Scor-data: 27 marzo di ogni anno

Siccome oggi è la «giornata del teatro» ecco una storia di innamoramento

di Pier Paolo Piludu (*)  

Agli inizi degli anni Ottanta arrivò per la prima volta a Cagliari, al teatro del Conservatorio di piazza Porrino, la compagnia di Tadeusz Kantor con «La classe morta». Lo spettacolo fu una vera e propria folgorazione sia per chi aveva già sentito parlare del grande regista e pittore polacco, sia per la maggioranza degli spettatori che non avevano mai sentito nominare la compagnia Cricot 2 di Cracovia, ma seguivano con fiducia i numerosi lavori delle migliori compagnie teatrali di tutto il mondo che in quegli anni grazie a Pierfranco Zappareddu, purtroppo recentemente scomparso, stavano arrivando in città.

Dalle prime scene capiamo che stiamo assistendo a uno spettacolo che non dimenticheremo per tutta la vita. Ogni attore ha al suo fianco un manichino con le sue stesse sembianze. Sono seduti dietro vecchi banchi di scuola. A momenti sembrano bambini che giocano, bisticciano, chiedono al maestro il permesso di andare in bagno, a volte diventano dei vecchi che ricordano la loro infanzia, o forse dei morti che vogliono regalare a noi spettatori ancora vivi le emozioni più intense vissute nella loro giovinezza.

Gli attori recitano in polacco. Non si capisce una parola ma mi sembra che non ce ne sia bisogno! Anzi, ricordo ancora una parola, forse l’unica di tutto lo spettacolo: «Sarajevo!» Gli attori la gridano diverse volte. Se penso a quella rappresentazione, ancora oggi mi sembra di sentire il grido «Sarajevo!» salirmi sulle spalle come un brivido, come se proprio in quel momento fosse scattata una scintilla che avrebbe posto fine all’infanzia dei bambini de «La classe morta» e portato l’umanità verso la folle prima guerra mondiale.

Le emozioni sono forti. A conclusione dello spettacolo il pubblico sembra non voler smettere di applaudire… ma io sono distratto: sto pensando che in un modo o nell’altro devo riuscire a trovare un biglietto anche per la replica del giorno dopo! Pierfranco Zappareddu ci racconta che a Kantor non piace il teatro del Conservatorio dove la distanza fra palcoscenico e platea è molto grande e decide che per le repliche dei giorni successivi creerà una sorta di passerella in legno per unire, seppur in modo simbolico, attori e spettatori.

Qualcuno però forse non apprezza l’invasione di campo e lo strepitoso successo riscosso da una compagnia di giramondo polacchi in quello che era allora il più importante teatro della musica classica della città.

La sera successiva mi trovo in mezzo a una grande folla in attesa che si aprano le porte del Conservatorio, stranamente ancora chiuse. Ci sono numerosi poliziotti. Inizia a girare la voce che, per questioni di sicurezza, la rappresentazione è stata annullata. Iniziamo a battere le mani e a gridare che vogliamo entrare. Nel giro di pochi minuti la tensione è alle stelle. Si apre una porta del teatro e Kantor e gli attori del Cricot 2, con i rispettivi manichini, si mischiano fra il pubblico.

L’immagine che ancora ho impressa nella mente è quella di Kantor, su uno sgabello, in punta di piedi, che agita l’indice verso un commissario di Polizia e grida: «Monsieur le policier, vous êtes un barbare! Vous êtes un ignorant!» e il commissario che dice ai suoi poliziotti: «Non capisco cosa dice quest’uomo. Voglio un interprete!». La folla ride e Kantor, implacabile, continua a gridare al «Monsieur le policier» che il teatro è mille volte più forte della barbarie, della burocrazia e dell’ignoranza! Non ricordo le parole esatte, ricordo la figura esile di un omino con gli occhi spiritati, con pochi capelli, ma tutti scarmigliati, che si sbraccia, scandendo bene le parole per cercare di farsi capire senza bisogno di nessun interprete! Arringa la folla, giura che lui e i suoi attori quella sera non solo torneranno in teatro insieme a tutto il pubblico, ma che cercheranno di recitare così bene… che di sicuro faranno il più bello spettacolo della loro vita!

Non dimenticherò mai la seconda replica de «La classe morta» vista a Cagliari nel teatro di Piazza Porrino e l’immagine di un artista geniale, scarmigliato, che agita le mani gridando la più bella minaccia che abbia mai sentito nella mia vita!

(*) Ricordo – per chi si trovasse a passare da qui per la prima volta – il senso di questo appuntamento quotidiano in blog. Dall’11 gennaio 2013, ogni giorno (salvo contrattempi sempre possibili ma sinora sempre evitati) troverete in blog a mezzanotte e un minuto una «scordata» – qualche volta raddoppia o triplica, pochi minuti dopo – postata di solito con 24 ore circa di anticipo sull’anniversario. Per «scor-data» si intende il rimando a una persona o a un evento che per qualche ragione il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna dimenticano o rammentano “a rovescio”. Talvolta il tema è più leggero che ogni tanto sorridere non fa male, anzi.

Molti i temi possibili. A esempio, nel mio babelico archivio, sul 27 marzo avevo, fra l’altro, ipotizzato: 1889: in carcere Crocco scrive le memorie; 1948: rivolta anti-coloniale in Madagascar (saranno oltre 50mila i morti); 1994: il signor P2 1816, noto ai più come Silvio Berlusconi, vince le elezioni; 1998: «Baleno» si uccide; 2006: muore Stanislaw Lem; 2007: San Francisco vieta sacchetti plastica.E chissà a ben cercare quante altre «scordate» salterebbero fuori.

Molte le firme (non abbastanza forse per questo impegno quotidiano) e assai diversi gli stili e le scelte; a volte troverete post brevi: magari solo una citazione, una foto o un disegno. Se l’idea vi piace fate circolare le «scordate» o linkatele ma ovviamente citate la fonte. Se vi va di collaborare – ribadisco: ne abbiamo bisogno – mettetevi in contatto (pkdick@fastmail.it ) con me e con il piccolo gruppo intorno a quest’idea, di un lavoro contro la memoria “a gruviera”.

Ogni sabato (o quasi) c’è un riassunto di «scor-date» su Radiazione (ascoltabile anche in streaming) ovvero, per chi non sta a Padova, su www.radiazione.info .

Stiamo lavorando al primo libro (e-book e cartaceo) di «scor-date»… vi aggiorneremo. (db)

 

Redazione
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