Scor-data: 17 ottobre 1961

Mattanza di algerini a Parigi

di Karim Metref    (*)  

La guerra in Algeria tirava verso la fine. Il braccio di ferro militare stava tornando a favore dell’esercito francese, ma al livello politico il Fronte di Liberazione Nazionale (Fln) algerino stava vincendo battaglia dopo battaglia. Il 17 ottobre quest’ultimo lancia un appello per manifestare a Parigi, nel cuore dell’impero. La patria dei diritti umani non esita a massacrare i manifestanti inermi. Centinaia i morti. Uno dei tanti crimini contro l’umanità della potenza coloniale, ma questo più imbarazzante di tutti, perché compiuto dentro i muri di casa.

Una vittoria militare e una sconfitta politica

Quello che le autorità francesi continuano a chiamare “Les événements d’Algérie”, cioè la guerra d’Algeria, alla fine degli anni cinquanta era al massimo della sua intensità. Il colonnello Massu, nel 1957, ha provato – spazzando via l’organizzazione cittadina dei ribelli in meno di un anno, in quella che divenne famosa come la “Battaglia di Algeri” – che l’Fln poteva essere battuto, almeno militarmente. Ma per ciò si dovevano mettere impegno e mezzi adeguati: sorveglianza e militarizzazione del territorio, infiltrazioni, arresti a tappeto, torture sistematiche e smantellamento delle reti di sostegno. L’esercito francese decide di lanciare una larga offensiva per sradicare la parte più importante della ribellione: l’Esercito di Liberazione Nazionale (Aln).

I generali Challe e Gracieu lanciarono operazioni micidiali su varie zone del Paese, quelle più coinvolte. Le operazioni “Challe” nelle montagne dell’Aures e dell’Ouarsenis e l’operazione “Jumelle” in Cabilia fanno centinaia di migliaia di vittime. L’esercito di liberazione è allo stremo. I partigiani sono rimasti in pochi, scarsamente equipaggiati, mal nutriti e braccati ovunque. La guerra militare sembra quasi sul punto di essere vinta dall’esercito coloniale.

Soltanto che sul piano politico l’Fln, spingendo la Francia a commettere carneficina su carneficina, stava stravincendo la partita.

La delegazione del Fln era ricevuta all’Onu e godeva del sostegno di molti Paesi del mondo. Lo sciopero generale del 28 gennaio 1957 aveva provato al mondo che i guerrieri avevano un popolo dietro e che non erano soltanto banditi armati come li descriveva la stampa francese. Le manifestazioni del 9 dicembre 1960 ad Algeri e in varie città d’Algeria, mostrano che la popolazione civile è pronta a sfidare la repressione selvaggia per schierarsi a favore dell’indipendenza.

Ma la botta segreta, gli strateghi del Fronte, la vollero dare in terra francese. Nella bocca del lupo, come si diceva allora.

La Federazione di Francia

I lavoratori algerini in Francia erano centinaia di migliaia. Portati a navi piene dopo la guerra per ricostruire il Paese. Era mano d’opera pura. Dovevano lavorare nei posti più duri, più sporchi o più pericolosi e poi andare a nascondersi nei centri d’accoglienza per lavoratori stranieri. La legislazione dell’epoca non prevedeva la presenza di mogli e figli dei lavoratori; e chi decise di farli venire dovette uscire dai centri di accoglienza e andare a costruirsi una baracca di lamiere e di cartoni in qualche periferia di Parigi.

É tra questi lavoratori che nascono, già negli anni 30, i primi movimenti indipendentisti. Per lo più sono operai politicizzati che escono dal Pc francese perché si accorgono che l’internazionalismo dei compagni francesi spesso si ferma in Europa.

Nel 1957 mentre Massu smantellava la rete di lotta armata cittadina di Algeri, gli attivisti del Fronte organizzavano la Federazione di Francia. Un vero e proprio polmone per l’organizzazione. Le reti di sostegno raccolgono montagne di soldi presso i lavoratori, assicurano all’esercito di liberazione armamenti e medicine, e ai vertici del Fln spostamenti e soggiorni all’estero. Creano contatti con organizzazioni internazionali e con i Paesi del blocco socialista. La federazione di Francia è in contatto con la crema della cultura francese e porta la sinistra francese, poco a poco, prima quella extraparlamentare, poi anche alcuni pezzi grossi del Pc, a schierarsi dalla sua parte.

Ma tutto ciò non basta. C’era bisogno di portare il conflitto in terra di Francia. Per far vedere al popolo francese e al mondo su quale letto di violenza e di ipocrisia riposava la grandeur della repubblica francese. Lo scontro non tardò ad aver luogo. Duro e crudele come sanno essere le guerre urbane. Terrorismo, assassini, bombe, repressione, paura, odio, caccia all’uomo, linciaggi…

I servizi francesi non esitano a creare una finta organizzazione terroristica, “La main rouge”, per liquidare fisicamente i sostenitori francesi del Fronte di Liberazione.

Il giorno della mattanza silenziosa

È in questo clima che viene lanciato l’appello per la manifestazione del 17 ottobre 1961. Il prefetto di Parigi, Maurice Papon, decreta il “coprifuoco etnico”: vietato agli algerini di uscire di casa dalle 20 alle 5. Giusto il tempo di andare a lavorare e tornare a casa.

La vita già dura dei lavoratori magrebini in genere e algerini in particolare diventa un vero inferno, un carcere duro.

Il Fronte chiama gli algerini – uomini, donne e bambini – a uscire tutti quanti, in massa, dopo le 20.30 per raggiungere le principali piazze e vie di Parigi. L’organizzazione è perfetta. Nessun manifesto, nessun foglio distribuito. Soltanto passaparola. Le consegne erano poche, semplici e precise: uscire di casa, in famiglia, ben vestiti, non portare in tasca o in borsa niente che possa essere considerata arma (coltello, cacciavite…), violare collettivamente il coprifuoco e recarsi nelle piazze e boulevard principali della capitale per scandire slogan contro le discriminazioni e a favore dell’indipendenza.

L’organizzazione era talmente efficace che quando il prefetto Maurice Papon fu avvertito del fatto era già il pomeriggio del 17 ottobre. Il telegramma inviato dalla prefettura a tutti i commissariati della capitale arriva alle 16.30. Quando si mobilitano le forze dell’ordine, i primi manifestanti erano già sui mezzi di trasporto che li portavano dalle lontane periferie verso il centro città.

Ma la repressione sarà selvaggia. Papon, dopo consultazione con l’allora ministro degli interni Roger Frey, dà carta bianca alle truppe per impedire l’arrivo dei manifestanti ai luoghi di raduno con qualsiasi mezzo. Decine di migliaia di persone vengono fermate, sequestrate dentro i mezzi di trasporto, rinchiuse nelle stazioni della metropolitana, negli stadi… è una vera mattanza. Pestaggi, spari a bruciapelo, centinaia di persone, vive o morte, vengono buttate nella Senna.

Schiavitù – disuguaglianza – ferocia

Il bilancio è pesantissimo. Si parla di almeno 200 morti certi e migliaia di feriti. Una vera e propria guerra contro civili disarmati. Un massacro degno di quelli che la potenza coloniale era abituata a compiere lontano da casa, nelle colonie. Ma questa volta il cittadino parigino anche se fa finta di non aver visto non poteva più ignorare la realtà. I cadaveri che galleggiavano sulla Senna a decine parlavano da soli. Chi voleva vedere poteva vedere che sull’altra faccia delle monete francesi c’era scritto: “Esclavage – Inégalité – Férocité”.

Ancora oggi, la Francia non ha riconosciuto il massacro del 17 ottobre 1961. Così come non riconosce nessuno dei crimini contro l’umanità commessi nelle colonie. Maurice Papon, diventato in seguito anche ministro, fu arrestato e processato nel 1998 per concorso in crimine contro l’umanità, per aver partecipato, in quanto segretario di prefettura, alla deportazione di migliaia di ebrei verso i campi di sterminio durante la seconda guerra mondiale. Ma mentre veniva processato per un crimine in cui ha collaborato come semplice esecutore, le associazioni franco-algerine che rivendicano giustizia per le vittime della violenza coloniale non sono riuscite a introdurre fra i capi d’accusa i crimini che Papon aveva ordinato e diretto personalmente (con l’avallo del ministro e di Charles De Gaulle, ovviamente). Il male è solo nazifascismo, i crimini coloniali non sono all’ordine del giorno nella giustizia francese e nemmeno in quella europea… e forse non lo saranno mai.

Per approfondire:

Collettivo 17 octobre 1961: http://www.17octobre61.org/

Libri

  • «La 7ème Willaya. La Guerre du FLN en France, 1954-1962», Ali Haroun, Seuil , 1986
  • «Octobre 1961. Un massacre à Paris», Jean-Luc Einaudi, Fayard, 2001
  • «Meurtres pour mémoire», Didier Daeninckx, Gallimard, 1984
  • «Algérie! Algérie!», Eric Michel, Presses de la Renaissance, 2007
  • «Les Ratonnades d’Octobre. un meurtre collectif à Paris», Michel Levine, Ramsay, 1985

Filmografia

  • «Octobre à Paris», di Jacques Panijel (girato a Parigi poco dopo gli eventi), 1962
  • «Meurtres pour mémoire», di Laurent Heynemann, 1985
  • «Nuit noire 17 octobre 1961», di Alain Tasma, 2005
  • «L’ennemi intime», di Florent Emilio Siri, 2007
  • «Hors la loi», di Rachid Bouchareb, 2010
  • «Ici on noie les algériens17 octobre 1961», film di Yasmina Adi, 2011

 

(*) Ricordo – per chi si trovasse a passare da qui per la prima volta – il senso di questo appuntamento quotidiano. Dall’11 gennaio 2013, ogni giorno (salvo contrattempi sempre possibili) troverete in blog a mezzanotte e un minuto una «scordata» – qualche volta raddoppia, pochi minuti dopo – di solito con 24 ore circa di anticipo sull’anniversario. Per «scor-data» si intende il rimando a una persona o a un evento che per qualche ragione il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna dimenticano o rammentano “a rovescio”.

Molti i temi possibili. A esempio sul 17 ottobre si poteva ragionare sulla «Giornata contro la povertà» (magari per svelarne l’ipocrisia come fa Eduardo Galeano) OPPURE1877: disfatta dei Nasi Forati di Capo Giuseppe; 1910: muore Tolstoj; 1933: Einstein in Usa;1962: conflitto India-Cina; 1967: a Madison cariche di polizia contro gli studenti dell’Sds; 1969: Palermo, i ladri rubano una Natività di Caravaggio; 1984: Nobel a Rubbia; 2004: Bolivia, sotto le rivolte cade il governo; 2076: una storia di fantascienza. E a ben cercare chissà quante altre «scor-date» si troverebbero.

Molte le firme (non abbastanza forse per questo impegno quotidiano) e assai diversi gli stili e le scelte; a volte troverete post brevi: magari solo una citazione, una foto o un disegno. Se l’idea vi piace fate circolare le «scordate» o linkatele ma ovviamente citate la fonte. Se vi va di collaborare – ribadisco: ne abbiamo bisogno – mettetevi in contatto (pkdick@fastmail.it) con me e con il piccolo gruppo intorno a quest’idea, di un lavoro contro la memoria “a gruviera”. (db)

 

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

    • Grazie Ismaele per la lista.
      Per i film: Credo che Nuit noir sia quello più vicino alla realtà di quel giorno.

  • Dal vocabolario Devoto – Oli.
    MATTANZA = s.f. Fase finale della pesca del tonno, particolarmente cruenta e impressionante, durante la quale i grossi pesci, giunti nell’ ultimo compartimento della rete ( camera della morte) vengono ripetutamente colpiti dall’ arpione.

    Quello che avvenne a Parigi il 17 ottobre 1961 fu l’ assassinio di esseri umani.

    E’ distorcere la storia affermare che la la battaglia d’ Algeri sconfisse il popolo algerino, l’ FLN / ALN che vinsero la guerra, militarmente e politicamente, innanzitutto in Algeria.

    • 1 – non ricordo più se il titolo (la prima volta uscì due anni fa) lo fece Karim o lo feci io mettendolo in blog ma in ogni caso “mattanza” si usa a proposito di esseri umani proprio per far capire che sono stati uccisi come fossero animali, senza pietà; dunque nessuna offesa per le vittime e massima offesa per i carnefici
      2 – non capisco l’affermazione finale di Francesco: è ovvio che la lotta fu vinta in Algeria, più politicamente che militarmente come ricorda bene chi ha una certa età oppure ha visto il film “La battaglia di Algeri” (fedelissimo ai fatti storici e proprio per quello fu vietato in Francia) di Gillo Pontecorvo
      (db)

  • E’ naturale che Metref utilizzi il termine mattanza. Non mi sembra corretto politicamente, tutto qui, senza voler allargare il discorso.
    La guerra di liberazione algerina per l’ indipendenza nazionale fu vinta in Algeria. La mobilitazione d’ appoggio non fu spostata in Francia per debolezze interne, ma per l’ esistenza oltralpe di una forte comunita’ algerina che si mobilito’ ed appoggio’ fin dall’ inizio. Assieme a molti francesi.
    E’ chiaro che la politica comanda il fucile, ma in una lotta di liberazione, come quella algerina, vietnamita o cinese il potere usci’ dalla canna del fucile. In Algeria chi conquisto’ l’ indipendenza fu l’ FLN e l’ ALN il suo braccio armato.
    Daniele per una conoscenza dell’ Algeria, ,della sua storia, ma anche del suo presente consiglio, non solo la visione dell’ ottimo film di Pontegorvo, che d’ altra parte si chiude con l’ immagine di donne che continuano la ribellione. Anche avere una certa eta’ non garantisce niente.

  • Devo aggiungere a questo pezzo scritto qualche anno fa, che quest’anno François Hollande è andato ad Algeri e ha confessato tutto. Tutto quello che la Francia ufficiale ha sempre rifiutato di nominare: ingiustizie dell’ordine coloniale, guerra d’Algeria, massacri di Setif, Guelma e Kherata, massacro del 17 ottobre 1961…
    Peccato che era sopratutto per avere l’OK di Algeri per sguinzagliare le sue truppe neocoloniali sull’Azawad.
    http://karim-metref.over-blog.org/article-la-favola-del-piccolo-hollande-che-salvo-114645894.html

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