Scor-data: 15 dicembre 1972

La prima legge italiana sull’obiezione di coscienza

di Giancarla Codrignani (*)

 

Negli anni Sessanta/Settanta del secolo scorso aveva grande rilievo il tema del servizio militare obbligatorio; oggi è dimenticato perché siamo passati alla professionalità. Se tuttavia posso fare memoria, il mio debutto politico è simbolicamente partito da una denuncia di vilipendio per un volantino di studenti che – tutti cattolici, ospitati nella chiesa protestante – ragionavano sull’obiezione alla leva obbligatoria: avevano deciso di manifestare contro il 4 novembre, festa già allora anacronistica (quale vittoria mai!…). In piazza Maggiore trovarono i poliziotti pronti a sequestrare il materiale e a denunciare i firmatari, tutti minori, tranne me e un sindacalista della Cisl, sostenitori entrambi delle buone ragioni dei più giovani. Finì nel migliore dei modi perché il giudice Mario Antonacci ricorse a una «declaratoria immediata» per ricordare che l’«inutile strage» stava ormai scritta anche nei libri di scuola.

Non dimentichiamoci dunque di una pratica virtuosa di democrazia. Furono molti i giovani che, perché nonviolenti, andarono in carcere. Peschiera e Gaeta erano i luoghi riservati a chi obiettava: non erano luoghi per «signorini», come voleva il dileggio – purtroppo popolare a quei tempi – per chi rifiutava l’esperienza che «ti fa vero uomo». Si era costituita la Lega degli Obiettori, la Loc, prima delle organizzazioni pacifiste e/o antimilitariste che, partita prevalentemente anarchica, radunò immediatamente cattolici, laici e cani sciolti. La politica non li amava: la destra per ragioni evidenti, la sinistra perché sempre perplessa sul militare, fin dall’interventismo della prima guerra mondiale. Infatti non ha mai accettato che i partigiani fossero, in qualche modo, degli obiettori che avevano dovuto prendere le armi contro il governo allora vigente, anche se storicamente illegittimo; tornata la legalità divennero giustamente i veri soldati ma senza alcuna discussione sull’eccezionalità della situazione. Comunque, per gli obiettori fu dura: perfino la Chiesa era contro di loro e i cappellani militari portarono in tribunale don Milani ed Ernesto Balducci, sostenitori dell’incompatibilità, quanto meno cristiana, con la potenziale «violenza di Stato» dell’obbligo. Venne infine la legittimazione, proprio il 15 gennaio 1972. Le legge 772 fu una conquista ma per i sostenitori del diritto apparve subito incostituzionale perché imponeva a chi optasse per il servizio civile un prolungamento della ferma di otto mesi aggiuntivi (poi ridotti) ritenuti punitivi e discriminatori. Dopo tutta una serie di dissolvenze parlamentari su diverse proposte di legge e davanti alla crescita del movimento di base (era entrata nel giro anche la Caritas) la Corte costituzionale intervenne a eliminare la penalizzazione e aprì la via a un vero riconoscimento.

Tuttavia arrivava il terzo millennio e nessun Paese aveva più bisogno di grandi schieramenti di uomini a causa dello sviluppo sempre più sofisticato degli armamenti: il servizio militare obbligatorio fu soppresso e sostituito dalla professionalità (luglio 2004). Tengo a precisare che la legge che oggi regola il «sacro dovere della difesa» – uno dei fondamenti della Costituzione – in casi estremi potrebbe essere ridefinita da altra norma. Sottolineo anche una potenzialità che, pur remota, è sfuggita anche alla vecchia Loc, che non ha accolto la proposta di estendere il diritto all’obiezione anche a quei professionisti che non accettassero, per esempio, di eseguire respingimenti di immigrati (come i refusenik israeliani che rifiutano di distruggere le case dei palestinesi). Comunque intesa, quella scelta “di coscienza individuale” rifiutava non di toccare con la propria mano un’arma o di contestare l’ancor ovvio inserimento degli eserciti nelle Costituzioni; rappresentava il rifiuto non solo simbolico dell’ipotesi omicida implicita nella previsione bellica. Erano le ragioni di Pietro Pinna, il primo obiettore di una nuova generazione decisa a dare senso politico alla nonviolenza. Ancor oggi ritengo che l’obiezione al servizio militare abbia rappresentato un capitolo storico della nonviolenza che, a mio avviso, è l’unica e definitiva filosofia morale per un futuro “normale” dell’umana convivenza. Tra quanto ovviamente non sappiamo ma mi preme, anche in questo campo, non perdere la memoria.

Un corollario, non di piccolo calibro. La Loc ha avuto una presidente donna, ma non ha mai accettato l’alleanza con la cultura “di genere”. Ancor oggi si fatica a trovare sulle pubblicazioni e sulle iniziative del Movimento Nonviolento un apporto femminista alle discussioni. Non riapro la querelle, ma è strano (o forse no, secondo Freud) che non si riesca a radicare fra le ragioni originarie della violenza umana (o subumana) la violenza sessuale. Ne deriva – lascio a chi legge la connessione – la violenza dell’estensione della obiezione alla normativa sull’interruzione di gravidanza. Le donne sono indotte, nonostante la parità sancita dall’articolo 3 della Costituzione, a fare appello all’autodeterminazione, come i popoli soggetti a dominio illegittimo e – nonostante abbiano vinto la mortificazione (e le morti) di una piaga secolare appellandosi alla responsabilità sociali e alle leggi – trovano il boicottaggio dei sostenitori del diritto prioritario dell’embrione. Le leggi, una volta uscite sulla «Gazzetta Ufficiale», vanno rispettate, piacciano o non piacciano, e la disobbedienza civile in democrazia non dovrebbe essere ammessa perché i processi riformatori si attivano in Parlamento anche con leggi di iniziativa popolare. La legge sull’aborto è una legge comune, laica come qualunque altra e ai cattolici, che in teoria non abortiscono, non è impedito né di esercitare la professione in cliniche private né – se per caso fossero davvero sensibili alla difesa della vita – di lucrare nell’industria bellica o di lavorare fuori dagli arsenali.

(*) Giancarla Codrignani è stata presidente della Loc.

Ricordo – per chi si trovasse a passare da qui per la prima volta – il senso di questo appuntamento quotidiano in blog. Dall’11 gennaio 2013, ogni giorno (salvo contrattempi sempre possibili) troverete in blog a mezzanotte e un minuto una «scordata» – qualche volta raddoppia o triplica, pochi minuti dopo – postata di solito con 24 ore circa di anticipo sull’anniversario. Per «scor-data» si intende il rimando a una persona o a un evento che per qualche ragione il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna dimenticano o rammentano “a rovescio”.
Molti i temi possibili. A esempio, nel mio babelico archivio, sul 15 dicembre avevo, fra l’altro, queste ipotesi:
1907: nasce Oscar Niemeyer; 1916: una piccola vicenda raccontata da Nuto Revelli; 1946: si conclude la breve storia dello Stato curdo di Mahabad; 1953: muore Rocco Scotellaro; 1961: condanna a morte per Eichmann; 1965: “rendez-vous” nello spazio; 1981: «spinta esaurita» dei Paesi socialisti… dice Berlinguer; 199: Timisoara fra libertà e bugie; 2010: Usa, abrogata «dadt» cioè Don’t Ask don’t Tell; 2012: rapito Sumbath Somphone. E chissà a ben cercare quante altre «scordate» salterebbero fuori.
Molte le firme (non abbastanza forse per questo impegno quotidiano) e assai diversi gli stili e le scelte; a volte troverete post brevi: magari solo una citazione, una foto o un disegno. Se l’idea vi piace fate circolare le «scordate» o linkatele ma ovviamente citate la fonte. Se vi va di collaborare – ribadisco: ne abbiamo bisogno – mettetevi in contatto (pkdick@fastmail.it ) con me e con il piccolo gruppo intorno a quest’idea, di un lavoro contro la memoria “a gruviera”.
Ogni sabato (o quasi) c’è un riassunto di «scor-date» su Radiazione (ascoltabile anche in streaming) ovvero, per chi non sta a Padova, su http://www.radiazione.info .
Stiamo lavorando al primo libro (e-book e cartaceo) di «scor-date»… è un’impresa più complicata del previsto, vi aggiorneremo. (
db)

 

Redazione
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