carbonia-Iglesias investendo 40 milioni di euro. È sin troppo evidente che l’obiettivo dell’azienda non è il rilancio dell’occupazione ma il consolidamento di un’attività produttiva che favorisca e consolidi le iniziative militari attualmente in corso. E non è un caso che nel progetto della multinazionale non si colga alcun interesse per la tutela dei territori della nostra isola. Né tanto meno vengono ipotizzati interventi produttivi finalizzati alla programmazione di attività saldamente legate ai bisogni della popolazione.

È perciò importante che recentemente il Consiglio Comunale di Iglesias abbia approvato all’unanimità un ordine del giorno che mette in evidenza i rischi derivanti dai progetti della RWM e nello stesso tempo sottolinea l’esigenza prioritaria di Iglesias che è quella di caratterizzarsi come una città di Pace e Solidarietà. Nessuna complicità dunque con la fabbrica tedesca ma una ferma avversione alla esportazione di armamenti verso paesi coinvolti in conflitti armati. Iglesias non accetta che i suoi cittadini e il suo territorio vengano coinvolti in politiche destinate a logorare le relazioni tra gli Stati.

Nella posizione assunta dal Consiglio Comunale sono presenti alcuni aspetti che andrebbero accolti con la massima attenzione da tutte le Istituzioni pubbliche: il rispetto dei trattati internazionali contro le guerre e l’invito rivolto allo Stato e alla Regione perché si impegnino per la riconversione della fabbrica e il mantenimento dell’attuale livello di occupazione. Non si tratta di obiettivi irrilevanti soprattutto se si tiene conto che anche nei territori periferici del Paese, come Iglesias, è possibile avviare un processo di pace che coinvolga la società civile sui temi relativi allo sviluppo del territorio e alla piena valorizzazione delle proprie potenzialità economiche.

C’è un aspetto che spesso rimane in ombra quando si parla dei processi produttivi e di lavoro: riguarda il prodotto (il lavoro finito) che si ottiene a conclusione del processo lavorativo. Nel caso specifico di Domusnovas il lavoro finito è rappresentato dalle armi che vengono prima commercializzate e poi usate come strumenti di risoluzione dei conflitti (!), ovvero nelle guerre. Ciò che sostiene l’articolo 11 della nostra Costituzione (Il principio della rinuncia alla guerra come forma di imperialismo…ecc.) è rispettato dalla RWM di Domusnovas? Evidentemente no. Eppure nel corso dell’attività di questa fabbrica nessuno ha mai denunciato in modo convincente questo reato, non lo hanno denunciato e soprattutto interrotto neppure le Istituzioni.

Si tratta di uno dei tanti esempi dove le norme di legge vengono puntualmente bypassate senza che nessuno sia chiamato a rispondere per l’illegalità commessa. Questi comportamenti, sempre più diffusi nel nostro paese, sono purtroppo diventati nuove norme di legge: anche questo è un modo funzionale al consolidamento delle disuguaglianze. Proprio per queste ragioni è paradossale che un sindacalista sia convinto della necessità di rigettare ogni ipotesi di riconversione industriale perché la fabbrica di Domusnovas sopravviva.

Abbiamo sempre sostenuto che il lavoro dev’essere l’obiettivo principale da garantire a tutte le persone. Ma abbiamo sempre aggiunto che il diritto al lavoro deve essere sempre accompagnato dal diritto alla salute, alla tutela dell’ambiente e al rispetto della democrazia. Per quanto questi obiettivi siano difficili continueremo il nostro impegno perché vengano rispettati.

(**) ripreso da http://www.manifestosardo.org/il-numero-243/ (agosto 2017)

Mosaico dei giorni: «Un Parlamento con le mani insanguinate»

di Tonio Dell’Olio 

301 voti contrari e 120 a favore. La Camera dei Deputati ha respinto le richieste rivolte al Governo per bloccare la vendita di armi a Paesi in guerra o responsabili di violazioni dei diritti umani come peraltro disposto dalla legge 185/1990 e dal Trattato internazionale sul commercio delle armi. Ciò che premeva particolarmente era la richiesta di sospensione di invio delle bombe fabbricate a Domusnovas verso l’Arabia Saudita che le sta “utilizzando” per bombardare lo Yemen. Il bilancio di quelle operazioni secondo vari organismi internazionali è di oltre 10 mila morti, 40 mila feriti, 2 milioni di bambini in stato di malnutrizione e di una dilagante epidemia di colera. La carrellata degli interventi contrari (e vincenti) ha del tragicomico. A cominciare dai deputati del PD, i cui colleghi del Parlamento europeo solo qualche giorno prima (13 settembre) avevano votato a favore di un embargo di armi ai danni dell’Arabia Saudita da parte dei governi dell’Unione. Ci sono poi stati quelli che hanno vantato il progetto di cooperazione internazionale di 10 milioni di euro da parte dell’Italia per aiutare la popolazione yemenita. Come dire che con una mano vi distruggiamo e con l’altra facciamo finta di aiutarvi. E, infine, coloro che hanno provato a giustificare la strategia militare dei sauditi con l’intento di arginare l’influenza iraniana dilagante nella regione. A tutti andrebbe ricordato che, come hanno dichiarato autorevoli rappresentanti tedeschi, quelle bombe vengono costruite dall’azienda tedesca RWM in Italia perché secondo la loro legislazione non sarebbe possibile esportarli verso un Paese in guerra. Per la verità anche da noi. Solo che noi, in nome del diodenaro, diventiamo più disponibili. E intanto in Yemen si muore. 

 

YEMEN: LA BOMBA SAUDITA DELLA STRAGE DI BAMBINI DEL 25 AGOSTO ERA “MADE IN USA”, RIVELA AMNESTY INTERNATIONAL
Amnesty International ha rivelato che la bomba che il 25 agosto ha distrutto un palazzo nella capitale dello Yemen era di fabbricazione statunitense. A questa conclusione sono giunti gli esperti in tema di armamenti dell’organizzazione per i diritti umani, che hanno rinvenuto tracce di componenti “made in Usa” comunemente usati nelle bombe aeree a guida laser.
L’attacco aereo nella capitale yemenita Sana’a ha colpito tre palazzi, uccidendo 16 civili e ferendone altri 17. Sette delle vittime erano bambini, tra i quali cinque fratelli e sorelle della piccola Buthaina, cinque anni, la cui fotografia è diventata immediatamente virale. Altri otto bambini sono rimasti feriti: tra loro Sam Bassim al-Hamdani, che perse entrambi i genitori.
Non c’è semplicemente alcuna spiegazione con cui gli Usa, il Regno Unito, la Francia e altri paesi possano continuare a giustificare il flusso costante di armi alla coalizione a guida saudita per il loro impiego nel conflitto dello Yemen. Negli ultimi 30 mesi la coalizione si è più volte resa responsabile di gravi violazioni del diritto internazionale, crimini di guerra compresi, con conseguenze devastanti per la popolazione civile”, ha dichiarato Lynn Maalouf, direttrice delle ricerche sul Medio Oriente di Amnesty International.
Dopo aver esaminato le prove fornite da un giornalista locale che aveva rinvenuto tra le macerie alcuni frammenti, gli esperti di Amnesty International hanno identificato il sistema di controllo MAU-169L/B, montato su diversi tipi di bombe aeree a guida laser.
Secondo l’Agenzia Usa per la cooperazione nella difesa e nella sicurezza, nel 2015 gli Usa hanno autorizzato la vendita all’Arabia Saudita di 2800 bombe a guida laser, equipaggiate col sistema di controllo MAU-169L/B: in particolare le GBU-48, le GBU-54 e le GBU-56.
Amnesty International chiede l’immediata applicazione di un embargo complessivo per assicurare che nessuna delle parti coinvolte riceva armi, munizioni, equipaggiamento e tecnologia militare utilizzabili nel conflitto dello Yemen. L’organizzazione per i diritti umani sollecita con urgenza un’indagine indipendente e imparziale su tutte le denunce di violazione del diritto internazionale affinché tutti i responsabili siano portati di fronte alla giustizia.
Vite devastate per sempre
L’attacco del 25 agosto è stato lanciato alle 2 di notte sul quartiere di Faj Attan.
Ali al-Raymi, 32 anni, ha perso suo fratello Mohamed, sua cognata e cinque nipotini di età compresa tra due e 10 anni. Buthaina, la nipotina di cinque anni, è stata l’unica a sopravvivere.
Quando le chiedi cosa desidera, risponde che vuole tornare a casa. Pensa che quando tornerà a casa ci troverà tutta la sua famiglia. Aveva cinque fratellini e sorelline con cui giocare. Adesso non ne ha più nessuno. Riesci a immaginare il dolore e la pena che porta nel suo cuore?”, ha detto ad Amnesty International Ali al-Raymi.
La coalizione a guida saudita ha ammesso l’attacco, attribuendo le vittime civili a un “errore tecnico”, contro un “legittimo obiettivo militare” appartenente alle forze huthi e fedeli all’ex presidente Saleh.
Secondo fonti locali, uno degli edifici bombardati era frequentato da una persona legata agli huthi. Amnesty International non è stata in grado di confermare la sua identità o il suo ruolo né se fosse presente al momento dell’attacco.
In ogni caso, anche se nei pressi vi fossero stati obiettivi militari, il diritto internazionale umanitario vieta gli attacchi sproporzionali, come quelli che si prevede uccidano o feriscano civili.
Il portavoce della coalizione a guida saudita ha reso noto che l’attacco è stato segnalato al Comitato congiunto di valutazione, per ulteriori accertamenti. Amnesty International non è a conoscenza di alcuna misura concreta adottata dalla coalizione per indagare, prendere provvedimenti disciplinari o rinviare a processo presunti responsabili di crimini di guerra.
Il completo disprezzo della coalizione per la vita umana e la mancanza d’impegno a indagare mettono in luce la necessità di un’indagine indipendente internazionale sulle denunce di violazioni del diritto internazionale”, ha aggiunto Maalouf.
È vergognoso che, invece di chiamare i loro alleati a rispondere delle loro azioni in Yemen, gli Usa, il Regno Unito e altri ancora continuino a rifornirli di enormi quantità di armi”, ha concluso Maalouf.
Ulteriori informazioni
È dal febbraio 2016 che Amnesty International sollecita tutti gli stati ad assicurare che nessuna delle parti coinvolte riceva – direttamente o indirettamente – armi utilizzabili nel conflitto dello Yemen. La stessa richiesta sta inoltrando, insieme ad altri partner, Amnesty International Italia al governo italiano, che ha più volte autorizzato l’invio all’Arabia Saudita di bombe prodotte in Sardegna dalla RWM.
Secondo il rapporto annuale sullo Yemen prodotto dall’Ufficio dell’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, nel conflitto iniziato nel marzo 2015 sono stati uccisi 1120 bambini e altri 1541 sono rimasti feriti. Nell’ultimo anno, la responsabilità di oltre la metà delle vittime è stata attribuita agli attacchi aerei della coalizione a guida saudita.
Le forze huthi e quelle fedeli all’ex presidente Saleh hanno a loro volta commesso gravi violazioni del diritto internazionale. Secondo il citato rapporto, sono responsabili della maggior parte delle vittime tra i bambini causate da azioni militari sul terreno, come combattimenti, colpi di artiglieria e impiego di mine antipersona, vietate dal diritto internazionale.
Roma, 22 settembre 2017
www.amnesty.it

LE DUE VIGNETTE – scelte dalla redazione della “bottega” – sono di VINCENZO APICELLA

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

Un commento

  • La “solita” storia; mi ricorda quella della Tecnovar di Modugno (provincia di Bari): mine anti-uomo, per l’esattezza antibambino;
    il signor Minniti (“aiutiamoli a casa loro” !) si è posto il problema di una indagine per bonificare tutto quello che abbiamo “venduto” o pena di frenare il flusso di disperati regalando una TAC al comune di Sabrata…

    Per quel che riguarda l’ostilità della Cisl al progetto di riconversione magari farli “scomunicare” dal papa? forse ci posso mettere una buona parla tramite miei contatti…
    A parte la questa fantadiplomazia: si aprono le fabbriche di morte come a Modugno dove c’è più disoccupazione ,il disegno è scientifico…
    Quella fabbrica lì in Germania avrebbe avuto più problemi anche perché i protestanti sono più spicci dei cattolici cislini nel dire pane al pane…
    visto che la oscena fabbrica ha i piedi in Germania perché non prendiamo contatti anche con tedeschi (verdi e Linke)? visto che non è la delocalizzazone che salva la coscienza e neanche la faccia; mettiamo anche il dito nella piaga della Tyssenkrupp…

    Che dire: dialogare con gli operai interni e con le loro famiglie su come il comune di Iglesias possa liberarsi di questa abominevole produzione;

    grazie tante ai compagni e giornalisti che denunciano;
    Vito Totire

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