Scor-data: 10 dicembre 1977

Argentina: sequestro di Azucena Villaflor, fondatrice delle Madres de la Plaza de Mayo

di David Lifodi (*)

La notte del 10 dicembre 1977 Azucena Villaflor, fondatrice della Madres de la Plaza de Mayo, fu rapita nella sua casa di Sarandì, un sobborgo di Avellaneda (provincia di Buenos Aires) da una patota, le pattuglie degli sgherri della dittatura addetti a sequestrare gli oppositori politici per portarli nei centri di detenzione su auto con i vetri oscurati.  La prima uscita pubblica delle madres era avvenuta il 30 aprile 1977, quando per la prima volta sfilarono nella Plaza de Mayo.

Hebe de Bonafini, una delle madres tuttora più conosciute, ricorda la decisione e la forza d’animo di Azucena di fronte ai militari e ai religiosi vicini al regime, soprattutto dopo che il 30 novembre 1976 la dittatura aveva rapito uno dei suoi figli, Néstor De Vicenti, insieme alla fidanzata, Raquel Mangin. Ad un vescovo che negava, stizzito, l’esistenza dei campi di concentramento, Azucena Villaflor replicò nominandoglieli uno per uno. I resti del suo corpo furono ritrovati sulle spiagge del Municipio Urbano de la Costa General Lavalle, Provincia di Buenos Aires, a fine dicembre 1977, ma fu solo nel 2004, grazie all’Equipo Argentino de Antropología Forense, che si riuscì a collegare ciò che rimaneva del suo corpo ad Azucena Villaflor. La fondatrice delle madres era stata gettata in mare da uno dei famigerati voli della morte. Alcuni documenti segreti del governo degli Stati Uniti, recentemente declassificati, evidenziano come fin dal 1978 la Casa Bianca fosse a conoscenza che i cadaveri di Azucena Villaflor, Ester Ballestrino de Carreaga e María Eugenia Ponce de Bianco (le altre due componenti del primo nucleo delle madres, sequestrate l’8 dicembre 1977), insieme a quello della suora francese Léonie Duquet (anch’essa eliminata tramite i voli della morte e per questo definita con disprezzo e macabra ironia dal regime la “suorina volante”), erano stati ritrovati sulle spiagge della provincia bonaerense, ma non avvisò mai il governo argentino, anche in seguito al ritorno della democrazia. Il documento, intitolato “Informe sobre monjas muertas”, riporta che le donne “furono sequestrate da membri delle forze di sicurezza agendo su ampio mandato contro terroristi e sovversivi”. Fin quando non fu rapita e uccisa, Azucena rappresentò l’anima delle madres. A lei si deve il motto che tanto infastidiva i militari: todas por todas y todos sono nuestros hijos. Si trattava di un monito che intendeva far capire come la lotta delle madres non fosse individuale, ma collettiva. Le menzogne del governo, la continua presenza delle donne nei commissariati per avere informazioni sui figli, l’impunità del regime e le connivenze della dittatura con buona parte della chiesa argentina (in particolar modo con i cappellani militari, ma anche con i principali papaveri dell’episcopato argentino, tra cui Emilio Grasselli e Raúl Primatesta, in compagnia del nunzio apostolico Pio Laghi) sono universalmente note, ma ciò che ancora è stato scarsamente sottolineato riguarda la forte coscienza sociale delle madres, molte delle quali alla loro prima esperienza politica e per giunta in un contesto difficilissimo.  Ad esempio, la stessa Azucena Villaflor era una casalinga, ma fu la prima ad avere l’intuizione di riunirsi in Plaza de Mayo, di fronte alla Casa Rosada. Per un certo periodo Azucena aveva lavorato come sindacalista in una fabbrica di elettrodomestici: fu lei a comprendere la necessità di scendere in Plaza de Mayo (il luogo di Buenos Aires che rappresenta il centro della vita politica del paese), e fu ancora lei a far capire che in Argentina “le classi sociali esistevano e che in nostri figli erano scomparsi per questo”, ricordano le madres. La loro prima manifestazione si svolse il 30 aprile 1977, ma la dittatura impose il divieto degli assembramenti composti da più di tre persone. Fu in quella circostanza che Azucena propose di “circolare”, facendosi beffe del regime che, appunto, invitava a “circolare” nella piazza, ma vietava di raggrupparsi. Da allora fu scelto, come giorno della sfilata, il giovedì alle 15.30, una consuetudine che prosegue ancora oggi ed emoziona. Le madres marciano ancora, insieme alle abuelas, chiedono verità e giustizia per i desaparecidos, ma appoggiano anche le lotte sociali e sindacali. Le madres che partecipavano tutti giovedì alla manifestazione in Plaza de Mayo crescevano settimana dopo settimana (vedi lo spettacolo teatrale di Massimo Carlotto Più di mille giovedì, pubblicato nel 2004 dalle Edizioni Angolo Manzoni), per questo il regime decise di sequestrarle, nella speranza di ridurre al silenzio il movimento o di isolarlo. Le madres si riunivano nella chiesa bonaerense di Santa Cruz (barrio San Cristóbal), la sede dei padri passionisti: fu lì che riuscì ad infiltrarsi l’ex tenente navale Alfredo Astiz, l’”angelo biondo” che si spacciava come fratello di un desaparecido e, sempre grazie a lui, avvenne uno dei sequestri più drammatici che hanno segnato la storia delle madri. Gustavo Niño, questo il nome con cui Astiz si era presentato alle madri, dispose i militari nei punti strategici della chiesa di Santa Cruz mentre si stava svolgendo una messa in cui si celebrava la Prima Comunione. Al suo ordine, i militari entrarono in azione arrestando gran parte delle madres presenti. Azucena Villaflor, invece, fu sequestrata poco lontano da casa: Astiz sapeva dove cercarla, così come le altre  donne, sulle quali aveva raccolto numerose informazioni durante il suo periodo di lavoro con le madri in qualità di infiltrato. Sembra che alcune delle madres non si fidassero troppo di Gustavo Niño, tanto che una di loro disse: Ojo, que el olor de los milicos lo llevó aquí. Ormai, però, era troppo tardi. Sei mesi dopo, France Press rivelò che un gruppo di esiliati argentini in Francia aveva riconosciuto Astiz in qualità di funzionario dell’ambasciata argentina a Parigi sotto il falso nome di Alberto Escudero.

Nell’introduzione allo spettacolo teatrale di Massimo Carlotto, Estela Carlotto, presidenta delle Abuelas de la Plaza de Mayo, ha scritto: “Noi donne che da più di un quarto di secolo non ci siamo piegate, non abbiamo smesso di cercare i nostri desaparecidos, abbiamo sfidato l’orrore, abbiamo rifiutato il sinistro proposito dell’oblio, reclamando nelle piazze e nelle vie la verità e la giustizia, ci sentiamo intensamente rappresentate in Più di mille giovedì”.

(*) Ricordo – per chi si trovasse a passare da qui per la prima volta – il senso di questo appuntamento quotidiano. Dall’11 gennaio 2013, ogni giorno (salvo contrattempi sempre possibili) troverete in blog a mezzanotte e un minuto una «scordata» – qualche volta raddoppia, pochi minuti dopo – di solito con 24 ore circa di anticipo sull’anniversario. Per «scor-data» si intende il rimando a una persona o a un evento che per qualche ragione il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna dimenticano o rammentano “a rovescio”. A esempio, nel mio babelico archivio, sul 10 dicembre fra l’altro avevo ipotizzato: 1198: muore Averroè; 1520: Lutero brucia bolla papale; 1892: Banca Romana; 1896: prima di «Ubu re»; 1920: strage di polizia a Canneto Sabino; 1948: «diritti umani»; 1954-62: nobel a Linus Pauling.

Molti i temi possibili.  Molte le firme (non abbastanza forse per questo impegno quotidiano) e assai diversi gli stili e le scelte; a volte troverete post brevi: magari solo una citazione, una foto o un disegno. Se l’idea vi piace fate circolare le «scordate» o linkatele ma ovviamente citate la fonte. Se vi va di collaborare – ribadisco: ne abbiamo bisogno – mettetevi in contatto (pkdick@fastmail.it) con me e con il piccolo gruppo intorno a quest’idea, di un lavoro contro la memoria “a gruviera”. (db)

 

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