Scor-data: 10 maggio 1933

Bucherverbrennungen nella Germania nazista: la gioventù studentesca hitleriana compie il più grande rogo di libri dell’epoca, ma altri ne seguiranno.

di Fabrizio Melodia (*)   

«C’era come la sensazione che mentre gli uomini vanno e vengono, nascono e muoiono, i libri invece godono di eternità. Quand’ero piccolo, da grande volevo diventare un libro. Non uno scrittore, un libro: perché le persone le si può uccidere come formiche. Anche uno scrittore, non è difficile ucciderlo. Mentre un libro, quand’anche lo si distrugga con metodo, è probabile che un esemplare comunque si salvi e preservi la sua vita di scaffale, una vita eterna, muta, su un ripiano dimenticato in qualche sperduta biblioteca a Reykjavik, Valladolid, Vancouver»: così Amos Oz.

In effetti fu proprio questa consapevolezza che spinse la Gioventù studentesca hitleriana a macchiarsi – ancora prima della “soluzione finale” – di un rogo tremendo, fatto non di carne ma di carta e inchiostro a stampa cioè di saperi, emozioni, storie.

Tutto cominciò il 6 aprile 1933, quando la dirigenza della Stampa e Propaganda dell’Associazione studentesca della Germania proclamò «una azione contro lo spirito non tedesco» a livello nazionale, durante la quale si doveva effettuare una «pulizia» (in tedesco Säuberung) della cultura tedesca usando il fuoco. Le sedi locali subito rilasciarono comunicati e articoli, diffondendo il tutto anche via radio.

La seconda premessa avvenne solo due giorni dopo, l’ 8 aprile, quando la summenzionata organizzazione studentesca redasse le 12 tesi, un documento che faceva riferimento alle famose 95 tesi di Lutero e a un precedente rogo di libri non tedeschi (il Wartburgerfest) avvenuto nell’omonima città come reazione al periodo napoleonico, in cui, con un rinnovato slancio nazionalistico, si affermava la necessità di una propria cultura e nazione non «infettate» da altre popolazioni.

Da qui il passo fu molto breve: il rilancio dello spirito giovanile tedesco «in nome della purezza e del carattere» avvenne il 10 maggio 1933, quando gli studenti bruciarono più di 25.000 volumi «non tedeschi», dando concretamente l’inizio alla censura di Stato.

Quella notte, nella maggior parte delle città universitarie, i giovani nazional-socialisti marciarono in fiaccolate. Professori, rettori e studenti furono radunati alla presenza delle autorità naziste in punti d’incontro dove poterono assistere al rogo dei libri non desiderati, gettati dentro i falò, in un’atmosfera di gioia dove erano presenti perfino delle orchestre.

La macchina della propaganda nazista fece le cose in grande a Berlino, dove circa 40.000 persone raggiunsero l’Opernplatz per ascoltare un discorso di Joseph Goebbels. Eccone uno stralcio. «No alla decadenza e alla corruzione morale! Sì alla decenza e alla moralità nelle famiglie e nello Stato! Io consegno alle fiamme gli scritti di Heinrich Mann, Ernst Gläser, Erich Kästner. L’era dell’intellettualismo ebraico è giunta ormai a una fine. La svolta della rivoluzione tedesca ha aperto una nuova strada … L’uomo tedesco del futuro non sarà più un uomo fatto di libri, ma un uomo fatto di carattere. È a questo scopo che noi vi vogliamo educare. Come una persona giovane, la quale possiede già il coraggio di affrontare il bagliore spietato, per superare la paura della morte, e per guadagnare il rispetto della morte – questo sarà il compito della nostra nuova generazione. E quindi, a mezzanotte, giungerà l’ora di impegnarsi per eliminare con le fiamme lo spirito maligno del passato. Si tratta di un atto forte e simbolico – un atto che dovrebbe informare il mondo intero sulle nostre intenzioni. Qui il fondamento intellettuale della repubblica sta decadendo, ma da queste macerie la fenice avrà una nuova trionfale ascesa».

I roghi non furono eseguiti nello stesso giorno in tutti i luoghi, causa le avverse condizioni atmosferiche; alcuni furono rimandati al 21 giugno, solstizio d’estate.

Fu il peggiore ma non l’unico. Nel 1933 altri roghi vi furono a: Berlino, il 15 marzo; Braunschweig, 9 marzo; Coburgo, 7 maggio; Dresda, 8 marzo e 7 maggio; Düsseldorf, 11 aprile; Heidelberg, 12 marzo; Kaiserslautern, 26 marzo; Lipsia, 1º aprile; Monaco di Baviera, 6 maggio; Münster, 31 marzo; Rosenheim, 7 maggio; Schleswig, 23 aprile; Würzburg, 10 marzo; Wuppertal, 1º aprile.

La Germania iniziava a bruciare i libri “contrari” allo spirito nazionalista come più tardi bruciò sistematicamente i nemici della Patria, non solo ebrei.

Le vittime dei roghi di carta furono innumerevoli, la censura violenta individuava il libro da distruggere in base a un elenco di motivazioni pubblicato dal Völkischer Beobachter l’8 maggio 1933. Secondo quest’ultimo, era necessario bruciare gli scritti:

  • Dei teorici del marxismo.
  • Di tutti coloro che esaltavano la Repubblica di Weimar.
  • Di tutti coloro che criticavano i fondamenti della morale e della religione.
  • Degli autori pacifisti, in particolar modo degli scrittori che condannavano la prima guerra mondiale o che si mostravano scettici nei confronti del valore militare tedesco.
  • Di autori che erano espressione dell’espansione della società urbana.

A queste categorie, in cui rientravano le opere di molti scrittori, si aggiungevano poi i letterati di sinistra che criticavano la società borghese (come Heinrich Mann), i romanzieri comunisti (George Grosz), gli autori di satira, i giornalisti oppositori del regime nazista. Vennero dati alle fiamme perfino gli scritti di scienziati anti.nazisti, fra i quali rientrano quelli del fisico Albert Einstein.

Per i nomi completi – tra i quali figura anche quello di Rosa Luxemburg, di cui fu distrutto il monumento commemorativo da parte degli studenti nazisti – rimando a questo documento in rete: http://library.fes.de/pdf-files/bibliothek/01453.pdf.

Vorrei ricordare un nome che in questo documento non viene citato, uno scrittore per ragazzi molto noto negli anni venti, Waldemar Bonsels. Di tutti i libri per ragazzi che scrisse, se ne salvò soltanto uno, molto noto anche per la riduzione animata passata in tv, «L’ape Maia». E’ un libro che i nazisti ritennero assolutamente innocuo, ma che in realtà, letto con cura, porta notevoli valori antifascisti, quali la critica alla società borghese, allo spirito nazionalista, e l’incoraggiamento a pensare con la propria testa, decisamente non in linea con quanto promulgato anche dal filosofo nazista Martin Heidegger: «Non teoremi e idee siano le regole del vostro vivere. Il Führer stesso e solo lui è la realtà tedesca dell’oggi e del domani e la sua legge» così scrisse in un «Appello agli studenti tedeschi» da Heidelberg, proprio nel 1933.

Sono stati realizzati molti monumenti a ricordo di questo olocausto culturale, il più noto, situato nella Bebelplatz berlinese, è costituito da una lastra di cristallo sotto la quale si apre una biblioteca di 50 m² con gli scaffali completamente vuoti. Vicino al memoriale, realizzato dall’israeliano Micha Ullman nel 2008, due versi della tragedia «Almansor» di Heinrich Heine.

Un’altra opera commemorante i Bücherverbrennungen è davanti al municipio della città di Francoforte sul Meno con una targa dorata sulla quale sono visibili libri dati alle fiamme: ha un diametro di 1,50 metri ed è stata realizzata nel 2001 dal tedesco Willi Schmidt.

Altri monumenti posti in memoria dei roghi sono a Monaco di Baviera, Gottinga, Salisburgo e Vienna.

I roghi di libri continuarono, in altre guerre e in altre realtà. Persino gli Alleati, nel 1946, confiscarono più di 30.000 opere che esaltavano il nazismo, partendo dai testi scolastici fino ad arrivare alle poesie di von Clausewitz. Gran parte di quelle opere furono confiscate e poi distrutte. Il rappresentante della Direzione Militare ammise che quell’azione non fu tanto diversa dai roghi di libri organizzati dai nazisti.

I libri come la Storia vanno conservati e diffusi, belli o brutti che siano: solo così – rendendone vivo il senso – sarà possibile evitare gli stessi errori e orrori.

(*) Sul ritorno dei roghi di libri – durante la dittatura militare in Argentinba – proprio Fabrizio Melodia ha scritto (vedi la «scor-data» del 29 aprile 1976, postata il 28 aprile 2013) in blog.

Ricordo – per chi si trovasse a passare da qui per la prima volta – il senso di questo appuntamento quotidiano. Dall’11 gennaio 2013, ogni giorno (salvo contrattempi sempre possibili) troverete in blog a mezzanotte e un minuto una «scordata» – qualche volta raddoppia, pochi minuti dopo – di solito con 24 ore circa di anticipo sull’anniversario. Per «scor-data» si intende il rimando a una persona o a un evento che per qualche ragione il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna dimenticano o rammentano “a rovescio”.

Molti i temi possibili. Molte le firme (non abbastanza per questo impegno quotidiano) e assai diversi gli stili e le scelte; a volte troverete post brevi, magari solo una citazione, un disegno o una foto. Se l’idea vi piace fate circolare le «scordate» o linkatele ma ovviamente citate la fonte. Se vi va di collaborare – ribadisco: ne abbiamo bisogno – mettetevi in contatto (pkdick@fastmail.it) con me e con il piccolo gruppo intorno a quest’idea, di un lavoro contro la memoria “a gruviera”. (db)

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