Scor-data: 24 gennaio

Un giorno con gli scacchi o senza? (*)

di Giangiuseppe Pili

Chi fu Emanuel Lasker? Qualcuno saprà che fu uno dei più grandi campioni di scacchi del XX secolo, conquistò la corona dello scacchismo mondiale battendo il grande Steiniz e mantenne il titolo per ventisette anni, a iniziare dal 1894. Nonostante fosse stato accusato, probabilmente a ragione, di aver evitato spesso di mettere in discussione il suo primato, difese in più circostanze la carica, con risultati più che convincenti. Capablanca lo sconfisse nel 1921.

Gli scacchisti sono naturalmente interessati agli aspetti tecnici e agonistici del gioco di Lasker. Eppure lo stesso Lasker non sarebbe stato soddisfatto di essere ricordato solo per questo. Nonostante i genitori si fossero opposti al principio alla sua ascesa scacchistica, prevedendo che il figlio sarebbe uscito scapestrato e squattrinato, lo spinsero verso gli studi fino a che Emanuel si iscrisse alla facoltà di matematica. Ma lì viene ben presto a scoprire che il suo Rettore era il capo del circolo di scacchi locale, e così uno dei suoi insegnanti. Questa è una sorpresa comune. Anche io nel mio piccolo, io che non arriverò mai a fregiarmi del titolo di campione del mondo di scacchi neppure per un giorno, non scorderò il giorno in cui, entrato nel grande circolo di Siena, il Cral, incontrai Marco Bettalli, un grandissimo professore, eruditissimo e straordinario sotto tanti aspetti che mi disse: «Vede, Pili, io vengo qui da quando ero alto così». E mi mostrò con la sua mano quante spanne di altezza aveva a quell’epoca. Più o meno quanto ero alto io da “adulto”: Marco Bettalli sarà sull’uno e novanta e io sono alto uno e sessantatre! A parte questo momento, in cui me la ridevo sotto i baffi, ricorderò sempre il piacere di scoprire un proprio maestro amante del gioco.

Ma Lasker era una mente troppo ampia, di intelligenza sconfinata per non trovare che la matematica è un regno assai concreto in cui le entità numeriche sono qualcosa di molto di più di semplici esseri astratti che stanno da qualche parte nella nostra testa o fuori di essa. Egli diventò abbastanza celebre ancora in vita per il suo famoso teorema, oggi noto come Lasker-Noether, una cosa abbastanza astrusa per non interessarci in questa sede.

I matematici e i filosofi sembrano accomunati da tante caratteristiche estrinseche ed essere distanti per tante caratteristiche intrinseche. Entrambe le figure sono eccentriche, vivono sulla polvere di libri antichi e moderni di cui, comunque, quasi nessuno ha mai sentito parlare. E di quelli di cui si è sentito il titolo, non si ha certo un bel ricordo, come de «La critica della ragion pura». Le conversazioni con matematici e filosofi sono spesso noiose, distanti, sempre lontane dai normali confini della quotidianità, il che li rende come i monti: affascinanti da lontano, non necessariamente da vicino e siderali sulla vetta. Entrambi poi non è chiaro di che cosa vivano. Chi dei numeri, chi delle argomentazioni. Sta di fatto che nessuno ha mai addentato un numero né in quantità finite né in quantità infinite. Né si è mai riusciti a mangiare buone argomentazioni che, anzi, molto spesso fanno venire il mal di stomaco, sicché sia i matematici che i filosofi sembrano accomunati dall’antico scopo, sempre mal compreso, di voler vivere una vita di barboni felici.

D’altra parte, matematici e filosofi hanno anche delle vigorose differenze. I filosofi tendono a essere abbastanza moralistici, mentre i matematici sono più indifferenti alle umane vicissitudini. I matematici, poi, almeno forniscono solide teorie per la fisica, che ormai sanno tutti aver cambiato il mondo. Ma la filosofia, a parte la definizione rigorosa dei diritti umani, accettata troppo di recente dagli istituti internazionali (Onu), che cosa ha prodotto di concreto? Anche perché chi si ricorda che cosa sono i diritti umani, se non libertà definite per essere calpestate? Di certo hanno prodotto libri. Ah, quelli; buoni per accendere i fuochi! Giustissimo. A parte questo?

A parte questo, i matematici e i filosofi sono due entità molto simili, differiscono, in fondo, solo dalla consistenza della soluzione ai problemi. I secondi dicono quello che i primi potrebbero rendere più rigoroso. E così, tutti i matematici sono un po’ filosofi e tutti i filosofi sono un po’ matematici. Si sottovaluta sempre troppo spesso il fatto che gli esseri umani sono tante cose contemporaneamente. Tantissimi filosofi sono stati, a loro tempo, scienziati, matematici, logici, attivisti politici. Marx fu un economista, Russell un logico e attivista politico, J. S. Mill fu un grande portavoce del problema dei diritti delle donne, Pascal fu un grande scienziato, Descartes un fisico teorico, Leibniz un logico. Gli esempi non si contano. Così anche Lasker non fu solo un giocatore di scacchi, non fu solo un grande matematico.

Lasker scrisse tre opere di filosofia, di cui solo una tradotta in italiano, «La lotta». Scrisse anche altri due lavori, uno, in particolare, di dimensioni ragguardevoli sulla teoria della conoscenza. Ebbene, chi lo sapeva e chi lo sa?

Ognuno costruisce la sua propria credibilità sulla base di due condizioni: i risultati oggettivi e la loro ricezione. Se anche solo una delle due condizioni cade, la propria credibilità viene meno. Certo, c’è da stabilire cosa significhi che un “risultato sia oggettivo”: raggiungere una cattedra accademica attraverso una raccomandazione è un risultato oggettivo. Ma qui vogliamo solo parlare delle opere. E nel caso delle opere il problema del loro valore oggettivo è importante, perché se non lo sono, presto o tardi non le leggerà più nessuno. Viceversa, presto o tardi, se l’opera ha un suo rilievo, la leggerà qualcuno.

Lasker tentò varie volte di pubblicare importanti lavori filosofici, senza successo. Eppure «La lotta» è un libro straordinariamente profondo, anticipatore della teoria dei giochi, oggi così rigorosamente studiata dai matematici e che ha avuto applicazioni fruttuose in molti campi delle scienze (come l’economia). Ne «La lotta» Lasker analizza la logica generale delle condizioni di conflitto fornendo un quadro teorico filosofico che è straordinariamente interessante, preciso e molto acuto. Eppure quasi nessuno lo ha letto. La sorte degli altri lavori di Emanuel è ancora più sfortunata. Parlando con un editore, è venuta a galla la straordinaria scoperta che alcuni suoi libri sono talmente rari che ne esistono solo una o due copie in vendita da negozi antiquari per la modica cifra di mille euro, ordinabili solo dagli Stati Uniti! Non si tratta più, dunque, di libri interessanti per il contenuto, ma per il valore estrinseco dell’oggetto. Così la filosofia di Emanuel Lasker sembra essere quasi del tutto condannata. Sembra incredibile, nel mondo della globalizzazione, del web e dell’accesso immediato alle informazioni. Ma sono gli uomini a fare il sapere, sono gli uomini a conservarlo. Se un libro importante viene ignorato, beh, è condannato a sparire.

Perché questo destino ingrato? Le persone riconoscono in Lasker il matematico e lo scacchista. Non il filosofo. Quando una persona vive, se vive, allora gli vengono associate delle proprietà. In base a quelle verrà giudicato anche da chi non lo conosce affatto. Così si formano determinate aspettative, si formano pregiudizi, e i pregiudizi si diffondono con straordinaria rapidità proprio perché non è necessario che siano giustificati. Le persone fanno proprie le aspettative su Lasker e sarebbero pronti a scommetterci il loro stipendio. Lasker vince e ogni persona rafforza l’idea che è un grande scacchista. Lasker vince e ogni persona rafforza l’idea che egli non è qualcosa di diverso da uno dei tanti campioni di scacchi. Lasker dimostra un teorema, presto o tardi verrà apprezzato per questo. Lasker dimostra un teorema, gli uomini crederanno che vive nell’interregno numerico, quello dove un 1 è simile a un K. Così per ogni vittoria, per ogni teorema si forma un’aspettativa, cresce un pregiudizio. Chi è Lasker, allora? Ah, lo scacchista, il matematico!

Il processo è ineluttabile, le sottigliezze richiedono tempo, la compenetrazione di più qualità rende difficoltoso e costoso ogni ragionamento. Meglio non farne. E così quando arriva il turno della filosofia per Lasker è già troppo tardi. Chi può ascoltarlo? Non ha un pubblico interessato alla sua filosofia. Tanto tutti ne hanno una. Il fatto che sia un matematico e un campione del mondo non significa che gli accademici filosofi possano interessarsi. Perché dovrebbe scrivere qualcosa di interessante? Per diventare un accademico bisogna avere amici importanti, che garantiscano per te, su quanto dici. I risultati oggettivi sono solo la condizione necessaria e non sufficiente per essere letto, l’abbiamo visto. Per garantirsi la ricezione occorre ben altro. E così Lasker con i suoi successi scacchistici, con la sua qualità di matematico si è trincerato dietro una linea invisibile, ma concreta, oltre la quale c’è quel mondo che non sarà mai disposto ad ascoltarlo.

E così, alla domanda «chi fu Emanuel Lasker», a sessant’anni dalla sua morte, molti risponderanno: «non lo so», altri «il grande scacchista» altri ancora «il grande matematico». Ma nessuno risponderà: «il grande filosofo».

Bibliografia

Chicco A., Porreca G., «Il libro completo degli SCACCHI», Mursia, 1985.

Lotti F. (2012), «I re degli scacchi: Emanuel Lasker», soloscacchi, http://soloscacchi.altervista.org/?p=30533.

Lasker E., (1907), «La lotta», Scacchi e Scienze Applicate.

Lasker E., (1913), «Das Begreifen der Welt».

Kant E., (1787), «La critica della ragion pura», Laterza, Roma-Bari.

«Il gioco dei re», Rudi Mathematici, 2012, n. 167, http://www.rudimathematici.com/archivio/167.pdf

Pili G., (2010), «2001, Filosofia negli scacchi», Scacchitalia, http://www.federscacchi.it/scacchitalia/2010/scacchitalia2010_1_S.pdf

Pili G., (2012), «Un mistero in bianco e nero. La filosofia degli scacchi», Le due Torri, Bologna.

(*) SUGLI SCACCHI E SUL SENSO DELLE “SCOR-DATE”

Domani 24 gennaio, in alcuni Paesi (non in Italia) è considerata la giornata di “promozione” degli scacchi. Così ho deciso di avere oggi in blog una «scor-data» atipica e di chiedere a Giangiuseppe Pili (autore del bel «Un mistero in bianco e nero. La filosofia degli scacchi», uscito di recente) un pezzo tra filosofia, matematica e storia degli scacchi che in qualche modo sono riassunte nell’affascinante figura di Lasker. Curiosamente fra le più antiche testimonianze italiane sulla diffusione degli scacchi una ha a che vedere con questa data: infatti le cronache dell’epoca narrano che a Pisa, fra il 18 e il 24 gennaio 1168, ci si recava sull’Arno ghiacciato per giocare a scacchi. Se poco sapete di scacchiere, il consiglio è ovviamente di iniziare a giocare ma anche di studiarne l’affascinante storia, con il contorno di battaglie “politiche” che intorno al gioco si svolsero per secoli (la Chiesa all’iniziò lo giudicò demoniaco) e la modifica delle sue regole. Prima di inoltrarsi sui tanti libri o siti più articolati vale dare un’occhiata alla voce «Scacchi» nella «Enciclopedia dei giochi» di Giampaolo Dossena. C’è anche un romanzo di fantascienza – «La scacchiera» di John Brunner – che si basa su una celebre partita; magari se ne riparlerà.

Rispetto invece alle «scor-date», ricordo – per chi si trovasse a passare da qui per la prima volta – il senso di questo appuntamento. Dall’11 gennaio, ogni giorno (salvo contrattempi sempre possibili) troverete in blog a mezzanotte e un minuto una «scordata», di solito con 24 ore circa di anticipo sull’anniversario. Per «scor-data» si intende una persona o un evento che per qualche ragione la gente sedicente “per bene” ignora, preferisce dimenticare o rammenta “a rovescio”. Molti i temi possibili, molte le firme e assai diversi gli stili e le scelte; a volte troverete post brevissimi, magari solo una citazione, un disegno o una foto. Se l’idea vi piace fate circolare le “scor-date” o linkatele ma ovviamente citate la fonte. Se vi va di collaborare mettetevi in contatto (pkdick@fastmail.it) con me e con il piccolo gruppo che sta nascendo intorno a quest’idea, di un lavoro contro la memoria “a gruviera”. (db)

 

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