Scor-data: 19 ottobre 1909

Muore Cesare Lombroso dopo una vita fra bernoccoli, passioni e scienze

di Santa Spanò (*)

 

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«È cosa notissima che i contemporanei di (Cristoforo) Colombo, tanto i dotti che gli ignoranti, non s’erano potuto rendere una chiara ragione del modo con cui egli era giunto alla grande scoperta… Neanche ora vi si riuscirebbe, senza l’aiuto della psichiatria… il grande Colombo, da giovane non dimostrò nulla di geniale… però i lineamenti, di cui ci tramandarono notizia abbastanza esatta, attestano riccamente i caratteri più propri agli psicopatici: … statura lunga, naso aquilino… zigomi molto pronunciati… Mandibola grande… Rughe anormali… In complesso predominerebbero i caratteri frequenti nei degenerati e nei nevropatici.

[….] Non fu l’ingegno a condurlo alla grande scoperta, né la cognizione… (fu) l’autosuggestione paranoica… la paranoia di Colombo… ne acuiva l’ingegno al grado del genio».

Apprendiamo così che Colombo – il quale proprio in questo periodo, il 12 di ottobre forse, scoprì le Americhe e diede il via alla colonizzazione (un colombo senza ramoscello) – era uno psicopatico. La diagnosi è di Cesare Lombroso, medico positivista, antropologo, criminologo e giurista. Nato a Verona nel 1835 Lombroso fu uno studioso di medicina sociale. I suoi studi costituiscono una delle fonti principali della legislazione sanitaria italiana ma il suo nome resta legato soprattutto all’antropologia criminale, di cui è ritenuto il fondatore.

Influenzato fortemente dal positivismo francese, di cui abbraccia l’incondizionata fiducia nella scienza e nel progresso scientifico-tecnologico (siamo appunto nel pieno delle rivoluzioni industriali e delle “macchine”) Lombroso sostenne che le azioni dei criminali o quelle del genio, come nel caso di Cristoforo Colombo, sono condizionate da anomalie anatomiche, ereditarietà e malattie nervose.

«Nuovi studii sul genio», da cui è tratto il breve passo su Cristoforo Colombo, «Sulla medicina legale del cadavere secondo gli ultimi studi di Germania ed Italia: tecnica, identità, fisiologia, veleni del cadavere», «L’uomo delinquente in rapporto all’antropologia, alla giurisprudenza ed alle discipline carcerarie: Atlante», «L’uomo delinquente in rapporto all’antropologia, alla giurisprudenza ed alla psichiatria (cause e rimedi)» sono solo alcune delle sue tantissime pubblicazioni.

Lombroso fu una penna più che prolifica; scrisse centinaia di volumi, migliaia di articoli, ebbe una corrispondenza enorme. Fra i saggi vanno ricordati, se non altro per la stranezza del lavoro di ricerca che effettuò, «La ruga del cretino e l’anomalia del cuoio capelluto», «L’epilessia di Napoleone», «L’origine del bacio», «Studi sui segni professionali dei facchini», «Perché i preti si vestono da donne». Le sue opere furono discusse in tutto il mondo. Ma è il «Trattato antropologico sperimentale dell’uomo delinquente» (del 1876) l’opera lombrosiana più conosciuta: all’epoca della pubblicazione si trattò di un vero e proprio best seller di portata europea vendendo migliaia di copie, forse conquistando allora il titolo di volume “scientifico” più venduto di tutti i tempi.

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Chi era Marco Ezechia Lombroso, detto Cesare? Laureato in medicina a Pavia nel 1858, figlio di un ricco commerciante ebreo, fu una delle figure più controverse e discusse del passaggio fra ‘800 e ‘900. Vive in un periodo di grandi trasformazioni, l’appena costituita unità italiana – a dominio piemontese – porta con sé molti e difficili problemi. Una povertà diffusa soprattutto nelle aree meridionali e nelle zone rurali del nord, epidemie che decimano le popolazioni, mentre il crimine e la corruzione minano le città instillando ovunque paura. Gli intellettuali della nuova classe media laica si appoggiano interamente (e un po’ ciecamente) alla scienza per trovare soluzioni a tutti questi mali. Lombroso vede proprio nel positivismo la soluzione, la chiave di volta: per lui la risposta va ricercata interamente nella scienza; cataloga, raccoglie reperti, oggetti, parti anatomiche, registra fatti, ammassa quantità enormi di materiali.

Un approccio pericoloso il suo, diremo ossessivo, ma non va dimenticato il panorama in cui visse e formò le sue convinzioni. Cesare Lombroso fu un don Chisciotte visionario e ostinato: nel 1859 è in prima linea contro l’Austria, il giovane medico cura e cataloga i soldati, misura i loro crani ma comprende anche che le amputazioni vanno trattate con bende di cotone imbevute nell’alcool, qualcosa che fino ad allora si ignorava, una rivoluzione per arrestare le infezioni. Nel 1862 parte per la Calabria, sa che «fatta l’Italia occorre fare gli italiani», si unisce alle operazioni per liberare la Sila dal giogo del brigante Luigi Muraca e dei suoi seguaci, registra anche qui costumi, profili, anomalie e rimane sconcertato dalla realtà in cui vivono le popolazioni locali, di cui denuncia lo stato di abbandono e di povertà, «qui le condizioni sono spaventose». La sua immagine è soprattutto quella del medico-filosofo votato a sanare i mali del Paese. Condusse per anni e con accanimento studi sulla pellagra, malattia estremamente diffusa nell’Italia settentrionale (nel solo Veneto più del 30% dei contadini ne era affetto).

Lombroso è lo specchio di una società nuova, mutata, di cui si sentiva fortemente parte attiva e come tale doveva contribuire al cambiamento. In quest’ottica la conoscenza dell’uomo era fondamentale e quale migliore strumento se non quello dei fatti, della statistica, della sperimentazione in chiave evoluzionista. Tutto ha una causa e una relazione: questo il concetto che muove il don Chisciotte nella lotta a un altro dei grossi mali che affligge il suo tempo: la criminalità.

In Germania il medico Franz Gall trova una risposta nella frenologia: la morfologia del cranio di una persona, secondo Gall, determinerebbe la personalità di un individuo; le linee, le depressioni e i “bernoccoli” sarebbero la cartina geografica dei suoi comportamenti.

Lombroso fa della frenologia la sua arma contro la criminalità. E proprio la pubblicazione di «L’uomo delinquente» segna la nascita ufficiale della criminologia, materia sino ad allora sconosciuta. Lì passa in rassegna una serie infinita di casi criminali. Allora le tesi del Lombroso parvero avveniristiche. I suoi incarichi a Pavia in qualità di psichiatra e antropologo, la direzione del manicomio di Pesaro e il ruolo di ordinario di medicina legale nel carcere di Torino, gli consentirono di studiare criminali e malati di mente. Così ecco Lombroso “misurare” e analizzare l’assassino, gli zigomi sporgenti, la folta peluria, le grosse mascelle, l’andamento sono tutti caratteri degenerativi. I delinquenti non sono uomini pienamente sviluppati, sono pazzi atavici che riproducono istinti cavernicoli. Il criminale nasce tale, per cui va individuato, si istituiscono Uffici antropometrici per la prevenzione della criminalità.

Si deve a Lombroso la nascita del manicomio criminale, l’introduzione del concetto «d’intendere e volere», la perizia: il crimine non è infatti il frutto di una libera scelta, ma la manifestazione di una malattia. Per certi versi può essere definito il padre del processo penale.

Ma finisce lui stesso “sotto accusa”. Il capo d’imputazione è “l’antimeridionalismo”: diciamo pure che le sue teorie si prestano a letture e interpretazioni di parte, nel caso specifico la cosiddetta inferiorità del Meridione viene presa in esame e analizzata da Lombroso in chiave socio-politica. Scrive infatti: «Finché i governi si ordinano a sêtte, sentenzia assai bene d’Azeglio, le sêtte si ordinano a governi. Quando la posta regia frodava sulle lettere, quando la polizia pensava ad arrestare gli onesti patriotti, e trafficando coi ladri, lasciava libertà ad ogni eccesso nei postriboli e nell’interno delle carceri, la necessità delle cose contribuiva a proteggere nel camorrista chi poteva mandarvi un plico sicuro, salvarvi da una pugnalata nel carcere, o riscattarvi a buon prezzo un oggetto rubato, od emettervi, in piccole questioni, dei giudizi forse altrettanto equi e certo meno costosi e meno ritardati di quelli che potevano offrire i tribunali. Era la camorra una specie di adattamento naturale alle condizioni infelici di un popolo reso barbaro dal suo governo. Anche il brigantaggio era spesso una specie di selvaggia giustizia contro gli oppressori. Al tempo della servitù in Russia, i moujik, indifferenti alla vita, provocati da sofferenze continue di cui niuno si preoccupava, erano pronti a vendicarsi coll’omicidio, come ben ci mostrò un canto rivelatoci da Dixon. Non v’è (dice il noto autore dello studio sulle prigioni in Europa) famiglia grande di Russia che non abbia un massacro dei suoi nella storia di famiglia. La mancanza di circolazione dei capitali, e l’avarizia, spingevano i ricchi dell’Italia meridionale ad usure e malversazioni contro i poveri di campagna, che non sembrano credibili…».

Una inferiorità figlia della dominazione borbonica, dello sfruttamento del potere, del “cattivo governo”. Si può accettare la definizione di Wikipedia che «La teoria di Lombroso ha senz’altro avuto meriti e demeriti dal punto di vista storico, infatti egli è stato definito come “un uomo di genio a cui mancò il talento”» ma si è ben lontani dal condurre il pensiero di Lombroso a un “atteggiamento razzista” o di parte. È sufficiente scorrere le pagine di «L’uomo delinquente» e il collegato Atlante per comprendere l’imponente lavoro di catalogazione compiuto; l’eziologia del delitto prende in esame luoghi, temperature («nei Tschiucki, a -40°, non si notavano mai liti, nè violenze, nè delitti; essi sedevano apatici e amorosi fra loro»), orografia, geologia, terreni («in Francia… la quota minima (delitti) 20% si trova nei dipartimenti di pianura, media 33% nei colligiani, massima 35 % nei montani, certo perché la montagna offre maggior opportunità agli appostamenti, perchè alberga popolazioni più attive»), alimentazione, religioni, usanze. Dati che venivano incrociati con reperti umani e manufatti raccolti negli anni e oggi conservati presso il Museo di Antropologia criminale «Cesare Lombroso» a Torino. Un museo messo anch’esso sotto accusa dai Movimenti Meridionalisti che ne pretendono la chiusura sostenendo che Lombroso fu «l’ideologo della superiorità settentrionale nei confronti degli abitanti del Sud» e che «il medico Lombroso non esitò a scorticare cadaveri, mozzare e sezionare teste, effettuare i più incredibili e crudeli interventi su uomini ritenuti criminali per le misure di parti del cranio e del corpo».

Per inquadrarlo nel suo tempo ricordiamo che gli studi sulla medicina erano ancora frammentari: fino alla fine del XVIII secolo ciascun medico basava le cure sulla propria esperienza, retaggio ancora del sistema dalla patologia umorale (salute e malattia dipendevano dalla consistenza e dalla quantità dei fluidi corporei, si pensi all’uso delle sanguisughe). È con la crescente importanza che assunse l’anatomia che i medici delle università posero un’attenzione sempre crescente all’indagine dettagliata sulla morfologia del corpo umano. La scienza della morfologia umana e dell’anatomia patologica, lo studio delle alterazioni di origine patologica di tale morfologia, il funzionamento interno del corpo umano richiedevano l’esame del cadavere negli ospedali: si eseguivano autopsie dei defunti poveri con medici e chirurghi interessati a condurre ricerche necroscopiche per integrare il loro lavoro nelle corsie. Inoltre si svilupparono metodi per conservare i campioni patologici che furono raccolti nei musei. John Hunter (1728-1793) realizzò una vasta collezione di esemplari rilevata in seguito dal Royal College of Surgeons di Londra; il medico Matthew Baillie (1761-1823), nipote di John e William Hunter, collezionò circa 1200 esemplari, che a sua volta donò al suddetto Royal College of Surgeons.

Volendo polemizzare con razzismi più o meno consci, allora c’è da domandarsi come mai non è stata chiesta la chiusura della rivista «Intelligence» che nel 2009 pubblicò uno studio condotto da Richard Lynn, seguito da polemiche feroci. Lo si può riassumere con lo stralcio di un articolo (del «Corriere della sera.it»): «il sud Italia è meno sviluppato del nord perché i meridionali sono meno intelligenti dei settentrionali. Anzi, mentre nel nord Italia il quoziente intellettivo è pari a quello di altri Paesi dell’Europa centrale e settentrionale, più si va verso sud più il coefficiente si abbassa. La causa, spiega Lynn, è “con ogni probabilità da attribuire alla mescolanza genetica con popolazioni del Medio Oriente e del nord Africa”. Sono affermazioni dell’anno 2000, un secolo dopo Lombroso.

In Italia comunque si legge poco e anche male; per attaccare frontalmente l’ignoranza e la ristrettezza mentale allora, a onor di cronaca, bisogna ricordare che Lombroso scrisse nel 1859 anche il volume «Il cretinismo in Lombardia».

Certamente discutibili alla luce del progresso scientifico (e del famoso senno di poi) le teorie di Lombroso ma a questo punto dovrebbe essere messo al bando anche dagli uomini di genio che non sfuggirono alla sua lente, per così dire deformata e visionaria: per l’appunto la genialità venne da lui ricondotta all’anomalia psichica, i geni sono legati a doppio filo con la pazzia, come per il già citato Cristoforo Colombo o per Manzoni, definito nevropatico («Avea una vera forma di follia circolare») solo per fare qualche nome. Partì anche per “studiare” e “misurare” Tolstoj ma giunto alla sua dacia venne liquidato in pochi secondi.

Cesare Lombroso fu un personaggio romanzesco, troppo fiducioso e sicuramente rigido interprete del metodo che allora si credeva scientifico, una figura sopra le righe. Anche come padre non rispecchiò la cultura del tempo, concedendo alle due figlie molta libertà e incoraggiandole allo studio: Paola Lombroso seguì gli studi di antropologia e la sorella Gina si laureò in medicina.

L’altra accusa mossa al Lombroso – di essersi accanito sui corpi di poveri derelitti sezionandoli, studiandoli, catalogandone e conservandone parti – ha la sua immediata risposta nel testamento di questo “pensatore” che lasciò il suo corpo a disposizione della scienza. Morì il 19 ottobre 1909. In quello stesso anno i cromosomi vengono identificati come portatori dei caratteri ereditari.

(*) Ricordo – per chi si trova a passare da qui per la prima volta – il senso di questo appuntamento quotidiano in blog. Dall’11 gennaio 2013, ogni giorno (salvo contrattempi sempre possibili) troverete in blog a mezzanotte e un minuto una «scordata» – qualche volta raddoppia o triplica, pochi minuti dopo – postata di solito con 24 ore circa di anticipo sull’anniversario. Per «scor-data» si intende il rimando a una persona o a un evento che per qualche ragione il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna dimenticano o rammentano “a rovescio”.
Molti i temi possibili. A esempio, nel mio babelico archivio, sul 19 ottobre avevo, fra l’altro, queste ipotesi:
1541: inizia qui «Cristiani di Allah» di Massimo Carlotto; 1783: primo volo dei Montgolfier; 1827: nasce Bocklin; 1899: nasce Schirru; 1910: Luigi Luccheni muore in carcere; 1944: si preparano i kamikaze giapponesi; 1968: muore Capitini (già in blog);1977: ucciso Schleyer; 1986: muore Samora Machel; 1993: prima pagina del diario di Zlata Filipovic; 2001: Australia, annegano 353 immigrati; 2009: «la sfida dei 100 oggetti».E chissà a ben cercare quante altre «scordate» salterebbero fuori.
Molte le firme (non abbastanza forse per questo impegno quotidiano) e assai diversi gli stili e le scelte; a volte troverete post brevi: magari solo una citazione, una foto o un disegno. Se l’idea vi piace fate circolare le «scordate» o linkatele ma ovviamente citate la fonte. Se vi va di collaborare – ribadisco: ne abbiamo bisogno – mettetevi in contatto (pkdick@fastmail.it ) con me e con il piccolo gruppo intorno a quest’idea, di un lavoro contro la memoria “a gruviera”.
Ogni sabato (o quasi) c’è un riassunto di «scor-date» su Radiazione (ascoltabile anche in streaming) ovvero, per chi non sta a Padova, su http://www.radiazione.info .
Stiamo lavorando al primo libro (e-book e cartaceo) di «scor-date»… è un’impresa più complicata del previsto, vi aggiorneremo. (db)

Santa Spanò
Diceva Mark Twain: "Ci sono due momenti importanti nella vita: quando nasci e quando capisci perché". E io nacqui. Sul perché ci sto lavorando, tra la bottega, il mio blog http://lasantafuriosa.blogspot.it/ e... il resto ve lo racconto strada facendo.
Dimenticavo, io sono Santa!

  • molto ben scritta e documentata questa «scor-data» lombrosiana. E ha ragione Santa – bisognerebbe sempre fare così – a cercare di collocarla nel suo tempo; troppo facile giudicare “con il senno di poi”. Resta per me inspiegabile che Lombroso fosse considerato un progressista o forse questo ci aiuta a capire meglio i limiti del “socialismo” di allora.
    Sugli “errori” nei calcoli degli scienziati – soprattutto parlando di presunte classificazioni razziali – io non mi stanco di consigliare il bellissimo «Intelligenza e pregiudizio: le pretese scientifiche del razzismo» di Stephen Jay Gould.
    Più volte – prima portando in scena «Le scimmie verdi», poi in laboratori – ho “giocato” a chiedermi come sia stato possibile che Lombroso (appunto uno scienziato, un progressista) pretendesse persino di distinguere le donne oneste dalle prostitute studiando i loro piedi; e fosse così convinto di trovarne “le stimmate” da non accorgersi del marchiano errore di partenza… Ma questa è una storia che magari si racconterà in blog un’altra volta.

    • Grazie DB. Anch’io mi chiedo come sia possibile oggi attraverso la lettura della mano conosce il passato, presente e soprattutto il futuro di una persona e crederci anche. O ponendo la mano sul ventre diagnosticare e curare malattie e crederci anche. I suoi limiti credo fossero anche i limiti del suo tempo, ma il panorama di oggi e molti dei suoi rappresentanti hanno l’aggravante della enorme disponibilità di strumenti, conoscenze e risorse rispetto ad allora.

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