Scor-data: 26 dic 2008

muore Harold Pinter, di franz (*)

 

Ecco un frammento di “American Football. Riflessioni sulla Guerra del Golfo” , una poesia del 1991:
Alleluia! / Funziona. / Gli abbiamo fatto scoppiare anche la merda. / Gli abbiamo fatto scoppiare la merda su per il culo / finché, cazzo, gli è uscita fuori dalle orecchie. / […] Alleluia. / Sia lode al Signore per tutte le cose buone / Gli abbiamo ridotto in polvere i coglioni, / in polvere, porca troia. / Eccome se l’abbiamo fatto. / Ora voglio che tu venga qui e mi baci sulla bocca.

da qui

discorso per l’accettazione del premio Nobel, il 12 dicembre 2005 (qui il video del discorso):

Nel 1958 scrivevo che “Non ci sono grosse differenze tra quello che è reale e quello che è irreale e tra quello che è vero e quello che è falso. Una cosa non è necessariamente o vera o falsa, può essere entrambe: vera e falsa.”
Credo che queste affermazioni abbiano ancora un senso e che possano ancora essere applicabili se si osserva la realtà attraverso l’arte. Come scrittore dunque, concordo con queste parole, ma come cittadino non posso. Come cittadino devo chiedere: Cos’è vero? Cos’è falso?

Nel dramma la verità ci sfugge sempre. Non la troveremo mai facilmente ma la ricerca è compulsiva. Naturalmente, è la ricerca a condurre il cimento. La ricerca è il nostro compito. Molto spesso, sulla verità, si barcolla nel buio; ci si imbatte o si intravede appena un’immagine o un forma che sembra corrispondere alla verità, spesso senza renderci conto che siamo noi a renderla reale. Ma la verità, quella autentica, è che non c’è una verità da trovare nell’arte drammatica. Ce ne sono molte. Queste verità si sfidano a vicenda, si allontanano a vicenda, si riflettono a vicenda, si ignorano a vicenda, si infastidiscono a vicenda, sono insensibili l’una all’altra. A volte sembra di avere tra le mani la verità di un momento, ma poi ci scivola dalle dita ed è persa.
Mi hanno spesso chiesto come vanno avanti le mie commedie. Non lo posso dire. Né posso sempre riassumere le mie commedie, tranne per dire quello che è successo. Questo è quello che loro hanno detto. Questo è quello che loro hanno fatto.
La maggior parte delle commedie sono determinate da una riga, una parola o un’immagine. La parola data è spesso immediatamente seguita dall’immagine. Farò due esempi di due righe che mi sono venute improvvisamente in mente accompagnate da un’immagine, da me seguita.
Le commedie sono Ritorno a casa (The Homecoming) e Vecchi tempi (Old Times). La prima riga di Ritorno A Casa è: “Cosa hai fatto con le forbici?” La prima riga di Vecchi Tempi è: “Scuri”.
In ambedue i casi non ho altre informazioni.
Nel primo caso evidentemente qualcuno cercava un paio di forbici e chiedeva dove a qualcun’altro sospettato di averle presumibilmente rubate. Ma in qualche modo sapevo che la persona a cui si chiedeva se ne fregava sia delle forbici sia di chi porgeva la domanda.
Ho usato “Scuri” per descrivere i capelli di qualcuno, i capelli di una donna, e questa era la risposta alla domanda. In ogni caso mi sono trovato costretto a proseguire il racconto. Ciò è successo visivamente, un’apparizione molto lenta, dall’ombra alla luce.
Ho sempre iniziato una commedia chiamando i personaggi A,B e C.
Nella commedia, che poi sarebbe diventata Ritorno A Casa, ho visto un uomo entrare in una stanza angusta e porre la sua domanda ad un giovane che seduto su un brutto sofà leggeva un giornale di corse. In qualche modo mi è venuto il sospetto che A fosse il padre e che B fosse suo figlio, ma non ne avevo le prove. Questo fu comunque confermato un pò più tardi quando B (diventato poi Lenny) dice ad A (diventato poi Max) “Papà, che ne dici se cambio la materia scolastica? Voglio chiederti qualcosa. La cena che abbiamo fatto prima, come si chiamava? Come la chiami? Perché non compri un cane? Sei un cuoco per cani. Davvero. Credi di cucinare per molti cani”. Quindi sino a che B non chiama A “Papà” mi sembra ragionevole considerare che fossero padre e figlio. A era chiaramente il cuoco e la sua cucina non sembrava essere tenuta in grande considerazione. Questo significava che non c’era la madre? Non lo sapevo,ma, come mi sono detto allora, i nostri inizi non conoscono mai la nostra fine.
“Scuri”. Una grande finestra. Cielo vespertino. Un uomo, A (diventato poi Deeley), e una donna, B (diventata poi Kate), seduti davanti a due drink. “Grasso o magro?” chiede l’uomo. Di chi stanno parlando? Ma dopo ho visto una donna stare davanti alla finestra, C (diventata poi Anna), sotto un’altra illuminazione,ho visto il suo dare loro le spalle e i suoi capelli scuri.
E’ uno momento particolare, un momento per creare personaggi che sino a quel momento non esistevano. Quello che segue è intermittente, incerto, persino allucinatorio, anche se a volte può essere una valanga inarrestabile. La posizione dell’autore è curiosa. In un certo senso non è benvenuto tra i personaggi. I personaggi gli resistono, non è facile convivere con loro e è impossibile definirli. Di certo non puoi comandarli. Fino ad un certo punto partecipi con loro ad un gioco infinito, al gatto e il topo, mosca cieca e nascondino. Ma alla fine ti trovi nelle mani delle persone in carne ed ossa, persone con una propria volontà e con una propria sensibilità, fatti di parti che non puoi cambiare, manipolare o distorcere.
Il linguaggio nell’arte rimane dunque una transazione altamente ambigua, un quicksand, un trampolino elastico, una piscina ghiacciata che potrebbe cedere sotto di te, autore, in ogni momento.
Ma come ho detto, la ricerca della verità non si può mai interrompere. Non può essere aggiornata e non può essere rimandata. Bisogna guardare proprio lì, sulla scena.
Il teatro politico comporta una serie di problemi completamente diversi. Le prediche sono da evitare ad ogni costo. L’obiettività è essenziale. I personaggi devono essere se stessi. L’autore non può relegarli e costringerli a seguire i suoi gusti, disposizioni o pregiudizi personali. Egli deve essere preparato per avvicinarsi a loro da diverse angolazioni, da un pieno e libero grado di prospettiva, prenderli di sorpresa, forse casualmente, ma tuttavia lasciarli liberi di andare per la propria strada. Ma questo non sempre funziona . E la satira politica, di certo, non aderisce a nessuno di questi norme, infatti fa l’esatto contrario, che è la sua funzione appropriata.
Nella mia commedia Il Compleanno (The Birthday Party) credo di aver ammesso una serie di opzioni per operare in una fitta rete di possibilità prima di finire con il focalizzare l’atto dell’assoggettamento.
Il Linguaggio della Montagna (Mountain Language) non richiedeva un simile modo di operare. Rimaneva brutale, breve e brutto. Ma i soldati nella commedia ne traggono divertimento. Uno a volte dimentica di come le torture diventino facilmente monotone. Hanno bisogno di ridere un po’ per tirarsi un po’ su. Questo è stato di certo confermato dagli eventi ad Abu Ghraib a Baghdad. Il Linguaggio della Montagna dura solo 20 minuti, ma sarebbe potuto continuare per ore, ancora, ancora e ancora, lo stesso schema ripetuto incessantemente, ancora e ancora, ora dopo ora.
D’altro canto, Ceneri alle Ceneri (Ashes to Ashes) mi dà l’impressione che abbia avuto luogo sott’acqua. Una donna che sta per annegare, la sua mano che spunta tra le onde, sprofonda sino a sparire, raggiungendo gli altri, ma non trovando lì nessuno, né in superficie né sott’acqua, trova solo ombre, riflessi, onde; la donna una figura perduta in un paesaggio sommerso, una donna incapace di fuggire dalla rovina che sembra appartenere solo agli altri.
Ma se loro muoiono deve morire anche lei.
Il linguaggio politico, così come viene usato dai politici, non si avventura in nessuno di questi territori finché la maggioranza dei politici, quelli disponibili, saranno interessati non alla verità bensì al potere e al mantenimento del potere stesso. Per mantenere questo potere è essenziale che le persone restino ignoranti, che vivano ignorando la verità, persino la verità delle proprie vite. Quello che ci circonda è dunque una rete di menzogne dal quale veniamo nutriti.
Come ogni singola persona sa, la giustificazione dell’invasione dell’Iraq è stato il possesso da parte di Saddam Hussein di armi di distruzione di massa molto pericolose, alcune delle quali in grado di colpire in 45 minuti, causando così una paurosa devastazione. Ci era stato assicurato che era vero. Non era vero. Ci è stato detto che l’Iraq aveva legami con Al Quaeda e che era complice delle atrocità del 11 settembre 2001 a New York. Ci è stato assicurato che era vero. Non era vero. Ci è stato detto che l’Iraq era una minaccia per la sicurezza mondiale. Ci era stato assicurato che era vero. Non era vero.
La verità è qualcosa di completamente diverso. La verità ha a che fare sul come gli Stati Uniti percepiscono in loro ruolo nel mondo e su come scelgono di incarnarlo.
Ma prima di ritornare al presente vorrei osservare il passato recente, intendo quello della politica estera degli Stati Uniti a partire dalla fine della seconda guerra mondiale. Credo che sia obbligatorio tra di noi sottoporre questo periodo almeno a qualche tipo di scrutinio, se pur limitato, che è tutto quello che al giorno d’oggi è qui permesso .
Tutti sanno quello che è successo nell’Unione Sovietica e nell’Europa dell’Est nel dopo-guerra: le violenze sistematiche, le atrocità diffuse, le dure repressioni del libero pensiero. Tutto questo è stato documentato ampliamente e verificato.
Ma qui il mio dibattito è che i crimini degli USA commessi nello stesso periodo sono stati registrati solo superficialmente, tanto meno documentati, né tanto meno riconosciuti come crimini; credo che ciò debba essere avviato e che la verità abbia un’influenza considerevole su dove sta il mondo ora. Anche se costretti, fino ad un certo punto, dall’esistenza dell’Unione Sovietica, le azioni degli Stati Uniti in giro per il mondo hanno reso chiaro come loro abbiamo dedotto di avere carta bianca per fare ciò che volevano.
In effetti, l’invasione diretta di uno stato sovrano non è mai stato il metodo preferito dall’America; per lo più optava per quello che definiva come un “conflitto di bassa intensità”. Conflitto a bassa intensità significa che migliaia di persone muoiono, ma più lentamente rispetto ad un bombardamento. Significa avvelenare il cuore di una nazione, della quale si stabilisce una crescita maligna e si guarda nascere la cancrena. Quando la popolazione è stata sottomessa- o colpita a morte- la stessa cosa- e i tuoi amici, i militari e le grandi corporazioni, siedono comodamente al potere, vai prima davanti alla telecamera e dici che la democrazia ha prevalso. Negli anni a cui ho fatto riferimento, questo era un luogo comune nella politica estera statunitense.
La tragedia del Nicaragua fu un caso assai significativo. Ho scelto di parlarne qui ritenendolo un valido esempio di come l’America veda il suo ruolo nel mondo, sia allora che adesso.
Ero presente al meeting presso l’ambasciata USA a Londra nel lontano 1980.
Il Congresso degli Stati Uniti doveva decidere se finanziare ulteriormente i Contras nella loro campagna contro lo stato del Nicaragua. Ero un membro della delegazione che parlava a nome del Nicaragua, ma il membro più importante di questa delegazione era Padre John Metcalf. Il leader della corpo USA era Raymond Seitz (il numero due dell’ambasciatore, poi anch’esso ambasciatore). Padre Metcalf disse: “Signore, sono in missione per conto di una parrocchia del nord del Nicaragua. I miei parrocchiani hanno costruito una scuola, una struttura sanitaria e un centro culturale. Abbiamo vissuto in pace. Pochi mesi fa i Contras hanno attaccato la parrocchia. Hanno distrutto tutto: la scuola, la struttura sanitaria e il centro culturale. Hanno violentato infermiere e insegnanti, trucidato i medici nel più brutale dei modi. Si sono comportati come dei selvaggi. Per favore chiedete che il governo USA ritiri il suo sostegno a queste scioccanti attività terroristiche”.
Raymond Seitz aveva la reputazione di essere un uomo razionale, responsabile e molto sofisticato. Era molto rispettato in ambito diplomatico. Egli ascoltò, fece una pausa e poi parlò seriamente. “Padre” disse, “si lasci dire alcune cose. Nelle guerre le persone innocenti soffrono sempre”. Ci fu un silenzio di tomba. Lo fissavamo. Non si tirò indietro.
In effetti, nelle guerre le persone innocenti soffrono sempre.
Ad un certo punto qualcuno disse: “Ma in questo caso le “persone innocenti” erano le vittime di un terribile atrocità spalleggiata dal Suo governo, una delle tante. Se il Congresso acconsentirà a stanziare più denaro per i Contras ci saranno altre atrocità del genere. Non è questo il caso? Il Suo governo non è dunque colpevole di appoggiare omicidi e distruzioni nei riguardi di cittadini di uno stato sovrano?
Seitz rimase imperturbabile. Egli rispose: “Non credo che i fatti elencati sostengano le Sue affermazioni”.
Mentre lasciavamo l’Ambasciata un assistente americano mi disse che gli piacevano le mie commedie. Io non risposi.
Dovrei ricordarvi che, ai tempi del presidente Reagan,questi fece la seguente affermazione: “I contras sono l’equivalente morale dei nostri Padri Fondatori”.
Gli Stati Uniti sostennero la violenta dittatura di Somoza in Nicaragua per oltre 40 anni. Il popolo nicaraguese, guidato dai sandinisti, rovesciò il regime nel 1979; fu una rivoluzione popolare mozzafiato.
I sandinisti non erano perfetti. Avevano la loro buona dose di arroganza e la loro filosofia politica conteneva una serie di contraddizioni. Ma erano intelligenti, razionali e civilizzati. Diedero inizio ad una società stabile, dignitosa e pluralistica. La pena di morte fu abolita. Centinaia di migliaia di contadini indigenti scamparono alla morte. A più di 100,000 famiglie fu concessa la terra. Vennero costruite duemila scuole. Una ragguardevole campagna di alfabetizzazione ridusse l’analfabetismo nella nazioni di un settimo. Fu istituita l’istruzione e il servizio sanitario gratuiti. La mortalità infantile scese di un terzo. La poliomielite fu debellata.
Gli Stati Uniti dichiararono questi traguardi come sovversione marxista/leninista. Secondo il governo americano, questo rappresentava un esempio pericoloso. Se al Nicaragua era permesso di istituire le norme di base sulla giustizia economica e sociale, se gli era permesso di alzare gli standard del servizio sanitario e dell’istruzione raggiungendo quindi un’unità sociale e dignità nazionale, le nazioni confinanti avrebbero preteso le stesse richieste e le stesse cose. Di certo allora ci fu una fiera resistenza allo status quo in El Salvador.
Prima ho parlato di una “rete di menzogne” che ci circonda. Il presidente Reagan solitamente descriveva il Nicaragua come una “prigione totalitaria”. Questo veniva in genere riportato dai media, e di sicuro dal governo britannico, come un commento attento e imparziale. Ma nei fatti non furono segnalate squadre della morte sotto il governo sandinista. Non vennero registrati casi di torture. Non vennero registrate casi di violenza sistematica o di ufficiali militari. Nessun prete venne ucciso in Nicaragua. C’erano infatti tre preti in questo governo: due gesuiti e un missionario di Maryknoll. Le prigioni totalitarie in verità erano alla porta accanto: in El Salvador e in Guatemala. Gli Stati Uniti avevano rovesciato il governo, eletto democraticamente, del Guatemala nel 1954 e si è stimato che più di 200.000 persone sono state vittime di dittature militari successive.
Sei dei più noti gesuiti del mondo furono brutalmente uccisi nella Central American University a San Salvador nel 1989 da un battaglione del reggimento Alcatl addestrato a Fort Beginning, Georgia, USA. L’arcivescovo Romero, un uomo estremamente coraggioso, fu assassinato mentre celebrava la messa. Si è stimato che morirono 75.000 persone. Perché vennero uccise? Furono uccise perché credevano che una vita migliore era possibile e che bisognasse ottenerla. Questo loro credo gli valse loro immediatamente la qualifica di comunisti. Morirono perché osarono mettere in ballo lo status quo, altopiano infinito della povertà, malattia, degradazione e oppressione, che era stato il loro diritto di nascita.
Alla fine gli Stati Uniti rovesciarono il governo sandinista. Ci vollero anni e una resistenza considerevole ma una incessante persecuzione economica e 30.000 morti alla fine minarono lo spirito della popolazione del Nicaragua. Si ritrovarono ancora una volta esausti e indigenti. I casinò ritornarono nella nazione. Fu la fine per la salute e l’istruzione gratuita. Il grande business ritornò ad oltranza. La “democrazia” ha prevalso.
Ma questa “politica” non era limitata in alcun modo all’America centrale. Fu condotta in tutto il mondo. Era infinita. Ed è come se non fosse mai accaduta.
Gli Stati Uniti appoggiarono, e in molti casi determinarono, tutte le dittature militari, dell’ala destra, del mondo a partire dalla fine della seconda guerra mondiale. Mi riferisco all’Indonesia, Grecia, Uruguay, Brasile, Paraguay, Haiti, Turchia, Filippine, Gautemala, El Salvador e, naturalmente, il Cile. L’orrore che gli Stati Uniti inflissero al Cile nel 1973 non potrà mai essere epurato e mai potrà essere perdonato.
Centinaia di migliaia di morti sono verificatesi in tutte queste nazioni. Sono avvenute? E sono in tutti i casi attribuibile alla politica estera americana? La risposta è si, sono avvenute e sono attribuibili alla politica estera americana. Ma non lo avreste saputo.
Non era mai successo. Non è mai successo nulla. Anche quando stava accadendo non stava accadendo. Non importava nulla. Non era interessante. I crimini degli Stati Uniti sono stati sistematici, costanti, cruenti, spietati, ma pochissime persone ne hanno realmente parlato. Lascialo fare all’America. Si è esercitata nella manipolazione clinica di potere in tutto il mondo mascherandola come una forza di bene universale. E’ una brillante, persino arguta, azione di suggestione di grande successo.
Vi dico che gli Stati Uniti è senza dubbio il più grande show sulla piazza. Può essere violento, indifferente, sprezzante e crudele ma è anche molto furbo. Come un commesso, è oltre il capitale proprietario, e il suo bene più vendibile è l’autostima. E’ un vincente. Sentite tutti i presidenti americani dire per televisione le parole: “il popolo americano”, come nella frase: “Dico al popolo americano che è tempo di pregare e di difendere i diritti de popolo americano e chiedo al popolo americano di fidarsi del loro presidente per le cose che farà a nome del popolo americano”.
E’ un brillante stratagemma . Il linguaggio è usato per tenere sotto controllo il pensiero. Le parole “il popolo americano” è come un cuscino rassicurante. Non c’è bisogno di pensare. Basta guardare cosa c’è dietro questo cuscino. Il cuscino può soffocare l’intelligenza e le facoltà di analisi ma è molto comodo. Ciò non vale di certo per quei 40 milioni di persone che vivono sotto la soglia di povertà e per i 2 milioni di uomini e donne imprigionati in enormi gulag sparsi per tutti l’America.
Gli Stati Uniti non infastidiscono più con i conflitti a bassa intensità. Non è più visto nessun punto di reticenza o anche devianza. Mette le carte sul tavolo senza paura o cortesia. E’ abbastanza semplice fregarsene delle Nazioni Unite, del diritto internazionale o del dissenso che considera debole e irrilevante. Ha anche il suo agnellino belante che lo segue: la patetica e servile Gran Bretagna.
Cosa è successo alla nostra moralità? Ce n’è mai stata una? Cosa significano queste parole? Si riferiscono ad un termine oggigiorno poco usato- coscienza? Una coscienza che ha a che fare non solo con le proprie azioni ma anche con la corresponsabilità delle azioni degli altri? Tutto ciò è morto? Guardate Guantanamo. Centinaia di persone detenute senza nessuna accusa per oltre tre anni, senza rappresentazione legale o processo, detenuti, in pratica, per sempre. Questa struttura completamente illegittima viola la Convenzione di Ginevra. Non solo viene tollerata ma è stata ideata da quella che è chiamata “comunità internazionale”. Questa oltraggio criminale è commesso da una nazione che si dichiara “leader del mondo libero”. Pensiamo agli abitanti di Guantanamo? Cosa ci dicono i media al riguardo? Compaiono occasionalmente, un piccolo articolo a pagina sei. Sono stati consegnati ad una terra di nessuno dalla quale, nei fatti, potrebbero non tornare. Attualmente molti fanno lo sciopero della fame, vengono cibati a forza, cittadini britannici compresi. Nessuna raffinatezza nei modi in cui vengono cibati a forza. Nessun sedativo o anestetico. Solo un tubo infilato nel naso e nella gola. Si vomita sangue. Queste sono torture. Cosa ha detto il ministro degli Esteri britannico al riguardo? Nulla. Cosa ha detto il primo ministro al riguardo? Nulla. Perché? Perché gli Stati Uniti hanno detto: criticare la nostra condotta a Guantanamo costituisce un atto non amichevole. O con noi o contro di noi. Quindi Blair tace.
L’invasione dell’Iraq è un’azione criminale, un atto di terrorismo di stato sfrontato, che dimostra disprezzo assoluto per il concetto di diritto internazionale. L’invasione è stata un azione militare arbitraria ispirata da una serie di bugie su bugie e ad una enorme manipolazione dei massmedia e, di conseguenza, dell’opinione pubblica; un atto volto a consolidare il controllo militare ed economico americano in Medio Oriente, mascherandola -come ultima risorsa- non essendo andate a buon fine tutte le altre giustificazioni – come liberazione. Una tremenda testimonianza della forza americana responsabile di morti e mutilazioni di migliaia e migliaia di persone innocenti.
Abbiamo portato al popolo iracheno la tortura, le bombe a frammentazione, l’uranio impoverito, innumerevoli omicidi occasionali, miseria, degradazione e morte e lo chiamiamo “portare la libertà e la democrazia in Medio Oriente”.
Quante persone dovrete uccidere prima di essere ritenuti omicidi di masse e criminali di guerra? Centomila? Più del necessario, avrei pensato. E’ giusto quindi che Bush e Blair siano condotti davanti alla Corte Penale Internazionale di Giustizia. Ma Bush è stato furbo. Non ha ratificato la Corte Penale Internazionale di Giustizia. Quindi se un soldato americano o un politico si troverà nella darsena, Bush ha avvisato che sarà spedito tra i marines. Ma Tony Blair ha ratificato la Corte ed è dunque perseguibile. Possiamo fornire alla Corte il suo indirizzo, se la cosa può interessare. E’ al numero 10 di Downing Street, Londra.
La morte in tal contesto è irrilevante. Sia Bush che Blair mettono la morte all’ultimo posto. Almeno 100.000 iracheni sono stati uccisi dalle bombe e missili americani prima dell’inizio della resistenza. Queste persone non sono presenti. Le loro morti non esistono. Sono spazi vuoti. Non sono nemmeno stati registrati come morti. “Non facciamo i conti dei corpi” ha detto il generale americano Tommy Franks.
Prima dell’invasione c’era la foto pubblicata in prima pagina da un giornale britannico che ritraeva Tony Blair che dava un bacio sulla guancia ad un ragazzino iracheno. “Un bambino grato”, così riportava la didascalia. Qualche giorno più tardi ci fu la storia e la foto, nelle pagine interne, di un altro bambino di quattro anni senza braccia. La sua famiglia è stata colpita da un missile. Era l’unico sopravvissuto. “Quando riavrò le mie braccia?, chiese il bambino. La storia fu poi abbandonata. Bene, Tony Blair non stava abbracciando né lui, né il corpo di qualche altro bambino mutilato, né il qualsiasi cadavere insanguinato. Il sangue è sporco. Ti sporca la camicia e la cravatta quando fai un discorso sincero per televisione.
I 2.000 americani morti sono fonte di imbarazzo. Sono stati trasportati nelle loro tombe al buio. I funerali sono incospicui. I mutilati si decompongono nei loro letti, alcuni per il resto della loro vita. Quindi i morti e i mutilati si decompongono entrambi in diversi tipi di bare.

Riporto qui un estratto da un poesia di Pablo Neruda, “Spiego alcune cose”*.

E una mattina tutto era in fiamme,
E una mattina i roghi
Uscivan dalla terra,
Divorando esseri,
E da allora fuoco,
Da allora polvere da sparo,
Da allora sangue.
Banditi con aerei e con mori,
Banditi con anelli e duchesse,
Banditi con neri frati benedicenti
Arrivavan dal cielo a uccidere bambini,
E per le strade il sangue dei bambini
Correva semplicemente, come sangue di bambini.

Sciacalli che lo sciacallo schiferebbe,
Sassi che il cardo secco sputerebbe dopo morsi,
Vipere che le vipere odierebbero!

Davanti a voi ho visto
Sollevarsi il sangue della Spagna
Per annegarvi in una sola onda
Di orgoglio e di coltelli!

Generali
Traditori:
Guardate la mia casa morta,
Guardata la Spagna spezzata:
Però da ogni casa morta esce metallo ardente
Invece di fiori,
Da ogni foro della Spagna
La Spagna viene fuori,
Da ogni bambino morto vien fuori un fucile con occhi,
Da ogni crimine nascono proiettili
Che un giorno troveranno il bersaglio
Del vostro cuore.

Chiederete: perché la tua poesia
Non ci parla del sogno, delle foglie,
Dei grandi vulcani del paese dove sei nato?

Venite a vedere il sangue per le strade,
Venite a vedere
Il sangue per le strade,
Venite a vedere il sangue
Per le strade!

Lasciatemi spiegare che citando la poesia di Neruda non intendo in nessun modo paragonare la Spagna repubblicana all’Iraq di Saddam. Ho citato Neruda perché nella poesia contemporanea ho letto una descrizione cosi viscerale dei bombardamenti sui civili.
Ho detto prima che gli Stati Uniti ora sono completamente franchi nel mettere le carte in tavola. Questo è il caso. La sua politica ufficialmente dichiarata è ora chiamata “full spectrum dominance”. Non è un termine mio, è il loro. “Full spectrum dominance” significa il controllo della terra, mare, aria e spazio e di tutte le risorse concomitanti.
Gli Stati Uniti occupano ora 702 installazioni militari in 132 nazioni, ad eccezione della Svezia naturalmente. Non sappiamo come sono arrivati là, ma sono là.
Gli Stati Uniti possiedono 8.000 testate nucleari attive e operative. Duemila sono pronte a colpire, pronte ad essere lanciate con un preavviso di 15 minuti. Stanno sviluppando nuovi sistemi di forze nucleari noti come bunker busters. I britannici, che collaborano sempre, hanno intenzione di rimpiazzare il loro missile nucleare Trident. A chi, mi chiedo, stanno puntando? Osama bin Laden? Voi? Me? Joe Dokes? Cina? Parigi? Chi lo sa? Quello che sappiamo è che questa malattia infantile- il possesso e l’uso minaccioso di armi nucleari- è il cuore della filosofia politica dell’America di oggi. Ci dobbiamo ricordare che gli Stati Uniti sono una posizione militare permanente e non sembrano voler allentare.
Molte migliaia, se non milioni, di persone negli Stati Uniti provano palesemente disgusto, vergogna e rabbia per le azioni del loro governo, ma in base a come stanno le cose, non costituiscono una forza politica coerente, per ora. Ma l’ansia, l’incertezza e la paura che si vede crescere ogni giorno negli Stati Uniti probabilmente non diminuirà.
So che il presidente Bush ha molte persone competenti che gli scrivono i discorsi ma vorrei offrirmi comunque volontario per tale lavoro. Propongo un piccolo discorso che potrebbe fare alla nazione per televisione. Ho visto la sua faccia seria, i capelli ben pettinati, serio, vincente, sincero, spesso ingannevole, a volte con un sorriso sardonico, curiosamente attraente, un uomo.
“Dio è buono. Dio è grande. “Dio è buono. “Il mio Dio è buono. Il Dio di bin Laden è cattivo. E’ un Dio cattivo. Il Dio di Saddam era cattivo, sempre che ne avesse uno. Era un barbaro. Noi non siamo barbari. Noi non tagliamo le teste. Crediamo nella libertà. Come fa Dio. Non sono un barbaro. Sono un leader eletto democraticamente da una democrazia che ama la libertà. Noi siamo una società compassionevole. Noi diamo compassionevoli scariche elettriche e compassionevoli iniezioni letali. Siamo una grande nazione. Non sono un dittatore. Lui lo è. Non sono un barbaro. Lui lo è. E lui lo è. Lo sono tutti. Detengo l’autorità morale. Vedete questo pugno? E’ la mai autorità morale. Non lo dimenticate”.
La vita di uno scrittore è parecchio vulnerabile, quasi una nuda attività. Ma non dobbiamo piangere per questo. Lo scrittore fa la sua scelta e ci ha indovinato . Ma è vero affermare che siete aperti a tutte le correnti, alcune delle quali addirittura ghiacciati. Non sei più in te, sei esposto. Non trovi riparo, protezione- a meno che non menti- in quel caso hai sicuramente costruito la tua protezione e, si può dire, sei diventato un politico.

Ho citato la morte questa sera. Citerò ora una mia poesia intitolata “Morte”.

Where was the dead body found?
Who found the dead body?
Was the dead body dead when found?
How was the dead body found?
Who was the dead body?
Who was the father or daughter or brother
Or uncle or sister or mother or son
Of the dead and abandoned body?
Was the body dead when abandoned?
Was the body abandoned?
By whom had it been abandoned?
Was the dead body naked or dressed for a journey?
What made you declare the dead body dead?
Did you declare the dead body dead?
How well did you know the dead body?
How did you know the dead body was dead?
Did you wash the dead body
Did you close both its eyes
Did you bury the body
Did you leave it abandoned
Did you kiss the dead body**

Quando ci guardiamo allo specchio pensiamo che l’immagine riflessa sia esatta. Ma se ci muoviamo di un millimetro l’immagine cambia. In realtà noi stiamo guadando ad una serie infinita di riflessi. Ma talvolta uno scrittore deve rompere lo specchio- è dall’altro lato dello specchio che la verità ci fissa.
Credo che a dispetto dell’enorme disparità esistente, come cittadini, la perseverante, affidabile e agguerrita determinazione intellettuale, per definire la reale verità delle nostre vite e delle nostre società, sia un obbligo cruciale che è affidato a tutti noi. Infatti è imprescindibile.
Se questa determinazione non è incarnata nelle nostra visione politica non avremmo più speranza di riavere ciò che abbiamo quasi perso: la dignità dell’uomo.

Note:

*Tratto da “Spagna nel cuore” (1938), Traduzione italiana di Riccardo Venturi (2003)

**Dove è stato trovato il cadavere?
Chi ha trovato il cadavere?
Era morto quando è stato trovato?
Come è stato trovato il cadavere?
Chi era il cadavere?
Chi era il padre o la figlia o il fratello
O lo zio o la sorella o la madre o il figlio
del cadavere abbandonato?
Era morto il corpo quando è stato abbandonato?
Il corpo è stato abbandonato?
Da chi è stato abbandonato?
Il cadavere era nudo o vestito per un viaggio?
Cosa ti ha fatto capire che il cadavere era morto?
Hai dichiarato morto il cadavere?
Quanto conoscevi il cadavere?
Come hai saputo che il cadavere era morto?
Hai lavato il cadavere?
Hai chiuso i suoi occhi?
Hai sepolto il cadavere?
Lo hai lasciato abbandonato?
Hai baciato il cadavere?

da qui

(*) Ricordo – per chi si trovasse a passare da qui per la prima volta – il senso di questo appuntamento quotidiano. Dall’11 gennaio 2013, ogni giorno (salvo contrattempi sempre possibili) troverete in blog a mezzanotte e un minuto una «scordata» – qualche volta raddoppia, pochi minuti dopo – di solito con 24 ore circa di anticipo sull’anniversario. Per «scor-data» si intende il rimando a una persona o a un evento che per qualche ragione il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna dimenticano o rammentano “a rovescio”.

Molte le firme (non abbastanza forse per questo impegno quotidiano) e assai diversi gli stili e le scelte; a volte troverete post brevi: magari solo una citazione, una foto o un disegno. Se l’idea vi piace fate circolare le «scordate» o linkatele ma ovviamente citate la fonte. Se vi va di collaborare – ribadisco: ne abbiamo bisogno – mettetevi in contatto (pkdick@fastmail.it) con me e con il piccolo gruppo intorno a quest’idea, di un lavoro contro la memoria “a gruviera”. (db)

redaz
una teoria che mi pare interessante, quella della confederazione delle anime. Mi racconti questa teoria, disse Pereira. Ebbene, disse il dottor Cardoso, credere di essere 'uno' che fa parte a sé, staccato dalla incommensurabile pluralità dei propri io, rappresenta un'illusione, peraltro ingenua, di un'unica anima di tradizione cristiana, il dottor Ribot e il dottor Janet vedono la personalità come una confederazione di varie anime, perché noi abbiamo varie anime dentro di noi, nevvero, una confederazione che si pone sotto il controllo di un io egemone.

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