Scor-data: 1 aprile 1971

Monika Ertl uccide Roberto Quintanilla, l’ufficiale dei servizi segreti boliviani che aveva ucciso il Che

di David Lifodi (*)

“Non è mai troppo tardi per la vendetta. Il console generale si è messo in tiro per accoglierla. Indossa un completo scuro, con la cravatta di lana blu sulla camicia bianca, addirittura i gemelli con lo stemma. I baffi tagliati alla militare. Primo aprile 1971. Amburgo-Harvestehude, Heilwigsstraße 125. Ore nove e quaranta. Roberto Quintanilla Pereira, rappresentante del governo boliviano di stanza sull’Elba, è seduto nel suo ufficio”. Comincia così La ragazza che vendicò Che Guevara. Storia di Monika Ertl (Nutrimenti, 2011), il libro di Jürgen Schreiber, il giornalista investigativo tedesco che ha raccontato la storia di Monika Ertl, la giovane che il 1 aprile 1971 uccise il diplomatico boliviano Quintanilla, l’ufficiale dei servizi segreti boliviani responsabile della morte di Ernesto Che Guevara.

Monika Ertl, nome di battaglia Imilla, era nata nel 1937 a Monaco di Baviera, figlia di un tedesco emigrato in Bolivia e fortemente legato al regime nazista. Monika ripudiò presto le sue origini e gli ideali di suo padre per militare tra le file dell’Ejército de Liberación Nacional (Eln) di Che Guevara durante la sua tragica spedizione in Bolivia. Su Roberto Quintanilla si era caratterizzato l’odio della sinistra mondiale: era stato lui a ordinare che al guerrillero heroico fossero mozzate le mani per fare carriera e raggiungere il comando dei servizi segreti boliviani, per questo il governo del suo paese ha deciso di trasferirlo in Germania, convinto che dall’altra parte dell’oceano sarebbe stato maggiormente al sicuro. Dall’altra parte della barricata c’è Monika Ertl, che il 1 aprile 1971 si presenta al consolato boliviano di Amburgo chiedendo di essere ricevuta dal console Quintanilla. Ha la necessità di richiedere un visto, si fa passare come un’australiana che ne ha bisogno per la sua comitiva di viaggio e contatta il console una settimana prima, il 25 marzo. Ricevuta la conferma dalla segretaria, Imilla si presenta di fronte al console alle 9,40 in punto. Schreiber descrive cosa vedono gli occhi di Monika: “Vedono il Che, el comandante Guevara, sconfitto e umiliato nella giungla. Vedono la sua esecuzione per mano dell’esercito. Lo vedono freddato sulla lettiga, in quello sciagurato villaggio di Vallegrande, per un unico giorno sotto i riflettori della storia”. La scena è simile a quella descritta da Gioconda Belli nel suo La Donna Abitata, quando la protagonista, Lavinia, si vede passare di fronte tutti i suoi compagni uccisi dalla guardia nazionale somozista, apre il fuoco contro il grande dittatore Vela, ma viene a sua volta uccisa. Qui, invece, l’esito è diverso. Monika spara tre colpi a Quintanilla e lo uccide: la leggenda dice che la donna gli abbia volutamente disegnato una V sulla pelle con i suoi tre spari. La trentaquattrenne lasciò un biglietto sulla scrivania del console, Victoria o muerte, lo slogan dell’Eln, e riuscì a fuggire. Guevara era stato vendicato, così come il suo braccio destro Inti Peredo, anch’esso ucciso dallo spietato Quintanilla. I colpi sparati da Monika partirono da una pistola registrata a nome di Giangiacomo Feltrinelli. Da un lato si era compiuta la maledizione lanciata da Fidel Castro, che aveva detto “gli assassini del Che li voglio tutti morti”, ma per la stessa Monika la vita cominciò a diventare difficile, eppure tornò in Bolivia e progettò, insieme a Régis Debray l’intellettuale francese amico del Che, di rapire Klaus Barbie, il torturatore della Gestapo francese, un tempo amico del padre di Monika, a sua volta operatore cinematografico conosciuto come  “il fotografo di Hitler” perché collaboratore della regista del dittatore tedesco Leni Riefensthal. Fu proprio a seguito della fuga dalla Germania dei più alti papaveri del nazismo, quando il regime si stava sbriciolando, che Hans Ertl si rifugiò in Bolivia con Monika, che fin da giovanissima rimase impressionata dalle forti disuguaglianze sociali del paese andino. Purtroppo Monika non riuscì a rapire Barbie, anzi, fu proprio lui a farla cadere in un’imboscata a La Paz nel 1973, approfittando di una rete di contatti e protezioni in seno all’ultradestra, che in America Latina era riuscita a svilupparsi quanto la sinistra guerrigliera. Del resto, proprio in Bolivia si era consolidato un circolo razzista e fascista assai pericoloso di cui faceva parte, oltre a Barbie, anche lo stesso Hans Ertl, a cui peraltro fu negata, nonostante la sua richiesta, la consegna della salma della figlia. Jürgen Schreiber ha scritto nel suo libro che “nel cimitero tedesco di La Paz, su una lapide si legge a lettere metalliche il nome di Monika Ertl. Ma sotto quella siepe curata di bosco la bella assassina di Quintanilla non è mai stata sepolta”. In effetti il corpo di Monika non è mai stato ritrovato e la sua fine è stata tragica, come quella di Haydée Tamara Bunker Bider, altra guerrigliera tedesca coetanea di Monika che decide di unirsi alla guerriglia del Che in Bolivia, cadendo anch’essa in un’imboscata il 31 agosto 1967. A Tamara, Monika e altre donne cadute per la loro militanza rivoluzionaria o pacifista, è stato dedicato il libro di Haidi Gaggio e Paola Staccioli Non per odio ma per amore. Storie di donne internazionaliste (Derive e Approdi, 2012). Nella prefazione Silvia Baraldini ha sottolineato la complessità delle loro vite, “calpestate dai loro assassini e dai mass-media e, tristemente, perfino da quei partiti di sinistra così focalizzati sulla scalata al potere da essere incapaci di esprimere solidarietà e pietas per coloro che hanno scelto un’altra via”.

Quella di Monika è una storia talmente incredibile da sembrare cinematografica, eppure è la realtà di una giovane donna che ha portato avanti le sue convinzioni senza alcun compromesso e a costo della sua stessa vita.

(*) Ricordo – per chi si trovasse a passare da qui per la prima volta – il senso di questo appuntamento quotidiano in blog. Dall’11 gennaio 2013, ogni giorno (salvo contrattempi sempre possibili ma sinora sempre evitati) troverete in blog a mezzanotte e un minuto una «scordata» – qualche volta raddoppia o triplica, pochi minuti dopo – postata di solito con 24 ore circa di anticipo sull’anniversario. Per «scor-data» si intende il rimando a una persona o a un evento che per qualche ragione il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna dimenticano o rammentano “a rovescio”.

Molti i temi possibili. Molte le firme (non abbastanza forse per questo impegno quotidiano) e assai diversi gli stili e le scelte; a volte troverete post brevi: magari solo una citazione, una foto o un disegno. Se l’idea vi piace fate circolare le «scordate» o linkatele ma ovviamente citate la fonte. Se vi va di collaborare – ribadisco: ne abbiamo bisogno – mettetevi in contatto (pkdick@fastmail.it) con me e con il piccolo gruppo intorno a quest’idea, di un lavoro contro la memoria “a gruviera”.

Ogni sabato (o quasi) c’è un riassunto di «scor-date» su Radiazione (ascoltabile anche in streaming) ovvero, per chi non sta a Padova, su www.radiazione.info.

Stiamo lavorando al primo libro (e-book e cartaceo) di «scor-date»… vi aggiorneremo. (db

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