Scor-data: 20 dicembre 1989
Gli Stati Uniti invadono Panama
di David Lifodi (*)
La notte tra il 19 e il 20 dicembre 1989 è ricordata da tutti come la prima invasione Usa post guerra fredda di un paese democratico e ricalcò le orme di quella già avvenuta nel 1983 a Grenada, anche se con uno schieramento militare ancora maggiore e sproporzionato: i marines si presero Panama “per garantire la vita dei cittadini statunitensi e la sicurezza del Canale”. Questa era la motivazione ufficiale, ma è più esatto parlare di scusa. Lo scopo degli Stati Uniti era quello di rovesciare Manuel Noriega e fu approntato un casus belli alla bisogna per giustificare l’invasione.
Manuel Noriega era realmente un dittatore e un poco di buono, questo si, ma fino all’invasione di Panama attraverso l’operazione denominata paradossalmente “giusta causa”, era stato un fedele alleato degli Stati Uniti, un po’ come avvenuto di recente con i talebani in Afghanistan. Noriega era a libro paga Cia in qualità di un vero e proprio sicario che agiva per conto degli interessi statunitensi, ma quando decise di mettersi di traverso e rifiutare la restituzione del Canale agli Usa, prevista dal trattato firmato nel 1977 dal presidente americano Carter e dal panamense Omar Torrijos, allora divenne improvvisamente scomodo e impresentabile, come se prima non lo fosse stato. La cacciata di Noriega terminò con il processo che si svolse nel 1992 in Florida e si concluse con una condanna a 40 anni di carcere tramite confessioni estorte ai più influenti narcotrafficanti che in cambio ricevettero degli sconti di pena. Sull’invasione di Panama, che causò migliaia di morti panamensi (il simbolo della tragedia furono i bombardamenti e le fosse comuni del quartiere della capitale Panama City El Chorrillo), pesa ancora oggi il silenzio imbarazzato non solo degli Stati Uniti, ma anche dei vari presidenti succedutisi a Panama, alcuni dei quali (soprattutto Mireya Moscoso e l’attuale Ricardo Martinelli) impresentabili quanto Noriega, ma mai messi in discussione dalla Casa Bianca. Del resto Mireya Moscoso aveva concesso l’indulto a Luis Posada Carriles, anticastrista e terrorista non pentito, artefice di cospirazioni con l’estrema destra latinoamericana per destabilizzare Cuba e non solo, quindi la Casa Bianca non aveva alcun motivo per mettersi contro di lei, anzi. A questo proposito, merita una citazione il libro di Roberto N. Méndez, significativamente intitolato: Panamá, 20 de diciembre 1989. Liberación… o crimen de guerra? La strategia per destabilizzare Panama era già cominciata nel 1985 sotto la presidenza di Ronald Reagan, quando l’ammiraglio delle forze armate panamensi, John Poindexter, cominciò a fare pressioni su Noriega affinché invadesse il Nicaragua sandinista e facesse da apripista alle truppe a stelle e strisce, ma il dittatore rifiutò: si trattò del primo sgarbo nei confronti della potenza Usa. Nel 1986 gli Stati Uniti ci riprovarono: volevano riprendere assolutamente il controllo del Canale per evitare che finisse in mani cubane o sovietiche. Nel giugno dello stesso anno il giornalista Seymour Hersch pubblicò sulla prima pagina del New York Times una serie di delitti imputabili a Noriega per accrescere su di lui l’ostilità dell’opinione pubblica: anni dopo Hersch ammise di aver scritto l’articolo basandosi esclusivamente sulle fonti della Cia senza aver svolto alcuna verifica preventiva. Nel 1988, visto lo stallo della situazione, il presidente Ronald Reagan dichiarò il regime di Noriega una “minaccia alla sicurezza nazionale degli Stati Uniti” e impose una serie di sanzioni economiche, commerciali, finanziarie e monetarie a Panama, a partire dal congelamento dei depositi bancari del paese negli Stati Uniti. Inoltre, Reagan ridusse drasticamente la circolazione del dollaro a Panama, proibì alle imprese Usa di fare affari con quelle panamensi, sospese i programmi di aiuto allo sviluppo ed escluse il paese dai benefici economici dell’Iniciativa de la Cuenca del Caribe per ridurre le esportazioni. Nel frattempo proseguirono le accuse nei confronti di Noriega, peraltro veritiere, di essere un narcotrafficante, un assassino e di fare il doppio gioco anche con la Cia. In realtà, come scrisse Noam Chomsky in più di un articolo, gli Stati Uniti e la stessa Cia sapevano benissimo fin dall’inizio che personaggio fosse Noriega. Di fronte al rifiuto del presidente panamense di restituire il Canale agli Stati Uniti, la presenza dei marines a Panama crebbe costantemente, assieme alle continue provocazioni verso i militari del paese centroamericano, a partire da esercitazioni di guerra in zone proibite: la Casa Bianca cercava in tutti i modi un pretesto per l’invasione, ma alle sue condizioni. Ad esempio, il 3 ottobre 1989 ci fu un tentativo di rovesciare Noriega da parte del maggiore Moisés Giroldi e delle forze armate fedeli al torrijismo, i militari rimasti legati generale Omar Torrijos, il presidente più importante e amato di Panama perito nel 1981 in un incidente aereo molto probabilmente provocato dalla Cia, ma gli Stati Uniti preferirono non sfruttare questa pur favorevole occasione. Il colpo di stato proveniva da forze militari torrijistas, di conseguenza progressiste e quindi non affidabili per gli Stati Uniti. Il casus belli arrivò quando un marine fu ucciso dai militari panamensi, che mai fino ad allora avevano risposto alle provocazioni Usa, consapevoli che una loro mossa armata avrebbe giustificato l’invasione. L’auto su cui viaggiava il marine, insieme ad altri militari, passò molto vicina ad una caserma di militari panamensi facendo fuoco e ferendo varie persone: la risposta dell’esercito panamense stavolta si rese necessaria e nel conflitto a fuoco morì un militare statunitense. Fu in questo contesto che George Bush, nel frattempo divenuto presidente degli Stati Uniti, colse l’occasione per giustificare l’invasione del paese vendendo all’opinione pubblica la balla dei marines statunitensi aggrediti dall’esercito panamense. L’attacco militare del 20 dicembre 1989 fu totalmente illegale, tanto che lo stesso segretario generale Onu fu avvisato solo ad invasione già iniziata. Le bugie di Bush (difendere i cittadini americani, proteggere il Canale, arrestare Noriega e restituire la democrazia a Panama) scatenarono quella che gli stessi Stati Uniti considerarono allora come la più grande operazione militare dopo la guerra del Vietnam. A 24 anni dall’invasione di Panama è emerso che la decisione di destabilizzare il paese era stata presa già alla fine del 1985.
Ad oggi, nessun governo alla guida del paese ha mai dichiarato il 20 dicembre come Día de Duelo Nacional: come diceva José Martí, ver un crimen en silencio es cometerlo.
(*) Ricordo – per chi si trovasse a passare da qui per la prima volta – il senso di questo appuntamento quotidiano. Dall’11 gennaio 2013, ogni giorno (salvo contrattempi sempre possibili) troverete in blog a mezzanotte e un minuto una «scordata» – qualche volta raddoppia, pochi minuti dopo – di solito con 24 ore circa di anticipo sull’anniversario. Per «scor-data» si intende il rimando a una persona o a un evento che per qualche ragione il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna dimenticano o rammentano “a rovescio”. Ma qualche volta ci sono argomrenti più leggeri che… ogni tanto sorridere non fa male.
Molti i temi possibili. A esempio, nel mio babelico archivio, sul 20 dicembre fra l’altro avevo ipotizzato: 1860: leva obbligatoria, inizia il brigantaggio; 1892: Colajanni denuncia la Banca Romana; 1957: Achille Lauro perde il potere; 1961: esce «Divorzio all’italiana; 1962: comm inchiesta su mafia; 1984: muore Stanley Milgram; 1996: muore Carl Sagan; 2001: muore Senghor.
Molte le firme (non abbastanza forse per questo impegno quotidiano) e assai diversi gli stili e le scelte; a volte troverete post brevi: magari solo una citazione, una foto o un disegno. Se l’idea vi piace fate circolare le «scordate» o linkatele ma ovviamente citate la fonte. Se vi va di collaborare – ribadisco: ne abbiamo bisogno – mettetevi in contatto (pkdick@fastmail.it) con me e con il piccolo gruppo intorno a quest’idea, di un lavoro contro la memoria “a gruviera”. (db)