Salvini, Meloni, Jannone e Buonanno…

un cane (anzi, più di uno) che si morde la coda

di Angelo Maddalena

MauroBiani-xAngelo

Lo schifo che vien fuori dalle parole di questi personaggi spesso presenti in talk show già impostati in modo vomitevole, mi fa venire in mente un po’ di riflessioni, alla luce del fatto che una notte, non potendo dormire, guardando qualche video di Crozza su Ballarò, mi sono spostato su Salvini, Meloni e Jannone intervistati in vari programmi, a volte controbattuti da Vauro (per Salvini) e da Alessandro Gassman per la Meloni. Ovvio che è tutto un gioco al massacro; io evito di guardare questi programmi perché avvelenanti e frustranti, vere e proprie istigazioni alla violenza nei confronti di personaggi (compresi i conduttori dei talk show e gli editori di tali trasmissioni) spesso presenti a sfregio; se anche c’è qualcuno che li controbatte è sempre un “gioco al massacro”, un cane che si morde la coda. Però quella notte sono riuscito a “studiare” e a non farmi prendere dal veleno e dallo schifo di parole e volti di questi talk show fatti solo per aumentare l’audience e che non aiutano per niente a capire la realtà, anzi bloccano nella dimensione emotiva la comprensione delle cose.

Quindi andiamo allo studio… oltre le emotività immediate e paralizzanti.

I programmi di questo tipo (da Piazza Pulita a Ballarò ecc) sono fatti in modo da far vincere i personaggi “schifosi” alla Salvini. Vediamo perché. Questi personaggi rappresentano la feccia della società, uso le parole di Gianluca Buonanno, che le diceva a una signora (deputata?) che nello studio di uno di questi talk show ha rifiutato di dare la mano a Buonanno che se ne stava andando, e lui platealmente ha detto al conduttore: «visto visto quelli che parlano di solidarietà? Siete la feccia della società» e se n’è andato. Allora io uso la parola, ma per dire “torbido”, infatti questa gente gioca e marcia sul torbido, sull’emotività bloccante e paralizzante, più che sui sentimenti politici o razzisti o fascisti: il razzismo ha una sua teorizzazione perversa di cui parla a esempio Nicoletta Poidimani in un libro edito da Sensibili alle foglie. E il fascismo ha tutto un apparato ideologico, schifoso ecc ma comunque un apparato: sia per il razzismo che per il fascismo, molti di quelli che si considerano tali o vengono considerati tali, sono soltanto superficiali, pigri e quindi deresponsabilizzati.

«I care» – cioè mi importa, mi sta a cuore – è il contrario esatto del «me ne frego» fascista: lo scriveva don Lorenzo Milani nel secolo scorso. Quindi basta dire «me ne frego» per essere fascisti: me ne frego di prendermi la responsabilità di essere dentro la realtà, con il dovere di capire e analizzare la realtà.

Andiamo avanti.

Perché questi tipi di programma fanno vincere sempre e comunque Salvini and company? Intanto per far aumentare lo share questi talk show si sono ridotti a cloache, nel senso che invitano i più “orridi” personaggi utilizzati come “animali da baraccone”: per loro è pubblicità elettorale, per i conduttori e le reti che trasmettono è indice di ascolto assicurato. Chi ci perde siamo noi, fruitori potenziali di un servizio che invece di farci capire la realtà la carica sempre di più di materiale emotivo e avvelenante. Facciamo un esempio pratico, cioè che ho visto: Vauro dice chiaramente alla conduttrice che lui non vuole parlare con Salvini, che è in collegamento video via skype, cioè non è presente fisicamente nel salotto della trasmissione. Vauro dice cose forti e doverose del tipo: «Salvini mi ripugna, mi fa ribrezzo moralmente, non voglio confrontarmi con un razzista e un fascista, la democrazia non vuol dire dare cittadinanza a persone che esprimono concetti inaccettabili nei confronti di persone indifese, Salvini istiga all’odio razziale» ecc. Perfetto, mi fa piacere sentire queste parole, però poi, alla fine, la parola passa a Salvini, il quale, con un giro di parole, si fa beffe di quello che dice Vauro e ne esce pulito, quasi quasi passando per vittima. Perché in questi programmi vincono quelli come Salvini? Perché la televisione, fatta come negli ultimi vent’anni, favorisce cinismo e freddezza. E’ chiaro che l’unico modo per evitare di far vincere Salvini è non accettare di andare in televisione o di controbatterlo in tv; semmai è meglio “batterlo” per strada, come avevano provato a fare a Bologna tempo fa: ma anche lì lui se ne esce da vittima, sempre “un cane che si morde la coda” (Salvini e noi con lui!).

La cosa più interessante e grave è che la vittoria di Salvini & co. non è solo nei salotti del talk show ma nel nostro immaginario. Perché poi anche se dici «tanto io non vedo i talk show ecc» i Salvini, Meloni e Jannone te li ritrovi per strada e nella quotidianità: fra milioni di persone che li ascoltano ce ne sono un bel po’ che succhiano e assorbono le loro parole. E’ una regola della comunicazione di massa: se ripeti per centinaia di volte una frase o un concetto o una canzone, anche se sai che fa schifo ed è una merda, comunque ti entra dentro; se riesci ad elaborarla la elimini o la scarti; altrimenti – purtroppo è il caso di molti la prendi per buona, per vera, a volte per sacra! Per esempio un mio amico, che reputo sufficientemente intelligente, sugli immigrati mi ha detto una cosa che poi ho ritrovato nelle parole della Meloni: quando Alessandro Gassman fa notare alla Meloni che il Libano, con 4 milioni di abitanti e una situazione disastrosa, accoglie 1 milione e mezzo di profughi, mentre in Europa ci impressioniamo per 250 mila profughi, la Meloni risponde così: «sì accogliamoli, e poi che facciamo? Poi diventano manovalanza per la criminalità organizzata». Questo nello scambio veloce del “dibattito”, sembra una verità data per scontata; ovviamente la Meloni prende l’applauso, perché la freddezza e il cinismo, come si diceva prima, pagano e loro ne hanno da vendere. Quindi saltano tutti i criteri di riferimento, qualcuno (forse è la voce di Luca Casarini, non si vede l’immagine dello studio in questo video ma solo le foto di Gassman e la Meloni) fa notare: «non si capisce più niente, adesso la Meloni passa per antirazzista nel senso che dice “Gli dobbiamo dare un’accoglienza dignitosa, siccome non siamo in grado di dargliela ci deve aiutare l’Europa”» che indirettamente vuol dire: comunque li dobbiamo respingere fin quando non si risolvono questi nodi (e certi nodi non si risolvono in pochi anni e neanche forse in decenni). La Meloni replica dicendo che «voi abitate nei quartieri snob e non ne vedete mai di profughi e clandestini vicino casa vostra». Non fa una grinza, la Meloni ha vinto! Che le puoi dire per controbattere? Quello è il loro terreno. Ovviamente se la matassa si sbroglia e vai a fondo potresti uscire da questa palude; ma la tv è immediatezza e velocità, cinismo e freddezza, soprattutto i talk show di questo tipo, quindi il messaggio che passa è: «visto che ha ragione lei? Lasciamo perdere i buonismi e tutto il resto».

Un altro esempio è quello di Gianluca Buonanno, sindaco leghista che ha partecipato al raduno di Casa Pound a Castano Primo il 12 settembre 2015. Poi a Piazza Pulita, Buonanno arriva trionfante, tronfio, e annuncia che andrà in Libia a vedere cosa si può fare per «fermare le partenze» dei clandestini e finti profughi. Il conduttore gli chiede cosa si può fare in concreto e Buonanno, dopo aver raccolto applausi e risate con alcune battute, dice che bisognerebbe fermare i barconi in mezzo al mare con le navi militari italiane e riaccompagnare in Libia i barconi: prende applausi (vedi che livello di schifo c’è nel pubblico di Piazza Pulita). Al che il conduttore, contrariato dagli applausi, dice: «ridete un cazzo» (chiaro che non dice così ma lo fa capire): “questo sta dicendo cose assurde, irreali e io lo voglio incalzare, perchè riaccompagnarli in Libia sarebbe un atto di guerra”. E allora Buonanno cerca di sviare la cosa, il conduttore insiste e Buonanno se ne esce con una battuta: «ma lei fa il giornalista o il PM?». Questo per dire, il livello… Si fanno beffa anche dei conduttori, nei pochi casi cercano di metterli alle corde. Ricordiamo lo sproposito di Michele Santoro che volle invitare Silvio Berlusconi a Servizio Pubblico due anni fa. subito prima delle elezioni, e c’era stato Marco Travaglio prima di Berlusconi nello studio. Si rivelò un boomerang, Berlusconi prese moltissimi voti, e Santoro fece la figura del pirla, doppiamente: uno perché per seguire la corsa allo share tradì un minimo di dignità da conduttore serio che gli rimaneva, e due perché fece un favore a Berlusconi, suo storico nemico, che, ricordiamo, lo aveva anche “bloccato” col famoso “editto bulgaro” (quello contro Biagi, Santoro e Luttazzi).

Un altro esempio è Gianluca Jannone, di Casa Pound, che nel video dell’intervista, quando gli domandano perché avevano chiesto il Palazzetto di Castano Primo a nome non di Casa Pound ma di un’associazione sportiva – e quando si seppe che era Casa Pound il sindaco tentò di ritirare l’autorizzazione (ma troppo tardi, infatti Casa Pound lo prese e utilizzò per tre giorni) – lui risponde in modo vago dicendo che Casa Pound è una realtà conosciuta e riconosciuta, fa anche «volontariato nazionale e internazionale». Da qui due cose: la vergogna o la consapevolezza (credo più la seconda) che come Casa Pound non avrebbero avuto lo spazio e quindi il camuffamento da associazione sportiva; ma interessante è il linguaggio – «associazione di volontariato nazionale e internazionale» – che camuffa l’impostazione di estrema destra, cioè chi mai penserebbe che i bravi ragazzi del volontariato sono fascisti tra i più estremi? Guarda come si infilano, sguscianti e viscidi, ma “attuali” nel linguaggio sociale, i casapoundiani.

Un’ultima cosa dice di come sono saltati tutti i riferimenti e qualunque risposta a certi soggetti (purtroppo è un brodo culturale corrente) si dimostra vana, anche se basata su dati storici e indefettibili. Io ho fatto una tesi di laurea sull’emigrazione italiana in Belgio, quindi ho studiato la storia e l’attualità delle migrazioni in generale. Già nel 1996, quando preparavo la tesi, leggevo i dati demografici o delle tendenze: sapevo che nel 2050 l’Europa sarà abitata al 50 % da musulmani. E’ un dato demografico che non si può negare; è così, punto. Poi possiamo parlare delle cause, degli effetti e di come gestire questa situazione, ma non pensare di fermare questo fenomeno. Anche perché ci sono tendenze a non fare figli da parte degli europei, che sono passati da una media di 4 nascite negli anni ’60 dello scorso secolo a una media di 1 figlio per ogni coppia dagli anni ’90 in poi: quindi vuol dire che gli europei, per vari motivi, si stanno auto-estinguendo, o quasi. Per fortuna arriva gente da altri Paesi altrimenti certe zone d’Europa nel tempo diverrebbero disabitate, e questo fenomeno continua in modo esponenziale. Invece guardate cosa riesce a dire Salvini, quando qualcuno gli fa osservare che, fra le altre cose, gli immigrati pagano le pensioni a noi italiani. «Vabè, ma se non facciamo più figli non è che possiamo augurarci che vengano sempre più immigrati… vuol dire che dobbiamo incoraggiare le famiglie a fare più figli con politiche di sostegno alla famiglia». Questo è un esempio di sballamento totale, ovviamente demagogico, di piani e di livelli: una realtà incontrovertibile che risale a decenni e decenni, cioè l’abbassamento demografico europeo e i movimenti migratori del Mediterraneo e non solo, si vogliono ridurre a noccioline; come se fosse solo il problema dell’assegno familiare o di una cazzata del genere che provoca l’abbassamento della popolazione, o come se si volesse risolvere una questione secolare o comunque pluridecennale con una caramella. Fra l’altro anche Salvini mi pare abbia un solo figlio! E non mi risulta che abbia problemi economici per mantenerne di più.

Siamo tutti Salvini?

No e sì!

In realtà no, se ragioniamo e se parliamo a voce alta e se scambiamo parole e narrazioni per svegliare la nostra coscienza e quella altrui. Purtroppo e fortunatamente Socrate è sempre attuale: fu processato duemila e quattro cento anni fa perché diceva «scambiare parole serve a svegliare le nostre coscienze, cioè ragionare, analizzare la realtà, parlando con termini di oggi», insomma scovare il Salvini che è in noi e neutralizzarlo.

Altri due esempi che riguardano una donna di Modica e una copia di anziani di Acate incontrati due anni fa. Sia la donna che i due anziani (figli di una terra di emigrazione e miseria estrema che costringeva sino a cinquant’anni fa ad andare a spigolare nel centro Sicilia!) dicevano due cose simili a quelle di Salvini: la donna mi diceva che gli immigrati che lavorano nelle serre a Vittoria e dintorni, pagati poco e che vivono in condizioni non molto dignitose (comunque sempre meglio di quelli che fanno lo stesso lavoro in Puglia, detto da uno di loro) danneggiano gli italiani perché fanno abbassare il valore del lavoro accontentandosi di paghe da fame! Hai voglia a dire che gli italiani questi lavori non li farebbero comunque e che senza questi africani l’economia dei pomodori in Italia crollerebbe… è un muro di gomma! Come il muro di gomma dei due anziani: in tv dicevano che gli africani fanno molti figli e che senza di loro l’Europa si spopolerebbe. E i due anziani, anziché ringraziare e osservare che gli africani fanno tanti figli anche senza le possibilità materiali e monetarie (le sicurezze?!) degli europei, sapete che dicevano? «Sono degli irresponsabili, non dovrebbero fare figli se non sanno come mantenerli». Al che io facevo osservare che anche in Italia, nel sud in generale, fino a cinquant’anni fa si viveva dignitosamente anche in famiglie di 5 o più figli, perché si valorizzava di più la convivialità e le “ricchezze” della povertà. Ebbene, la coppia poteva dire: «è vero, noi c’eravamo, era così». Invece no, ribattevano: «questi sono irresponsabili, noi eravamo un’altra cosa». Quindi lo stravolgimento della realtà, della memoria storica, l’amnesia selettiva: noi emigravamo ma eravamo in regola. Eppure ci sono fior di libri e testimonianze dirette di clandestini italiani in Svizzera (si veda il monologo teatrale di Mario Perrotta: «Italiani Cingali») e in Germania (il libro «Tutti dicono Germania Germania» di Stefano Vilardo) eccetera eccetera…

Pescara, primi di novembre 2015

 

LA VIGNETTA è di MAURO BIANI: è in «Tracce migranti» che trovate in edicola. (db)

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