Scor-data: 15 gennaio 1947

La «Dalia Nera», un caso irrisolto

di Fabrizio Melodia (*)  

Una mattina come tante, quando la giovane madre passeggiava insieme alla figlia piccola. Non si aspettava assolutamente di vedere quel corpo, nel terreno non edificato appena fuori Los Angeles, Lamiert Park, nella zona meridionale.

Inizialmente la signora Betty Bersinger pensò che quel corpo così lucido e pulito fosse un manichino ma, dopo essersi avvicinata di più, si rese conto che era un corpo umano. Colta dal panico, corse nella casa più vicina trascinandosi dietro la figlia e telefonò alla polizia.

Il cadavere era quello di Elisabeth Ann Short, meglio nota come la Dalia Nera.

Non avrebbe mai immaginato la Bersinger che avrebbe dato origine a uno dei più famosi casi irrisolti – non limitatamente a Los Angeles, ma in tutto il mondo – entrando prepotentemente nell’immaginario collettivo.

Le modalità del ritrovamento favorirono questa fama tremenda: il corpo di Elisabeth Short fu rinvenuto nudo e tagliato in due parti all’altezza della vita, mutilato e con vistosi segni di tortura. Aveva i capelli tinti di rosso e le era stato lavato via accuratamente tutto il sangue dal corpo. Il suo volto era orrendamente mutilato da un profondo taglio da un orecchio all’altro, creando l’effetto chiamato «Glasgow smile».

Da subito Leimert Park divenne il teatro di un via vai continuo degli inquirenti, di giornalisti che speravano di poter fare il colpo della carriera, di curiosi che non poco contribuirono a far circolare le voci riguardo all’efferato delitto.

Le indagini sul «delitto della Dalia Nera» della polizia di Los Angeles sono state forse le più vaste nella storia della città: hanno coinvolto centinaia di agenti e ispettori, perfino di altri dipartimenti. Centinaia i sospettati, migliaia le persone interrogate.

Fortissima l’attenzione dell’opinione pubblica sul caso, la cui complessità è stata ampliata dalla curiosità dei giornali, dovuta alla natura del delitto.

Secondo alcuni le indagini non vennero svolte correttamente, dato che (ufficialmente) non furono ritrovate impronte di macchine o di scarpe. La polizia non raccolse neanche le fibre nel campo. Se lo avesse fatto avrebbe potuto trovare il numero di scarpa dell’assassino o, attraverso le impronte di pneumatici, cercare riscontri con l’automobile di ogni sospettato.

Dell’omicidio sono state accusate (o si sono auto-accusate) almeno 60 persone, in larga parte uomini, anche se ci furono alcune donne. Dai documenti ufficiali degli investigatori della polizia di Los Angeles risultano 22 sospetti “principali”.

Per prima cosa si tentò di ricostruire la vita di Elisabeth Ann Short, di indagare sugli ultimi giorni di vita, su chi l’avesse vista viva nelle ultime ore, su cosa facesse in quel luogo (o lì vicino), insomma la normale procedura.

Elisabeth Ann Short era nata ad Hyde Park (Massachussets) il 29 luglio 1924, trasferendosi a Medford (sempre Massachussets) in tenera età, insieme alla madre Phoebe Mae e alle quattro sorelle Virginia, Dorothea, Eleanora e Muriel.

La causa del trasferimento fu l’abbandono del padre Cleo, il quale si trasferì a Vallejo, in California, nel 1930.

Sofferente di asma, Elizabeth (per gli amici Betty, anche se lei preferiva essere chiamata Beth) passava l’estate con la famiglia a Medford e l’inverno in Florida per curarsi. Ma presto abbandonò gli studi per andare a lavorare come cameriera. A 19 anni decise di lasciare la madre per vivere con il padre in California e con lui andò a Los Angeles. La loro coabitazione durò poco: dopo un litigio, Elizabeth lasciò la casa, trovando un lavoro a Camp Cooke (sempre in California) in un ufficio postale.

Andò poi a vivere a Santa Barbara, dove il 23 settembre 1943 venne arrestata per ebbrezza (per la legge californiana era minorenne) e riaccompagnata dalle autorità a Medford dalla madre. Dopo aver lavorato per un periodo alla mensa dell’università di Harvard, si trasferì in Florida. Qui incontrò il maggiore dell’Aeronautica statunitense Matthew M. Gordon Jr., all’epoca in procinto di essere trasferito al fronte, sul teatro di operazioni del Sud Est Asiatico. Gordon – che otterrà molti e prestigiosi riconoscimenti durante la guerra ma successivamente costretto in un ospedale militare in India – scrisse ad Elizabeth chiedendole di sposarlo. La giovane accettò ma non riuscì a convolare a nozze, perché Gordon morì il 10 agosto 1945 in un incidente aereo.

Betty lasciò la Florida e tornò in California nel luglio 1946 per incontrare nuovamente una sua vecchia fiamma, il luogotenente Gordon Fickling, di stanza a Long Beach. Fu proprio durante la sua permanenza a Long Beach che venne soprannominata Dalia Nera, nomignolo che probabilmente univa la passione per il film «La dalia azzurra» alla sua abitudine a vestire di nero.

Nell’agosto 1946, Elizabeth arrivò ad Hollywood con la speranza di entrare nel mondo dello spettacolo ma riuscì solo ad avere ruoli in film pornografici, all’epoca illegali anche negli Usa. L’ultima volta che fu vista viva era la sera del 9 gennaio 1947, nel salone del Biltmore Hotel di Los Angeles. Probabilmente era in compagnia di un uomo.

Sicuramente ci furono lacune nelle indagini: probabilmente la morte di una probabile ragazza squillo non interessava più di tanto la polizia. Ma qualcosa in quel delitto aleggiava come una cappa tremenda di violenza.

I principali sospettati furono “eterogenei” e tutti dettati da circostanze perlomeno dubbie. Robert M. Manley, detto Red, è stata l’ultima persona ad aver visto Elizabeth in vita. È stato il primo sospettato nei giorni immediatamente successivi al delitto: sottoposto a vari test e verificato il suo alibi, Manley venne rilasciato.

Successivamente gli investigatori presero in considerazione Walter Alonzo Bailey, noto chirurgo di Los Angeles, il quale viveva in una delle case vicine all’abitazione di Elisabeth Short, in un periodo in cui egli era in procinto di separarsi dalla moglie.

La figlia di Bailey era intima amica della sorella di Elisabeth, Virginia Short, di cui fu anche testimone di nozze. Bayley morì nel gennaio 1948. La sua autopsia ha rivelato che soffriva di una malattia cerebrale degenerativa. All’epoca del delitto, Bayley aveva 67 anni e non aveva alcun precedente penale. Dopo la sua morte, la vedova di Bayley dichiarò che l’amante del marito era a conoscenza di un terribile segreto che lo riguardava, accusandola di essere la principale beneficiaria della sua morte. Però Bayley non è mai stato ufficialmente iscritto nel registro degli indagati, al contrario di molti suoi colleghi e di alcuni loro assistenti.

Il detective Harry Hansen (tra i primi a occuparsi del caso) ipotizzò nel 1949 che il killer della Short fosse un chirurgo molto esperto. Larry Harnisch, redattore del «Los Angeles Times», alla fine di una propria indagine giornalistica svolta nel 1996, arrivò alla conclusione che Bayley avrebbe potuto uccidere Elizabeth Short.

Molti critici dell’ipotesi avanzata da Harnisch si interrogano sulla reale capacità di intendere e di volere di Bayley, data la sua malattia.

La principale teoria degli investigatori (secondo cui il corpo avrebbe dovuto essere smembrato per essere poi trasportato altrove, ipotesi che giustifica il profondo taglio all’altezza della vita) risponde parzialmente alla critica. Invece Harnisch sostiene che sia stata proprio la sua malattia neurodegenerativa a contribuire all’accanimento sul corpo della vittima. Si è pure ipotizzato che il terribile segreto di Bailey fossero una serie di aborti clandestini, ma non c’è alcuna prova concreta.

Joseph A. Dumais, soldato di 29 anni di stanza in New Jersey, fu uno dei primi ad auto-accusarsi del delitto poche settimane dopo. Tutta la stampa di Los Angeles sostenne entusiasticamente l’ipotesi, fin quando si scoprì che Dumais era alla sua base di appartenenza in New Jersey al momento dell’omicidio. Gli investigatori, a differenza della stampa, lasciarono cadere immediatamente l’ipotesi. Durante gli anni cinquanta Dumais venne arrestato più volte per reati minori e ogni volta continuò ad auto-accusarsi del delitto della Dalia Nera.

Woody Guthrie, noto cantante folk, venne iscritto nel registro degli indagati in seguito all’ipotesi di collegamento fra il delitto della Dalia Nera e una denuncia per molestie, fatta da una donna californiana di cui Guthrie era innamorato e che dallo stesso aveva ricevuto lettere minatorie e contenenti allusioni sessuali. L’ipotesi cadde in seguito per mancanza di prove ma Guthrie venne comunque processato per molestie. Probabilmente una tappa della persecuzione politica contro Guthrie, odiato dai poteri perché sovversivo.

Molto più interessante la vicenda di George Hodel, altro medico specializzato in salute pubblica, segnalato nel 1949 nientemeno che dalla figlia Tamara, che lo accusò di molestie. Il caso fu immediatamente associato «per analogia» al delitto di Elisabeth Short, tanto che gli inquirenti decisero di mettere sotto sorveglianza Hodel dal 18 febbraio al 25 marzo 1950 per accertare la sua implicazione nel delitto. Il rapporto finale della sorveglianza, consegnato al Grand Jury di Los Angeles il 20 febbraio 1951, fu semplicemente sconcertante: «Il dottor George Hodel […] al momento dell’omicidio aveva una clinica sulla East 1st Street, vicino Alameda. Lillian Lenorak, una delle sue pazienti con problemi mentali, successivamente trasferita in un altro ospedale, che viveva con il dottor Hodel, ha affermato di aver trascorso con lui del tempo nei paraggi dell’Hotel Biltmore, il luogo dove Elizabeth Short è stata trovata morta, e di aver identificato la Short come una delle fidanzate del dottore.
Tamara Hodel, la figlia di quindici anni, ha dichiarato che sua madre Dorothy le ha confidato che, la notte dell’omicidio, suo padre è stato fuori tutta la notte per un party e che le ha detto: “Non saranno mai capaci di provare che l’ho uccisa io”. Due microfoni sono stati piazzati nella casa del sospetto.
L’informatrice Lillian Lenorak è stata trasferita all’Istituto Statale per cure mentali di Camarillo. Joe Barrett, che vive nello stesso residence del dottor Hodel, ha cooperato come informatore. È stata sequestrata dagli effetti personali del dottor Hodel una foto dell’accusato, dove era ritratto nudo assieme a una modella di colore, anch’essa nuda e successivamente identificata come Mattie Comfort […]. La Confort ha affermato che è stata con il dottor Hodel prima del delitto e che non sapeva assolutamente che l’accusato fosse in qualche modo collegato alla vittima.
Rudolph Waters, che si sa abbia conosciuto sia la vittima che il sospettato, ha asserito che non ha mai visto la vittima e Hodel assieme e che non crede alla possibilità che i due si conoscessero. Le seguenti persone, interrogate, non hanno saputo fornire nessun dato capace di collegare il sospetto alla vittima […]. Cfr. anche i rapporti supplementari, i resoconti e le registrazioni, tutte tendenti ad eliminare Hodel dalla lista dei sospetti
».

Nel 2003 Steve Hodel (figlio del dottor Hodel ed ex-detective della Sezione Omicidi della polizia di Los Angeles) ha pubblicato un libro in cui afferma che il padre, deceduto nel 1999, è il responsabile sia dell’omicidio della Dalia Nera che di un ampio numero di omicidi irrisolti commessi lungo un ventennio. L’ex-detective Steve Hodel afferma di aver maturato questa ipotesi dopo aver trovato due foto del padre in compagnia di una ragazza simile a Elizabeth Short, anche se la famiglia della Short insiste nel negare ogni somiglianza fra la ragazza nella foto e la vittima. Steve Hodel inoltre sostiene di non sapere che all’epoca il padre fosse uno dei sospettati, nonostante sua sorella Tamara fosse amica di Janice Knowlton, autrice di «Daddy Was the Black Dahlia Killer» e nonostante i documenti rendano chiaro come i parenti e alcuni soci del dottor Hodel sapessero che era inserito nella lista dei sospetti.

Dopo aver analizzato le informazioni presentate nel libro di Steve Hodel, il vice-procuratore di Los Angeles Stephen Kay (che è stato anche pubblico ministero nel processo alla «famiglia Manson») dichiarò chiuso il caso.

Molti hanno però notato che Kay – ritiratosi in pensione subito dopo – ha formulato il suo giudizio considerando le affermazioni di Steve Hodel come fatti inconfutabili. Non sono mancati invece i critici che hanno contestato le affermazioni di Hodel.

Il detective Brian Carr, attualmente responsabile del caso, ha affermato in una intervista televisiva che il responso di Kay lo ha lasciato confuso e ha aggiunto che se avesse portato un impianto accusatorio debole come quello di Steve Hodel al pubblico ministero, questi «mi avrebbe riso in faccia e mi avrebbe cacciato fuori dal suo ufficio».

Qui entra in scena George Knowlton, il quale quando fu ritrovata la Dalia Nera viveva in una zona vicina al luogo del delitto e successivamente morì in un incidente automobilistico nel 1962. Non fu mai iscritto nel registro degli indagati se non quando, nel 1990, sua figlia Janice Knowlton, l’autrice del libro «Daddy was the Blach Dahlia killer» sopra citato, affermò di aver visto suo padre uccidere Elisabeth Short.

Una vera bomba. La Knowlton sostiene nel suo libro che il padre e la Short hanno avuto una relazione. Addirittura afferma la Short sarebbe stata ospite a casa sua (per lei sarebbe stata ricavata una improvvisata stanzetta nel garage della casa, dove successivamente avrebbe abortito) e che sarebbe stata costretta a seguire il padre durante le operazioni di occultamento del cadavere.

Pare che un ex-collaboratore dello sceriffo di Los Angeles abbia informato la Knowlton sulle indagini condotte sul padre. La stessa fonte sembra le abbia confidato che anche Edward Davis (futuro capo della polizia di Los Angeles e futuro politico californiano) e Buron Fitts (procuratore distrettuale di Los Angeles) erano coinvolti nell’omicidio. Tuttavia dai documenti ufficiali si evince che nessuna indagine è stata mai effettuata nei confronti di George Knowlton da parte della polizia.

Janice Knowlton diventerà molto conosciuta nei vari newsgroups di Internet che parlano del delitto della Dalia Nera. Le sue accuse si collegano infatti a molti personaggi che ruotano intorno alla vicenda. Nel 1998, invia un messaggio (in un gruppo Usenet) dove nomina il dottor George Hodel, additandolo come uno dei sospetti. Poco tempo dopo nascerà una lunga corrispondenza via e-mail fra Janice Knowlton e Tamara Hodel, figlia del dottor George Hodel. Nel 1999, dichiara invece su vari forum tematici che anche l’editore del «Los Angeles Times» Norman Chandler ha partecipato alle operazioni di insabbiamento. A supporto di questa tesi ha più volte dichiarato sugli stessi forum che nella notte di Halloween del 1946 è stata «venduta» per la prima volta, a 9 anni, come baby-prostituta a una setta satanica di Pasadena. Successivamente, sarebbe stata venduta a star dello spettacolo e a personaggi importanti dell’epoca (al momento delle accuse, tutti morti) come appunto Norman Chandler, Gene Autry (dalla Knowlton sempre chiamato erroneamente Autrey), Arthur Freed e Walt Disney. Di lì a poco però venne bannata dai forum che frequentava a causa del suo comportamento, giudicato ossessivo e “spammatorio”.

Janice Knowlton morì suicida nel 2004 per un’overdose di farmaci, regolarmente prescritti.

Non vi sono prove a sostegno delle affermazioni di Janice Knowlton. Altri nomi fecero capolino nella lista dei sospettati, persino quello di Orson Welles. Il regista di «Quarto potere» fu inserito fra i sospetti del delitto Short nel 1999 da Mary Pacios, ex-vicina di casa della famiglia Short di Medford, nel suo libro «Childhood shadows». La Pacios basa la sua teoria soprattutto sul temperamento molto “volatile” del regista e sulla sua mania di tagliare tutto a metà, una ossessione che, secondo la Pacios, si può rintracciare nel set decisamente particolare ideato dallo stesso Welles per alcune scene (poi rimosse) di un film a cui stava lavorando al momento del delitto. Come ulteriore indizio, la Pacios cita anche gli spettacoli di magia che Welles ha tenuto durante la seconda guerra mondiale per divertire i soldati al fronte. L’autrice definisce il particolare taglio effettuato a metà del corpo come la firma del killer, l’ossessione di chi l’ha perpetrata. Secondo la Pacios, alcuni testimoni da lei interrogati dicono che Welles ed Elisabeth Short frequentavano lo stesso ristorante di Los Angeles. Tuttavia, Orson Welles non è mai stato inserito nella lista dei sospettati e francamente le affermazioni della Pacios sembrano campate per aria. Attualmente, Mary Pacios gestisce un sito web contenente un gran numero di informazioni e di documentazioni ufficiali sul caso della Dalia Nera; solo una piccola sezione del sito è dedicata al possibile coinvolgimento di Orson Welles.

Occorre ricordare anche il nome di John Anderson Wilson, un ladruncolo di mezza tacca intervistato dallo scrittore John Gilmore per il suo libro «Severed». Gilmore affermò, dopo la morte di Jack Wilson, che costui fu l’assassino di Elisabeth Short, basandosi su una presunta conoscenza e frequentazione fra i due. Gilmore sostiene inoltre che il detective John St. John, incaricato al tempo del caso, era quasi arrivato a incastrare Wilson. In realtà, il detective stesso ha rilasciato al «Los Angeles Herald-Examiner» una dichiarazione, in cui affermava di essere impegnato nella risoluzione di altri delitti e che avrebbe preso in considerazione le ipotesi di Gilmore quando avrebbe avuto un po’ di tempo.

Successivamente, una volta resi pubblici il rapporto dell’Fbi e della Procura distrettuale di Los Angeles, le affermazioni contenute nel libro di John Gilmore che accusavano Wilson dell’omicidio della Dalia Nera si sono rivelate decisamente infondate.

Alcuni autori di romanzi criminali hanno speculato sui possibili collegamenti fra il delitto Short e i delitti del «Macellaio» di Cleveland, che operò fra il 1935 e il 1938. I primi responsabili del caso hanno effettivamente esaminato l’ipotesi, ma senza risultati (va detto che la stessa ipotesi è stata fatta per altri delitti commessi sia prima che dopo il delitto della Dalia Nera).

Altri hanno ipotizzato collegamenti fra gli omicidi di Elizabeth Short e di Suzanne Degnan, una bambina di sei anni trovata morta nel 1945 a Chicago, il cui corpo è stato anch’esso smembrato. L’ipotesi venne avvalorata dalla scoperta del corpo della Short in Degnan Boulevard. Tuttavia, il cosiddetto «Killer del rossetto» (al secolo William Heirens, l’autore dell’atroce delitto di Chicago) ha confessato il suo delitto ed è stato per questo arrestato prima della scoperta del cadavere della Short; anche se c’è chi ha sostenuto che Heirens fosse innocente riguardo al delitto della Degnan.

Niente di certo, comunque. Il delitto della Dalia Nera rimane irrisolto.  

(*) Ricordo – per chi si trovasse a passare da qui per la prima volta – il senso di questo appuntamento quotidiano in blog. Da oltre un anno, dall’11 gennaio 2013, ogni giorno (salvo contrattempi sempre possibili ma sinora sempre evitati) troverete in blog a mezzanotte e un minuto una «scordata» – qualche volta raddoppia o triplica, pochi minuti dopo – postata di solito con 24 ore circa di anticipo sull’anniversario. Per «scor-data» si intende il rimando a una persona o a un evento che per qualche ragione il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna dimenticano o rammentano “a rovescio”.

Molti i temi possibili. A esempio, nel mio babelico archivio, sul 15 gennaio fra l’altro avevo ipotizzato:1809: nasce Proudhon; 1842: nasce Lafargue; 1850: nasce Sofia Kovalevskaja; 1885: l’incredibile storia dei fiocchi di neve di Bentley: 1919: uccisa Rosa Luxemburg; 1921: nasce il Partito comunista italiano; 1929: nasce M. L. King; 1936: nasce la fondazione Ford … ma bisogna leggere come la racconta Arundati Roy (cercate «I fantasmi del capitale» pubblicato nel 2012 e tradotto anche su «Internazionale»);1951: il crollo di via Savoia diventa un film, sceneggiato da Elio Petri; 1970: ucciso Leonel Rugama; 1981: muore Zeno Saltini; 1993: arrestato Riina; 1998: prima Global March contro lo sfruttamento dei minori. E chissà a ben cercare quante altre «scordate» salterebbero fuori.

Molte le firme (non abbastanza forse per questo impegno quotidiano) e assai diversi gli stili e le scelte; a volte troverete post brevi: magari solo una citazione, una foto o un disegno. Se l’idea vi piace fate circolare le «scordate» o linkatele ma ovviamente citate la fonte. Se vi va di collaborare – ribadisco: ne abbiamo bisogno – mettetevi in contatto (pkdick@fastmail.it) con me e con il piccolo gruppo intorno a quest’idea, di un lavoro contro la memoria “a gruviera”.

Ogni sabato (o quasi) c’è un riassunto di «scor-date» su Radiazione (ascoltabile anche in streaming) ovvero, per chi non sta a Padova, su www.radiazione.info.

Stiamo lavorando al primo libro (e-book e cartaceo) di «scor-date»… vi aggiorneremo. (db)

 

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

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