Scor-data: 10 marzo 1906

La catastrofe di Courrières

di Alexik (da http://illavorodebilita.wordpress.com/)

Sabato 10 marzo, 6,30 del mattino: fuori dai pozzi della miniera di Courrières un boato scuote l’aria .  Saltano 110 chilometri di gallerie  del bacino carbonifero fra i paesi di Méricourt,  Sallaumines, Billy-Montigny e Nouvelles sous Lens, nel dipartimento francese di Pas de Calais. Dal pozzo 3 di Méricourt  la gabbia del montacarichi viene proiettata 10 metri oltre la superficie. Tetti e finestre sono spazzati via. Dal pozzo 2 (Billy-Montigny ) risale un elevatore pieno di minatori morti o privi di conoscenza. Dentro i cunicoli restano 1800 operai.

Il delegato RicqLa notte fra il 6 e il 7 marzo era già scoppiato un incendio in una vena abbandonata. Capita spesso, come riporta Pierre Monatte su “Les Temps nouveaux” del 17 marzo 1906,   “con questa abitudine delle compagnie di non colmare con materiali di riporto le vene abbandonate, capita sovente che le vecchie impalcature che sorreggono le gallerie prendano fuoco da sé. Il delegato Ricq aveva protestato esigendo che il legname vecchio venisse portato via non appena cessato lo sfruttamento di una vena; lo reclamava ancora una volta nel suo rapporto dell’8 marzo a proposito dell’incendio che vi era scoppiato e perché questo pericolo venisse escluso per l’avvenire. Quando si manifestò l’incendio e i primi tentativi per spegnerlo non approdarono a nulla , gli ingegneri del pozzo pensarono di circoscriverlo e bloccarlo entro serragli di cemento e di mattoni ignifughi. Il delegato minatore Ricq protestò contro questo procedimento, tentò di far capire agli ingegneri  che l’impiego di tali mezzi era inutile, e chiese a loro di procedere all’inondazione della vena in cui si svolgeva l’incendio. Dall’alto del loro piedistallo gli uomini di scienza, gli ingegneri allungarono uno sguardo pietoso su questo ridicolo operaio che pretendeva di dar loro consigli. E quali consigli? Una misura che avrebbe come risultato di bloccare l’estrazione per almeno due giorni e la cui notizia giunta alla “Bourse des valeurs de charbonnages” avrebbe prodotto un’impressione sfavorevole sul corso delle azioni della compagnia” (1).

Nonostante l’incendio la Direzione della miniera pretende che il lavoro continui regolarmente, e così anche sabato 10 quelli del primo turno si calano a 300 metri sottoterra. Alle 6,30 l’esplosione comincia a correre per le gallerie comunicanti: ogni deflagrazione genera un onda barica che solleva in sospensione altre polveri di carbone, che esplodono a loro volta al contatto col fronte di fuoco.

Il giorno dopo il disastro si attivano i soccorsi coordinati dagli Ingegneri dello Stato, ma le ricerche e l’estrazione dei sopravvissuti  durano solo 3 giorni. La gente è inferocita.

Funerali di CourrieresIl 13 marzo 15.000 persone sotto una tempesta di neve seguono i feretri dei primi 404 minatori estratti dal sottosuolo nell’ultimo viaggio verso una fossa comune. Gli emissari della Compagnie des mines de Courrières vengono inseguiti e insultati dalla folla che comincia a scandire “Vive la révolution ! Vive la grève !”.  Drappi rossi ricoprono le bare. E’ l’inizio dello sciopero, che si estende con la stessa velocità dell’esplosione per tutto il nord della Francia fino ad oltrepassare  i confini del Belgio.

Non è solo la rabbia incontenibile per centinaia di compagni morti: sono gli orari interminabili, i salari da fame, gli anni di fatica sottoterra e di paura quotidiana di crepare. Alla rivolta per la strage  si affiancano le rivendicazioni delle 8 ore e del salario minimo, dell’abolizione del cottimo e del potere per i delegati operai di fermare il lavoro in caso di pericolo. La lotta, guidata dagli anarcosindacalisti della CGT,  non si rivolge solo contro le compagnie minerarie, ma anche contro il sindacato giallo e contro la repressione di Georges Clemenceau. L’ex deputato di estrema sinistra, ora alla guida del Ministero degli Interni, non esita ad arrestare  i membri del comitato di sciopero e a schierare 20.000 soldati contro i minatori. Sono tanti, ma ugualmente non riescono a proteggere  i crumiri.  Salta la rete di comunicazione delle compagnie: i pali del telegrafo, i ponti e i binari su cui dovrebbero viaggiare crumiri e carbone subiscono un trattamento alla dinamite . Nel frattempo,  il 30 marzo, l’assioma degli Ingegneri dello Stato che avevano giustificato l’interruzione dei soccorsi con l’impossibilità di trovare qualcuno ancora vivo viene posto decisamente in discussione: 13 sopravvissuti di Courrières riescono ad aprirsi un varco dopo aver errato per chilometri, fra macerie e cadaveri, nel buio totale. Un minatore quattordicenne viene ritrovato  vivo  quattro  giorni dopo. Nessuno può sapere quanti siano morti cercando un’uscita.

Sciopero di Courrieres

Sciopero di Courrieres

Il 7 aprile un corteo di donne assedia la direzione  della Compagnie des mines de Courrières chiedendo indietro i corpi di figli e mariti. Si susseguono i cortei sotto le case dei dirigenti delle miniere (gli odiati “ingegneri” ), bersaglio di pietre e mattoni; si ripetono gli scontri con i gendarmi, gli assalti a commissariati e municipi. Continuano anche gli arresti, le accuse di “complotto bonapartista” contro i sindacalisti della CGT, e col passare del tempo il peso delle necessità economiche e della repressione comincia a fiaccare la resistenza dei minatori. A fine a aprile il sindacato giallo tratta la resa, in cambio di un risibile aumento salariale (3).

Il bilancio ufficiale dell’esplosione è di 1.099 minatori morti, più di 200 avevano meno di 18 anni (3).

(1)   Pierre Monatte, La lotta sindacale, Jaca Book, 1978.

In realtà non è detto che sia stato l’incendio a provocare l’esplosione. Non mancavano infatti numerose sorgenti di innesco: i minatori utilizzavano lampade a fiamma libera, e gli esplosivi di sicurezza alla grisoutina erano impiegati raramente rispetto a quelli a base di nitrato d’ammonio e binitronaftalina. La gestione dell’incendio dimostra comunque la criminale superficialità con cui veniva  trattata la sicurezza della miniera. Il delegato Pierre Simon, detto Ricq (un RLS di altri tempi) denunciava da tempo anche la mancanza d’aria, l’accumulo di “putreaux” (gas nocivi) nelle gallerie, i camminamenti precari.

(2)   Bruno Mattéi, Rebelle, rebelle !: Révoltes et mythes du mineur 1830-1946, Champ Vallon, 1987.

(3)   La lista dei morti della catastrofe di Courrieres.

alexik

Rispondi a Massimo Ruggeri (Energu) Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *