Scor-data: 16 giugno 1904

«Bloomsday», un giorno per Dublino e per tutti i joyciani
di Fabio Troncarelli (*)
Il 16 giugno 1904 il giovane James Joyce incontrò Nora Barnacle. Nora era una cameriera, sboccata e sfrontata. James era timido, complessato, frustrato. Scoccò la scintilla o, se preferite usare le parole di Joyce, Nora insegnò su due piedi al ragazzino insicuro a essere un uomo. Da allora i due furono inseparabili, uniti in un rapporto complesso e conflittuale, pieno di luci e di ombre. Nora non capiva nulla di letteratura. E francamente non capiva nulla del suo compagno nevrotico e paradossale. Per dirla proprio chiara rimase tutta la vita quella che era stata: una cameriera volgare e procace, dai gusti facili e dai costumi, per così dire, disinvolti, proprio quello che ci voleva per mandare ai matti un intellettuale perduto al mondo col sangue bollente e il cuore di ghiaccio, congelato, rovinato da un’educazione bigotta e dall’angustia provinciale di un Paese in agonia come l’Irlanda. La contrapposizione fra i due fu quasi sempre un’autentica spaccatura. Accompagnata dalla miseria, dall’alcolismo, dalla disperazione produsse effetti devastanti sulla coppia e sui loro malcapitati figli: ne fece le spese soprattutto Lucia, la figlia più piccola, che – dopo un’adolescenza turbolenta e un rapporto intensissimo col padre – finì in un manicomio, che la madre non volle mai vedere neppure da lontano.
Eppure da questo rapporto drammatico e da questa vita disperata nacquero bellissime pagine di poesia e di prosa. Joyce rimase attaccato per tutta al vita al sogno di un amore totale e totalizzante che nella realtà si era trasformato in un incubo: amore che lo scrittore si compiaceva di presentare provocatoriamente nei suoi aspetti più esasperati e contorti, per mascherare la sua vulnerabilità, la sua nostalgia infinita per la tenerezza negata da un’infanzia fallita e da una vita adulta distruttiva, il suo rimpianto inconfessato per l’innocenza perduta. In ricordo di questo sogno, di una vita di sogno, Joyce scelse la data fatidica del suo incontro pieno di luce e di speranza per il suo grande, mostruoso, infernale antiromanzo l’«Ulisse», che si svolge in una sola giornata , la stessa in cui aveva conosciuto Nora in Nassau Street a Dublino. Per quanto possa sembrare paradossale questa data che ricorda un evento così privato è divenuta col tempo una vera e propria festa nazionale in Irlanda: il Bloomsday, il giorno di Leopold Bloom il protagonista dell’Ulisse. Dal 1950 tutta Dublino impazzisce il 16 giugno: durante la giornata si svolgono diverse attività culturali, come letture pubbliche e drammatizzazioni dell’Ulisse e un gran numero di entusiasti lettori dell’opera si vestono in stile edoardiano e ripercorrono i vagabondaggi di Leopold Bloom nella città, mangiando o bevendo come lui in locali mitici come il Davy Byrne’s pub. L’atmosfera è quella di un carnevale surreale, pieno di humour e di passione, in cui il sogno dello scrittore prende finalmente vita, affratellando giovani e vecchi. Questa passione è contagiosa: dopo anni e anni di festeggiamenti irlandesi, il Bloomsday è rinato in diversi Paesi legati in vario modo a Joyce: negli Stati Uniti a Philadelphia, dove si conserva l’autografo dell’Ulisse; a Trieste dove Joyce ha vissuto per molti anni; perfino a Szombathely, in Ungheria, da dove, secondo il romanzo, sarebbe venuta la famiglia originaria di Leopold Bloom (e dove, guarda caso, c’è realmente una famiglia Blum che gestisce una casa-museo dedicata a Joyce).
In un’epoca come la nostra nella quale la letteratura sembra non avere altro mezzo di manifestarsi che attraverso i mass-media, nella quale i sentimenti personali sembrano non avere più diritto a esistere a meno di non essere esibiti sfacciatamente, questo trionfo spontaneo, dal basso, di una dimensione squisitamente privata è stupefacente. Ci commuove questo omaggio a quello che un ragazzo (il quale non sapeva di diventare un grande scrittore) sognava e a tutto quello che da adulto è stato capace di rivivere «con quel suo cuore di una volta». E’ la più bella smentita ai presuntuosi presenzialisti che ci affliggono apparendo dovunque. Ed anche a tutti quei parrucconi di professorini che non sanno più distinguere le loro ubbie dal fuoco che alimenta l’arte. Come ha scritto Yeats – irlandese come Joyce e di Joyce grande ammiratore – «le teste calve» dei critici pieni di sussiego resterebbero di stucco se vedessero passare per strada Catullo, ardente e ingenuo, e resterebbero fulminati se pensassero che i suoi versi d’amore sono intrisi di lacrime cocenti, come il cuscino che abbracciava senza riuscire a dormire.

(*) Ricordo – per chi si trovasse a passare da qui per la prima volta – il senso di questo appuntamento quotidiano. Dall’11 gennaio 2013, ogni giorno (salvo contrattempi sempre possibili) troverete in blog a mezzanotte e un minuto una «scordata» – qualche volta raddoppia, pochi minuti dopo – di solito con 24 ore circa di anticipo sull’anniversario… Questa di Fabio Troncarelli invece è in ritardo di due giorni (il primo sgarro alla regola: non poteva che capitare a Joyce?).
Per «scor-data» si intende il rimando a una persona o a un evento che per qualche ragione il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna dimenticano o rammentano “a rovescio”. Ma qualche volta ci sono argomenti più leggeri ché… ogni tanto sorridere non fa male.
Molti i temi possibili. A esempio, nel mio babelico archivio, sul 16 giugno avevo fra l’altro ipotizzato: 1671: ucciso a Mosca Stenka Razin, leader contadino; 1829: nasce Geronimo; 1881: insegnamento primario gratuito in Francia; 1911: nasce Ibm; 1935: nasce Charles Nelson Perker, leader della lotta per i diritti civili in Australia; 1937: il governo spagnolo mette il Poum al bando; 1944: pena di morte per il quattordicenne afroamericano George Genius Stinney; 1955: golpe contro Peron; 1959: a Parigi si pubblica «La cancrena» sulle torture in Algeria, sarà subito sequestrato; 1963: vola Valentina Tereskova; 1969: il commissario Juliano indaga su Freda ma viene fermato (se ne è parlato due giorni fa in blog); 1976: rivolta a Soweto; 1978: Leone si dimette; 1988: muore Andrea Pazienza; 2002: inizia la costruzione del muro israeliano. Sul 17 giugno fra le ipotesi: è la giornata della memoria orale; 1838: strage a Myall Creek in Australia; 1841: nasce Pacinotti; 1867: Lister usa l’acido fenico in ospedale; 1885: inaugurata la «Statua della libertà»; 1932: fucilato Angelo Sbardellotto; 1966: arrestato Rubin Carter «Hurricane»; 1967: muore John Coltrane; 1972: lo scandalo Wartergate sta per scoppiare; 1982: impiccato Calvi con una macabra messa in scena. E chissà a ben cercare quante altre «scordate» salterebbero fuori.
Molte le firme (non abbastanza forse per questo impegno quotidiano) e assai diversi gli stili e le scelte; a volte troverete post brevi: magari solo una citazione, una foto o un disegno. Se l’idea vi piace fate circolare le «scordate» o linkatele ma ovviamente citate la fonte. Se vi va di collaborare – ribadisco: ne abbiamo bisogno – mettetevi in contatto (pkdick@fastmail.it) con me e con il piccolo gruppo intorno a quest’idea, di un lavoro contro la memoria “a gruviera”. (db)

Redazione
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