Scambiarsi sogni e speranze
quattro poesie di Fabrizio (Astrofilosofo) Melodia per ricordare Spock (ma occhio anche al PS)
QUANDO CADDERO LE MURA (Dedicata a «Star Trek: The Next Generation»)
Quando caddero le mura
a Shaka
non ero pronto
a capirti
non sapevo
perché Tembah
avesse le sue braccia aperte
ancora non capivo
perché il fiume Temark
fosse solo d’inverno
ero consapevole
che mi avevi portato
giu a El Adrel
al freddo
disarmato
mentre una creatura
invisibile
e feroce
si aggirava
verso di noi
no, non ti capivo
non vedevo
ero troppo preso
da grammatica e sintassi
mentre in realtà
tu volevi solo
raccontarmi storie
quando fosti ferito
allora compresi
la comunicazione
è pazienza
immaginazione
amicizia
condivisione
scambiarsi sogni e speranze
poesie e pensieri
ora capivo
ero diventato Sukat
dagli occhi aperti
io e te
Dathon e Picard
come Gilgamesh ed Enkidu
affrontarono un mostro tremendo
uniti
fianco a fianco
senza divisioni o invidie
forti e amici
compagni
di sogni e lotta
El Adrel ora
è la tua tomba
ma so
che sei sulla Mirab
le sue vele spiegate
le tue metafore
ora
sono le mie
come il pugnale
che ci ha unito
nella lotta
contro il buio
Picard e Dathon a El Adrel.
NELLA PALLIDA LUNA (Dedicata a «Star Trek: Deep Space Nine»)
Guerra senza fine
morti ogni giorno
sono stanco di contare
ogni vago ritorno
maledetto il viaggio
vituperata la scoperta
questo avamposto
è una triste fortezza
asserragliati come topi
attendiamo il Dominion
i tremendi Jem Hadar
sono un oscuro abominio
soldati drogati
mandati alla morte
la nostra fine
sarà solo una triste sorte
per sfinimento estremo
cadremo nelle loro mani
voglio attaccarli ora
affinché ci sia ancora un domani
non mi piace la guerra
la odio con tutto me stesso
avevo ritrovato il sereno
in questo posto dimesso
avevo ritrovato il sorriso e l’amore
il tunnel spaziale aveva infiammato il mio ardore
fiducia d’esplorare un nuovo universo
i misteriosi Profeti lo avevano predetto
mi lancio nel vuoto
la speranza è vana
non voglio morire
chiuso nella mia tana
Capitano Picard
lei solo può capire
essere prigionieri
non è un bel modo di finire
abbiamo aperto l’universo alla speranza
i nostri nemici chiudono la stanza
il mio dolore nero
mi spinge verso il futuro
la mia defunta Jennifer
non avrà avuto un destino duro
i Profeti sussurrano forte nella mia testa
Il mio Fato è chiaro come il cosmo alla finestra
l’abisso è oscuro
il giusto e l’ingiusto sono una marea nera
la via delle stelle
sarà una battaglia vera.
NON UCCIDERE (Dedicata a «Star Trek: Destinazione cosmo», quella con Kirk e Spock per intenderci)
Giace per terra
il rettile mio avversario
i miei improvvisati proiettili
non hanno colpito invano
ora nella mia tremante mano
brilla la sua tagliente arma
il Gorn non sapeva
che sarebbe stata la sua salma
la sua gente ha sterminato
i coloni umani dell’avamposto
al nostro primo avvertimento
non avevano risposto
li inseguimmo con l’Enterprise
per ottenere sangue e giustizia
i saggi Metron ci fermarono
accusandoci di nequizia
in un’arena planetaria
per dirimere la questione
hanno chiuso me e il Gorn
in singolar tenzone
me la sono vista brutta
l’avversario era forte e vigoroso
più volte soccombevo
in modo indecoroso
ho ritrovato poi
l’uso pirico dell’archibugio
comprendo solo ora
che il torto era dentro a un pertugio
il Metron aveva ragione
la forza è l’ultimo rifugio
non ucciderò il mio compagno capitano
troveremo la pace con il cuore in mano
il dialogo sarà la sola forza
una pace duratura senza inganno di sorta
la via delle stelle è grande per tutti
il mio diario astrale è un discorso che dà i suoi frutti
l’Enterprise veleggia ancora
sotto il mio comando
i mastini della guerra
non avranno un altro quando.
IL SOTTILE VELO (dedicato a «Star Trek: Voyager»)
No vi prego
non fatelo
non portatemi via
da questo luogo ameno
solo qui
io sono qualcuno
qualcosa
di tangibile
certo
sono solo
un algoritmo
reso reale
da una serie
di istruzioni
sono programmato
per guarire
e soccorrere
in ogni malattia
corporea
non posso di certo
capirvi
provare
sentire
qualcosa
no no no
che fate?
perché volete
darmi una coscienza?
ho già provato
il dolore della perdita
l’ansia e l’impotenza
mentre voi
morite
ecco
un mio capriccio
volevo solo
un nome
per dire
ci sono
penso
esisto
ma questo nuovo demone
fatto di bit e circuiti
vi inganna
senza troppi complimenti
come potete pensare
a essere reali
se anche le emozioni
sono essenzialmente
simulazioni e impulsi elettrici?
No, capitano Janeway
vi accompagnerò
nel vostro viaggio di ritorno
ma io
rimarrò per sempre
in questa nave
sarò
un Olandese Volante
sempre in perenne cerca
di un vento vibrante
cercherò per sempre
i misteri della conoscenza
dipanerò gli enigmi
della non esistenza
sarò il linguaggio
che nessuno chiarisce
determinerò il reale
senza creare ombre
canterò una musica
che possa rappresentare il cuore
la mia coscienza nuova
sarà un inno al mio non amore
fatto di algoritmi
archetipi e numeri
cosa darei
per gustare
la vita
oltre il ponte
degli ologrammi.
Finalmente riesco a leggerle con calma. “Quando caddero le mura” ci trovo dentro tutto, mi ha emozionato. Fantastico Fabrizio. Ci sono immagini, suoni, la storia e tutti loro e tutti noi alla fine. Davvero belle. Complimenti, parola riduttiva in alcuni casi. Preferisco: Fantastico Fabrizio!
“La sorte protegge i pazzi, i bambini e le navi chiamate Enterprise”
Carissima Santa,
ti ringrazio per le parole meravigliose, mi hai davvero commosso. In effetti “Darmok” è l’episodio al quale sono più legato e del quale ho parlato ampiamente nella mia tesi di laurea.
Grazie grazie grazie.
Ho chiesto e ottenuto dal grande capo di riproporre sulla Bottega un mio vecchio racconto ambientato nel mondo di “Star Trek: The Next Generation”. Giusto per ribadire.
Un caro saluto e grazie ancora 😀
Quando scriviamo ci trasferiamo… sicuramente ti sei “trasferito” di più in quando caddero le mure. Adesso aspetto di leggerti nel racconto. Grazie a te per i tuoi versi :*