Scor-data: 12 maggio di ogni anno (in Brasile)

La schiava Anastacia o la finzione santificata
di Alberto Chicayban (*)

Molti anni fa, all’inizio degli anni ’70, mi sono interessato ai primi testi sul tema della schiavitù in Brasile, scritti naturalmente durante la fase coloniale. Allora cercavo tutto ciò che poteva essere utile per farmi un’idea del modo di vita della società schiavista brasiliana: consuetudini, pratiche, idee ed atteggiamenti. Ricordo bene una mostra, realizzata in quegli anni, nella quale era esposta una litografia del 1839 realizzata dal francese Jacques Etienne Victor Arago (1790-1854) che raffigurava la testa di una schiava o uno schiavo giovane che indossava una maschera e un collare metallico dotato di leva, probabilmente per facilitare il trascinamento durante le punizioni imposte dai signori portoghesi ai fuggiaschi (escravos fujões).

Arago1839

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La barbara punizione della «mascara» metallica utilizzata dai colonizzatori europei può essere vista in alcune immagini del periodo coloniale brasiliano, come nel caso di un acquarello del più famoso Jean-Baptiste Debret.

Debret1820

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Negli anni ’80 sono stato colpito, mentre camminavo per il centro della città di Rio de Janeiro, dai manifesti che tappezzavano i muri per pubblicizzare un evento dedicato alla memoria della «Escrava Anastácia», sui quali si vedeva la stessa immagine della litografia di Jacques Etienne Arago. Siccome ignoravo chi fosse l’Anastácia oggetto di tanti omaggi, ho cercato di imparare qualcosa riguardo il personaggio ormai reso celebre e oggetto di un vero culto popolare. Tutto sembra essere iniziato nel 1968 in un’esposizione realizzata alla Igreja do Rosário (NOTA 1) a Rio de Janeiro per festeggiare gli 80 anni dell’abolizione della schiavitù. Fra le cose esposte si trovava la litografia di Arago che raffigurava la persona con la maschera della punizione, senza un nome o qualsiasi altra indicazione rispetto il modello immortalato.

Arago 2
Da allora è iniziata a circolare la leggenda della Escrava Anastácia – in italiano talora si trova citata come Anastasia – che, secondo il moderno mito, sarebbe stata una donna bellissima, nera con gli occhi blu, capace di fare innamorare tutti gli uomini. Anastácia sarebbe stata anche una grande guaritrice esperta conoscitrice delle virtù delle erbe, capace di operare miracoli. La leggenda metropolitana racconta, con le varianti più strambe, la storia della schiava che, dopo aver rifiutato i rapporti sessuali con il suo padrone, è stata da lui condannata a portare la maschera metallica a vita oltre a essere costantemente bastonata. Nonostante i maltrattamenti, la Escrava Anastácia avrebbe guarito il figlio del suo padrone, salvandolo dalla morte. La litografia di Arago è stata scelta come il ritratto dell’affascinante e virtuosa schiava.
Iron collar
Solo due cose nel pietoso racconto quadrano: la voracità sessuale dei padroni portoghesi rispetto le nere schiavizzate e le brutali punizioni corporee inflitte agli schiavi disobbedienti.
Come aveva notato Gilberto Freyre – nell’importante opera dell’antropologia brasiliana «Casa Grande e Senzala» – il transito notturno fra la casa grande (residenza padronale) e la senzala (l’alloggio degli schiavi) era molto intenso. Nel periodo coloniale sopratutto i proprietari terrieri si vantavano della quantità di afilhados (figliocci), figli naturali avuti con le schiave che facevano battezzare come buoni cristiani, i quali diventavano poi mano d’opera garantita per le loro tenute. Secondo la tradizione che perdura fino a oggi, tanti uomini bianchi in Brasile avevano rapporti sessuali solamente con le donne nere o mulatas e dicevano di raggiungere l’orgasmo solamente con loro (NOTA 2). Le schiave, anche se bambine, venivano portate alla camera del padrone e in altri casi, ancora piccole, avviate alla prostituzione (le così dette «pretas de ganho») per mano di donne bianche attentissime alla possibilità del lucro. Le signore bianche abusavano del corpo delle loro negras, i bambini di casa usavano i figli delle schiave come giocatoli, mentre il signore utilizzava sessualmente le stesse serve (e i servi) della proprietà.
Le punizioni fisiche applicate agli schiavi erano molto pesanti e ogni tenuta manteneva uno strumentario adatto alla pratiche di torture. Dalle catene per la contenzione fino alla «gonilha» o «gargalheira» (collare di ferro) e alla «peia» (utilizzata per bloccare piedi e mani); dalla «palmatoria» (strumento per colpire le mani e altre parti del corpo) alle «mascaras de flandres» (maschere fatte da lamiera, come quella della litografia di Arago); dal ferro rovente per segnare le parole d’accusa sul corpo dello schiavo al tronco (un palo al quale lo schiavo era legato per subire frustrate ed essere poi torturato dalla stanchezza).
Tutto ciò corrisponde alla realtà storica. Gli schiavi neri non avevano diritto alla dignità umana, erano bestie: le loro anime, secondo la sensibile visione teologica cristiana impartita dai prelati portoghesi, andavano al limbo come le anime delle mucche (NOTA 3).
slave trade
Sulla storia della Escrava Anastácia invece, tutto il resto non va oltre al grossolano mito popolare, senza conferme storiche tranne le voci delle beate e le lagne del piccolo esercito di miracolati, che, nelle festività della santa, cercano di raccontare le loro storie. Gli occhi blu della schiava pura e virtuosa non trovano conferme nel ritratto della litografia di Arago: quelli dell’immagine sono inappellabilmente scuri. Il viso ritratto dal francese con la «máscara de flandres» della punizione potrebbe essere anche di un nero giovane (da adolescente avevo un amico nero della mia stessa età, le cui sembianze sembravano identiche a quelle della Escrava Anastácia, dai capelli arruffati alle orecchie piccole, dal naso agli occhi). Il nome Anastácia probabilmente è stato preso in prestito dalla Tia Nastácia, la buona e virtuosa cuoca nera del «Sítio do Pica-pau Amarelo», luogo magico dei libri infantili scritti da Monteiro Lobato, molto popolari in Brasile fino agli anni ’50.
I miti hanno buoni motivi per esistere. La gente certamente ha voluto creare una santa di pelle scura, perché mancava ai cattolici della comunità afro-brasiliana, in mezzo a tanti santi biondi con gli occhi blu, un oggetto di devozione capace di riflettere la loro pelle, i loro ideali di riscatto e di crescita sociale. Dopo tutto non è così strano inventarsi un santo di sana pianta: abbiamo visto la canonizzazione di Giovanni Paolo II (nemico dell’opzione preferenziale per i poveri, persecutore poco pietoso della Teologia della Liberazione e dei suoi difensori) e di Escrivá de Balaguer (fondatore della famigerata Opus Dei). In confronto a loro la Escrava Anastácia, finzione santificata, è stata purificata per sempre dal crogiuolo della non-esistenza. Virtuosa e pura come deve essere una santa.
NOTE
1 – Storica chiesa di Rio de Janeiro famosa per essere associata a una confraternita di schiavi e per essere, nei tempi moderni, la sede del «Museu do Negro» che custodisce oggetti legati alla presenza degli schiavi in città.
2 – BARCELLOS BEZERRA VILARIM DE MELO, Fernando. «Interpretações sobre a família escrava brasileira: de Casa Grande e Senzala, à nova história cultural». XXVII Simpósio Nacional de História, Natal, 2013.
3 – ANTONIL, Padre Antonio. «Cultura e Opulência no Brasil por suas Drogas e Minas». 1701, Lisbona.
(*) Ricordo – per chi si trovasse a passare da qui per la prima volta – il senso di questo appuntamento quotidiano in blog. Dall’11 gennaio 2013, ogni giorno (salvo contrattempi sempre possibili) troverete in blog a mezzanotte e un minuto una «scordata» – qualche volta raddoppia o triplica, pochi minuti dopo – postata di solito con 24 ore circa di anticipo sull’anniversario. Per «scor-data» si intende il rimando a una persona o a un evento che per qualche ragione il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna dimenticano o rammentano “a rovescio”.
Molti i temi possibili. A esempio, nel mio babelico archivio, sul 12 maggio avevo, fra l’altro, queste ipotesi: 1588: Parigi, il re fugge; 1820: nasce Florence Nightingale; 1915: nasce Roger Schutz; 1918: nasce Julius Rosenberg; 1973: muore Monika Ertl; 1977: uccisa Giorgiana Masi (era la “scor-data” dell’anno scorso); 2007: Tutti i politici italiani puttanieri al «Family day»… E chissà a ben cercare quante altre «scordate» salterebbero fuori.
Molte le firme (non abbastanza forse per questo impegno quotidiano) e assai diversi gli stili e le scelte; a volte troverete post brevi: magari solo una citazione, una foto o un disegno. Se l’idea vi piace fate circolare le «scordate» o linkatele ma ovviamente citate la fonte. Se vi va di collaborare – ribadisco: ne abbiamo bisogno – mettetevi in contatto (pkdick@fastmail.it ) con me e con il piccolo gruppo intorno a quest’idea, di un lavoro contro la memoria “a gruviera”.
Ogni sabato (o quasi) c’è un riassunto di «scor-date» su Radiazione (ascoltabile anche in streaming) ovvero, per chi non sta a Padova, su www.radiazione.info .
Stiamo lavorando al primo libro (e-book e cartaceo) di «scor-date»… vi aggiorneremo. (db)

Redazione
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  • Care e cari per la mia solita insipienza tecno-pratica non ho saputo convertire in jpeg due immagini (quelle citate all’inizio del post). Mi scuso con Alberto e rimedierò… appena possibile.

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