Scor-data: 19 luglio 1979

Nicaragua: i sandinisti cacciano Somoza ed entrano a Managua

di David Lifodi (*)

Erano passate da poco le 2 della mattina del 19 luglio 1979 quando radio e tv dettero la notizia tanto attesa da tutto il popolo nicaraguense: la Guardia Nazionale somozista aveva finalmente smobilitato e una tra le dittature più lunghe del Centroamerica si era dissolta. Quel julio victorioso segnalava che l’incubo era finito e che adesso el sueño sandinista si era tramutato in realtà: al piccolo Nicaragua cominciarono a guardare in molti proprio per l’originalità di quel progetto socialista, ma anche cristiano, strettamente legato alla teologia della liberazione e al tempo stesso con dei tratti caratteristici rispetto alla via cubana.

Durante il lungo inverno somozista, Managua e tutto il Nicaragua avevano subito una serie di profonde ferite a livello politico, sociale e non solo. Nel 1972 c’era stato uno dei tanti terremoti che aveva disastrato un paese già allo stremo delle forze, dove la stragrande maggioranza della popolazione era analfabeta e le condizioni di vita molto difficili, a partire dal diritto alla salute. L’ofensiva final che permise al Frente Sandinista de Liberación Nacional (Fsln) di entrare trionfalmente a Managua non costrinse solo il vecchio dittatore Anastasio Somoza  alla fuga (peraltro nell’esilio dorato degli StatiUniti), ma rappresentò un monito chiaro per tutti i generali del regime e i loro simpatizzanti. Il presidente ad interim Francisco Urcuyu Maliaños rinunciò immediatamente alla presidenza del paese e subito dopo il Fsln proclamò la Repubblica popolare sandinista del Nicaragua libero. Fu la rivincita del Frente (fondato il 23 luglio 1961, tra gli altri, da Carlos Fonseca, Tomás Borge, Francisco Buitrago e Silvio Mayorga) e di tutti i caduti che avevano combattuto per un Nicaragua dove l’oppressione non fosse più di casa. Ovviamente, gli Stati Uniti non rimasero con le mani in mano e, nonostante la rivoluzione sandinista si fosse limitata a ridistribuire le terre confiscate ai Somoza (si formò l’Area di proprietà del popolo per l’amministrazione dei beni confiscati ai Somoza) senza promuovere una riforma agraria ad ampio raggio, iniziarono le loro solite manovre per far cadere i sandinisti. Il Fsln denunciò alla Corte Internazionale dell’Aja le azioni destabilizzatrici del potente vicino nordamericano, che aveva imposto al Nicaragua un duro embargo economico. Eppure, per un decennio, il piccolo Nicaragua rispose con una strenua resistenza a difesa della propria sovranità territoriale, sotto il tiro della contra dal vicino Honduras, il sabotaggio dei mercenari pagati per boicottare le raccolta del caffè ed una Chiesa ufficiale apertamente ostile, nonostante alcuni ministri sandinisti, tra cui Ernesto Cardenal, fossero notoriamente cristiani. Fu proprio Cardenal, alcuni anni prima della presa di Managua da parte del Fsln, a partecipare ad una cospirazione (poi fallita) per far fuori Somoza: monaco trappista e poeta, Cardenal chiese conforto ad un gesuita basco sulla compatibilità tra essere un uomo di fede e partecipare ad un’azione militare che aveva come fine ultimo l’assassinio di Somoza, ricevendone l’autorizzazione: di fronte ad un dittatore, sostenne lo stesso gesuita, non c’era altra scelta che l’opzione armata. Il foco guerillero nel cuore dell’America centrale suscitò in molti una vera speranza di cambiamento all’insegna dei tre princìpi enumerati dal Fsln: economia mista, non allineamento e pluralismo politico. Celebri furono le brigate sandiniste che si misero al lavoro per l’alfabetizzazione delle masse (a questo proposito venne introdotta l’istruzione obbligatoria e gratuita per tutti nelle scuole primarie, secondarie e università) e tra i primi atti del governo ci fu l’assistenza sanitaria per tutti: nel 1982 70mila brigatisti della salute parteciparono ad una giornata di mobilitazione contro la poliomelite.  A Managua cominciarono ad accorrere numerosi volontari da tutto il mondo nel segno della solidarietà internazionalista, nonostante il costante bombardamento delle riserve di petrolio e la disseminazione delle mine nei principali porti del paese. Come aveva fatto a suo tempo Augusto César Sandino, che dal 1927 al 1933 riuscì a tenere in scacco gli Stati Uniti, lo stesso fecero i sandinisti, memori anche delle sofferenze già patite sotto il somozismo. Fu probabilmente il sequestro di alcuni diplomatici e l’uccisione del generale Pérez Vega, avvenuta alla fine del 1974 ad opera dell’avvocato sandinista Nora Astorga, ad ispirare la scrittrice e militante dell’Fsln Gioconda Belli nella stesura del suo libro La donna abitata, definito, a ragione, come il romanzo della rivoluzione sandinista. Ha scritto, a ragione, l’Associazione Italia-Nicaragua: “In Nicaragua nel 1990 si chiude il decennio di discontinuità rappresentato dall’esperimento socio-politico sandinista e pare tramontare per l’ennesima volta il vecchio sogno liberatorio della comunità quilombo, della piccola repubblica ribelle degli schiavi africani fuggiti dalle piantagioni in cui erano prigionieri in Brasile”. Nel 1988, quando gli Stati Uniti cominciarono a sostenere economicamente i partiti politici vicini a Washington e oppositori del sandinismo, si capì  che per il Fsln era arrivata la fine: nelle elezioni del 1990 il Frente fu sconfitto e Violeta Chamorro, della coalizione Uno, vinse le elezioni nel segno di una pseudo-pacificazione nazionale che condonò agli Stati Uniti anche il debito contratto per le innumerevoli azioni di sabotaggio promosse ai danni del Nicaragua sandinista. Il Nicaragua di oggi è ancora sandinista, dopo gli anni all’insegna del neoliberismo con la stessa Chamorro e Arnoldo Alemán, ma si tratta di un sandinismo un po’ appassito. A guidare il paese c’è ancora lo storico comandante di allora, Daniel Ortega, che, se ha avuto il merito di far entrare il Nicaragua nell’Alba, dall’altro lato ha promosso una serie di politiche quantomeno contraddittorie, oltre a denotare una gestione assai personalistica del potere. In molti hanno ribattezzato il Frente sandinista come frente danielista. Il sandinismo degli anni ’70 purtroppo è diviso in mille pezzi ed un altro leader storico della presa di Managua, Edén Pastora, più conosciuto come il comandante “Cero”, ha preso altri lidi.

Quello che resta, però, è il sogno di quella rivoluzione che aveva infiammato l’America centrale e la cui epopea, ancora oggi, commuove ed emoziona al solo ricordarla.

(*) Ricordo – per chi si trovasse a passare da qui per la prima volta – il senso di questo appuntamento quotidiano in blog. Dall’11 gennaio 2013, ogni giorno (salvo contrattempi sempre possibili ma sinora sempre evitati) troverete in blog a mezzanotte e un minuto una «scordata» – qualche volta raddoppia o triplica, pochi minuti dopo – postata di solito con 24 ore circa di anticipo sull’anniversario. Per «scor-data» si intende il rimando a una persona o a un evento che per qualche ragione il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna dimenticano o rammentano “a rovescio”.

Molti i temi possibili. Molte le firme (non abbastanza forse per questo impegno quotidiano) e assai diversi gli stili e le scelte; a volte troverete post brevi: magari solo una citazione, una foto o un disegno. Se l’idea vi piace fate circolare le «scordate» o linkatele ma ovviamente citate la fonte. Se vi va di collaborare – ribadisco: ne abbiamo bisogno – mettetevi in contatto (pkdick@fastmail.it) con me e con il piccolo gruppo intorno a quest’idea, di un lavoro contro la memoria “a gruviera”.

Ogni sabato (o quasi) c’è un riassunto di «scor-date» su Radiazione (ascoltabile anche in streaming) ovvero, per chi non sta a Padova, su www.radiazione.info.

Stiamo lavorando al primo libro (e-book e cartaceo) di «scor-date»… è un’impresa più complicata del previsto, vi aggiorneremo. (db)

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